- L'appuntamento -
Un pallone da calcio filò in rete, passando tra le braccia tese invano del portiere, causando grida di vittoria alla squadra dell'attaccante.
Il ragazzo bruno, snello e dagli occhi neri brillanti, non seppe contrastare l'abbraccio di gruppo ma non poté sfoggiare un sorriso al broncio deluso dell'avversario (che tal altro gettò i guantoni a terra come se lo avessero fatto sbagliare di proposito).
- Nessuno ci batterà, perché nessuno ha Dave! - ululò un castano robusto e dal viso simpatico, scuotendolo con impeto.
- Sei incredibile! -
- Grandioso! -
Dave aveva la testa sommersa dai loro complimenti, e tra quelle grida udì anche un improvvisato versetto:
Perché Chander è il più forte tra noi!
Perché Chander non si abbatte mai!
Avevano appena vinto un amichevole contro una classe di un anno più grande organizzata dal dirigente scolastico, tenuta nella palestra.
Le partite di calcetto, erano il principale vantaggio che rendeva superiore la scuola di Jefferson City dalle altre.
La 3 A stava davvero conquistando il vertice, da quando Dave Chander si era candidato. Non vi era studente che non li conosceva; tuttavia, nonostante la fama, Dave aveva scarso successo con le femmine.
Guardando oltre le teste dei compagni ne vide due, su una stretta panchina, saltellare dalla gioia accanto a un sedicenne dall'aria gratificante. Esso avanzò e, Dave capì dal suo labiale, chiese alle ragazze di aspettarlo lì.
- Vedi, ti stanno acclamando! - esclamò a Dave, mentre si faceva spazio nell'ammasso di corpi addossati.
- No, Kyle... sono per te! - precisò lui scettico.
Un fisico impeccabile, un sorriso ammaliante e lisci capelli castano chiaro costitiuvano la figura chiamata Kyle Firoge. Era la mela buona in mezzo a quelle acerbe, il contadino paziente tra quelli impazienti... Insomma, il meglio del meglio.
Dunque non era una novità per Dave scorgere fiumi di occhiate furtive lanciate dalle studentesse del primo anno nei corridoi al suo passaggio, oppure che gli conversavano sfruttando una qualsiasi scusa.
In parole semplici: era apprezzato.
O così lo definiva lui, inoltre era il suo migliore amico.
- Mmh... Sì, è vero - si convinse indifferente. - Però fattelo dire, sei stato bravo oggi! -
Dave lo ringraziò così come aveva fatto a quelli precedenti, ma aggiunse un batti il cinque che Kyle eseguì ridacchiando.
- Tra poco suonerà la campana... Domani abbiamo qualche verifica? - domandò alzando il tono e accompagnandolo agli spoiatoi maschili, seguiti dalla squadra vociante.
- No... Credo - rispose Dave pensieroso. A differenza di Kyle, era il numero uno sullo studio.
- Buono! - terminò Kyle, appoggiandosi sulla parete di cemento bianco in fondo alla stanza.
Dave annuì, aprendo la borsa del ricambio.
Come figlio unico, Dave passava il pomeriggio studiando le pagine assegnate dai professori. La sera invece cenava felicemente con i genitori, guardando la tv o raccontando com'era andata la mattinata. Nulla gli mancava... Ma nel cuore sentiva che qualcosa serviva nella sua vita: una ragazza.
Il giorno successivo sulla bocca di tutti vi era lo stesso argomento: la partita.
Dave si stava dirigendo come al solito al suo armadietto di alluminio, allo scopo di metterci i materiali non necessari per la prima ora di lezione, quando Kyle sbucò da dietro l'angolo e, correndo come un pazzo, lo raggiunse.
- Che hai fatto? -
- A-aspetta...- ansimò Kyle, piegato in due, con l'aria di uno che aveva appena scoperto una notizia da mille dollari.
- Hanno deciso di rimandare la semifinale? - chiese Dave scoraggiato, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans blu. Dopotutto, aveva sempre creduto che in un modo o nell'altro la gloria sarebbe sparita.
Kyle si riprese, si drizzò e tirando su il colletto della camicia bianca (il che lo rendeva ulteriormente stupendo) disse:- No, è arrivata una nuova studentessa nella nostra classe! -
Dave sospirò. "Vuol dire che non smetterò di fare scintille sul campo" pensò fiducioso, accostandosi all'armadietto e cercando le chiavi nella seconda cerniera dello zaino che portava sulle spalle.
- Non dici nulla? - sbuffò incredulo il castano, strappandogli di mano la minuscola chiave.
