15. A chi appartiene il mio futuro
A chi apparterrà il futuro? Certamente non a me, poiché non sono più padrone di nulla che valga la pena di avere.
Finora ho fatto parte di quella schiera di esseri umani che pensano di possedere il tempo solo perché hanno a disposizione un orologio meccanico con lancette che avanzano di angoli regolari di 6° o 30° ad ogni loro movimento. E se queste lancette sono impreziosite con pietre preziose, riescono persino a illudere il proprietario dell'orologio che il tempo a sua disposizione sulla Terra sia più prezioso di quello degli altri uomini.
Nel primo cassetto della mia cabina armadio, tra due Patek Philippe e tre Vacheron Constantin, si trova anche il Royal Oak di Audemars Piguet che un tempo apparteneva a mio padre. Quando osservo l'orologio più costoso al mondo, mi chiedo sempre se egli pensasse veramente di essere immortale con quel pezzo al polso. Tuttavia, l'ironia della sorte vuole che solo pochi mesi dopo l'acquisto, il suo cuore cessò di battere, mentre le lancette dell'orologio continuarono nel loro inesorabile movimento, come se nulla fosse cambiato.
L'Audemars Piguet segna ancora il tempo con i suoi complessi meccanismi, come se la precisione del suo funzionamento fosse una beffa alla mia mortalità. Soprattutto in queste ultime due settimane, in cui la mia incapacità di dormire ha trasformato ogni secondo in un secolo. Durante le ore solitarie della notte, i pensieri si sono inceneriti nel mio bruciante segreto, lasciandomi gli occhi arrossati e la mente confusa.
Tutta la mia vita è scivolata lungo un piano inclinato, portando con sé la mia amicizia con Fred, un sentimento che credevo fosse destinato a durare per sempre.
Ma forse era scritto nel destino che, in un modo o nell'altro, la nostra amicizia sarebbe finita.
Adesso non avrò mai la risposta.
Avevo altri progetti, grandi piani per il futuro, ma improvvisamente tutto è andato in frantumi.
Dopo il suo ritorno dall'Italia, avevo chiamato Fred per andarlo a trovare e parlare con lui. Volevo spiegargli la mia situazione, anche se non l'avevo ancora ben definita nella mia testa. Speravo che discutere di ciò che stava accadendo nella mia vita avrebbe potuto aiutarmi a fare chiarezza. Dato l'enorme differenza di età tra me e Adele, contavo su di lui come un alleato. Non avrei rivelato subito il mio interesse per sua figlia, avrei aspettato di essere sicuro che la nostra relazione potesse funzionare. Nonostante i nostri diciotto anni di differenza e il fatto che Adele dovesse ancora andare all'università, ero comunque disposto a provare.
Mentre mi apprestavo a uscire di casa per recarmi da Fred, Joseph Talbot, il padre di Claudia, è venuto a parlarmi da uomo a uomo.
«Claudia ti ha detto che è incinta di tuo figlio?»
Dalla finestra della mia villa a Pacific Heights, si può ammirare una vasta baia con il Golden Gate Bridge che si erge imponente sul mare. Quel giorno, io e Talbot stavamo guardando nella stessa direzione, contemplando l'acqua agitata con le onde che si infrangevano sugli scogli. Il vento soffiava forte e sembrava invogliarmi a esprimere ciò che avevo nel cuore, nonostante mi trovassi di fronte a un uomo noto come Silver Fox.
«Non voglio sottrarmi ai miei doveri di padre, però non voglio più sposare Claudia.»
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
Mentre parlavamo, ho notato che il cielo era cupo e minaccioso, con nuvole basse che sembravano avvolgere la città in un'atmosfera di incertezza. Ho aperto la finestra per respirare l'aria densa di sale, ozono e asfalto, che sapevano di libertà e di pericolo. L'aria fosse densava acuito il disagio provocato dal modo di guardare di lato e dal sorriso strano di Talbot, mentre versava il whisky nei bicchieri. La mano è corsa alla cicatrice che mi è rimasta sulla fronte, ancora rosata e in rilievo.
