43. Mr & Mrs Anderson?

Tre settimane dopo

Cara Adele,

voglio essere io a dirti le novità riguardanti nostro figlio, mi dispiace non poterlo fare di persona, ma presto ci incontreremo e affronteremo insieme il nostro futuro.

Non voglio dilungarmi, sai quanto desideri abbracciarti e stare con te. Ma ancora di più, voglio ritrovare nostro figlio e costruire la famiglia che sogniamo. So che anche tu fantastichi al riguardo, ma dobbiamo restare con i piedi per terra e mantenere la calma, nonostante tutto.

Erika potrebbe aver scoperto dov'è nostro figlio.

Due settimane fa, io e Ryan siamo stati in una clinica privata dove, a quanto pare, lui era stato portato e dove gli hanno somministrato tutte le terapie necessarie. Era in salute e stava bene, cosa che mi ha sollevato non poco... Vuol dire che è vivo, mia dolce Adele, e che non ha più bisogno di vivere dentro un'incubatrice.

A quanto pare, ora è stato affidato a una famiglia di Paso Robles. Tu te la senti di sopportare un'eventuale delusione e venire con me? L'idea sarebbe quella di andare lì con Ryan ed Erika, tutti sotto mentite spoglie, fingendoci coppie desiderose di adottare un bambino. Agendo separatamente, ma con lo stesso obiettivo, avremo forse più possibilità di scoprire la verità.

Forse nostro figlio sarà lì, oppure no...

Spero di riabbracciarti quanto prima, oramai sono due mesi che non faccio altro che ricordare il tuo profumo senza viverlo.

Tuo,
Nicholas

P.S. Posso sperare che tu non ti vesta di nero?

Riapro gli occhi dopo averli chiusi chissà per quanto e tutto torna pian piano alla realtà. Il mio appartamento a Berkeley, io e Ryan seduti sul divano e la luce dei primi giorni marzolini che penetra dalla finestra con il suo lieve calore. So di essere nel mio appartamento, ma è come se fossi altrove.

«Stai bene?» 

La voce del dottore mi è di conforto. 

«Non lo so. Credo che la pressione mi si sia abbassata per poco.» 

Sbatto le palpebre per mettere nuovamente a fuoco la lettera di Nicholas, timorosa che si tratti di un'allucinazione.

Erika potrebbe aver scoperto dov'è nostro figlio.

Sono le più belle parole del mondo, capaci di dissolvere il muro che nasconde il futuro che io e Nicholas desideriamo. Possiamo dunque sperare di riabbracciare nostro figlio? 

Il lieve tocco sulla spalla mi fa sobbalzare. È Ryan, chi altri potrebbe essere?

«Stai iperventilando: cerca di respirare più lentamente.» 

Inspiro contando fino a cinque ed espiro in otto. L'uomo mi impartisce i tempi con la mano a guisa di un direttore d'orchestra mentre cerco di seguire lo spartito e modulare il diaframma.

«È tutto vero?» 

«È vero che abbiamo una pista, ma non sappiamo ancora se ci porterà alla meta.» 
Ingoio a vuoto mentre cerco di dominare i pensieri e non cedere né alla speranza né tantomeno alla disperazione. 
«Te la senti di venire?» 

Ho appena tempo di cambiarmi d'abito e lasciare sciolti i capelli che mi ritrovo in una Ford Puma grigia poi, appena usciti da Oakland, poco prima di immetterci sulla I-580, Ryan si avventura in una dedalo di strade per scomparire infine in un parcheggio multipiano. Facendomi cenno di tacere, cambiamo macchina e prendiamo una Ford Focus, questa volta grigio scura. L'operazione dura al massimo cinque secondi e poi ripartiamo subito. 

«Cambieremo un'altra macchina ad Hayward per sicurezza.» 

Quante precauzioni!
«Nicholas ed Erika?» 

«Alla prossima sosta li incontreremo. Andremo tutti e quattro fino a Kettleman City, lì voi due prenderete a noleggio un'altra macchina, prenotata col nome di Anderson, in modo da non arrivare insieme.» 

Il cuore batte così velocemente che mi fa perdere la cognizione del tempo tanto che non riesco a comprendere se stia correndo o si sia fermato. 
La preghiera è il mio unico appiglio, temo però di far infuriare tutti gli dèi perché li sto pregando tutti, senza far distinzione tra le religioni. Forse capiranno la mia disperata speranza?

Come preannunciato, ad Hayward, Ryan imbocca un altro dedalo di strade e, come accaduto a Oakland, si ferma in un parcheggio. Questa volta prendiamo una Tesla. Erika è pronta alla guida, parte rombando, con il dottore seduto accanto e io sul sedile posteriore. 

«Ma Nicholas...?»

Senza rispondere alla mia domanda, Erika mi ordina di sdraiarmi sui sedili in modo che non mi si veda almeno fino all'uscita della città. Non sarà paranoica?

