8. Una buona mira
Non avevo mai pensato che potesse essere il tipo che lancia oggetti durante le liti.
Eppure queste urla e questi vetri infranti provenienti dalla camera di Nicholas e Claudia non lasciano spazio alla fantasia.
Non possono essere mio padre e Sylvie a litigare a quest'ora di notte, anche perché li sentirei più distintamente visto che sono sul mio stesso piano, e nemmeno il fattaccio è imputabile ad altri ospiti della villa perché siamo rimasti solo noi cinque.
Appoggio l'orecchio alla porta e, anche se ho la luce della camera spenta, chiudo gli occhi per cercare di acuire l'udito.
Non distinguo nessuna parola, ma il tono è inequivocabile. Stanno litigando furiosamente.
Possibile che Nicholas le abbia detto qualcosa?
Forse sarei più sorpresa del contrario, so che può essere una carogna col genere femminile - ho origliato qualche conversazione tra lui e papà negli anni passati - però non arriverebbe mai a sposare una donna dopo averne baciata un'altra. O sì?
Ecco, è tornata quella sensazione orribile allo stomaco.
Non fare ad altri ciò che non vorresti venisse fatto a te.
Se io stessi per sposare Nicholas e sapessi che una ragazza gli è saltata al collo per baciarlo e strofinarsi addosso come ho fatto io, penso che torturerei i due traditori fino alla morte. Non so nemmeno perché mi abbia accompagnato in giro per tutto il giorno, comportandosi come il mio fidanzato e baciandomi appena possibile... oddio, in verità anche quando non era possibile. Mi ha baciata in quella chiesetta minuscola e solo il tossicchiare di una signora ci ha interrotto.
Vorrà pur dire qualcosa se un uomo ti bacia in un luogo consacrato, o no? Ma certo! Che deve tornare in fretta e furia dalla sua fidanzata e rompere il fidanzamento.
A detta di Sylvie, si conoscono dallo scorso Natale e ha fatto passare solo tre mesi prima di farle la proposta. Nulla di eclatante, da Spruce... ma non si è inginocchiato. Quella pettegola della mia matrigna ha pure fatto intendere che Claudia ci sia rimasta male del fatto che lui sia stato comodamente seduto per tutta la cena. Del resto lui piega le ginocchia solo in palestra per fare gli squat, non lo sa? E poi perché mai avrebbe dovuto inginocchiarsi per supplicarla? Quale persona non sposerebbe immediatamente Nicholas King?
Rimane il fatto che, oggi, io ero l'altra donna.
E l'ho trasformato nel fantasma di sua madre. Si è comportato come Ivane: ha tradito e abbandonato marito e figlio. Beh, lui non ha fatto esattamente così, ma non si è comportato bene e io... io nemmeno.
Non so più cosa pensare, se sperare o disperarmi.
Sento che urlano e si lanciano oggetti e sono felice perché, se si lasciassero, potrei avere una possibilità con lui.
Al contempo mi dispero perché sto recitando il personaggio malefico di una qualsiasi serie, reality, romanzo, quella che tutti odierebbero e chiamerebbero in modi poco piacevoli. Era questo che sognavo diventare da grande, una sfascia-famiglie?
Le urla diventano sempre più forti.
Questa volta si è rotto qualcosa di pesante... Un urlo strozzato. Un tonfo sordo. Silenzio.
Troppo silenzio.
Non si staranno mica baciando per fare pace?
Una porta sbattuta.
Nessuna pace.
Abbasso la maniglia e metto il naso fuori, nel corridoio buio.
«Adele, che fai qui fuori?»
Dalla sorpresa, faccio un salto e mi porto la mano alla bocca.
«Papà! Cosa vuoi che stia facendo? Ho sentito urlare e...»
Mio padre accende la luce. Mi sa che stava già dormendo perché ha i capelli arruffati e lo sguardo spento.
«Rimani qui.»
«Vengo con te.»
«Torna in camera, sono cose da adulti.»
Non mi lascia nemmeno il tempo di rispondere che si incammina verso le scale e io aspetto che le imbocchi per seguirlo, senza fare rumore.
Lo sento bussare alla porta, chiamare i nomi dei due occupanti e domandare retoricamente se vada tutto bene.
Nulla.
Mio padre bussa più forte e aspetta mentre si stropiccia il viso con la mano. Si gira verso le scale e io faccio appena in tempo nascondermi prima che si accorga che gli ho disubbidito.
