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"Quale benzina?"
Alzai gli occhi al cielo, lasciando la presa sul braccio di Cassie.
"So che ce l'hai, nascosta da qualche parte. Tirala fuori e lascia che me ne vada da questo posto di merda!" sbottai, chiaramente non più in grado di trattenere la rabbia.
Cassie mi guardò, le braccia incrociate davanti al petto, gli occhi che non tentavano nemmeno di celare l'odio.
"Se ce l'avessi, saresti già lontano da qui." sibilò, "Credi davvero che ti voglia qui con me?"
Arricciò il naso in una smorfia, prima di darmi le spalle per andarsene. L'afferrai prontamente, di nuovo, ma questa volta non si fece strattonare.
Mi spinse via, gli occhi coperti nuovamente di lacrime.
"La vuoi smettere?" urlò, stringendosi le braccia attorno al corpo, le lacrime che le bagnavano le guance.
"Mi fai male."
Abbassai lo sguardo sulle sue braccia pallide, arrossate dal mio tocco violento. Rabbrividii, i pancake che risalivano il mio stomaco mossi dal disgusto per me stesso.
Ero diventato un mostro.
Mi lasciai cadere sulla sedia dietro di me, i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani.
Se qualcuno fosse entrato in quel momento, gli si sarebbe presentato davanti uno spettacolo talmente pietoso da farlo probabilmente sorridere.
Cassie in piedi, nell'angolo, singhiozzava a più non posso, immobile con le braccia lungo i fianchi, come farebbe un bambino a cui è appena stato rubato il gioco preferito. Io, in mutande, seduto a tavola trattenevo a stento le lacrime, le mani che mi tremavano in un misto di rabbia, delusione e paura.
Non mi riconoscevo più.
Fissai le mie dita per dei minuti interminabili, fino a che non smisero di tremare, poi mi alzai in piedi e mi avvicinai a Cassie.
Mi fermai a guardarla per qualche istante. Non riuscivo a vedere nulla di quello che ero solito notare guardandola: vedevo una ragazzina sola ed impaurita che sembrava finalmente muovere in me dei sentimenti puri, gli unici che avrei dovuto provare vedendola già dal primo giorno.
Allungai piano le braccia, circondando con delicatezza il suo corpo, lasciando che si abbandonasse addosso a me, bagnandomi il petto di lacrime.
Non so dire per quanto tempo restammo così, lei stretta tra le mie braccia a singhiozzare, io con la testa appoggiata sulla sua, che cercavo di riprendere fiato dopo quelle assurde settimane che erano trascorse.
Quando ci separammo però, fu con la consapevolezza che questa era stata solo una piccola tregua e che nulla sarebbe tornato come prima.
Salii le scale, lei che mi seguiva ad alcuni passi di distanza, silenziosa.
Entrai nella mia stanza, lasciando la porta aperta, senza sapere se sarebbe entrata. Mi voltai, Cassie era ferma sulla porta, indecisa.
Mi dava fastidio vederla così, le guance calde, gli occhi arrossati dal pianto, le labbra che facevano fatica a restare ferme.
Forse fumare una sigaretta le avrebbe fatto bene, l'avrebbe aiutata a distendere i nervi.
Scacciai quel pensiero e le diedi le spalle, cercando un asciugamano pulito nel mucchio che avevo accumulato. Mi accontentai di quello che sembrava meno sporco, sotto lo sguardo schifato della bionda che nel frattempo mi aveva raggiunto e si era appollaiata come suo solito sul letto.
Sentii i miei muscoli rilassarsi, il mio corpo rilasciare tutta la tensione che avevo inconsapevolmente trattenuto fino a quell'istante.
Nulla era tornato alla normalità, ma mi piaceva illudermi che il nostro rapporto si potesse riparare.
Forse, ero perfino contento che non ci fosse benzina.
Entrai in bagno, pronto a richiudermi la porta alle spalle ma la voce sottile di Cassandra mi interruppe.
"Lasciala aperta."
Deglutii sonoramente, trattenendomi dal voltarmi per leggere la sua espressione. Non sapevo cosa volesse, ma di certo era qualcosa di molto più ingenuo di quello a cui stavo pensando.
