- Un serial killer in famiglia -
A Copenaghen, in una casa con uno stretto giardino che apparteneva al quartiere Amberfils, cenava una famiglia. I Camone non erano come tutte le altre, ogni singola sera litigavano tra loro.
Anche se a volte non vi era un valido motivo, trovavano sempre un pretesto su cui discutere. Benedetta ormai si era abituata, quelle sciocche liti erano come una tradizione.
Lei frequentava il quinto liceo, mentre il fratellino, Nino, doveva iniziare il terzo anno alle elementari. Nonostante fosse la sorella maggiore non significava che non poteva strillargli dicendogli di smetterla di lasciare i giocattoli in giro, questo perché una settimana fa era per poco incampiata su uno di essi. Lui invece le ripeteva che doveva finirla di entrare e uscire dalla sua camera solo per potersi specchiare, dato che nella stanza di Benedetta lo specchio, essendo ridotto, rifletteva solo dalla testa alle spalle.
Alle loro voci si aggiungeva poi quella della madre, Gina, una donna che passava la maggior parte del tempo sui libri. Incitava i figli a dare il massimo nel campo scolastico, e si irritava quando loro due le affermavano che non sapevano fare di meglio.
Insomma, non si mangiava mai in tranquillità. In tutto questo il padre, un uomo di media statura senza barba e capelli neri, cercava sempre di azzittirli, di trovare una soluzione ai loro problemi. Ma invano, il giorno dopo essi riaffioravano con più foga.
Finché una sera di novembre, con il freddo e la pioggia che oscuravano l'atmosfera, anche lui era stato costretto ad unirsi alla discussione.
La moglie, per la prima volta, lo aveva additato e, con voce estremamente delusa, gli aveva rinfacciato che il suo lavoro da benzinaio portava loro poco denaro. Frank non si era mai sentito parlare con quel tono dalla sua stessa moglie, per cui alzò la voce e ribattè:- Lo sai che nessun altro in questa città ha accettato il mio modulo! -
- Questo perché non hai preso la terza media! - disse lei, afferrando la bottiglia d'acqua e riempiendo il suo bicchiere.
- Papà non ha preso la terza media? - rise Nino, ostinanandosi di mangiare le verdure che aveva nel piatto.
Benedetta, che era seduta vicino al fratello dai capelli neri e mossi, proprio come i suoi, posò la forchetta e alzò lo sguardo. Non si era immaginata che il misero lavoro del padre fosse legato al fatto che era andato male a scuola.
- Certo! - urlò la madre, puntando gli occhi di un marrone intenso sul figlio, e aggiunse:- Ora capisci perché voglio che tu e tua sorella vi impegniate? -
In risposta Nino incrociò le braccia al petto fissando il piatto imbronciato, invece Benedetta roteò stancamente gli occhi neri al cielo. Aveva perso il conto di tutte le volte in cui la madre gliela aveva giustamente ricordato.
- Non è importante, sto cercando di arrivare agli straordinari per guadagnare di più! - disse con calma Frank, guardando la moglie con severità.
- Dici sempre così.. - mormorò Gina, dopo due secondi, distogliendo lo sguardo e prendendo il bicchiere.
Benedetta era certa che il padre si stava davvero impegnando per ottenere quegli straordinari, ma da come poteva ipotizzare, forse il capo non voleva cedere.
- Mamma! Non puoi dirci di migliorare se papà non lo ha fatto! - strillò ad un tratto Nino.
- Sì che dovete! - ribadì lei, assumendo nuovamente un aria irritata.
- Nino, la mamma ha ragione. Non fate ciò che ho fatto io.. - brontolò Frank, tagliando un pezzo di pancetta affumicata.
- Io no di certo, non voglio passare il resto della mia vita puzzando di benzina! - disse Benedetta decisa.
- Ma papà non puzza! - esclamò con vivacità Nino.
