4. Una sorpresa per il mio compleanno

Il futuro ci spaventa perché lo immaginiamo in un modo che poi, di solito, non si rivela mai uguale alle nostre fantasticherie. A volte è meglio, come la sensazione reale che ho provato durante il bacio di ieri sera, oppure peggio. Come questo momento.

Se lui mi avesse evitato o si fosse mostrato arrabbiato o indifferente avrei dovuto lottare contro la frustrazione ma, almeno, avrei avuto la conferma di aver avuto un peso nella sua vita. 

Invece, si comporta come se nulla fosse successo. È gentile, come sempre. Ride con me, come sempre. Mi prende bonariamente in giro, come sempre. Una conferma, insomma,  di quanto poco abbia influito la serata di ieri sulla sua vita. 

Per un attimo, stamattina a colazione, ho addirittura pensato di  aver sognato tutto, il nostro bacio, la scoperta del suo fidanzamento, la conversazione in camera mia. Quando  ho raggiunto mio padre e sua moglie, Nicholas e Claudia sulla terrazza del palazzo ero in imbarazzo perché avevo paura di arrossire, di perdere le  staffe o di rispondere male. Se avessi potuto, e potessi anche ora, mostrare il mio stato d'animo senza dover celare il disappunto, la delusione, la disperazione sarebbe stato più semplice. Fingere che non sia cambiato nulla richiede molta energia e autocontrollo. Forse Nicholas è solo più capace di me di dissimulare? Questo sarebbe consolatorio...

Stamattina, il sole di inizio estate faceva sembrare i suoi occhi molto più chiari del  solito, una tinta che si incontra nei boschi solo nei primi giorni d'autunno, quando le foglie coprono il loro verde con tuniche di tonalità d'ocra. Il suo viso era perfetto da togliere il fiato. Nella penombra di ieri sera si vedeva  a malapena e, durante la festa, avevo cercato di guardarlo il meno possibile perché nessuno si accorgesse dei miei sentimenti, mentre ora riuscivo studiarlo senza farmi accorgere perché avevo gli occhiali da sole. Rispetto a due anni fa, si è tagliato la barba e questo look non fa che esaltare i suoi lineamenti, la mascella affilata, gli zigomi alti. E lo fa sembrare molto più giovane. Mentre salutavo la compagnia e mi sedevo, non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle sue labbra, sognando di poterle baciare liberamente davanti a tutti. Nonostante siano carnose, mantengono un taglio maschile un po' duro che cancella di rado con un sorriso.

Tutti stavano scambiando proposte per la giornata e si sono fermati per salutarmi. Mio papà si è addirittura alzato per scostarmi la sedia, un gesto che  faceva soprattutto quando ero piccola e che, comunque, non ha più ripetuto dopo aver sposato Sylvie.

«Ecco la nostra festeggiata. Ho già organizzato tutto io, in onore della mia bambina.»

Bambina. So di essere arrossita perché sentivo le guance accalorarsi e quel calore acuiva il mio imbarazzo ancor di più.

«Non puoi chiamare più così tua figlia: non vedi che la metti a disagio?» Non credevo che proprio  Sylvie mi stesse difendendo, forse c'era qualcosa di positivo anche in lei? «Non è più una bambina, non per la legge per lo meno. Ma le darai  una mano anche in questo, non è vero, Fred caro?»

Infatti non avrei dovuto crederci. Mentre mi sedevo, il risolino trattenuto di Claudia mi ha fatto sentire ancor più a disagio di quanto  non lo fossi già. Ho alzato gli occhi sui due fidanzati e ho visto che, in realtà, lei stava ridendo di altro e non aveva nemmeno fatto caso alla mia matrigna. L'importante era che nessuno desse corda a  Sylvie e, soprattutto, che nessuno si azzardasse a chiederle il senso della frase che aveva appena pronunciato perché di sicuro conteneva un commento acido nei miei confronti.

«Ti piacerà ciò che ho organizzato per  te» ha detto mio padre strizzandomi le spalle e tornando a sedersi a capotavola ed è quel punto che Nicholas mi ha guardato e fatto l'occhiolino.

