55. Un paradiso a cui tornare

«Nick, sono Ryan. Sono qui con Mr Allen. Il dottor Gilardi ha fatto uno splendido lavoro su Adele, io l'ho affiancato. Ci sei?»

«È viva? Sta bene?»

Tutto sembra immobile.

«Siamo intervenuti per ricucire alcune lesioni interne significative: il diaframma era compromesso e c'è stata una lacerazione importante all'intestino. La ferita ha danneggiato anche il rene funzionante. Abbiamo arrestato l'emorragia, ma...»

La sua pausa, una lama nel petto.

«Cazzo, Ryan, dimmi se è viva!»

«Lo è. Abbiamo dovuto dializzarla, ma non è una soluzione a lungo termine. Il rene superstite era quello compromesso durante la gravidanza e non funziona come dovrebbe. Adele ha bisogno di un trapianto...»

La sua voce viene interrotta, Fred in sottofondo sta blaterando qualcosa. Cristo santo, anche ora ci si mette.

«Nick! Nick, ascoltami, sono io, Fred.» La sua voce è roca, come se fosse invecchiato di cento anni. «Io non sono compatibile. Ti giuro, tu non sai quanto vorrei poterle donare io un rene, ma non posso. Tu, però, tu forse... se i test... tu potresti esserlo.»

Io potrei salvarla? La sua vita dipende da me?

«Mr Allen, mi ripassi il telefono, subito!»
Rumori indistinti  dall'altra parte...
«Nick, sono di nuovo io. E questa volta ti parlo da cardiologo, non da amico.» Ryan ha un tono grave, severo. «È molto pericoloso, forse troppo, quello che ti chiede Mr Allen. L'anestesia e la donazione di un organo, proprio ora che il tuo cuore sta dando segni di miglioramento... Non me la sento di dare il mio consenso: potresti non uscire vivo dalla sala operatoria.»

La mano lascia il telefono che cade sul tavolo con un tonfo.

Non riesco a respirare.

Ho solo una certezza. So cosa farò.

Non ho mai dubitato che fossimo compatibili anche a livello molecolare. Certe cose si sentono, in un modo così irrazionale che viene da definirla magia. Ma non è magia. È paura, quella vera, che ti stringe il petto e ti toglie il respiro. Se fallissi? Se il mio cuore non reggesse? Non è la mia vita che mi preoccupa, ma quella che lascerei incompleta senza di lei. Lei è la mia casa, la mia ancora.

Un'infermiera mi sistema gli elettrodi sul torace. Il loro tocco è gelido, ma niente è più freddo del pensiero che il futuro che abbiamo immaginato non si realizzi. Io, lei, i nostri bambini...

L'ECG scandisce il ritmo della mia paura, una linea dopo l'altra, tutte le parole non dette.

Ti amo. Forse non gliel'ho mai detto, ma solo perché è troppo poco per quello che provo.

Scusa. Per non esserle stato accanto.

Perdonami. Per non aver capito tutto dall'inizio.

«Sta bene?» la voce dell'infermiera mi riporta alla realtà. Annuisco, debolmente. Lei guarda le manette al mio polso e, per un attimo, il suo sguardo tradisce un misto di pietà e incomprensione. «È proprio necessario?» chiede all'agente che mi sorveglia.

Lui alza le spalle: «Ordini superiori.»

Le manette non sono solo un simbolo della mia colpa presunta, ma di tutte le catene che non sono riuscito a spezzare prima di adesso. Catene di dubbi, rimorsi, errori che mi hanno portato qui.
Il mio avvocato ha cercato di evitare che venissi scortato in manette ma siccome la diatriba stava tirando la cosa per le lunghe, le ho accettate. E la notizia del ferimento di Adele e del nostro arresto dev'essere trapelata in qualche modo perché ci sono giornalisti ovunque e sicuramente domani ci sarà un mio ritratto con tanto di polsi legati.