- Questo perché quando torna a casa si fa la doccia - informò Benedetta, aveva terminato la sua cena ma non lasciava mai il tavolo quando gli altri stavano ancora trangugiando cibo.
Sembrava averlo convinto. Il padre aveva ignorato il suo commento e la madre scuoteva la testa, cercando di non sputare l'acqua che aveva in bocca.
- Va bene, ma comunque non potrò mai studiare se continui a entrare nella mia cameretta! - ringhiò Nino, fissando con rabbia la sorella.
- Che cosa c'entra ora?! - disse Benedetta ricambiando lo sguardo.
- È vero, non devi specchiarti ogni minuto - concordò Gina, dopo aver ingoiato il sorso.
- Sei tu che non mi compri uno specchio più grande! - ululò Benedetta alla madre.
Aveva sempre chiesto ai genitori di acquistarle uno specchio che sia abbastanza grande da mostrare il corpo, ma loro avevano rifiutato dicendole che non le serviva.
- Tanto sei brutta! - dichiarò Nino con tono odioso.
- Come ti permetti? - esplose lei spingendolo. - Sappi che se entro domani non sistemi i tuoi giocattoli, te li butto dal primo all'ultimo nel secchio della spazzatura! - minacciò poi.
- Mamma!! - chiamò Nino, scendendo dalla sedia e, scivolando dietro la sorella, corse dalla madre.
- Nino anche tua sorella ha ragione, devi essere più ordinato! - lo sgridò Gina, ritirando il braccio destro che il bambino le stava strattonando.
Quanto era divertente per lei vedere il fratello cercare conforto dalla madre?
- Lo sarò mamma, ma solo se lei la smette di entrare nella mia cameretta! - insistette Nino.
"Ma se sta zitto? No eh" pensò Benedetta acida.
- Ti ho detto che il tuo specchio mi serve! - disse Benedetta che, per quella volta, voleva sul serio alzarsi e rifugiarsi in camera sua, dove l'attendevano le cuffiette del telefono.
In un istante Nino scoppiò a piangere, tuttavia Benedetta era sicura che lo stava facendo solo per conquistare quel che desiderava. Quindi si affrettò a sparare le prime azioni che detestava su di lui, cercando di far ragionare la madre.
- BASTA! - tuonò Frank, era stato zitto per molto tempo. Odiava i loro piagnistei, li aveva tollerati solo quando parlavano senza fare casino.
- Non vi siete stufati di litigare? Non possiamo mangiare come una famiglia normale?
- In pace e in armonia? - pretese serio.
Nino cessò di piagnucolare però riprese il braccio della madre con l'intenzione di farle cambiare idea. Benedetta guardò il fratello corrugando la fronte, poi il padre affermando:- Come faccio ad andare d'accordo con quella piccola peste? -
- Sei tu che sei cattiva! - ribatté Nino.
- Ho detto basta! - urlò il padre, sollevandosi da tavola. E gettando ai figli delle occhiate severe, uscì dalla cucina con fermezza.
Madre e figli lo fissarono in silenzio finché non sparì al piano superiore, dove vi erano le camere e il bagno.
Cinque minuti dopo, trascorsi tra sguardi di sfida e borbottii sostenuti da Nino e Benedetta, Gina si schiarì la voce:- Ragazzi, questa sera finiamola qua. Credo che vostro padre sia stressato per quello che ha dovuto passare oggi al lavoro...domani cercate di comportarvi bene! -
I due annuirono, per poi aiutare a sparecchiare e a lavare i piatti.
Benedetta si arrampicò su per le scale quando anche l'ultimo piatto fu riposto in credenza. Era ancora arrabbiata con il fratello, lei aveva bisogno di sistemarsi i lunghi capelli tutte le volte che se li sentiva fuori posto. Comprese che il padre aveva ragione, litigare era inutile... Ma come avrebbe fatto senza specchio? Come poteva valutare i vestiti che avrebbe indossato l'indomani per la scuola?
