23. Il padre del bambino
La polvere che fluttua nell'aria, quella visibile solo quando colpita dalla luce, scontorna le persone sedute a questo tavolo, pianeti di un sistema solare che orbitano attorno alla stella Denaro.
La polvere scontorna capelli biondi, neri e un cranio rasato, scontorna me stesso seduto sulla punta di una sedia imbottita, scontorna il proprietario di chissiricorda che azienda, scontorna pure la segretaria di Fred che conosco da dieci anni ma che ora ha perso il nome, scontorna Sophie che mi sorride nel distribuire caffè e biscotti proteici, scontorna i portatili dagli schermi ricolmi di linee che testimoniano gli studi scientifici, scontorna gli orologi d'oro e i gemelli con diamanti, scontorna il fantasma di Fred che si esibisce in un discorso di inizio riunione. Peccato che nessuno riesca a sentirlo perché lui non è qui. Lui è dove dovrei essere pure io.
Le teste-pianeti che hanno perso la loro forma sferica per adattarsi a quella di crani umani adornati di capelli, occhi, baffi, rughe e occhiali sembrano ribollire frementi per una tempesta solare.
«Mr King, si se----n----te b----en----e?»
Saturno, due enormi baffi ad anello, abbandona l'orbita del tavolo e si dirige pericoloso verso di me mentre tutti gli altri pianeti cercano di ritrovare un equilibrio muovendosi sulle sedie imbottite in uno scricchiolio stonato. Precario questo universo che ruota incessante attorno al Denaro, dovremmo cambiare stella.
«Jefatn----bspkocug----deldpsj?» ha detto qualcuno. Un marziano, sicuramente.
Ogni volta che sbatto le palpebre, il mio conto in banca sale di diecimila euro. Le sbatte quel Saturno con cranio rasato e il suo conto ha uno sbalzo a sei cifre. Starnutisce il biondo là in fondo, diecimila persone perdono la casa. Batte le mani Marte dalle guance rubizze e guariscono mille malati.
Noi pianeti di questo universo preghiamo dio, ma le uniche preghiere che ascolta sono quelle che echeggiano dai nostri conti bancari.
«Mr King, vuole un bicchiere d'acqua?»
Sophie emerge dal vuoto siderale di questo universo fittizio, la vibrazione sonora della sua voce sembra quella del Big Bang perché mi riporta a questo presente che stento a riconoscere. La sua testa è una Luna benevola che in un modo tutto suo mi trasmette speranza.
Un satellite con i bottoni della camicia tirati sulla pancia mi fa ciao ciao con la mano davanti agli occhi: «Jefatn----bspkocug----deldpsj?» Ah, ecco il marziano. Provo a concentrarmi sulla bocca sottile e grigia. il ciuffo di capelli che sporge dalle orecchie e gli occhietti che si muovono veloci come palline del flipper.
«Mr King, non sembra che stia bene...» Astuti questi alieni, imparano in fretta la nostra lingua. «Riusciamo a firmare o dobbiamo rimandare?»
Firmare? Rimandare?
Mi schiarisco la voce e mi alzo. Mentre la mia posizione cambia da seduta a eretta, percepisco ogni muscolo, osso, legamento che tiene unito il mio corpo: sono diventato una marionetta, manovrata chissà da chi. Forse da quella stella che reggi e governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste amen. Non era una preghiera che mi faceva recitare mia madre?
«Firmare. Rimandare.»
Non so nemmeno cos'abbia appena detto. Quando penso a mia madre, dico scemenze. Forse potrei anche aver urlato: "Non me ne frega un cazzo né di voi, né della vostra azienda, né dei vostri soldi. Potete benissimo andare affanculo, mandarmici, basta che vi levate subito delle palle, anzi. Me ne vado io."
«Devo andare.»
«Abbiamo una riunione.» Metto a fuoco il proprietario della voce: chi sarà mai? Plutone, sicuramente, visto che non è nemmeno più considerato un pianeta così come questo tizio sembra l'essere più insensato qui dentro.
Mi alzo, lasciando lì tutto, computer e fogli, mentre Sophie e la segretaria ancora senza nome mi stanno alle calcagna.
«Mr King, cosa succede?»
«Dov'è ricoverata Adele?» Le due donne si fermano alle mie spalle e io mi volto verso di loro che si scambiano un'occhiata con un'espressione strana in volto. «In che ospedale? Devo andare da Fred.» Ci manca solo che si facciano strane idee e inizino a spettegolare.
«All'UCSF Medical Center.»
Amber, ecco come si chiama la segretaria di Fred!