«Non è giusto quello che sta passando, ma si vede che tiene molto a lei.» L'infermiera toglie gli elettrodi e misura la pressione sfruttando il braccio non bloccato dalle manette. «È un po' alta, ma comprensibile visto quello che sta passando. Vedrà che andrà bene e presto starete di nuovo insieme.»

Immagini dell'ultima volta che abbiamo fatto l'amore mi tornano in mente... Sarà stata la nostra ultima volta? O ce ne saranno altre? Sentirò di nuovo il fuoco ardere dentro di me o l'ultimo ricordo sarà il gelo della stanza in cui l'ho vista?

Un rumore alla porta mi distoglie dai pensieri. Il mio agente parla con un altro e poco dopo vedo Fred. Le occhiaie, gli occhi lucidi, il volto tirato. Nemmeno lui è uno spettacolo. Si ferma sulla soglia, i suoi occhi gonfi di qualcosa che non riconosco: vergogna, forse. O paura.

L'infermiera mi sistema il cuscino dietro alla testa e, prima di andarsene, si raccomanda di non affaticarmi.

Fred si schiarisce la gola, la voce rotta dal peso di troppe parole mai dette. Non è un uomo arrogante, oggi. È solo un padre disperato. Un padre, quello che forse io non sperimenterò mai di essere.

«Non mi aspettavo questo da te.» Scoppia  in lacrime. Non l'ho mai visto piangere, nemmeno quando è morta la mamma di Adele. «Non ti dirò che sei un eroe, ma devo ammettere che sei un uomo migliore di quanto io abbia mai sperato di essere. Di quanto io sia mai stato. Adele è tutto per me, ma io non ho mai saputo proteggerla come avrei dovuto. Ora... ora lo stai facendo tu.»

Lo guardo, stupito. Quelle parole mi colpiscono più di quanto vorrei ammettere. Non sono un eroe. Non sono un uomo migliore di lui o degli altri. Fred non ha mai mostrato debolezze, né riconosciuto la mia forza. Eppure ora eccolo qui, davanti a me, con gli occhi bagnati e il peso degli errori di una vita sulle spalle.

«Salvami la figlia, Nick.» Singhiozza disperato. «Non sono mai stato un buon padre, ma lei è tutto quello che ho fatto di buono nella mia vita. Ti prego... salva Adele. »

Deglutisco, sentendo un nodo stringermi la gola. Mi sembra impossibile parlare, ma le parole escono da sole. «Non sono migliore di nessuno. Amo solo Adele più della mia vita stessa. E non sto salvando solo lei. Sto salvando la parte di me che non può vivere senza di lei.»

Fred annuisce lentamente e posa le sue mani ammanettate sulla mia. «Ho sbagliato tanto con lei. E con te. Ma oggi capisco che non sei quello che credevo. Sei quello di cui Adele ha bisogno. Solo tu puoi salvarla. Io credo in te, Nick.»

Poi si volta, fa un passo e mi lascia solo coi miei pensieri.

Chiudo gli occhi, respiro a fondo. Lo faccio per lei, ripeto a me stesso, come un mantra. Perché Adele è la mia vita. Se posso darle una possibilità, se posso salvarla, allora nulla importa più di questo.

Mi chiedo però se sarà abbastanza.

Se solo potessi donarle il frutto dell'albero della vita eterna, lo coglierei, anche a costo di essere bandito dal paradiso. Perché, senza di lei, io non ho un paradiso a cui tornare.

Un enorme grazie a tutte coloro che mi hanno scritto dopo l'ultimo capitolo, piene di curiosità e domande sul finale di questo romanzo! 
Mi emoziona sapere quanto siete coinvolte nella storia. 

Vi confesso che siamo ormai agli sgoccioli: i capitoli finali sono vicini.
E voi, cosa ne pensate di quest'ultima parte? Vi sta piacendo il percorso di Nicholas e Adele? 

Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti!

Un abbraccio,

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