Chiuse con un tonfo rumoroso la porta alle sue spalle, e si lanciò letteralmente sul letto.
Pensare ai compiti le rendeva la giornata ancora più triste e monotona, l'unica cosa che la rasserenava erano le compagne di scuola. Aveva due amiche fantastiche, passava molto tempo con loro sopratutto nel fine settimana.
Si mise a pancia in su e fissò per un po' il soffitto di un bianco splendente. Dopodiché si drizzò, si mise il pigiama e spense la luce. La verifica di matematica l'aspettava il mattino seguente, e doveva essere al massimo delle forze per affrontarla alla prima ora.
- Devo ricordarmi le formule più importanti...- sussurò tra sé, buttandosi addosso le coperte.
La familiare sveglia suonò alle sette in punto. Doveva prendere il pullman per arrivare a scuola, che distava, più o meno, quattro kilometri.
Benedetta si buttò giù dal letto sbuffando. Aveva dormito poco quella notte perché il pensiero della verifica la preoccupava molto.
Si avvicinò allo specchio dalla cornice tonda, i suoi capelli sembravano un cespuglio aggrovigliato. Prese la spazzola dalla mensola alla sua destra, utilizzata maggiormente per depositare i libri che le non servivano, e cominciò a passarla tra i lunghi boccoli.
Impiegò quindici minuti per prepararsi, alla fine aveva indossato gli stessi vestiti che aveva messo la settimana scorsa: T-shirt bianca e pantaloni beige.
- Nooooooooo! Nino! - la voce terrorizzata, di solito severa e irritata, della madre squarciò l'atmosfera calma che regnava nella sua stanza.
- Cosa ha combinato questa volta? - si chiese Benedetta scocciata, guardando soddisfatta il suo riflesso prima di percorrere il corridoio.
Non era una novità per lei sentire la madre arrabbiarsi con il fratello.
Cosa era successo? Aveva di nuovo sparpagliato le lenzuola sul pavimento? O sporcato di fango gli abiti?
Un sorriso divertito nacque tra le sue labbra mentre rimuginava su quale guaio Nino si era imbattuto.
Tuttavia, nel profondo, percepiva una strana sensazione che cresceva ad ogni passo.
- Che cos... - ma non riuscì a terminare la frase vedendo la causa del grido.
La madre era chinata a terra, e piangeva. Non fu questo che la bloccò...
Lei teneva la piccola peste tra le braccia. Privo di vita.
- N-nino? - balbettò Benedetta, sorreggendosi alla parete per non cadere.
- Nino! - mugulò Gina stringendo il bambino a sé.
L'espressione della sua faccia, da divertita, si mutò nella tristezza più pura. Corse dalla madre e si abbassò quel tanto per intravederle il volto.
- Strangolato -
Benedetta, sforzandosi di alzare lo sguardo e trattenendosi nell'unirsi alla madre per piangere, si accorse che il padre stava in piedi vicino alla finestra aperta.
- L'assassino deve essere scappato da qui - ipotizzò esaminando l'esterno, successivamente si affiancò a loro.
- A-assassino? - domandò Benedetta confusa, riportando lo sguardo sul fratello e distinguendo dei segni violacei intorno al collo.
- Nino! - continuò la madre accarezzando amorevolmente la chioma nera del figlio.
A quel punto, mentre nell'aria si udivano i lamenti della madre, Benedetta ricordò tutte le piacevoli esperienze che aveva trascorso con Nino. Era come se il suo cervello avesse distrutto ogni lite che c'era tra i due. Dopotutto, le amiche non erano le uniche persone che la rendevano felice...lui era il suo unico fratello.
Poi, allungando una mano sul braccio ormai freddo del bambino, scoppiò a piangere.
In quello stesso istante la madre trasse un braccio e lo passò sulle spalle della figlia, affinché potesse poggiare la testa sulla propria fronte, consolandosi a vicenda.
