Capitolo II
Tra circa venti minuti sarebbe iniziato il mio nuovo lavoro ed io ero già lì fuori ad ammirare la Stark Tower. Ero troppo emozionata per aspettare oltre e, pensando che un po' d'anticipo non sarebbe guastato, iniziai ad entrare. Proprio mentre mi recavo alla reception mi resi conto che sapevo ben poco di quale sarebbe stato il mio lavoro, anzi ad essere sinceri non ne avevo proprio idea.
Esattamente come il giorno precedente chiesi informazioni alla signora all'ingresso che mi diede una lettera assieme ad un caloroso benvenuto. Nella busta era contenuto il mio contratto e un foglio che spiega quali sarebbero stati i miei compiti: portare il caffè a chi lo chiedeva e smistare la posta. Non erano queste le parole riportare lì sopra, ma il concetto era lo stesso, era solo scritto in maniera più elegante. E io che speravo in un'esperienza lavorativa stimolante... speravo anche in uno stipendio un po' più alto, ma meglio di niente...
Passai più tempo a cercare di orientarmi in quell'immenso palazzo che a svolgere il mio effettivo lavoro. Dovrebbero fare delle cartine per questo posto... Per fortuna gli ultimi dieci piani erano off limits, meno posti in cui perdersi. Almeno questo lavoro gioverà alla mia salute, non ho avuto molto tempo per tenermi in forma in questo ultimo periodo.
Il mio primo giorno fu decisamente diverso da come me lo ero immaginato. Quando fu finalmente giunto al termine, e dopo le due ore di autobus, riuscii finalmente ad arrivare a casa e a lasciarmi cadere a peso morto sul divano piccolissimo. "Presto avrò abbastanza soldi per cambiarti, vecchio mio" dissi al divano. Ero troppo stanca per alzarmi e preparare da magiare. Estrassi il telefono dalla tasca e chiamai una pizzeria d'asporto, nel giro di quindici minuti stavo gustando una pizza, non molto gustosa, guardando un film sul portatile. Quello era il mio modo di festeggiare e tutto sommato era stata una buona giornata.
La mattina dopo entrai nell'enorme palazzo un po' meno emozionata sapendo quel che mi aspettava.
Fortunatamente la maggior parte delle persone che lavorava in quel posto erano gentili, anche se ricevetti un paio di richieste insolite, i sorrisi e l'educazione non mancava.
Era solo il secondo giorno, ma iniziavo a pensare che vedere Tony Stark era un evento più unico che raro e io avevo già avuto la fortuna di incontrarlo. È persino più bello si quel che sembra dai giornali e dalla televisione, rivederlo non mi dispiacerebbe affatto...
Arrivata a fine giornata le mie gambe erano ancora più doloranti del giorno precedente, in più avevo portato così tanti caffè bollenti che i palmi delle mie mani erano rossi e bruciavano.
Scesi dall'autobus, sul quale mi ero addormentata, e ancora intontita mi diressi verso casa. Vada per il take away anche sta sera, sono troppo stanca per cucinare. Aprii e richiusi la porta dietro di me con gli occhi chiusi e qualcosa di terribile accadde. Qualcuno era entrato nel mio appartamento, ma non me ne accorsi finché non fui sbattuta con la schiena al muro e sentii una mano farsi sempre più stretta attorno alla mia gola.
Sentivo il mio corpo farsi più debole ogni secondo che passava, l'aria entrava dalla mia bocca, ma non riusciva a raggiungere i polmoni. L'ansia mi pervase, cercai di divincolarmi senza ottenere risultati. Le mie mani, che cercavano invano di allentare la presa della sua, cedettero. Non potevo più resistere, se avessi sbattuto le palpebre non si sarebbero più riaperte. In quell'esatto istante le sue dita si fecero larghe attorno al mio collo, rilasciandomi. Con un tonfo i miei piedi tornarono a toccare terra. La testa mi girava, riuscii a mala pena a reggermi in piedi. Alzai lo sguardo da terra giusto in tempo per vedere il suo volto accostarsi al mio. Fino a quel momento non avevo notato quanto fosse pallido e il suo respiro era affannoso e irregolare. Il braccio appoggiato contro il muro perse la presa, accasciandosi su di me. Con le poche forze ancora dentro di me riuscii a dargli un po' di sostegno, quel che bastava per non far cadere nessuno dei due. Per tenerlo in piedi avvolsi le mie braccia attorno al suo corpo magrissimo. Tra le mie dita sentii la sua maglietta bagnata, Ma cosa... Portai la mano alla luce per vedere di cosa si trattasse: Sangue...
Mi guardai attorno e la cosa più vicina era il divano, così lo aiutai a raggiungerlo e a sdraiarsi. Svenne quasi istantaneamente quando la sua schiena si appoggiò sul piccolo divano in pelle. Tagliai la maglietta zuppa di sangue e iniziai a disinfettare le ferite. Quella sull'addome era piuttosto profonda, mentre quella sul petto più superficiale. Non avevo mai dato dei punti a nessuno e l'unico corso di primo soccorso che avevo seguito era stato di due ore a scuola. Se non lo aiuto ora muore, sono la sua unica speranza. Pensai, nonostante avesse appena cercato di uccidermi, feci un respiro profondo e tirando fuori tutto l'occorrente da un kit di pronto soccorso, iniziai a cucire. La sua pelle era morbidissima al tatto ed era così magro che potevo benissimo vedere la sua cassa toracica andare su e giù quando respirava debolmente. Per fortuna ero forte di stomaco e la vista del sangue non mi causava problemi, anche se francamente avrei preferito fare altro a quella tarda ora di sera.
Ero così concentrata su quel che stavo facendo che non mi domandai nemmeno chi fosse quell'uomo o come si fosse procurato quelle ferite o perché avesse cercato di soffocarmi.
Ben presto il sangue smise di uscire copioso dalle ferite ed io ero soddisfatta, i punti non erano perfetti, ma d'altro canto non ero un medico e non avevo mai fatto una cosa simile prima d'ora.
Mi lasciai cadere sulla poltrona affianco al divano e solo in quel momento notai quanto fosse alto; il divano a due posti non era lungo nemmeno la metà di lui.
Un piccolo gemito di dolore lasciò le labbra dell'uomo sul divano e i suoi occhi si spalancarono rivelando le sue iridi verde acqua.
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