«Le hai controllato il telefono, vero?» 

«Per chi mi hai preso?»

«Per un bravo medico, ma che non fa l'investigatore privato. Adele, ora ti puoi rialzare.» 

Mi allaccio subito la cintura di sicurezza, Erika va davvero forte, dubito che stia osservando i limiti di velocità consentiti sulla I-580.

«Forse dovresti rallentare» osserva Ryan con calma apparente.

«Forse» risponde lei, ma non accenna a diminuire.

«Forse Adele vuole scartare un pacco regalo tutto intero e non ammaccato.»

«Mr King sta benissimo, te lo assicuro.»

A sentir parlare di Nicholas, aguzzo subito le antenne. «Dove lo incontriamo?» 

La voce mi trema di impazienza. Non lo vedo da tre mesi, non l'ho mai sentito al telefono, ho solo letto qualche sua lettera... Una parte di me teme che non provi più le stesse cose. 
Potrebbe aver capito che non sono la donna della sua vita e ora fa così solo perché si sente in obbligo verso nostro figlio. 
Ma cosa penso? Nicholas non avrebbe mai scritto quelle lettere se il sentimento provato fosse stato solo il senso dell'onore e del dovere nei miei confronti! Oppure è una mia fantasia?

«Nick sta già viaggiando con noi» mi risponde Ryan interrompendo il carosello dei pensieri. 

«Ma...?»
Oddio, non lo avranno mica infilato nel bagagliaio?

E mentre pavento che possa morire soffocato, avverto lo sguardo di Erika dallo specchietto retrovisore e subito dopo sento la sua risata.

«Tra cinque minuti lo tiriamo fuori, stai tranquilla che sta bene.»

Nell'infinito elenco delle cazzate commesse in vita figurano al primo posto l'aver fatto l'amore con Adele, essermene dimenticato e aver sviluppato un'insana gelosia nei confronti di me stesso; al secondo, il matrimonio con Claudia. Fino a mezz'ora avrei assegnato il bronzo all'aver creduto Fred un amico sincero, ora invece lo consegno all'aver acconsentito ad essere seppellito vivo in un bagagliaio. Che poi, diciamocela tutta, se qualcuno avesse deciso di seguirci, Erika se ne sarebbe accorta immediatamente visto quanto è meticolosa e pignola. 

Gli scorsi mesi trascorsi senza internet, cellulare, televisione, computer, radio mi è sembrato di tornare a vivere negli anni Novanta. Potendo ricorrere solo allo scambio di lettere di carta, mi sono sentito un innamorato ai tempi di Shakespeare. Ci mancava poco che scrivessi ad Adele

Per la tua immagine o per il mio sentire,
Anche se lontana, sei sempre con me.
Non puoi sfuggire ai miei pensieri,
Miei fedeli compagni e tuoi custodi,
E se anche s'addormentassero, la tua visione
Risveglierebbe il mio cuore, 
Deliziandolo così come fa coi miei occhi.*

Meglio dirle di persona certe cose o, comunque, essere certi che una donna giovane come lei non pensi male di uno col doppio dei suoi anni che si mette a ricopiare poesie su un foglio ingiallito. Non è che tutto questo mio essere di un'altra epoca la spinge a mettere su famiglia con uno della sua età?

Ma no, Adele non è così... Adora Shakespeare e si sarebbe solo emozionata a leggere una sua poesia vergata di mio pugno. Mi riservo di scrivergliela, sempre che io sopravviva. 

Batto dei colpi contro la tappezzeria dello sportello del baule.

«Tiratemi fuori da qui!»

Non ho più fiato, non so se abbia urlato o abbia solo pensato di farlo. Batto altri colpi. Si sono dimenticati che per vivere ho bisogno d'ossigeno?

Dopo un tempo che pare eterno, la macchina rallenta ed ecco che il baule si apre costringendomi a chiudere gli occhi per la luce improvvisa. Credo che Ryan m'abbia preso di peso e rimesso in piedi.

Ora mi sentono, a sequestrare così... un... povero... 

Due braccia sottili mi stringono la vita, i pensieri si zittiscono per lasciare spazio all'immagine che il tatto disegna nel mio cervello, capelli lunghi fino alla vita, il collo sottile e lungo, le labbra scarlatte pronte all'assalto, il corpo avvolto in un vestito lungo color oro. Il rumore della risacca, l'aria tiepida di giugno, il dolce agguato di una ragazzina desiderosa di ricevere il suo regalo di compleanno. 

Gli occhi si aprono a fatica, resistono al riverbero, mesi di sola fantasia vengono colmati da una realtà che paventavo mi fosse preclusa per sempre. 
Laghi d'oro brillano acquorei incorniciati d'un viso di trepidante dolcezza. 
Palpebre, non sbattete, lasciate che questa immagine s'imprima in ogni fibra del mio essere diventando mia fedele compagna. 

