20. Un amore sfiorito ancor prima di sbocciare
Da sempre l'ora tarda della notte mi avvilisce come un'ombra che si stende, infinita e fredda, congelando il mio cuore in un inverno senza fine, ma da quando ci sei tu questo non accade.
Lo schermo del cellulare rimane buio mentre una sensazione di pesantezza mi colma le ossa, concentratosi sulla schiena. La tisana di camomilla non è servita a calmare il dolore, ma almeno ha attenuato la nausea. Credo ti piaccia la camomilla, anche perché è una delle poche cose che non mi fai rimettere.
Ogni cosa mi procura dolore, piccolino. Il divano coi suoi tre cuscini orientaleggianti che non riescono a sostenermi la schiena, la lampadina che ronza e singhiozza quasi trasponesse in codice Morse i miei pensieri, il piatto maleodorante abbandonato nel lavello, la televendita che cerca di convincermi della bontà di una mandolina per verdure, il tacchettio di due donne al piano di sopra, i rumori d'amore di quello di sotto che mi ricordano quel poco che ho conosciuto e che non vivrò mai più.
Ogni cosa mi procura dolore, è vero, ma mi importa solo che tu non lo senta. La tua mamma è forte anche per sopportare il tuo, non lo sai? Forse ne dubiti, dopo aver sentito le perplessità al riguardo di darti o meno in adozione.
Oggi finalmente ho compreso cosa fare, non è stata una scelta: ho realizzato che anche il solo pensiero che qualcuno possa tenerti lontano da me è più doloroso di tutto il male che sto provando adesso. Non ho alternative, non riesco a pensare a un futuro senza di te.
Ci sarà da affrontare uno scandalo e molta rabbia. Per fortuna non potrai capire il veleno che mi getteranno addosso e ti prometto che, quando sarai in grado di farlo, tutti avranno accettato l'idea che sei il mio piccolino e nessuno ti maltratterà o dirà che sei un bastardo.
Avrai solo una mamma, sarò io a crescerti. A cosa servono sennò i soldi se non posso tenerti con me e, al contempo, portare a termine gli studi? Ci sarà la babysitter per quando dovrò frequentare le lezioni e prepararmi, la sceglierò molto simpatica e capace, ma per il resto staremo sempre assieme. Avrai una mamma giovane, è vero. TI giuro che farò di tutto per te e ti amerò tantissimo, ti amo anche adesso. Sbaglierò, non sarò perfetta, ma farò sempre del mio meglio. Come adesso, sai? Vorrei tanto alleviare il dolore anche solo per un'ora, per poter riposare, ma non voglio che tu prenda farmaci ancor prima di nascere... Quindi, Outlier, ti prego, dammi una mano: addormentati e smetti di darmi i calcetti sulla schiena.
Mi chiederai mai di tuo padre? So che un giorno potresti farlo. Ti dirò la verità, non chiedermi il suo nome, ti prego. Hai un padre, ma non vuole esserlo. Non si può costringere una persona a fare cose che non desidera fare o pretendere che provi emozioni che non sente. Non nutro più alcuna speranza per me, ma non la perdo per te. Non posso credere che rimanga insensibile nei tuoi confronti dopo averti tenuto tra le braccia ed essersi lasciato afferrare il mignolo dalla tua manina. Come faccio a esserne così sicura se ancora non ti ho visto? Ti vedo con l'immaginazione e ti sento muovere dentro di me, ti nutri non solo del mio sangue ma anche dei miei sogni e delle mie speranze. Forse anche delle mie paure e del mio dolore...
Ti sei addormentato, piccolino? Sono così stanca, proviamo a dormire? Magari Morfeo ci donerà uno di quei sogni dove siamo presenti tutti e tre, uno di quelli che inizia a sfaldarsi alle prime luci dell'alba e che, al primo raggio di sole, svanisce per sempre. Forse, mentre dormiamo, potrebbe capitare che mi lasci fuggire il nome di tuo padre. È un nome bellissimo perché nel solo pronunciarlo la lingua solletica il palato e le labbra danzano come quando si bacia qualcuno che si ama alla follia da una vita. È un bene che sogni come questo si dissolvano nella realtà, sarebbero dolorosi da sopportare: nutrono solo la speranza di un'illusione che non si realizzerà mai.
37,5°C di temperatura non è una ragione sufficiente per saltare la lezione di fisica. Anche perché devo evitare un'altra insufficienza per non dover ripetere il corso. Il Professor Ted, inoltre, non sembra molto benevolo nei miei confronti, chissà perché ho l'impressione di stargli antipatica.
Chiamo un Uber perché non me la sento di camminare e fingo per educazione di ascoltare le elucubrazioni sul tempo dell'autista, anche se vorrei solamente rimanere sdraiata con le mani appoggiate all'addome e la borsa del ghiaccio sulla testa nell'attesa che i brividi e il dolore mi abbandonino.
«Ragazza, sei sicura di stare bene?»
Quando capisco ciò che mi ha chiesto gli sorrido guardandolo nello specchietto retrovisore: «Tutto bene. Solo un po' di malessere dovuto alla gravidanza.»