Dave fece per riprenderla, ma lui, essendo più alto, non ne voleva sapere.
- Che dovrei dire? - domandò Dave rassegnato nell'allungarsi.
- Scherzi? Non sai cosa significa? -
- No -
- Potrai fare colpo, amico! -
Dave fece una smorfia, guardando la chiave come se ne fosse ipnotizzato.
Kyle gliela riconsegnò, capendo che non lo avrebbe ascoltato comunque. Poi, nel momento in cui se ne stava per tornare da dove era venuto, Dave diede finalmente la risposta che lui avrebbe desiderato ricevere:- Va bene, ci proverò -
Insieme si avviarono in classe, già strombazzante di commenti positivi sull'incredibile gol del giorno scorso.
La loro aula era normale, composta da banchi da due ordinati verticalmente in file.
Si sedettero a quello vicino alla lavagna, pulita a metà dai calcoli che il professore di matematica aveva scritto una domenica fa.
Dave era costantemente contrariato sull'utilità dei bidelli, che non facevano che passeggiare tra i corridoi, guardando scorbutici gli studenti finché non filavano nelle rispettive aule. Perché non svolgevano il loro lavoro e basta?
- Buongiorno. Ci sono assenti? No, non manca nessuno... - una rauca voce maschile li azzittì immediatamente. Dave vide il professore di diritto fare capolino.
Era bassetto e non aveva capelli, il naso era a patata e aveva occhi piccoli ma rigidi. La giacca marrone scuro che indossava era cosparsa di pieghe e stonava con le scarpe di fibbia.
Era uno degli insegnanti cui andava veramente d'accordo. Un altro punto a suo favore oltre il saper giocare a calcio? Il rispetto.
- Un momento prego... - sussurrò il professore leggermente sbrigativo. Gli occhi di tutti erano concentrati su di lui, che posava giacca e borsa sulla cattedra.
Kyle intanto allungò il collo, come nella speranza di individuare la nuova compagna dietro la porta. Dave però gli diede una gomitata, perché non si era reso conto che il professore aveva ripreso a parlare.
-...della sua aggiunta! Dunque confido che la aiuterete se avrà bisogno di qualunque cosa, e siate gentili mi raccomando. - avvertì severo. Dopodiché si voltò e invitò educatamente la ragazza ad accomodarsi.
Un rumore di sedie strusciate si levò nell'aria. Dave e Kyle si alzarono per ultimi ricordandosi sbadatamente le regole principali di buon comportamento.
Passarono quindici secondi, e loro divennero incerti se restare in piedi o no. Forse era timida, pensò Dave guardandosi in torno e cogliendo la stessa espressione confusa sui volti degli altri.
Anche il professore aveva un cipiglio sbalordito, tuttavia riassunse il controllo e senza perdere tempo uscì.
- Avanti signorina! - udirono dall'esterno.
- Mi scusi, credo sia l'ansia del primo giorno... - si giustificò lei in pieno imbarazzo.
Bisbigli eccentrici investirono le orecchie di Dave, il tono della tipa era talmente dolce che sembrava provenisse da una cantante.
Se fosse solo per la voce! Una mossa e sottile chioma castana ondeggiò velocemente sulla schiena della proprietaria, mentre si fermava al centro della stanza.
Nessuno prestò attenzione al professore, che sicuramente stava chiudendo la porta, per poterle studiare l'aspetto.
Era di media statura, aveva grandi occhi neri e...
Un pizzico sul braccio gli fece distogliere lo sguardo.
- Ma che ti prende? - mormorò infastidito a Kyle, che non aveva interrotto il contatto visivo.
- È bellissima -
- E per dirmelo hai dovuto pizzicarmi? -
Kyle scrollò le spalle, sorridendo come uno scemo.
Dave roteò gli occhi. Davvero lo aveva fatto?
Decise di lasciare perdere, guardando davanti a sé.
"Sì, è bellissima", considerò notando come il maglione grigio le donava sopra i pantaloni neri.
Lei, evidentemente intimorita dal modo in cui la osservavano, chinò la testa tenendosi un braccio.
- Allora? Cosa aspettate, non credete sia meglio cominciare dalle presentazioni? - disse il professore gioioso.
Era stata la lezione di diritto più interessante che avevano mai affrontato, a quanto ricordavano.
Avevano appreso, indubbiamente più delle volte nelle quali studiavano, un breve assaggio della vita di Agostina Oserbag.
Un nome che, Dave era certo, solo i nonni potevano possedere.