Appoggiai l'asciugamano sul bordo del lavandino e mi sfilai i boxer, dando le spalle a Cassandra ed appoggiandoli in un angolo. Era di nuovo ora di lavare i vestiti.
Mi chinai e aprii l'acqua lasciando che la vasca poco alla volta si riempisse, scrutato in ogni movimento dalla piccola Cassie, quasi fossi seguito costantemente da una telecamera come un attore sul set.
Quando fu piena a metà ci entrai dentro, un piede dopo l'altro, e mi sedetti sul fondo.
Una doccia sarebbe stata più efficace, dato lo stato di sudiciume in cui mi ritrovavo, ma con Cassie che mi fissava non avrei potuto fare altro che il bagno in vasca.
Mi ero seduto al contrario rispetto al solito ed in questo modo mi era permesso vedere Cassie oltre la porta fissarmi immobile dal letto.
C'era un che di inquietante in tutta la situazione, ma ogni cosa, da quando mi trovavo all'hotel California, era stata permeata da una certa atmosfera spettrale, quindi ormai ci avevo fatto l'abitudine.
Appoggiai la testa al muro dietro di me, chiudendo gli occhi.
Speravo che questo silenzio ricucisse il rapporto strappato, che il mio farmi da parte le permettesse di dimenticare.
Ero stato troppo impulsivo nella mattinata, l'avevo spaventata ed ora dovevo, poco a poco, tentare di ricostruirmi la sua fiducia.
Dopotutto, senza benzina, non sarei potuto andare da nessuna parte. L'unica mia possibilità era rendere il più piacevole possibile la mia permanenza all'hotel.
Per la prima volta, forse, non stavo fantasticando su Cassandra o sul suo corpo, ma solo sulla compagnia che mi avrebbe potuto dare e su quella che io avrei potuto dare a lei in questa nostra prigionia.
Forse, tornando indietro, avrei potuto fare le cose diversamente: non lasciarmi accecare dal desiderio e costruire un rapporto vero, prima di spingermi oltre.
Questa volta volevo fare così. Niente più carezze, baci o pensieri peccaminosi, fino al momento in cui Cassandra non fosse arrivata a fidarsi ciecamente di me. Poi avremmo potuto esplorare insieme, capire insieme.
Non volevo farle del male, volevo che stesse bene, volevo che piacesse anche a lei. Avrei dovuto comportarmi, prima di tutto, da amico, cosa che non ero mai stato per lei da quando ero qui.
Aprii gli occhi, osservando il soffitto rovinato.
Avevo riflettuto, avevo riordinato i miei pensieri e avevo placato i miei bollenti spiriti.
O almeno così pensavo.
Non avevo fatto i conti con l'angioletto biondo che mi fissava in piedi a lato della vasca, stringendo con le dita l'orlo della gonna.
Presi un respiro profondo, cercando di pensare in fretta.
"Come stai?" domandai, sollevandomi meglio con la schiena in modo da stare seduto nella vasca.
Cassandra alzò le spalle, mangiucchiandosi il labbro inferiore con naturalezza.
"Vuoi fumare?"
Restai spiazzato dalla sua domanda e annuii appena col capo. Lei uscì dal bagno e tornò poco dopo con un pacchetto di sigarette ed un accendino.
Ne afferrai una e l'accesi, facendo un tiro.
Cassandra appoggiò tutto sul letto e spalancò la finestra, facendo entrare un po' d'aria pulita, poi tornò accanto a me.
Mi osservava in silenzio, studiando ogni mio più piccolo movimento, mentre aspiravo e soffiavo il fumo davanti a me.
Mi sembrava di rivivere il nostro primo incontro, quasi che lei mi stesse imparando a conoscere di nuovo daccapo, quasi che fosse sul punto di chiedermi il mio nome o di raccontarmi di sua madre.
Fece un passo indietro, senza lasciar trasparire nessuna emozione dal suo volto.
Strinse l'orlo della gonna tra le dita e con un movimento deciso ma estremamente lento la fece scivolare lungo le gambe bianchissime, fino a farla cadere sul pavimento.