«Nick, aprimi! Se non lo fai, conto fino a tre e poi entro.»
Nulla.
«Tre!»
Pensa di essere in un film?
«Due!»
Un lamento proveniente da dietro la porta, lo spinge ad abbassare la maniglia in tutta fretta e io scendo i tre gradini che prima mi mettevano al riparo dalla vista paterna.
Sto trattenendo il fiato.
«Cos'hai fatto? C'è sangue ovunque!»
Afferro il corrimano e cerco di respirare a fondo mentre la testa prende a girare. Perché c'è sangue? Non avrà ferito Claudia? Nemmeno se lo vedessi, potrei credere che lui sia in grado di fare violenza a una donna... Eppure, con tutto quello che si sente al telegiornale...
«Che avete combinato? Vado a chiamare il medico...»
La voce perentoria di mio padre mi gela il sangue. Mi impongo di staccare le dita dal corrimano, ma sembrano essersi pietrificate.
«Amico, ehi! Non svenire!»
Le falangi scattano come molle per liberarmi e corro da lui.
Nicholas è riverso a terra, in un mare di vetri e acqua. Mio padre mi copre la visuale del suo viso, ma vederlo agitarsi con una spugna in mano sporca di rosso non mi tranquillizza. Mi avvicino senza nemmeno rendermi conto di ciò che sto facendo.
«Per tutti i diavoli, Adele! Hai con te il telefono?»
La spugna è premuta sulla fronte di Nicholas mentre la macchia di sangue si allarga sempre più. Perché è così immobile? Perché il suo petto non va su e giù?
«Papà? Cos'ha, perché non risponde?»
«Il telefono, Adele!»
«È in camera... Non apre gli occhi?»
So che dovrei correre in stanza per recuperare il cellulare, oppure fare una qualsiasi altra cosa ma non riesco ad agire. Credo di aver smesso anche di respirare.
Mio padre si alza, si avvicina per prendermi per le spalle e scrollarmi fino a quando il mondo sembra essere tornato tangibile e reale.
«Ho bisogno di te. Nick ha bisogno di te. Puoi farcela?»
Annuisco e papà tira le labbra in quello che vorrebbe essere un sorriso rassicurante ma che somiglia di più alla smorfia del Joker.
Mi tira a sedere sul pavimento accanto a lui, poi mi prende la mano per appoggiarla sulla spugna sporca, ordinandomi di tenerla premuta forte sulla fronte di Nicholas. A mala pena sento che papà mi ha detto qualcosa riguardo a un dottore perché un lamento sommesso esce dalle labbra esangui che ho baciato solo qualche ora fa. Ha il viso cadaverico e sudato, un contrasto strano con le macchie di sangue che gli sporcano il viso, la maglietta e i pantaloni del pigiama.
«Sono qui con te» sussurro chiedendomi se mai mi possa sentire.
Un lamento sottile e un tremolio delle palpebre socchiuse sono la sua unica risposta e a me questa inezia sembra una benedizione celeste.
Non c'è rischio che muoia come mia mamma, vero?
Alzo gli occhi per guardarmi attorno.
Il letto sfatto è la cosa più ordinata e meno disturbante. Il vaso di fiori, omaggio di benvenuto presente in ogni stanza, è sul pavimento in frantumi. L'acqua che ha inzuppato gli indumenti di Nicholas proveniva forse da lì? Oppure dai bicchierini cristallo o dalle bottiglie di vetro? Oltre ai cocci del vaso, infatti, in terra ci sono vetri grandi e piccoli. Un orrendo posacenere di ceramica smaltata mista ad acciaio è posato lì accanto. Lo prendo con la mano libera, è molto pesante, lo rigiro e noto che la superficie tagliente è tutta sporca di sangue. Alzo la spugna per studiare il viso solcato sulla tempia destra. Mi sa che questo è l'oggetto incriminato. Quando il sangue riprende a uscire, torno a premere e solo allora l'uomo spalanca gli occhi verdi, spaventosamente vuoti.
«Sono svenuto?» biascica nel portarsi una mano alla tempia e finendo per appoggiarla sulla mia. Quando cerca di mettersi a sedere, lo trattengo.
«Mio papà è andato a chiamare aiuto.»
Mi toglie la mano dalla sua testa e guarda la spugna inzuppata, ha un'espressione indecifrabile, come se contemplasse il sangue di un altro.