Alla domanda "Come passi i pomeriggi?" lei rispose "Aiutando il mio papà con il lavoro". Ma su di cosa si occupasse, lei confidò che si sarebbe vergognata di rivelarlo. Dunque, ipotizzando che doveva essere seriamente triste se non voleva dirlo, smisero di insistere.
Però, mentre lui e Kyle varcarono la soglia della mensa nell'ora di pranzo, non ricordava di aver sentito qualcosa riguardo la madre... Possibile che abitava solo con il padre senza un motivo specifico?
Cancellò i pensieri cupi dalla sua mente, riemergendo invece sul presente.
- È benestante, secondo te c'è l'ha la piscina a casa? - buttò giù l'amico, spostandosi affinché la cuoca potesse riempire il vassoio successivo.
- Eh? - disse Dave, ritirando il suo.
- La piscina! Immagina quante feste organizzerà all'anno! - continuò Kyle invidioso.
- Non saprei... - disse Dave sincero, andando a sedersi su un tavolo libero.
- È ricca, e molto bella. Ammettilo! - lo stuzzicò Kyle, sedendosi al posto affianco.
Dave arrossì, inforchettò la pasta in bianco e quasi soffocò nella fretta di ingoiare.
Dire la verità sarebbe stata la giusta soluzione? Conoscendo Kyle, mentire avrebbe voluto dire sorbirsi le sua testardaggine.
- Abbastanza - virò sulla verità.
- Però credo ci sia una piccola complicazione...-
- Quale? - chiese Dave, girandosi a guardarlo.
- Hai un sacco di concorrenti in gara -
- In gara? -
- Perchè sei così intelligente in tutto, se poi non capisci quello che ti dico? - si lamentò falsamente Kyle, conquistando una smorfia antipatica da parte di Dave, che si rimise a mangiare. - Amico, non siamo gli unici che la ritengono perfetta -
Dave, in effetti, avrebbe giurato di aver colto alcuni compagni sbavare dietro di lui quando Agostina stava elencando le sue materie preferite.
- Ho sentito Mario affermare che avrebbe fatto di tutto per vederla sorridere, anche tirare una pallina di carta nel caffè della professoressa di scienze. Per me non arriverebbe a tanto - dichiarò Kyle scuotendo la testa.
Nei giorni a seguire, Dave toccò dare ragione a Kyle. Agostina era sempre al centro dell'attenzione e i professori, dopo varie minacce che includevano di chiamare il preside, non furono capaci di riportare l'ordine.
Metà classe le aveva portato addirittura dei fiori, l'altra le leggeva poesie sdolcinate.
Solamente quattro restavano sui loro posti, zitti e ammusoliti: Dave, Kyle e due ragazze che l'avevano presa in odio sin dalla prima parola che aveva pronunciato. D'altronde Kyle sosteneva che esse erano gelose, perchè i maschi le avevano abbandonate come un oggetto privo di valore.
Perciò nel sabato, Dave, che non le aveva scambiato un saluto, si mise l'anima in pace. Se non sarebbero mai diventati amici, figurati fidanzati!
Piuttosto appuntò la partita che avrebbero giocato a breve nella testa, infilandosi tra mucchi di studenti appostati nell'intero corridoio, cercando disperato il suo armadietto.
Superò dei ragazzini concentrati nello scambio di figurine colorate, accorgendosi un attimo più tardi che gli era passato davanti.
"Mi devo allenare, o sarò in difficoltà", si impose mentalmente. Si abbassò, deponendo lo zaino a terra per trovare la chiave.
Accadde in un secondo. Dave sentì qualcuno sbattergli contro, facendolo distendere sul pavimento a pancia in sù.
- Ma che... ?- brontolò arrabbiato.
Una mano strinse la sua, aiutandolo a sollevarsi. Dave era pronto a urlargli in faccia che doveva guardare dove posava i piedi, quando gli occhi dispiaciuti di Kyle incontrarono i suoi.
- Scusa Dave, non ti avevo visto - disse col fiatone, era chiaro che avesse corso nuovamente.
- Fa niente... se sei tu - si calmò Dave, sistemandosi la maglietta sopra i jeans. - A ogni modo, perchè stavi...-
- Volevo avvisarti di un'altra cosa. Ne sono venuto a sapere due minuti fa, da Emily Gioff. - lo interruppe Kyle.
Emily era il giornale in persona, chissà come faceva a conoscere tutto quello che accadeva nella scuola! Kyle stava spesso da lei alle otto, lieta di condividergli le informazioni che recapitava dalle sue fonti.