«Io e Claudia non ci amiamo. Non ce lo siamo mai nemmeno detto. Forse vorrei solo dare la possibilità a tutti e due di essere...»
Aveva alzato un bicchiere per farmi tacere e per mettermelo in mano con un gesto di brindisi appena accennato.
«La vedi la nostra città? Si estende come un labirinto di strade, case e grattacieli che lottano per spingersi sempre più in alto. Non sono che il riflesso dei suoi abitanti: anche noi ci spintoniamo per lasciarci alle spalle il rumore del traffico e il frastuono della vita moderna. Più cerchiamo di sopraffare la natura selvaggia e più dimentichiamo che quella stessa natura è insita in ogni essere umano.»
Il whisky sembrava più forte di quanto ricordassi.
«Mr Talbot, non vuole il meglio per sua figlia? Mi creda, io non vado bene...»
«Siamo perfettamente d'accordo, però lei ti vuole.»
«Non sempre otteniamo ciò che vogliamo.»
L'uomo non aveva mai smesso di guardarmi di lato. Un sorriso fugace gli alterò il viso mentre finiva il whisky alla goccia.
«Quindi tu e il tuo socio avete 550 milioni di dollari per liquidarmi?»
«Il merging tra le nostre aziende è stato firmato indipendentemente del nostro matrimonio. Abbiamo fatto investimenti che...»
«...per farli avete venduto il 35% delle azioni.»
«A piccoli azionisti.» Non avevo ancora finito di rispondere che già avevo capito che aveva usato dei prestanome. Ci aveva fregati, non per nulla lo chiamavano Silver Fox. Nel vederlo riempirsi il bicchiere di nuovo e chiedermi se volessi altro liquore, mi sentii come un condannato in attesa di una sentenza capitale. Sapevo già cosa avrebbe detto ancor prima che aprisse bocca eppure mi sorpresi ugualmente.
«Il matrimonio tra due settimane è ovviamente confermato. A meno che tu non voglia essere il responsabile del fallimento dell'azienda che tuo padre e Mr Allen hanno messo in piedi con tanti sacrifici.»
«Mi ha praticamente minacciato: se non sposo Claudia, ci manda in bancarotta.»
La King Allen è una torre, una vera e propria roccaforte che si staglia sullo skyline della città, e gli uffici mio e di Fred sono all'ultimo piano perché ci piace il senso di libertà che trasmette essere tanto in alto.
Le pareti dello studio del mio amico sono ricoperte di legno scuro e sono punteggiate di arazzi che rappresentano scene di caccia e di guerra. Le finestre a vetri spessi sono rivolte verso la città, permettendogli di scrutare il territorio sottostante, come un generale che sorveglia il suo esercito.
Mentre aspettavo che Fred riprendesse l'uso della parola, il lieve ticchettio dei suoi tre orologi d'epoca appoggiati sulle grandi scrivanie in legno massello sembravano parafrasare quello del mio cuore. Nessuno di loro batteva all'unisono creando una disarmonia aritmica che non faceva che aumentare la mia ansia. Mi ripetevo che Fred mi avrebbe tolto dai guai, lui aveva sempre avuto una soluzione per tutto. Le sue decisioni, rapide e risolute, non avevano mai avuto spazio per l'incertezza.
«Possiamo fare in modo di liquidarlo» ha detto Fred con un tono insicuro da far vacillare le mie certezze.
«Abbiamo 550 milioni di dollari?»
Nel suo aprire e chiudere il pugno si percepiva una tensione che non riusciva a mascherare.
«Non è disposto ad aspettare un anno?»
«Il suo scopo è che sposi Claudia. Il fatto di possedere il 35% delle nostre azioni non lo fermerà dal farci fallire, anche se dovesse rimetterci di tasca sua. Ovviamente sa che adesso non abbiamo tutti quei liquidi...»