«Grazie, Amber. Sophie, mi metti in contatto col dr Dee? Ryan Dee, trovi il numero nella mia rubrica.»
Quando rimango solo, telefono a Fred che non risponde e contemporaneamente controllo Instagram col cellulare segreto e spero che le si sia connessa.
Magari ora sta bene...
So che non sta bene, lo sento così nel profondo da non riuscire nemmeno a illudermi. Il petto mi fa talmente male che temo ricoverino pure me accanto a lei, con un infarto o qualsiasi altra diagnosi altrettanto dolorosa e senza speranza. Fred, rispondi! Dimmi che è viva, che sta meglio, cristo santo!
Suona il telefono dell'ufficio.
- Ehi, Nick! Ora che sei sposato ti fai vedere di meno? Quando ci...
«Ryan, ti chiamo per una cosa importantissima.»
- Non hai una bella voce: dimmi cosa succede.
«La figlia di Fred è stata ricoverata lì da te, all'UCSF. Sai dirmi come sta?»
- La piccola Allen è stata male? Cos'ha avuto?
«Non lo so. Fred è andato via e non risponde al telefono.»
- M'informo e ti richiamo.
«Sul cellulare: mi sto mettendo in auto per venire lì.»
Giacca, maglioncino, chiavi, cellulari: ne faccio una pallottola e me la metto sotto il braccio.
«Mr King, vuole che chiami l'autista?» mi domanda Sophie dopo avermi squadrato da capo a piedi, soffermandosi sul fagotto.
«Farò prima se...»
«È sicuro di riuscire a guidare?» e indica ciò che porto sottobraccio.
«Perché non dovrei?» e la voce mi trema così tanto che sono sicuro che si sia accorta di qualcosa.
«Guidi con prudenza» mi dice arrossendo per una confidenza che di solito non abbiamo.
Prudenza? Che la prudenza vada affanculo insieme alle ultime cose che ho detto a quella ragazza. Bambina viziata, ecco cosa crede che io, coglione di un Nicholas, pensi di lei.
«Ehi Siri, chiama Fred Allen.»
Mi aspetto che Siri risponda: «È la ottocentesima volta: se non ti risponde vuol dire che non può farlo. Chiamatelo da solo.»
Tu Tu Tu Risponde la segreteria...
«Fred, chiamami!» urlo a una segreteria che mi avvisa che lo spazio è stato completamente consumato. Da me.
Manca poco, tra dieci minuti dovrei esserci.
«Ehi Siri, chiama Fred...»
Non faccio in tempo a dare l'ordine che il telefono squilla. Ryan.
- Nick, guarda che Adele non è ricoverata qui.
Inchiodo la macchina, quello dietro strombazza e io gli mostro il dito medio mentre mi supera.
«È dov'è allora?»
- Sei sicuro che sia l'ospedale giusto?
Non sono sicuro di niente. Sudo freddo e ho paura. E se dovessi non vederla più? Le devo dire che sono Alexhey. Le devo dire che sono stato uno stronzo.
«Sto per arrivare. Ci vediamo in Pronto Soccorso?»
- Ti aspetto.
Riparto sgommando mentre pizzico forte le fornici degli occhi con pollice e indice. Non posso piangere.
«Dr Dee, ho già controllato. Non c'è nessuna paziente registrata come Adele Allen» ribadisce seccata l'addetta a registrare gli ingressi al triage. Ryan mi guarda e scrolla la testa indicando la mia giacca tutta sgualcita. Al diavolo il mio aspetto da vagabondo così lontano da quello delle riviste patinate!
«Non c'è nessuna paziente che si chiami Adele?» domando alla signorina cercando di sfoggiare il mio sorriso migliore. Per tutta risposta mi fa una smorfia e guarda il mio amico.
«Dr Dee, noi non siamo autorizzati: la privacy...»
Ryan si sporge in avanti e sussurra qualcosa che non riesco a sentire. Lei fa un risolino e arrossisce. Fa sempre questo effetto alle donne. È poco più basso di me, ma è di razza nera con gli occhi azzurri...Ho sempre pensato che se fossi stato gay, gli avrei fatto pure io una corte sferrata. Ben venga il suo fascino se mi trova la ragazza.
«Hanno ricoverato un'Adele Stevens...»
Stevens! Perché non ci ho pensato prima?
«È lei: è registrata col cognome di sua madre.»
«Ginecologia. Stanza 43.»
Mentre prendiamo l'ascensore chiedo al dottore che cosa potrebbe aver avuto per essere ricoverata d'urgenza in ginecologia.