«Vuoi che riporti a casa?»
Non ho più un luogo che possa chiamare casa. Vorrei rispondere, ma opto per un neutrale «Devo seguire una lezione importante.»
Cerco di resistere alla tentazione di controllare Instagram per l'ennesima volta, ma tocco lo schermo e rimango delusa dall'assenza di notifiche.
Devo farmi coraggio e dire la verità a tutti. Ad Alexhey perché non è giusto che continui a mentirgli. A mio padre perché non posso presentargli suo nipote mettendoglielo in braccio il giorno in cui partorisco. E poi, non so come, all'Innominato.
Devo essere pronta alla probabile reazione rabbiosa da parte di tutti e tre, ma sarebbe giustificata. Rimarrò lì, a sentire le loro accuse, sperando che poi passi e mi perdonino.
Riprendo il cellulare per cercare il numero di mio padre. Respiro a fondo mentre suona libero.
«Ciao, papà.»
«Tuo padre è in doccia.»
«Come stai, Sylvie?»
«La gravidanza mi fa sentire così bene, non ne hai idea cara. Quelle che si lamentano...»
«Ho poco tempo. Potresti dire a papà che torno per il Ringraziamento perché devo dirgli una cosa importante?» Silenzio. «Sylvie, ci sei?»
«Fred non te lo ha detto?»
«Cosa?»
«Andremo a Los Angeles.» Deglutisco a vuoto a ripensare all'ultima volta che sono stata dai genitori di Sylvie. «Ho prenotato due posti perché non credo tu voglia venire dopo le cose assurde che hai detto di mio fratello.»
È inutile parlarne ancora, tanto nessuno mi ha creduto e mai lo farà. Il viso è andato ancor più in fiamme di quanto già lo fosse per la febbre al solo ricordo di quello che mi hanno detto invece di prendere le mie difese.
«Allora puoi dirgli che tornerò a casa questo week end?»
«I Talbot danno una festa per il compleanno di Claudia. Dico di far aggiungere un posto? È una cena per pochi intimi, ma tu sei comunque la figlia di Fred.»
Stringo il cellulare convulsamente. C'è solo questo fine settimana prima del Ringraziamento, ma come posso presentarmi col pancione? Penso che mio padre potrebbe disconoscermi anche se non cambierebbe molto il suo comportamento rispetto a quello attuale. E cosa direbbe l'Innominato a vedermi incinta di suo figlio davanti alla moglie che ha appena perso il bambino?
«Lascia stare, Sylvie. Ci vedremo dopo... Puoi chiedere a mio padre di richiamarmi, per favore? È molto importante.»
Farfuglia qualcosa e appende la telefonata. Dovrò dire a mio padre di Outlier in una videocall. Mentre penso all'impersonalità della comunicazione, saluto il conducente e cammino fino alla facoltà di scienze, arrivando giusto quando il Professor Ted inizia a spiegare. Tiro fuori il quaderno degli appunti e il cellulare mi manda una notifica. Mi ero dimenticata di metterlo silenzioso... Il docente si interrompe e guarda la platea in cerca del colpevole. Non ci voleva proprio oggi. Facendo leva sulle braccia mi metto in piedi: «Mi scusi, non accadrà più.»
«Già è arrivata in ritardo. La gravidanza non giustifica il suo comportamento. E ripeto: niente cellulari.»
Alcune risatine alle mie spalle mi fanno ritornare al presente: non mi ero accorta di essere rimasta in piedi. Armeggio col telefono per metterlo silenzioso ma non resisto alla tentazione di vedere se è stato Alexhey ad avermi scritto.
Nonostante il messaggio che gli ho spedito ieri, Alexhey è stato dolcissimo. Devo decidermi a dirgli la verità, forse c'è speranza che non mi abbandoni anche lui.
«Supponiamo di avere due eventi nello spaziotempo, A e B, descritti da coordinate (t_A, x_A, y_A, z_A) e (t_B, x_B, y_B, z_B), rispettivamente, in un sistema di riferimento inerziale S» inizia il professore scrivendo i dati sulla lavagna. Mi è venuto caldo improvvisamente e mi devo togliere la giacca e il maglione. A causa delle mie dimensioni, faccio cadere la borsa e la penna attirando l'attenzione di chi è seduto accanto a me. Non lo avevo visto, è il giocatore smilzo di football, quello che non mi toglie mai gli occhi di dosso. Oggi non riuscirei a sopportare la stessa volgarità con cui mi si è rivolto ieri. Si china a raccogliere le mie cose e me le passa senza dire nulla, mentre qualcuno ridacchia. Il professore, che si era dovuto fermare a causa del trambusto, riprende: «Dovete descrivere come si trasformano le coordinate di questi eventi in un sistema di riferimento inerziale S' che si muove con velocità v lungo l'asse x rispetto a S, utilizzando le trasformazioni di Lorentz. Inoltre, indicare come cambiano la distanza spaziale e l'intervallo temporale tra gli eventi A e B nella trasformazione da S a S'.»
