such a lovely place
Rimasi immobile.
Il cuore mi batteva rapido nel petto, mentre ascoltavo in silenzio.
Cassandra non aveva mosso un muscolo, ascoltando anche lei il rumore dello strascichio di piedi che si faceva mano a mano più vicino.
Le sue labbra erano a poca distanza dalle mie, il suo respiro che solleticava il mio viso.
Non potevamo restare lì.
Io non potevo farmi trovare in quelle condizioni da chiunque fosse il nuovo arrivato e Cassie, oh, lei non poteva essere vista da nessuno.
Avrebbero potuto fare delle domande, incolparmi di tutto ciò che era successo.
O peggio, avrebbero potuto portarmela via.
Era fuori questione che ci trovassero.
Non potevo permetterlo.
Spostai lo sguardo dalla porta ancora chiusa al viso di Cassie.
"Dobbiamo andarcene di qui" mormorai, accennando un sorriso, sperando che non facesse storie.
"Perché?" sussurrò appena, sollevando di poco un sopracciglio.
Mi morsi l'interno della guancia, riflettendo per un istante.
"Dobbiamo finire di mangiare" continuò con voce incerta, lanciando una piccola occhiata ai piatti appoggiati sul tavolo accanto a noi.
Feci scendere Cassandra dalle mie ginocchia, prendendole le guance rosee tra le mani e avvicinando i nostri visi piano.
"Potremmo finire di mangiare nel nostro nascondiglio, Cassie" le sorrisi, vedendo che annuiva appena accettando le mie parole.
Iniziavo a sentire, oltre la porta, un respiro concitato, appartenente con tutte le probabilità ad un uomo.
Era questione di pochi istanti e avrei dovuto giocare bene le mie carte, per evitare che Cassandra finisse per imbattersi in lui.
Mandai giù il nodo che mi si stava formando in gola al solo pensiero della mia piccola che parlava, sorrideva, sfiorava qualcuno che non fossi io.
Tornai ai suoi occhioni dolci che mi fissavano in attesa.
"Ci sono altre porte oltre a quella?" le domandai speranzoso, indicando con un movimento del capo la porta chiusa alle nostre spalle.
Lei scosse appena la testa, separando le labbra per rispondermi con la voce, ma un cigolio acuto zittì entrambi.
Mi voltai verso la porta in fretta, riconoscendo un leggero movimento nella maniglia.
Strinsi tra le dita il polso destro di Cassandra, tirandola con me dietro al tavolo, nel piccolo spazio che separava la credenza dal ripiano della cucina. Fissai il mio sguardo nel suo, spostando entrambe le mani poco sotto le sue spalle in modo da tenerla ferma accanto a me.
"Hai mai giocato a nascondino?" domandai con un fil di voce, ricevendo un appena percepibile "No" come risposta.
"Allora questa sarà la tua prima volta" sussurrai, "Fai silenzio e non farti vedere da nessuno, ok?"
I suoi occhi vagavano incerti sul mio viso, cercandovi forse la ragione della mia richiesta, ma io distolsi in fretta lo sguardo, tornando alla porta ancora chiusa.
Chiunque ci fosse dall'altra parte, doveva avere un rapporto estremamente difficile con le maniglie, considerato che non era ancora riuscito ad entrare.
Cassandra appoggiò la testa sulla mia spalla, restando rintanata tra le mie gambe. Era talmente magra e minuta che non avrebbe avuto alcun problema a restare nascosta, anche per tutto il giorno.
Posai una mano sopra la sua testa, accarezzando piano i capelli biondi, aspettando in silenzio che l'intruso riuscisse ad abbassare la maniglia, aprendo con fatica la porta.
Individuai immediatamente un paio di scarpe consunte avanzare di un passo oltre la soglia, il resto del corpo celato dal tavolo che impegnava il centro della stanza.
Continuai ad accarezzare i capelli di Cassie, il suo viso nascosto nell'incavo tra la mia spalla e il collo.
Non avevo mai avuto troppi problemi a mantenere la calma, eppure percepivo il battito distinto del mio cuore risuonarmi nelle orecchie, alternato a quello di Cassandra.
Per un attimo pensai che i nostri battiti fossero talmente forti da permettere a chiunque fosse quella terza persona che aveva osato disturbare la nostra quiete, di sentirci e trovarci in pochi istanti.
Ma mi dovetti ricredere in fretta, non appena l'uomo girò sui suoi tacchi, richiudendosi la porta alle spalle e allontanandosi lungo il corridoio.
Cassandra sollevò la testa dalla mia spalla, puntando gli occhi nei miei e aspettando che mi decidessi ad alzarmi da quell'angolo di pavimento, portandola con me.
Il mio sguardo ricadde immediatamente sulle sue piccole mani che lisciavano la gonnellina lungo le cosce bianche.
"Perché ci siamo nascosti?" mormorò dopo qualche secondo, appoggiando la schiena al bordo del lavello.
Mi passai una mano sul collo, alzando le spalle.
"Voglio restare da solo con te, Cassie" risposi, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro.
Lei arricciò appena il naso, un sorriso che ricopriva poco a poco le sue labbra.
"Vuoi ancora andare nel nostro nascondiglio?" sussurrò, allungando le dita verso il polsino della mia camicia.