Fred ha scosso la testa prima di appoggiarla sui pugni irremovibilmente stretti in un morsa. Il cuore mi batteva talmente forte che non sentivo nemmeno più il ticchettio degli orologi. La cicatrice sulla fronte ha iniziato a pulsare con un ritmo tutto suo.
«Non abbiamo molto di cui discutere visto che non ci sono alternative.»
Mi sono seduto in una delle poltrone stile anni Sessanta. La sensazione delle pelle sotto i polpastrelli e l'odore caratteristico mi dava il voltastomaco.
«Non posso, Fred. Ti giuro, non posso sposarla.»
Si è alzato dalla sua scrivania e mi si è seduto di fronte porgendomi un bicchiere di porto.
«So che preferisci il whisky, ma bevilo lo stesso.» Mi sono appena bagnato le labbra, non volevo ubriacarmi, volevo rimanere sobrio per cercare una via d'uscita. «Sai quante famiglie lavorano per noi?»
«A San Francisco 480, nella sede di Chicago 240 e a in Europa 130.»
«Vedo che io e tuo padre ti abbiamo insegnato qualcosa. Siamo partiti dal nulla e abbiamo costruito un impero non solo per fare soldi, ma anche per fare stare bene le persone.»
«Lo so, Fred, ma io...»
«Io, io, io! Quando sei responsabile di 850 famiglie, il pronome io non esiste. Quante persone hanno fiducia in noi? In te?»
Aveva ragione, so che ne aveva da vendere, ma non riuscivo a rassegnarmi.
«Fred, mi sono innamorato.»
Volevo che mi dicesse « fai bene a non sposarti, vendiamo la sede di Londra» o qualcosa di simile, invece ha solo scosso la testa.
«Tu credi che io e tuo padre non abbiamo fatto sacrifici?»
«Lo so, però...»
«Senza contare che stai diventando padre. Un uomo si assume sempre la responsabilità dei suoi figli e della madre dei suoi figli.»
Proprio lui mi veniva a parlare così? Lui, che aveva messo da parte Adele dopo essersi risposato. Ogni tanto si ricordava di lei, ma solo se non ostacolava i suoi piani oppure se potevano aiutarlo in qualche modo. Come aveva fatto con la festa in Italia...
Pensare ad Adele in quel momento mi fece sentire male al petto.
«E poi di chi ti saresti innamorato?»
«Sono sicuro che l'adoreresti. Una ragazza dolcissima...»
Ha appoggiato la schiena in poltrona per incrociare una gamba sull'altra.
«Visto che non mi dici nulla di più, immagino che non appartenga al nostro mondo o, comunque, che tu non me la possa presentare.»
Il viso mi si è scaldato come se quello di una verginella senza che riuscissi a impedirlo.
«Appunto... Probabilmente è solo un capriccio, non ne sei innamorato ma ti piace pensare di esserlo perché così ti sentiresti giustificato a non sposarti.»
Il porto ingollato in un sol sorso non ha portato alcun sollievo.
«Io non so...»
«So io cosa ti serve. Una doccia e tre giorni di riflessione, senza internet, senza telefono, senza sentire nessuno.»
Ho seguito il consiglio: mi sono isolato dal mondo esterno, spegnendo tutto e indossando l'orologio di mio padre per riflettere su cosa rendesse prezioso il mio tempo.
Durante questo periodo, ho sentito la mancanza di una sola persona e ho capito che non potevo rinunciare a lei in nessun modo. Quando ho deciso di riaccendere il telefono, ho sorriso nel vedere gli avvisi delle sue telefonate perse e dei messaggi ricevuti da lei che mi chiedevano come stessi.