«Una gravidanza extra-uterina, un aborto spontaneo...»
«Ma no, Adele non è mica incinta e non ha il ragazzo.» Però ha scritto ad Alexhey di averlo. «Cos'altro potrebbe essere?»
«Una cisti ovarica, un mestruo troppo abbondante...» Ryan si zittisce quando la porta dell'ascensore si apre. Per un attimo ho paura di essere arrivato troppo tardi. «Non avevo capito che fossi così legato a quella ragazza.»
«È la figlia di Fred, la conosco da quando è nata.»
Il corridoio bianco sembra moltiplicare piastrelle mentre cerchiamo la stanza 43 ma, quando finalmente arriviamo, è vuota. Non c'è nemmeno il letto.
«Cercate?»
«Adele Stevens Allen» rispondo prontamente elencando tutti i cognomi possibili, ma fermandomi prima di aggiungere King. Adele King. Cristo santo, sembro una teenager tipica delle serie anni '90, una di quelle che fa le prove col cognome del ragazzo di turno per vedere come starebbe se si sposasse con lui.
«Siete arrivati tardi» dice l'infermiera fermandosi e guardandomi in volto. «Si rilassi. Non ho detto che è morta.»
Toglietemi questa donna da davanti prima che mi metta a urlare.
«E dov'è?»
Non volevo urlare, ma non mi interessa.
«In sala operatoria... Ma voi chi siete?» domanda prima di riconoscere il dr Dee e salutarlo.
«Roxanne,» ricambia il saluto con un sorriso che mostra i denti splendenti, «lui è il socio del padre nonché un amico di famiglia.»
L'infermiera sorride a Ryan e poi si volta verso di me avvicinandosi con fare cospiratorio.
«Idronefrosi. Il padre non vuole che si sappia.»
«Perché non è in nefrologia?» chiede il mio amico mentre io cerco di ricordare se abbia mai sentito parlare di una patologia simile.
«Che malattia è?» ma la mia domanda rimane inascoltata.
«Le hanno già fatto tre stent, ma continua ad avere episodi di febbre che superano i 41°C. È a rischio sia lei che il bambino.»
«Quindi ha un'idronefrosi gravidica?»
«Adele è incinta?»
L'infermiera mi guarda: «A quanto pare non lo sapeva nessuno... Ma io non voglio fare pettegolezzi.»
Credo di aver avuto un black out perché mi ritrovo in corridoio davanti allo studio del primario senza ricordare come ci sia arrivato, Ryan mi spiega, aiutandosi con un atlante anatomico che ha sul cellulare, come un feto possa andare a bloccare il deflusso dell'urina dal rene.
Non ho capito nulla, io sono rimasto ferma alla notizia che Adele è incinta.
Di...? Di...? Di...?
«Amico, tutto bene?»
«Incinta?»
Lui mi batte la mano sulla spalla.
«A quanto pare...»
«Ha solo diciotto anni!»
Altra pacca: «Lo so che l'hai vista bambina, ma è maggiorenne. Hai idea di chi possa essere il padre?»
Lo guardo senza riuscire a dire nulla. Scrollo solo la testa da una parte all'altra.
«Sai quante ragazzine vedo così? All'università si sentono libere, vanno alle feste e spesso non ricordano nemmeno con chi si sono divertite. Anche io a medicina facevo così: a chimica farmaceutica era diverso?»
Adele non è così. O lo è? Ad Alexhey raccontava che studiava... Ad Alexhey si è dimenticata di riferire un piccolo particolare! Che stavo diventando padre veramente e non per finta come mi ha fatto credere Claudia.
«Nick, sicuro di stare bene? Aspetta a preoccuparti: forse l'hanno portata in sala operatoria per sistemare meglio gli stent.»
Certo che io sono il padre. Chi altri potrebbe essere?
«Guarda, si sta aprendo la porta...»
Un signore in camice con gli occhiali in tartaruga e il pizzetto bianco accompagna fuori dal suo studio Fred e un ragazzo che sarà almeno una spanna più alto di me, magro e coi capelli legati in un codino.
«Ora non rimane che attendere» dice il primario stringendo le mani ai due. Ma chi cavolo è quello?
«Nick, sei qui.» Muovo le labbra ma non riesco a dire nulla mentre Fred mi prende da parte per non essere sentito da nessuno. «La situazione è gravissima.»
«Adele rischia di...?» non riesco nemmeno a prendere in considerazione la cosa.
«Mia figlia si è messa nei guai. Vedi quel bellimbusto?» Mi giro a guardare anche se so benissimo a chi si riferisca. «Ha messo incinta Adele. La nostra Adele. E io non lo sapevo. A te aveva detto qualcosa?»