Un brivido mi percorse non appena le sue unghie sfiorarono la pelle del mio polso, i suoi occhi che cercavano i miei ad ogni istante.
Non ero ancora completamente rilassato.
Qualcuno vagava ancora per i corridoi e la paura che, per qualche motivo, riuscisse ad incontrare me o la mia piccola mi metteva i brividi.
Afferrai il mio piatto, vedendola fare lo stesso col suo e la seguii fuori dalla cucina attraverso il corridoio.
Le mie dita erano strette attorno al suo polso destro, trattenendola dietro di me, mentre procedavamo all'interno dell'hotel poco illuminato.
Ignorai i tentativi di Cassie di fare conversazione, concentrato com'ero su ogni rumore attorno a noi, aggrappato alla speranza di non udire nuovamente i passi o il respiro dell'uomo.
Non mi accorsi nemmeno che avevamo raggiunto la botola, fino a che la ragazzina non si chinò verso il pavimento, cercando lo sgabello.
Osservai per l'ennesima volta la sua gonnellina a pieghe sollevarsi sulle cosce, i capelli che odeggiavano con essa mentre si rialzava trascinando lo sgabello davanti a sé.
Scivolai con le mani sui suoi fianchi e prima che potesse salire sullo sgabello tremolante la sollevai da terra di qualche centimetro, aiutandola a raggiungere la botola sopra di noi.
Con una piccola spinta la aiutai ad arrampicarsi sopra di me, facendole raggiungere il pavimento della soffitta.
Appoggiato il ginocchio sinistro sul pavimento si diede una spinta, sollevando anche l'altra gamba, lasciandomi lì sotto, quasi intontito, ad ammirare le sue gambe sottili che si muovevano nell'aria, la gonna che si spostava, aderendo al suo corpo, il suo intimo bianco che compariva per un breve istante davanti ai miei occhi, prima che il suo corpo sparisse oltre la botola.
I suoi occhi tornarono dopo poco a cercare i miei, mentre allungava una mano verso di me, un sorriso sulle sue labbra rosse.
"Vieni, Harry" mormorò, il mio nome che scivolava dolcemente sulle sue labbra, prima che le bagnasse appena con la lingua, come per ripulirle di tutto lo sporco che, come ben sapevo, il mio nome si portava dietro.
Quando richiusi la botola alle mie spalle, lasciai andare un sospiro di sollievo.
Era piuttosto improbabile che riuscissero a trovarci qui e tutto ciò che mi interessava al momento era restare da solo con lei.
Poco alla volta, i miei occhi iniziarono ad abituarsi all'oscurità e riuscii ad inviduare Cassandra impegnata ad accendere una candela per illuminare la stanza.
Afferrai entrambi i nostri piatti, attraversando la soffitta e lasciandomi cadere sul divano.
Cassie mi raggiunse saltellando, appollaiandosi sul divano accanto a me.
Raccolse il suo piatto dalle mie ginocchia e allungò le gambe sopra le mie, distendendosi.
Finii di mangiare ciò che era rimasto, sebbene si fosse ormai raffreddato e appoggiai il piatto a terra, appoggiando la testa allo schienale.
Non ero più molto sicuro di ricordare quanti giorni fossero passati dal mio arrivo. Una settimana, probabilmente.
In questi pochi giorni Mr Reed aveva perso ogni attrattiva ai miei occhi.
Cassandra si era infilata nei miei pensieri, cancellando tutto ciò che c'era prima.
Era così piccola e minuta eppure, dentro la mia testa sembrava esserci posto solo per lei.
Il pensiero di ciò che era successo l'ultima volta che mi ero seduto su questo divano attraversò la mia mente, le mie labbra che si arricciavano involontariamente in un sorriso.
Mi passai una mano sul viso, spostandomi i capelli dalla fronte.
Forse qualcuno si sarebbe chiesto che fine avevo fatto, che cosa mi fosse successo.
Dopotutto io stesso ero il primo a chiedermi che cosa mi fosse successo.
"A chi stai pensando?" la voce di Cassandra mi scosse dai miei pensieri, costringendomi ad incrociare il suo sguardo.
Sfiorai con la punta delle dita il suo ginocchio destro, arrossato e coperto da qualche graffio. Probabilmente l'aveva strisciato sul pavimento salendo in soffitta.
Ci passai sopra il pollice, osservando la sua pelle delicata tendersi appena sotto il mio tocco e una leggera pelle d'oca che ne increspava la superficie.
"Perché credi che stia pensando a qualcuno?" domandai, continuando ad accarezzare i piccoli graffi rossastri.
Lei si portò un pezzo di carne alla bocca, dandovi un minuscolo morso e ondeggiando piano il resto nell'aria poco sopra le sue labbra.
Ridacchiò appena, percorrendo il mio corpo con gli occhi, divertita.
"Che domanda sciocca" rispose, masticando la carne svogliata.
Smisi di accarezzarla, aspettando che si decidesse a spiegarmi per quale motivo la mia domanda fosse da ritenere sciocca, ma lei evitò il mio sguardo, puntandolo sul soffitto sopra di noi.
Addentò un altro boccone di carne, prima di poggiare il piatto a terra, lasciandovi sopra una parte del cibo che aveva preparato.
"Quindi?" mormorò, dopo qualche istante.
"A chi stavi pensando?"
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