«Ora vogliamo sapere cosa. Conoscendo Adele, sarà curiosa come non mai» ha aggiunto con un tono che non celava né indifferenza, né sarcasmo, né interesse... Nulla.  Era proprio come il solito. L'ho guardato perplesso e lui ha oscillato appena la testa come per chiedermi cosa avessi ed è stato lì che mi sono domandata se mi fossi sognata tutto.

«Portate  il costume da bagno e il necessario per la notte.»

Mio padre si era veramente dato pensiero per organizzarmi qualcosa? La sua premura mi aveva scaldato il cuore...
È vero, un po' sono gelosa di Sylvie, ma soprattutto mi manca la complicità che avevo una volta con lui. Avendo perso mia madre da piccola, ho sempre sperato che lui  trovasse una donna da sposare, una persona che mi avrebbe fatto da mamma. Quante volte ho fantasticato di poter fare pure io una di quelle cose che le mie compagne di classe facevano con le loro madri? Parrucchiere, shopping, organizzare feste? Forse avremmo riso della mia fantasia romantica su Nicholas, oppure -chissà?- mi avrebbe dato qualche consiglio... E poi sognavo quel bel quadretto familiare dove la bambina, nel mezzo della coppia, è tenuta per mano e fatta saltare tra le risate di tutti e tre. Un bel cliché di famiglia felice, però, per me che non l'ho mai avuto, è un'immagine con cui mi sono addormentata parecchie notti. La mia matrigna, invece, mi  sopporta a malapena e, se solo sospettasse di quanto è accaduto, sono sicura che troverebbe il modo per farmi litigare con mio padre. Dubito, comunque, che lo scoprirà perché, forse, non è  nemmeno mai successo.

«Adele, non mangi?» mi ha domandato papà allungandomi una treccia di miele e noci di Pecan e avrei dovuto seguire il suo suggerimento invece di bere solamente un cappuccino perché, ora, sul molo di Portofino, ho capito quale sia la sorpresa. Lo guardo per comprendere se abbia veramente pensato a me quando, dal un motor-yacht da crociera Princess su cui stiamo per salire, ci fa segno con la mano il giovane con cui ieri sera mi ha costretto a ballare un lento. Non mi ricordo nemmeno come si chiami, so che è il figlio di un politico tenuto in grande stima in Italia, ma non è questo il punto... Inizio a sudare freddo all'idea di dover passare la notte sull'acqua.

«Papà, passeremo la giornata su uno yacht?»

Il comandante in persona ci viene a dare il benvenuto e la mia domanda cade nel dimenticatoio.  Saliamo fino al flybridge dove il proprietario ci accoglie con un sorriso che mostra denti perfetti. Parla bene americano, nonostante l'accento italiano molto marcato. Ha gli occhiali da sole, eppure sento il suo sguardo su di  me. Sul seno e sulle gambe... Dev'essere ammattita: come posso sapere dove sia diretto il suo sguardo con le lenti scure che indossa?

«Mio padre ci raggiunge per il pranzo. Appena gli ho detto che Cracco cucinerà per noi, ha accettato subito.»

Non so spiegare il motivo, ma trovo la sua precisazione assai scortese. Mi si avvicina e, con eccessiva confidenza, mi prende la mano per accompagnarmi a sedere al tavolo. Prima di lasciarmi andare, sento la sua carezza sul gomito e sul costato, vicino al seno. Non posso essermi sognata anche questo. Quando si siede accanto,  il disagio aumenta perché mi sfiora le gambe con le sue, ma non posso dirlo per non sembrare maleducata. Magari si è accorto qualcuno? Mio papà si è accomodato alla sua sinistra, mentre Nicholas, Claudia e Sylvie sembrano interessati a Portofino e stanno percorrendo il flybridge. Sono invisibile, come sempre.

«Ti ringrazio, Lorenzo. Sicuramente sarà un compleanno indimenticabile per Adele.»
Ecco come si chiama:  Lorenzo! Mio padre si sta comportando in modo bizzarro e, comunque, non mi ha degnato di uno sguardo complice da quando siamo saliti.
«Sai che mi ha chiesto di te proprio stamattina?»

Ma cosa sta dicendo? Quando mai ho chiesto di lui?

«Per me è un onore, Mr. Allen.»

«Ti prego, chiamami Fred.»