"Perché? Perché?" pensò disperata. "È mio fratello..."
Benedetta, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano, vide che il padre non pianse, per cui sostenè che fosse difficile per un uomo far emergere l'emozioni... che erano dei tipi duri, forti.
- Nino! - singhiozzò la madre, con il volto bagnato dalle lacrime.
Il tempo dalla morte di Nino passò lento e silenzioso. Il funerale si era tenuto due giorni dopo, e i parenti li avevano abbracciati lasciandogli commenti consolatori del tipo "Ora è in un posto migliore" o "Potrà comunque giocare, lassù".
Benedetta si sentiva malissimo, come se il petto si stesse aprendo da un momento all'altro. Ma non era nulla in confronto alla madre. L'unico che non parve dispiaciuto fu il padre, apparte il suo umore: che era assente, come se gli mancasse qualcosa dentro.
- Adesso con chi litigherò? - disse Benedetta nostalgica, un pomeriggio, mentre osservava il cielo limpido.
Era straiata sull'erba, un azione che non si era mai sognata di compiere ma che, da quella tragica mattina, non poteva farne a meno.
- Sai, eri una peste...ma ti volevo bene - mormorò, una lacrima le rigò il viso mentre una nuvola coprì il sole.
Con l'assenza di Nino la casa era taciturna, in special modo la cucina dove madre, padre e figlia consumavano i pasti.
Non vi erano più discussioni, o almeno così sperava Frank fino al mese prossimo...
- Ora c'è più silenzio... Non trovate? - disse come se era la cosa che attendeva dire da sempre.
Benedetta soffocò un gridolino, i suoi occhi rotearono e si soffermarono sul posto vuoto accanto al suo.
- Silenzio... Non è un argomento su cui scherzare! - disse Gina con un lamento, guardando anche lei la sedia che, fino a un mese fa, era occupata dal figlio.
- Scusami cara, intendevo dire che.. -
- Cosa? - ruggì la madre portando di scatto lo sguardo su di lui.
Benedetta non l'aveva mai vista così furibonda.
- Sei felice che non litighiamo più, vero? Sei per caso felice di aver perso un figlio? Dimmi Frank, sei felice? -
Frank si ficcò un pezzo di carne in bocca, e non rispose.
Gina stava per perdere il controllo ma, da come Benedetta sapeva fin troppo bene, cercò di riprendersi abbassando il capo e traendo un profondo respiro.
- Comunque... - cambiò discorso rivolta alla figlia.
- Domani toglierò lo specchio dalla cameretta di Nino e lo metterò nella tua. Così almeno non insisterai nel volerne uno nuovo -
Anche questa volta Benedetta si sentì male, un nodo si formò subito nello stomaco.
- Io...per me... lascialo lì - rispose con il cuore in gola, afferrando la scodella con l'insalata all'interno.
Non era capace di trovare le parole adatte per dirle che ora quello era un oggetto importante, che le ricordava il fratellino... e preferiva vederlo nella stanza del proprietario piuttosto che nella sua.
- Che significa "lascialo lì"? Non facevi altro che bisticciare con lui per quello stupido specchio! - intervenne il padre che pareva riaver preso la parola.
- Non bisticciavano! Sono fratelli, è normale litigare! - esplose la madre fissando torva il marito.
- Mamma ti prego... lascialo lì, farò come ho fatto sino ad ora - disse Bendetta con un filo di voce.
- D'accordo. Va bene - acconsentì Gina senza distogliere lo sguardo da Frank.
- Bene, possiamo continuare a cenare? - disse quest'ultimo tagliando con impazienza la carne nel piatto.
- Solo dopo aver risposto alla mia domanda! - pretese la madre aspra.
- Quale domanda? - chiese lui sbrigativo.
- Com'è andata oggi al lavoro? Hai ottenuto gli straordinari? -
Benedetta sentì il padre bonfonchiare qualcosa a sé stesso.