«Ma chi è?» Sono abituato a bluffare a poker ma rimanere impassibile nella realtà è tutta un'altra fatica.
«La figlia del miliardario ingravidata da un cercatore di dote, un cliché.»
«Chi è?»
«Un certo Tyler Davis, un giocatore dei California Golden Bears. Che ha già chiesto un sacco di soldi per tenere la bocca chiusa con la stampa.»
Mi giro di nuovo. Alto, giovane, prestante, sfacciato. Si è fatta incastrare da uno stronzo.
«È il padre del bambino?»
«Così dice.»
Mentre sento montare una furia così intensa da accecarmi, faccio l'unica domanda che può sbugiardare quel coglione col codino: «Di quanti mesi è?»
Di sei! Sto pregando perché dica di sei. Adele ha detto che era innamorata di me, come potrebbe...?
«Quattro.»
«Quattro?»
«L'ho fatta registrare in università col cognome di sua madre, ma lui deve aver capito subito che è un'Allen.»
«Come di quattro mesi?»
«L'ha sedotta appena è arrivata.»
«Ma tua figlia non è il tipo da...»
Fred alza i pugni davanti al petto: «Ho una figlia stupida! E io che mi sono impegnato a metterle accanto un nuovo esempio dopo che ha perso la mamma. Anche Sylvie si lamenta che non la considera... Sai quante volte avrebbe voluto fare le cose che fanno madre e figlia ma lei si è rifiutata? Questo è il risultato.» Fred si passa una mano sul viso e me lo ritrovo tra le braccia, incurante che possa vederlo qualcuno. Allora è molto più grave di quanto già temo. «Il professor Tennison dice che Adele potrebbe non farcela.»
Stringo le braccia attorno a Fred e mi mordo la lingua per non urlare, poi lo lascio di colpo e mi volto per cercare l'obiettivo della mia furia. Senza rendermene conto, ho preso per il bavero il tizio che ha inguaiato Adele e l'ho sbattuto contro il muro. I suoi occhi d'acciaio mi guardano stupiti per un attimo, poi le sue labbra si piegano in un sorrisino.
«Che cazzo hai da ridere?»
Mi stringe le braccia con una forza tale che mi fa allontanare senza il minimo sforzo.
«Ehi, vecchio, mettimi ancora le mani addosso che dovrai mangiare con una cannuccia per il resto della vita.»
«Cos'hai fatto ad Adele?»
Il sorrisino non si spegne: «Ti devo fare un disegno?»
Immagini caotiche di Adele avvinghiata a questo imbecille mi sciorinano nella mente mentre il primario esce dal suo studio.
«Signori, è un ospedale!» Vedo il camice bianco camminare verso Fred che si è seduto sulla sedia per invitarlo di nuovo nello studio. Cosa è successo ad Adele?
«Posso entrare anche io?» chiedo ai due, ma il medico richiude la porta davanti ai miei occhi.
Ryan mi si avvicina: «Ho saputo che la sta operando il dr Cars, uno dei migliori chirurghi della California.»
«Vivrà?»
«Le stanno facendo un cesareo. I reni sono in forte sofferenza: le faranno una dialisi in attesa di vedere se riprendono a funzionare in autonomia. Possiamo solo aspettare.»
«E il bambino?»
Mi mette una mano sulla spalla e scrolla la testa: «Aveva quattro mesi, Nick.»
Lo sguardo si perde lungo il corridoio. La luce fredda del neon sottolinea l'asetticità del luogo e ritaglia ogni oggetto rendendolo ancora più inanimato di quanto lo sia già. Riesce a togliere persino umanità alle persone che transitano per entrare nelle camere bianche. Ryan e questo Tyler Davis spostano il peso da una gamba all'altra a ritmo di una musica inesistente, io cerco un senso in quello che sta accadendo.
Mia moglie ha finto di perdere mio figlio.
Adele ha perso un bambino non mio.
La vita è una merda. Che senso ha tutto questo?
Grazie per aver letto anche questo capitolo ❤️🔥
Come pensi che andrà?
Io sono in trepidante attesa di scoprire come evolverà la situazione... Obietterai sul fatto che io sia l'autrice del romanzo e quindi dovrei saperlo. Quando faccio la prima stesura, cerco sempre di rimanere sorpresa io per prima della trama, quindi ho l'ansia alle stelle ⭐️⭐️⭐️ perché lo ignoro!
Per altri "dietro le quinte", trovi il link al podcast dedicato (dove ci sono i commenti).
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