«Per un taglietto?»
Si mette a ridere, un sorriso sardonico, e si gira su un fianco per riuscire a far leva su un braccio e tirarsi su.
«Aiutami, dai, che non voglio stare sul pavimento.» La frase è stizzita, quasi fosse arrabbiato.
Si appoggia a me fino a riuscire non solo mettersi seduto, ma a portarsi in piedi. Continua a tenere un braccio sulle mie spalle trattandomi come se fossi una stampella, si avvicina all'armadio, spalancato e con tutti cassetti buttati per terra, per cercare un pigiama asciutto e pulito, poi si guarda la fronte nello specchio dell'anta. Il taglio è aperto, gonfio e livido, ma per fortuna il sangue sembra essersi fermato. Nicholas, però, è strano, è così vicino ma sembra allo stesso tempo molto distante. Sarà solo per via della ferita?
«Mi dici cosa è successo?»
Non sembra nemmeno far caso alla mia domanda, ma si discosta per togliersi la maglietta, rimanendo a torso nudo. Ha anche uno strano segno rosso sotto la clavicola, perfettamente circolare e quel livido sembra mettere in risalto, per contrasto, il suo addome scolpito e la forma armoniosa delle spalle.
«Avete litigato per colpa mia?»
Si sfila i pantaloni del pigiama e rimane in boxer, ma dal colore marezzato capisco che sono bagnati anch'essi. Quando infila i pollici nell'elastico per toglierseli, mi volto di scatto, imbarazzata.
«Ti vergogni a vedermi nudo?»
Rimango girata, non so cosa dire e non capisco nemmeno cosa stia accadendo. Non sembra la persona con cui ho trascorso la giornata.
«Aiutami: non riesco a stare in equilibrio da solo. Se preferisci, chiudi gli occhi.»
Mi avvicino, tenendo però la testa girata. Lui mi appoggia la mano sulla spalla e il suo peso mi fa barcollare così tanto che finisco per abbracciarlo a livello della vita per evitare a entrambi la caduta. Respira rapido, a fatica. Ed è ancora completamente nudo, il suo calore filtra attraverso la stoffa sottile della mia camicia da notte. Gli bacio il segno rosso sotto la clavicola e faccio scivolare le mani sulla sua schiena in una carezza che però mi turba e mi invoglia a scoprire tutta la superficie del suo corpo.
«Stamane me lo hai preso in mano, ora mi stai toccando e ti vergogni a guardarmi?» mi domanda all'orecchio, per nulla ironico.
«Non è come credi.»
«E com'è?»
Non fa in tempo a chiedermelo, che sento il suo ardore farsi strada prepotentemente tra di noi. Allontano il bacino, ma lui mi mette una mano sul sedere per non perdere il contatto.
«Oppure ti spaventi a guardare il mio cazzo?»
Con un singulto, faccio per scostarmi, ma lui mi trattiene.
«Nicholas, non essere volgare.»
Ha le palpebre leggermente abbassate mentre un sorriso sornione si fa strada sul suo viso.
«Perché ho detto cazzo?»
«Sì.»
«Tu come lo chiami? Uccello?»
Che domande mi sta facendo?
«Non lo chiamo... Smettila subito!»
Ridacchia e scrolla la testa.
«Ti stai prendendo gioco di me?»
Libera la stretta solo per portare una mano al mio viso e accarezzarmi il labbro inferiore col pollice. Lentamente lo insinua nella mia bocca a cercare la lingua.
«La tua bocca non dice cazzo, ma continuo a immaginarla piena del mio, mentre me lo lecca e succhia proprio come adesso sta facendo col mio pollice.»
Sento che dovrei arrabbiarmi o scandalizzarmi, ma lo dice con una tale intensità e senza smettere di guardarmi negli occhi che mi solletica l'idea di avere il coraggio di farlo davvero. Inginocchiarmi davanti a lui e...
Improvvisamente toglie il pollice intrappolato tra le mie labbra e se lo porta alla bocca, leccando proprio dove avevo appena passato la lingua.
«Ti permetterei di farlo solo dopo averti baciato io, come si deve, proprio...»
Oh!
La sua mano s'intrufola sotto la mia camicia da notte per farsi strada verso le mutandine e scostarle davanti. Un polpastrello mi sfiora il clitoride e si insinua tra le piccole labbra inumidendosi.