Annoto tutti i dati e rimango a fissarli inerme. Nonostante non abbia capito nulla al riguardo dei concetti della relatività di tempo e spazio, credo proprio che si possa risolvere con le trasformazioni di Lorentz. Lo ha detto anche il professore oppure no? È così complicata questa parte della fisica!
«Stevens, cosa suggerisce?» Alzo la testa e mi guardo attorno. «Sto proprio parlando con lei, signorina Stevens.»
Deglutisco a vuoto, mi alzo di nuovo in piedi e mi tocca sorreggermi al banco perché sento che Outlier si è svegliato. Ne approfitta subito per tirarmi un calcio che mi fa piegare in avanti. La testa mi gira ma riesco lo stesso a sentire qualcuno che allude al fatto che io stia recitando. Magari fosse solo così... Qualcuno ridacchia, oppure è solo nella mia testa? «Ha almeno un'idea di come risolvere il problema?»
«Applicando le trasformazioni di Lorentz?»
«Questo l'ho detto io, riesce a migliorare il silenzio oppure preferisce continuare a dire ovvietà?»
Farfuglio qualcosa che nemmeno io riesco a comprendere, quindi mi rimetto a sedere mentre il professore scrolla la testa e interroga qualcun altro. Alexhey saprebbe sicuramente darmi una mano o anche solo un'indicazione di come prepararmi in questa materia che comprendo ben poco. Cercando di non dare nell'occhio, prendo il cellulare per rileggere il suo messaggio mentre mi accarezzo la pancia e la schiena per tranquillizzare il mio piccolino.
«Ti conviene metterlo via perché oggi Ted ti tiene d'occhio» dice lo smilzo ed è la seconda volta che sento la sua voce, per lo meno oggi non è volgare. Il sudore mi è si ghiacciato sulla pelle. Rimetto il maglione e di nuovo faccio rumore. Qualcuno tossicchia, mentre il professore interrompe quello che sta dicendo per lanciarmi un'ennesima occhiata torva.
Devo concentrarmi, rimanere attenta e non muovermi.
Nell'ora più lunga della mia vita mi domando perché sia venuta a lezione visto che non sono riuscita a seguire nulla. Mi continua a venire in mente la felicità provata la mattina in cui mi sono svegliata in barca tra le braccia di... Nel rinnovarla però non provo alcuna gioia, vorrei solo poter tornare indietro nel tempo per avvisare la me stessa di allora di quello che avrei dovuto passare. Ho caldo, freddo, forse la febbre è aumentata. Outlier continua a premere sulla schiena mentre il mio corpo diventa sempre più caldo.
Non so perché ma non posso andare avanti a mentire. Riprendo il cellulare e inizio a scrivere ad Alexhey: questa volta mi confesserò.
«Stevens!» Il cognome di mia madre pronunciato con rabbia mi fa alzare la testa di scatto e con orrore vedo che il professore mi ha sorpresa a usare il telefono. «Le ho già detto che l'uso dello smartphone è vietate durante le mie ore. L'attendo a colloquio nel mio studio.»
Il Professor Ted dichiara conclusa la lezione e mi fa un cenno inequivocabile. È molto arrabbiato, oddio non era mia intenzione creare confusione... che imbarazzo!
Guardo lo schermo del telefono mentre altre risatine mi fanno vergognare ulteriormente di me stessa.
Stavo scrivendo ad Alexhey? Non me lo ricordo. Perché non lo ricordo? Gli stavo confessando della gravidanza, ma non sarebbe meglio se glielo dicessi di persona? Tremo, ma non so se per il freddo o per la paura.
Quando se ne saranno andati tutti, mi alzerò, andrò dal professore e starò a sentire la ramanzina che mi farà. Con calma, in fondo me la sono meritata. Avrei dovuto rimanere nell'appartamento... Non vedo l'ora di poter chiamare un Uber e andare a infilarmi sotto le coperte.
Sta forse nevicando che l'aula si è riempita di fiocchi di neve?
«Stevens, stai bene?» Mi guardo intorno. La faccia dello smilzo è a pochi centimetri dalla mia. «Adele, non scherzare.» Outlier mi tira un calcio così forte da farmi piegare in avanti mentre negli occhi sembrano esplosi dei fuochi d'artificio. «Parlami, dimmi che stai bene.»
Fatico a respirare.
Aiutami! Chissà se l'ho detto ad alta voce?
Forse sì. Piccolino, lo smilzo ci ha preso tra le braccia e sta chiamando aiuto. Piccolino, rimani fermo, non ce la faccio più. Presto ci daranno una mano. Presto sarà tutto finito.
Dove siamo?
A Portofino?
C'è ancora la luna piena?
Chi sono quei due che corrono nudi nell'acqua? Siamo noi in un altro metaverso?
C'eri anche tu, piccolo mio, anche se eri solo una singola cellula che forse porterà tra le basi del suo DNA il germoglio di un amore che è sfiorito ancor prima di sbocciare. Spero però che basti il ricordo di quel sentimento a rendere fortunata la tua vita.
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🦋Se ci fosse un podcast che svelasse il dietro le quinte (come è nata l'idea, da quali libri prendo spunto, come sviluppo i personaggi, etc) tu lo ascolteresti?
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