- Il capo si decide o no ad alzarti la paga? Oppure non vuole perché vede che sei di poche parole con i clienti? - proseguì la madre visto che non aveva ricevuto alcuna risposta.
- BASTA! - ringhiò Frank alzandosi di scatto dalla sedia. Benedetta sussultò e fece cascare le posate nel piatto, la madre invece era irremovibile e fissava il marito con aria di superiorità.
- Ti ho detto che ci sto provando, ok? - aggiunse rabbioso avanzando verso le scale.
- Allora non ci stai provando abbastanza! - strillò la madre cosicché si potesse udire fino al piano superiore.
Nel resto della cena Benedetta provò a tranquillizzarla, chiacchierando su qualsiasi argomento che non riguardasse il padre e il fratello.
Il suo obbiettivo si realizzò e, dopo essersi augurate la buona notte, salirono insieme la rampa di scale per poi chiudersi ognuna nella rispettiva camera.
I giorni finivano e Benedetta sentiva aumentare la mancanza di Nino.
Desiderava amaramente di non avergli detto come ultima frase :"Come faccio ad andare d'accordo con quella piccola peste?".
- Non dovevo gridarglielo...se solo gli avessi dato retta.. - mormorò tra sé infilandosi il pigiama.
- Uffa... domani mi devo alzare presto per ripassare storia - borbottò infastidita avanzando verso il muro, vicino alla porta, e pigiando l'interruttore della luce per spegnerla.
- Scusami se non ti ho mai aiutato con gli esercizi di italiano - sussurrò poi al quadro, sopra al letto, che raffigurava una foto di lei che giocava con Nino in giardino.
- Sul serio... - disse infine dopo aver posato la testa sul cuscino morbido del letto.
La mattina dopo venne svegliata di colpo, ma non dalla sua comune sveglia...no. Era stata stordita da un urlo spaventato, un urlo che riconosceva perfettamente... l'urlo della madre.
Si diede uno schiaffo per capire se stava ancora sognando. Non se l'era immaginato, era tutto reale.
Accese la lampada sul comodino e gettò lo sguardo alla sveglia. Erano le cinque.
Presa dalla rabbia, avrebbe voluto irruppere nella stanza dei genitori e dirgliene quattro, considerando che forse avevano litigato anche a notte fonda, quando un altro grido, più debole del primo, rieccheggiò nella sua camera.
Benedetta scese dal letto e decise sul da farsi.
In quei giorni si era sempre chiesta che fine avesse fatto l'assassino, se i poliziotti lo avessero rintracciato e soprattutto arrestato. Quindi, tremando solo all'idea, suppose che era tornato... per concludere quello aveva iniziato.
Agganciò la prima cosa che le venne in mente e si precipitò fuori dalla stanza. Il buio invadeva la casa, d'altronde sottili raggi di luna illuminavano il suo cammino.
Benedetta tese bene le orecchie cercando di non fare il minimo rumore, e superò un vaso di fiori.
Restavano pochissimi metri alla porta, il suo respiro si mozzò notando che era spalancata.
Chiuse le palpebre, pronta a saltare davanti alla soglia, e provò a darsi coraggio. Possibile che il padre non aveva sentito il grido agghiacciante? E se l'assassino li avesse fatti fuori entrambi?
Le riaprì facendo un passo avanti. Si portò subito la mano libera sulla bocca per impedire alla propria gola di strillare con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
La madre, vestita di rosa, era accasciata a terra con gli arti leggermente allargati, come una stella. I capelli castani, corti fin sulle spalle, erano in disordine.
L'odore del sangue, che sgorgava dalle molteplici ferite trafitte sulle magre bracce e gambe, si insinuava nelle narici della ragazza che sentì la testa appesantirsi per il dolore che provava.
Non era una bella scena assistere alla morte della stessa madre che, dalla nascita, ti aveva accudito e voluto bene.