Dopo aver raggiunto questa consapevolezza, ho deciso di incontrare Fred per condividere con lui la mia decisione di vendere le mie azioni e di voler avere Adele nella mia vita. Anche se si aspettava di vedermi a cena, ho preferito evitare di incontrare sua figlia senza che tutto fosse stato sistemato.
«Nick, ragiona, secondo te chi acquisterà le tue azioni?»
«Ho già individuato dei potenziali acquirenti, tutti controllati perché li conosco di persona. Staremo attenti che lui non... »
«Attenti come l'altra volta? Non lo chiamano Silver Fox per nulla e, poi, da quando puoi controllare cosa accade in Borsa?»
Mi sono seduto in poltrona, in silenzio, il ticchettio degli orologi sembrò sottolineare il fatto che, in tre giorni, non fossi veramente venuto a capo di nulla.
«Cosa mi dici dell'altra questione?» mi ha domandato, ammorbidendo il tono.
«Non posso rinunciare a lei» e mentre rispondevo sapevo già che mi avrebbe detto che non avrei avuto alternativa. Si è seduto di fronte a me, sporgendosi sul bordo della poltrona con i gomiti appoggiati alle gambe e un'espressione indecifrabile in viso.
«Non devi farlo, Nick. Non devi rinunciare a lei.»
«E come...?» mi interruppi. Era ovvio, il come. Fred si è alzato per avvicinarsi e potermi stringere una spalla.
«Non saresti il primo uomo, anche tuo padre ha dovuto fare la stessa cosa.»
Ho trattenuto il respiro per la sorpresa e l'ho guardato. Non ero sicuro che volessi sapere la verità, ma lui me l'ha detta lo stesso.
Vorrei spaccare ogni cosa, a partire dall'orologio che mi pesa sul polso in modo che segni per sempre la data della mia morte come accade nei gialli. Poi frantumerei ogni addobbo e distruggerei ogni fiore, strappando ogni singolo petalo di quelle ignobili rose bianche e questi nauseanti gigli. Fred è qui accanto a me, pronto a testimoniare il mio amore per Claudia davanti a un prete e a più di cinquecento invitati.
«La tua misteriosa donna ha accettato?» mi ha chiesto ieri sera durante l'addio al celibato più triste a cui abbia mai partecipato. Io e lui, nel giardino della mia villa, con soli alcolici come compagnia.
«No.»
«Lascia passare un mese dal matrimonio e vedrai che ti vorrà. Ti basterà capire quale sia il suo prezzo.»
«Non è come credi.»
Avrei voluto solo sbattergli in faccia che era di sua figlia che stava parlando.
«Almeno te la sei scopata un'ultima volta?»
Ho afferrato la bottiglia di whisky e, sollevandola in aria, ho bevuto direttamente dal collo fino a quando l'alcol ha bruciato la mia gola più di quanto i miei rimorsi potessero mai fare. Sono solo il degno figlio di entrambi i miei genitori.
«Sì.»
Quando l'orchestra d'archi intona il canone di Pachelbel, la mia attenzione si sposta verso il fondo del giardino dove avrà luogo l'ingresso della sposa. Volgo lo sguardo tra gli invitati, nella speranza mista al timore di scorgere Adele tra di essi. Ed eccola lì, in tutta la sua bellezza. I nostri sguardi si incrociano per un istante e poi, con un senso di smarrimento, ci abbandoniamo.
Non sono più padrone del mio tempo e, senza di esso, non esiste più alcun futuro per noi.
Fred mi sorride.
«Se risponderai Sì, lo voglio andrà tutto bene.»
Ciò che voglio non importa più a nessuno. Nemmeno a quello che consideravo il mio migliore amico.
Grazie mille per la tua lettura ⭐️
Come pensi che abbia reagito Adele? Credi che Nicholas cercherà di seguire il suggerimento di Fred e tornerà alla carica per farla diventare la sua amante?❤️
Ecco il booktrailer di 🧜🏻♀️Iridescente🧜🏻♀️
https://youtu.be/t7Szdw2CDb8
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