Le nostre labbra si sfiorano senza abbandonarsi, i respiri danzano nelle bocche, le lingue si raccontano di lontananza e incontri. 

Sono tanti i desideri eppure ora non voglio null'altro, mi basta che lei sia qui accanto. Col suo maglioncino nero che fa intravedere la punta delle clavicole ma coi capelli sciolti con impresso, ad altezza del collo, la morsa dell'elastico. 

Non sei più la ragazzina di tre mesi fa, anche se ti ostini a vestirti di nero: so che la vita e la speranza hanno ripreso a palpitare in te. E quando ti metterò in braccio nostro figlio, so che ti vedrò rifiorire. 

Ora, però, c'è da rimettersi in viaggio, da non perdere un attimo, da affrettarci. C'è da mentire, da nascondersi, da usare sotterfugi. A quanto pare non c'è altro modo per conoscere la verità. 

Seduti entrambi sul sedile posteriore, non riusciamo a non toccarci. Legati con le cinture l'uno vicino all'altra, Nicholas ha passato un braccio dietro di me per tenermi stretta al suo petto. Mi bacia la fronte, la testa, le guance mentre la mia mano gli carezza il petto e si ferma spesso sul cuore. 

«Andrà tutto bene, sento che lo troveremo» mi sussurra all'orecchio. Io annuisco con la testa e lo bacio sotto la clavicola. 

Erika abbandona la I-580 per entrare a Kettleman City, cittadina piccola e anonima vicina a Paso Robles. Si ferma poco lontano dalla stazione di autonoleggio e ci ripete le istruzioni di Ryan. Prima di lasciarci scendere, si volta e si sincera che abbiamo ben compreso le sue disposizioni: «Vi presenterete alla famiglia affidataria come i signori Anderson, sposati da un anno e mezzo. Dovrete cercare di prendere un capello dei bambini, facendo attenzione a non confonderli, poi li metterete in queste provette. Non traditevi: non ci conoscete. Noi cercheremo di distrarre i due genitori affidatari con domande» 

Sposati da un anno e mezzo?

Il mio cuore sfarfalla di felicità.

«L'avrei sposata a sedici anni?» domanda Nicholas nello sganciare le cinture di sicurezza. «Ma volete farmi arrestare?»

Ryan si mette a ridacchiare. «L'hai sposata molto giovane ma non minorenne: Erika le ha fatto  documenti falsi che la invecchiano di ben cinque anni.»

Diventerò mai sua moglie nella realtà? 

«Vieni Mrs Anderson» mi dice Nicholas nell'aiutarmi a scendere dalla Tesla. Le guance si infiammano e la bocca sorride senza ch'io possa impedirlo mentre camminiamo di buona lena verso l'autonoleggio. «E così vuoi diventare Mrs Anderson?»
Lo guardo perché non capisco dove voglia andare a parare. «Proprio fortunato questo Mr Anderson, vorrei quasi essere al suo posto...»
Mi sta chiedendo di sposarlo? 
«Ho detto quasi» commenta ridendo a sua volta. 

«Non voglio essere Mrs Anderson!»

«Lo so, mia futura Mrs King.»

Nello scrivere il capitolo 43 mi sono fatta prendere la mano: superava le 4k parole. Ben sapendo quanto sia difficile leggere su smartphone o tablet, alla mia età soprattutto, ho deciso di dividerlo in due parti più brevi, ma spero ugualmente interessanti. 

Ormai mancano pochi capitoli alla parola FINE: lo schema  è pronto, mi sembra di aver sciolto tutti i nodi, almeno sulla carta e non mi rimane che metterci mano per portare a termine il romanzo. 

Fatico molto nello scrivere le parti conclusive, mi spaventano e affascinano. Occorre infatti separarsi dai personaggi, sebbene non sia per sempre visto che ogni romanzo ha bisogno di più riscritture prima di prendere il volo. 

È un rapporto comunque differente: la prima stesura, per come lavoro io, è sempre di pancia e segue l'intuito, mentre per le successive metto al lavoro la mia capacità di calcolo e il raziocinio. Analizzo le scene e i personaggi come un medico e non più come un'amica... Però è necessario.

Visto il mio approccio al finale, chiedo un aiuto a te che stai leggendo: 

🌶️Hai suggerimenti, commenti, obiezioni? 

🌶️Ci sono parti poco chiare, ripetitive, noiose?

🌶️Ti aspettavi uno svolgimento diverso?

🌶️Scene piccanti: troppe/troppo poche? Troppo dettagliate? 

🌶️Il titolo? Va bene o non c'entra un tubo di niente?

Grazie per il tuo contributo e a prestissimo col capitolo 44!

Andelon Curse

*William Shakespeare, Sonetto 47. Traduzione molto libera.

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