Il taglio più grande lo aveva sul collo, per cui Benedetta, con gli occhi che iniziavano a pizzicare per le lacrime imminenti, comprese che purtroppo aveva seguito il fratello...
- M-mamma! - chiamò lievemente, non riusciva a crederci.
- Ora c'è più silenzio... Non trovi? -
Il sangue nelle vene di Benedetta si gelò all'istante. Lentamente sollevò il capo, quella voce seria gli era familiare.
- P-papà? - balbettò sconvolta aguzzando la vista.
Per lo shock fece cadere la spazzola che teneva stretta nel pugno sinistro. Il padre era vicino alla larga finestra, in fondo alla stanza. In una mano aveva un lungo coltello con la lama impregnata di sangue, con l'altra stava chiudendo la finestra e, successivamente, la tenda.
- Come mai sei sveglia? Hai sentito tua madre urlare di dolore mentre lottava per resistermi? - domandò gelido, voltandosi e pulendo il coltello con la giacca.
Benedetta non poteva credere alle sue orecchie. Non poteva essere vero, il padre non era un assassino!
- No! - esclamò spaventata. - Questo è solo un incubo, io sto... sto ancora sognando - farfugliò portando lo sguardo sul sangue che si espandeva sotto il corpo morto della madre.
- Prova a darti un pizzico. È tutto vero! - intimò il padre mimando il gesto con la mano che, Benedetta distinse, era involta da un guanto nero macchiato in più punti di rosso.
Era sicura che quello non era un incubo, non aveva mai fatto un sogno così orribile prima d'ora. Semplicemente non voleva accettare la realtà, non ne era capace.
- Allora... - disse Frank alzando sulla testa il coltellaccio. - Tu hai visto ogni cosa, quindi non temere...
- Non sentirai nulla! - enunciò con un'espressione da maniaco dipinto sul volto.
Benedetta pensò al peggio, il padre... voleva uccidere anche lei.
Senza dire una parola, e con le lacrime che le annebbiavano gli occhi, prese a correre nonostante le sue gambe tremavano per la paura.
Attraversò il corridoio mandando in frantumi il vaso al suo passaggio, e si fiondò alle scale.
Nel frattempo strillava "aiuto" sperando con tutto il cuore che qualche vicino potesse udirla. Proprio mentre scendeva gli ultimi gradini, qualcuno l'acciuffò per i capelli e la tirò. Urlando per il dolore Benedetta comprese che il padre era accorso per fermarla, e lei sapeva che, per i fatti ripugnanti che aveva subito in una sola notte, non era veloce come quando, di solito, rincorreva il fratello per riprendersi gli oggetti che lui le rubava per gioco.
- P-papà...no! - pregò Benedetta, mentre il padre la guidò fino in sala trascinandola saldamente per i capelli.
- Perché fai questo? Perché hai ucciso Nino? Perché hai ucci..-
- Perché. Perché. Sempre con queste stupide spiegazioni! - sbraitò il padre lanciandola sulla poltrona color crema.
- Sono stufo, d'accordo? - proseguì, camminando avanti e indietro e guardando di tanto in tanto la figlia che, tremando, stringeva i portabracci della poltrona.
- Tuo fratello... gli volevo bene, ma ogni sera era un buon pretesto per voi, vero? Litigare, vi avevo sempre chiesto di non farlo! -
- Ma... M-mamma.. - disse Benedetta.
- Tua madre non capisce nulla! Non faceva altro che insistere che dovevate migliorare. Ma io so che fine avreste fatto, ero sicuro che tra non molto tu e tuo fratello vi sareste ribellati. Che avreste preso una strada sbagliata, che avreste lasciato questa casa e avreste perso i nostri contatti! - disse Frank con un tono che sembrava preoccupato più di quanto non lo sia mai stato.
- Ma tua madre - continuò arrestandosi di colpo davanti al suo viso.