«Fred... Confesso che anche io sono contento di poter rivedere Adele.»

Abbassa il tono, ma non abbastanza per non farsi sentire da tutti. Nicholas,  che su invito di Claudia stava perlustrando il promontorio per cercare il castelletto con le finestre blu che pare essere di proprietà di Dolce & Gabbana, distoglie per un attimo lo sguardo per fissare Lorenzo e poi me, ma subito torna a dare retta alla fidanzata non appena si accorge che sono interessata a lui. Riesco a stento a trattenere un sospiro mentre ammiro la camicia bianca di lino che gli si tende sui muscoli della schiena. 

«Adele? Hai sentito? Lorenzo vuole mostrarti  la barca e insiste affinché tu sia la prima a scegliere la cabina.»

Dormiremo  in barca? Non devo farmi venire il  panico... Sicuramente rientreremo in porto e, qui, devo ammetterlo, è così calmo che non mi sembra nemmeno di essere in mare. Vedo Nicholas abbandonare Claudia, che continua a parlare di VIP con Sylvie, per raggiungerci al tavolo. Occupa il posto libero accanto al mio e, nel sedersi, mi rifa l'occhiolino. Il cuore risponde aumentando le pulsazioni, ma forse mi sto di nuovo illudendo. Anche prima mi faceva sempre l'occhiolino?

«Importante che la  cabina abbia un secchio» commenta  con un tono che sembra cordiale, ma che nasconde un ché di aggressivo.

«Ogni cabina ha un bagno privato, Mr. King.»

«Mr.  King? Dai, Lorenzo, potrebbe essere tuo fratello maggiore: chiamalo Nick, come tutti.»

Papà, io l'ho sempre chiamato Nicholas! Ti sei dimenticato anche di questo? Ecco cosa dovrei dire, ma taccio.

«Nick, vedrai che il bagno privato è più comodo di un secchio. E poi ho un sacco di extra a bordo.»

Lorenzo gli fa un sorrisino allusivo, anche se non ho capito a cosa voglia alludere, e Nicholas stira le labbra senza dargli corda.

«Vedo che hai tanto personale a bordo, però ti conviene assumere altri tre camerieri visto che non appena prenderemo il largo saranno tutti impegnati a pulire il vomito di Adele.»

Cala il silenzio. Anche Claudia e Sylvie si tacciono e ci raggiungono. 

«Soffre il mal di mare?» Lorenzo nasconde una risata di scherno con un colpo di tosse e poi guarda Nicholas e mio padre. «Avete un'azienda che produce farmaci e non le avete dato nulla per il mal di mare?»
Anche questo commento sembra un insulto. Ma gli Italiani sono tutti così volgari o è solo lui a essere così?
«Comunque, dovrei avere un cerotto per la nausea nella cassetta del pronto soccorso. Sarebbe stato meglio metterlo due ore fa, ma...»

Ordina a un cameriere di andarlo a prendere senza nemmeno chiedere il mio parere e poi comanda all'altro di servire champagne mentre aspettiamo che suo padre ci raggiunga. La mia sorpresa di compleanno è sempre più spiacevole, però, quando mi riempiono il calice, mi sento più sollevata all'idea di avere finalmente il permesso di bere alcolici. Non che non li abbia mai assaggiati, ma finalmente faccio una cosa da grandi... A parte baciare Nicholas.

«Adele, è meglio se bevi solo dell'acqua» mi suggerisce l'oggetto delle mie fantasticherie mentre il cameriere mi sta riempiendo il bicchiere a tulipano di Louis Roederer Cristal.

«Ho diciotto anni, se te lo sei dimenticato.»

«Ho un'ottima memoria: per questo ti dico di  bere acqua.»

Il cameriere si ferma e aspetta un mio cenno prima di proseguire.

«Col cerotto non starò male» e subito  il bicchiere si colma di preziose bollicine che sembrano polvere d'oro nella luce di mezzogiorno.

«Non è una grande idea mescolare scopolamina ed etanolo» insiste Nicholas, fortunatamente a bassa voce, tanto che fingo di non averlo sentito. «Guarda che non starò lì a tenerti la fronte, questa volta.»

«Nessuno te l'ha chiesto.»

