47. Dodici ore prima dell'aggressione

Infilo nel sacchetto tre mele Golden e due Fuji. Cos'altro avevo segnato nella lista della spesa? Non mi abituo a farla su carta, finisco sempre per dimenticarla a casa, ma Erika mi ha vietato di usare qualsiasi app. Dice che chi ci sta spiando potrebbe entrare nel mio cellulare e scoprire cosa stiamo facendo.

Forse esagera, ma ora che siamo così vicini a ritrovare nostro figlio non posso permettermi errori. Approfitto delle prime ore del mattino per fare la spesa. Il Berkeley Bowl West è quasi deserto e posso perdermi nei profumi della frutta fresca. Mi immagino già a preparare gli omogeneizzati per nostro figlio. O per i nostri figli. Non ho potuto allattarli, ma non voglio certo comprare loro pappe pronte. Imparerò a cucinare per loro. Chissà cosa piace a Eloise? Questione di settimane, forse giorni - o magari ore - e la mia vita sarà quella che ho sempre sognato.

«Adele? Sei tu?»

La voce mi scuote. Sobbalzo e le mele mi cadono a terra. Mi chino per raccoglierle e vedo una mano afferrarne una prima di me.

Tyler Davis. Non lo vedo da mesi. Un brivido mi percorre la schiena.

«Tyler... che ci fai qui?»

Non avrei voluto suonare così incerta, ma la mia bocca è improvvisamente asciutta. Lui sorride, piegando le labbra in un ghigno che non arriva agli occhi.

«Ma guarda un po', sembra destino che ci incontriamo...»

Mi strappa il sacchetto e finisce di raccogliere le mele. Si alza e mi porge la busta, ma l'altra mano rimane sul mio braccio un po' troppo a lungo. Mi scosto, cercando di liberarmi dal suo tocco.

«Ieri ti ho vista a lezione. Non mi hai salutato.»

Il suo sguardo che mi scruta da capo a piedi.

«Non ti avevo visto. Scu-scusa.»

Da quando balbetto? Il suo ghigno si allarga, come se trovasse il mio disagio divertente.

«Ero sicuro di farti un certo effetto. In fondo, ti ho salvato la vita. E sai? C'è un'antica credenza indiana che dice che ora mi appartieni.»

Inspiro a fondo, cercando di tenere a bada il panico che vorrebbe paralizzarmi.

«Io non sono di nessuno.»

Fa un passo avanti, troppo vicino. Il corridoio sembra restringersi intorno a noi.

«Appartenersi in senso buono, ovviamente.» Mi sorride ancora, ma il tono è strano, inquietante. «Ho pensato a te spesso ultimamente. Sai, volevo scusarmi per come sono andate le cose tra noi.»

Cerco di mantenere la calma, anche se il cuore martella talmente forte che temo lui possa sentirlo. «Non c'è bisogno, Tyler. Non c'è più nulla da dire.»

«Oh, invece sì.» Un altro passo avanti. Gli occhi si spostano lentamente dalla mia bocca al mio petto. «Magari possiamo uscire stasera. Per parlare, dico. Potresti capire che mi hai frainteso.»

Devo allontanarmi. Dietro di me il bancone della frutta, da una parte il carrello e lui mi blocca ogni altra via di fuga. «Non sono interessata. Devo concentrarmi sullo studio.»

«Ancora meglio, studiamo insieme!» Il tono della sua voce si fa duro, il suo volto cambia. «Credo che tu mi debba un'altra possibilità.»

L'aria si fa pesante, come se tutto intorno a noi fosse sospeso. Mi guarda con insistenza. «Un'altra? Non ti ho mai dato una possibilità, Tyler,» dico d'un fiato, cercando di mantenere la voce ferma. «Non ho intenzione di uscire con te, né di diventare tua amica.»

Prima che possa reagire, afferra il mio braccio con forza, stringendo.

«Adele, pensavo che fossi più intelligente. È meglio per te che io resti tuo amico.» La sua voce è un sibilo.

Cerco di liberarmi, ma lui stringe ancora di più. Il dolore mi paralizza. «Mi stai facendo male! Lasciami andare!»

Ma lui si avvicina ancora, la sua fronte preme contro la mia. «Non è finita, Adele. Non è che può finire così.»

Improvvisamente, una voce alle nostre spalle ci interrompe.

«Ehi! Che sta succedendo?» Una donna in divisa del Berkeley Bowl West si avvicina velocemente, lo sguardo fisso sulla mano di Tyler che ancora mi trattiene. «Lasciala andare, o chiamo la sicurezza.»

Tyler ghigna e allenta la presa. «Sai con chi stai parlando?» dice con tono minaccioso.

La donna lo fissa, impassibile. «Tyler Davis, giusto? Dei California Golden Bears. Non mi faccio intimidire.»

Lui solleva un pugno, ma si ferma a mezz'aria.

«Non finisce qui!» e sputa a terra prima di andarsene.

La donna si avvicina a me, preoccupata. «Stai bene?»

Annuisco anche se il mio corpo trema ancora.

«Grazie. Se non fosse stato per lei...»

«Ti ha fatto male?» domanda osservando il mio braccio. Solo allora mi rendo conto che sto massaggiando la parte dove lui mi ha afferrato. Mi tolgo la giacca e cinque segni rossi stanno cominciando a emergere sulla pelle.

«Non è il tuo ragazzo, vero?» chiede la donna.

«No,» la voce è così flebile che stento a riconoscerla come mia. «Penso che ce l'abbia con me perché l'ho rifiutato.»

«Vuoi denunciarlo? Posso testimoniare.»

Scuoto la testa. «No, voglio solo tornare a casa.»

Lei mi guarda per un lungo istante, poi annuisce. «Va bene. Ma fai attenzione. Quel ragazzo non mi piace per niente.»

Osservo il cartellino con il suo nome: Angel. Nessun nome poteva essere più adatto.

Grazie per essere  qui con me in questa avventura❤️

I  sospettati sono aumentati, ora c'è pure quel briccone di Tyler. Ma cosa succederà con esattezza? Non rimane che attendere venerdì!

A prestissimo,

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