- Lei non fa altro che ripetermi che guadagnamo poco, che il capo non mi paga e non mi da gli straordinari. E sai? Una moglie dovrebbe aiutare il proprio marito, e non assillarlo dicendogli che sbaglia a fare questo e sbaglia a fare quest'altro! -
In quel momento Benedetta pensò che si stesse riferendo a quella volta in cui aveva lasciato le pantofole in cucina, e sì...ultimamente la madre esagerava un po'.
- M-ma...q-queste cose potevamo...r-rimediarle discute..-
- A tavola? Non hai capito? Questa non è una famiglia, litigare ogni singola sera...- ruggì riprendendo a camminare avanti e indietro.
-...non risolve nulla. È sai, non mi sono mai sentito così in pace quando ho strangolato tuo fratello. Tutto quel silenzio, speravo che durasse per sempre... - disse il padre con aria estasiata.
Benedetta lo fissava terrorizzata, era completamente impazzito.
- Tu non sei un.. - provò a esclamare quando il padre era già intervenuto.
- Un assassino? Sì invece, tua madre non sapeva che lavoro facevo prima che ci sposassimo -
Benedetta impallidì, quelle parole erano entrate nel suo cervello come un trapano.
- Il capo era mille volte più generoso di quello che ho ora per il benzinaio, ammazzavo tutti quelli che mi indicava. Solo che poi lo hanno arrestato. Io sono fuggito in questa città e ho deciso di finirla, di cambiare, di avere una famiglia - a quelle parole guardò il viso bianco della figlia.
- Ho detto abbastanza! - ringhiò più a sé stesso che a lei.
Si allungò verso Benedetta e la strinse, anche se lei aveva provato a schivarlo, per il collo.
Benedetta tentò di strappare la sua mano mentre veniva sollevata dalla poltrona.
Poi il padre, con un sorriso folle sulle labbra, le passo un dito dell'altra mano tra i capelli e, all'orecchio, le sussurrò:- Salutami la mamma -
A Benedetta scarseggiava l'ossigeno, la mano si stringeva sempre di più. Senza pietà.
Benedetta cercò invano di tirargli calci sulle gambe, tuttavia dimenandosi cancellava le poche energie che le erano rimaste.
Non voleva morire, aveva una vita davanti...
Il padre, probabilmente per finire prima, impugnò il coltello. Fissò per un breve istante gli occhi della figlia. Il sorrisò gli crebbe in volto e con un movimento secco la infilzò. Dritto al cuore.
Benedetta sentì la lama fredda trapassargli la morbida pelle. Era finita, così come il suo fiato.
Il buio cadde su di lei come un masso, oscuradogli la faccia schizzata di sangue dell'assassino che credeva suo padre.
- Ora c'è più silenzio... - commentò Frank togliendo la mano dal collo della povera ragazza.
- Eppure... troppo silenzio - continuò afferrando un sacco nero che aveva nascosto dietro il televisore.
- Ma sì. Credo che mi risposerò! - disse infine con un aria estremamente contenta, abbassando un quadro che ritraeva i Camone.
| Fine |
Angolo autrice:
Ciao a tutti, questa è la seconda storia horror che ho scritto.
Come vi avevo detto nel precedente Angolo autrice è un po' più lunga ma so che, sicuramente, è più terribile dell'"Occhio". Mi sono impegnata davvero molto e spero di aver descritto abbastanza bene le scene in cui i personaggi muoiono... Devo dire che quando scrivevo la morte del fratello mi sentivo come Benedetta, cioè mi veniva da piangere. Credo sia normale per uno scrittore (o almeno credo).
Comunque sia spero davvero che vi sia piaciuta! ❤️✌️
Ora devo pensare a un nuovo capitolo ed avevo già in mente il titolo (che vi anticipo perché sono un brava bimba 😁) :
L'accappatoio.
~ C.W. ~
L'immagine che ho disegnato in digitale per questa storia (così come lo sfondo a inizio capitolo):
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