«...proprio qui. Stamane abbiamo lasciato le cose a metà.»
Mi allontano per ricompormi, mentre lui, rimasto senza il mio appoggio, ondeggia avanti e indietro e ride di nuovo. Sembra ubriaco.
«Non ti reggi nemmeno in piedi.»
«Già, però lui sta più su di me, adesso» commenta sottovoce schiaffeggiandosi le sue parti basse.
Cerca la sedia dove aveva appoggiato i boxer e il pigiama asciutto. Infila un piede nei primi, ma poi non riesce a mettere il secondo e mi tocca fargli ancora da stampella. La cosa bizzarra è che cerco di farlo senza guardarlo lì, sono veramente in imbarazzo.
«Io credo che tu stia dicendo queste cose perché hai sbattuto la testa...»
Si blocca, con gli slip calati a mezza coscia, mi afferra per la nuca e mi attira a sé per baciarmi. La sua lingua mi invade, esigente e spudorata. Poi si stacca tanto improvvisamente come aveva iniziato.
«Non ho sbattuto la testa, sono stato attaccato e non ho voluto difendermi.»
Sotto la sedia scorgo un piccolo mucchietto di pizzo che mi pare di riconoscere.
«Avevi detto di averlo buttato, invece hai ancora il mio perizoma.»
Quando lo raccolgo, me lo strappa di mano digrignando i denti.
«Lo ha trovato Claudia?» gli chiedo mentre il senso di colpa torna a rodermi lo stomaco.
«Dopo che ha iniziato a buttare in aria tutti i cassetti.»
Respira roco e la ferita sulla fronte si è un po' riaperta tanto che qualche goccia mi macchia il petto.
«Vedi cosa succede a dire fesserie? Dovresti sdraiarti.»
Si pesa ancor più su di me, gli occhi sembrano velarsi mentre mi pulisce via le gocce rosse con le dita.
«Avevo fantasticato di potermi macchiare io del tuo sangue di vergine. La vita è strana: ti tenevo in braccio fino a ieri e ora vorrei solo fare l'amore con te.»
Anche se le ultime parole sono biascicate, rifanno lostesso arrossire, ma non faccio a tempo a preoccuparmi che capisco che sta perdendo conoscenza.
«Mio padre dovrebbe arrivare con un medico da un minuto all'altro» dico, probabilmente più per dare coraggio a me stessa. Riesco a trascinarlo verso il letto per abbandonarlo sul materasso. Non è cosciente e la ferita sulla fronte ha ripreso a sanguinare più abbondantemente.
Perché mio padre ci sta mettendo tanto?
Nicholas non sta morendo, vero?
Sento delle voci lontane, per fortuna!
Con orrore mi rendo conto che Nicholas è praticamente nudo, a parte i boxer arrotolati e mezza coscia e immagino cosa possa pensare mio padre. In tutta fretta, lo volto e cerco di tirargli su le mutande... Poi gli drappeggio addosso il lenzuolo nell'attimo in cui papà fa il suo ingresso. Corruga la fronte nel vedere l'uomo sul letto e la ferita senza il tampone estemporaneo di spugna.
«Come ti è venuto in mente di spostarlo?» mi domanda innervosito, mentre fa strada al dottore.
Questi, dopo aver dato una veloce occhiata al paziente che, grazie a Dio, ha riaperto gli occhi, si sofferma sulla stanza in disordine e apre la borsa.
«Dovremmo chiamare l'ambulanza. E anche la polizia per denunciare l'aggressione» dice in inglese e mi guarda storcendo la bocca.
«Solo un piccolo incidente con la mia fidanzata. Non è il caso di farne una tragedia. Basteranno un paio di punti.»
Nicholas sta difendendo Claudia chiamandola sua fidanzata? Quindi si vogliono ancora sposare? Lo osservo portarsi una mano alla ferita, tastando piano la pelle coi polpastrelli.
Il medico mi si avvicina con fare greve, scrollando la testa e facendo uno strano suono con la bocca, evidentemente contrariato da quello che ho fatto... Non mi sembra grave averlo sollevato dal pavimento pieno di cocci e averlo aiutato a mettere indumenti asciutti e puliti.
«Bisognerà verificare che non abbia anche un trauma cranico. Stava per caso mirando all'occhio per ritrovarsi un marito orbo? Quale di questi oggetti gli ha tirato?»
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