Sta per rispondere, ma viene interrotto dal sopraggiungere del vero proprietario dello yacht. Mio padre si  alza e va a stringergli la mano, per poi fare il giro di presentazioni. L'onorevole Goffredo Spadoni non è come me lo sarei aspettato  guardando il figlio. Lorenzo supera il metro  e ottanta, lui è addirittura più basso di me che sono alta dieci centimetri meno. Il primo ha un fisico da indossatore, il secondo ha il ventre prominente e la pappagorgia. Il figlio ha una chioma  bionda fluente, il padre è calvo.

«I misteri della genetica sono infiniti» sussurro a Nicholas, forse alla ricerca della vecchia  complicità e lui mi guarda e sorride, un sorriso sincero finalmente. 

«Il  fattore corna è una variabile più che ipotizzabile» mi risponde con il medesimo tono e poi aggiunge: «Sono contento che tra noi non sia cambiato nulla. Sono contento che tu abbia capito che sarebbe stato  un peccato rovinare la nostra amicizia per così poco.»

Sono tutti impegnati a parlare col nuovo arrivato che nessuno dà retta a noi due. I calici vengono alzati e si brinda in mio onore, un brindisi che è del tutto insincero perché  a nessuno interessa realmente di me. Assaporo le bollicine cercando di allontanare  la sensazione che la nave del mio autocontrollo stia per affondare, vorrei essere un topo per potermi allontanare il prima possibile. 

Possibile che Nicholas non abbia visto quanto ci sia rimasta male ieri sera? Che bisogno aveva di ribadire il concetto che il nostro bacio è stato una cosa senza importanza? E che bisogno c'era di parlare di corna?

Mi alzo e mi allontano con la scusa di voler ammirare la vista, dove non mi vede nessuno, per fare dei profondi  respiri e calmarmi. 

Nonostante il piccolo porto sia affollato, da qui sembra di essere separati dalle schiere di persone vestite con colori sgargianti che mangiano focaccia e scattano  foto. Una bambina mi fa ciao ciao dalla banchina e io le rispondo allo stesso modo. Tutta contenta lo dice ai suoi genitori che alzano il viso e mi ringraziano con un cenno del capo.

Sento una presenza alle mie spalle e mi volto convinta che sia Nicholas.

«Lasciali sognare, quei poveracci.»

È solo Lorenzo che si è avvicinato con quello che sembra un pezzettino di plastica in mano. Papà, mamma e bambina si allontanano in una nuvola di risate che racchiude la quintessenza del concetto di ricchezza.

«Prima di farti scegliere la cabina, ti metto il cerotto. Inclina la testa di lato» mi ordina mentre mi sposta i capelli da sopra la spalla. Adagia il cerotto dietro l'orecchio premendo delicatamente. Le sue dita scivolano lungo il collo, risalgono a delineare la mascella per spostarsi dietro la nuca con un gesto possessivo del tutto inatteso che mi mette nel panico. Appoggio le mani sul suo torace per spingerlo via e lui ride compiaciuto.

«Hai già capito che mi piace se ti ribelli» dice calando sulle mie labbra, inesorabile e rude. Intrappolata dalla sua mano, non riesco a spostare il viso e sento la sua lingua premere sulle labbra. 

«Mi fai vedere questa meraviglia?»

La domanda blocca Lorenzo che si stacca subito da me e si volta per fronteggiare chi lo ha interrotto. È stato Nicholas. Possibile che sia qui solo per chiedere a Lorenzo di poter visitare lo yacht?

«Volevo mostrare le cabine ad Adele ora che le ho messo il cerotto.»

«Vengo anche io con voi.»

«Ti chiamo il comandante che sicuramente è più....»

«Tuo padre ha detto che tu sai tutto. Non c'è bisogno di scomodare il comandante» risponde con un tono che non ammette repliche e, quando si mette tra me e lui, sento riaccendersi la speranza. È forse venuto a controllare che stessi bene?

«Grazie» gli dico mentre lo seguo. Lui, però, non mi ha nemmeno sentita o, forse, finge ancora una volta. Vorrei solo che questa giornata finisse al più presto. Anzi, vorrei essere già a San Francisco... Odio l'Italia e gli Italiani. E, soprattutto, odio Nicholas e la sua indifferenza. 

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