Cercai di deglutire il nodo che mi si era formato in gola, stringendo con più forza la sigaretta tra le dita.
Non avevo nemmeno la forza di riportarla tra le labbra, inchiodato com'ero alla scena inaspettata davanti ai miei occhi.
Risalii con lo sguardo le sue gambe, dalle caviglie sottili fino alle cosce dolci e morbide e all'intimo infantile che indossava, decisamente inadatto alla sua età.
Separai piano le labbra, appoggiando nuovamente la testa alle parete, senza distogliere lo sguardo dal mio piccolo angelo.
Con due passi leggeri scavalcò la gonna sul pavimento e spostò le dita sull'orlo inferiore della maglietta sottile, sollevandola fin sopra la testa e lasciandomi così vedere il suo splendido corpo nella sua interezza.
Per qualche secondo rimase immobile, gli occhi puntati nei miei e la maglietta incastrata tra le braccia. Poi la sfilò completamente, lasciandola ricadere a terra.
Portai la sigaretta alle labbra e aspirai piano, godendomi la scena il più possibile.
L'intimo spaiato celava a malapena le forme già inaspettatamente accentutate di Cassandra, la sua pelle, talmente bianca da sembrare trasparente, copriva leggera la curva dei suoi fianchi stretti, facendola sembrare una fragile bambola di porcellana, rifinita alla perfezione in ogni suo dettaglio.
Sentivo un calore familiare farsi spazio dentro il mio corpo ed ero incapace di proferire parola, di distogliere lo sguardo da lei o di comprendere che cosa le stesse passando per la mente.
E per quanto il suo corpo giovane e sinuoso mi ipnotizzasse, i miei occhi erano incollati ai suoi occhi grandi da cerbiatta ed alla piccola fossetta che le si era formata sulla guancia, quando aveva inarcato le labbra in un mezzo sorriso malizioso.
Ripetevo nella mia testa il ritmo a cui avrei dovuto respirare, nel tentativo di non soffocare, mentre aspiravo l'ultima boccata di fumo per poi spegnere la sigaretta sul lavandino.
Cassandra si avvicinò di un paio di passi e si chinò a sfilare i calzini bordati di pizzo, prima di scavalcare con un movimento elegante il bordo della vasca ed entrare nell'acqua con me.
La vidi in piedi davanti a me e poi chinarsi piano dandomi le spalle, fino a sedersi tra le mie gambe, appoggiando la schiena al mio petto, togliendomi il respiro.
La sentii ridacchiare, i capelli biondi che mi facevano il solletico, mentre facevo del mio meglio per restare immobile.
"È il tuo cuore che batte così forte?" rise, voltandosi appena per incrociare il mio sguardo.
Il mio battito accelerò nuovamente nel sentirla finalmente ridere e tentai, per quanto mi fosse possibile, di rilassarmi.
Le sorrisi, annuendo.
"È l'effetto che mi fai." risposi piano, allungando una mano lungo il bordo della vasca.
Lei emise un'altra risata e si lasciò andare all'indietro appoggiando la testa sull'incavo della mia spalla.
Ascoltai il suo respiro calmarsi, i suoi occhi che si chiudevano, il suo petto che si sollevava piano ad ogni respiro.
"Harry." mormorò, ancora con gli occhi chiusi.
"Sono qui."
"Puoi abbracciarmi?"
Deglutii sonoramente, circondando il suo piccolo corpicino con le mie braccia, stringendola a me.
"Non andartene mai." sussurrò. "Qualsiasi cosa ti serva, la puoi trovare qui. Con me."
+++
Non so se qualcuno legge ancora questa storia, ma per quelli che ci sono mi dispiace. Mi sono un po' persa e ho faticato a ritrovare la strada per continuare. Per quanto le idee ci siano e per quanto io sappia già dove arrivare con questa storia, la strada è sempre più tortuosa del previsto e nello specifico spesso scrivere i capitoli diventa così difficile da essere una tortura.
Spero che ci sia ancora qualcuno di interessato, riprenderò a pubblicare più frequentemente.
Intanto grazie per tutti i meravigliosi commenti!
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