- Si trasferirà in un'altra scuola... Rimarrà qui fino alla settimana prossima - disse respirando regolarmente.
- Agostina Oserbag? -
- Sì! - esclamò Kyle spazientito.
"È inutile legare con qualcuno se dopo ne va..." ritenne Dave, voltandosi e inserendo la chiave nel lucchetto di ferro.
Il suo sesto senso gli fece togliere le dita dal libro di geografia di scatto, perché Kyle sbattè con forza lo sportello.
- Mi hai sentito? - domandò squadrandolo.
- Non sono sordo - si limitò a dire Dave, riaprendolo.
- Se non le chiedi di uscire, giuro che lo farò io! - lo minacciò Kyle con un righello che aveva "preso" dall'armadietto.
E perché mai? Lui aveva un sacco di ragazze, no? Stava facendo sul serio?
Dave si rivoltò sospettoso e diede voce alle sue preoccupazioni:- Le chiederai di uscire? Non ti bastano quelle che hai già? Vuoi aggregare un'altra ragazza al gruppetto che ti scorrazza intorno ad ogni passo che compi? -
Capì di aver parlato troppo, di aver sbagliato... Un vero amico non avrebbe mai detto quelle cattiverie, se le sarebbe tenute per sé.
- Tu pensi che a me piacciono? Non ti ho mai accennato di essermi stufato? Sono molto appiccicose, e oltretutto ho respinto non so quante volte coloro che tentavano di seguirmi nel bagno dei maschi! - ribattè Kyle seccato, mandandosi indietro una ciocca di capelli che gli coprivano la fronte. - Voglio solo aiutarti, Dave. A me non interessa Agostina, d'accordo? -
Dave non seppe come replicare. Un macigno si era appena distrutto nel suo stomaco, rilasciando una sensazione che lo portò a sorridere.
- Grazie Kyle, e scusami... -
Kyle sbuffò per un istante, poi chiuse le palpebre e, riaprendole, emise un suono di assenso.
Tuttavia Dave, che non aveva cambiato la sua tesi sulle relazioni a distanza, impiegò più del tempo immaginabile nel riequilibrare i quaderni rovesciati nell'armadietto allo scopo di pensare a come dirglielo senza farlo innervosire.
- Ti preoccupa non poterla vedere dopo che si sarà trasferita? - chiese Kyle tranquillo, quando Dave glielo raccontò. - Si può facilmente risolvere! Conosco un sacco di persone che...-
- La distanza è peggio della febbre alta. Ti fa star male... - sospirò Dave negandogli di finire la frase e abbassando lo sguardo, mentre salivano di un piano per arrivare in anticipo in classe.
Il silenzio persistette lungo il tragitto.
Eccetto l'indistinguibile chiacchiericcio dei studenti in lontananza e gli sbuffi annoiati di un bidello lì attorno.
Ad un tratto un'idea gli comparse vivida nel cervello, lo aveva visto in un film.
"E' così ovvio! Così banale!" metidò tra sè strabiliato del suo stesso ingegno.
- Potremo essere amici di penna! - annunciò a Kyle, che si bloccò sul quarto scalino di marmo.
- Che hai detto? - chiese lui smarrito, voltandosi.
- Mi hai sentito? Amici di penna! -
- Sbaglio o in principio avevi detto che volevi fidanzarti? -
- Non ho detto precisamente questo... - sibilò Dave indignato, scoccando un occhiata alle sue spalle come se temesse che Agostina fosse in ascolto. Fortunatamente non c'era.
La fronte corrugata dell'amico era del tipo non-sai-nemmeno-tu-quello-che-vuoi. Ma ora Dave lo sapeva.
- Sarà mia amica, o almeno lo spero... - disse con una leggera nota di insicurezza nella voce. Lei avrebbe accettato?
- Ah no! Elimina "spero"! - lo esortò Kyle risoluto, risvegliandosi come se gli avessero buttato dell'acqua gelata.
- Ci penserò io a farvi uscire insieme - aggiunse al interrogativo di Dave.
Ciò che avvenì nelle ore successive, Dave non l'aveva ancora elaborato.
L'unica cosa di cui era certo fu che Kyle aveva convinto Agostina.
Quindi, accompagnato dal pensiero del suo sorriso entusiasto, uscì di casa assicurando i genitori che avrebbe fatto ritorno verso le sei.
Era ben preparato. Indossava una felpa blu e un paio di shorts neri. Per i capelli non aveva mai avuto problemi, bastava spazzolarli un poco.
Si incamminò sul marciapiede che divideva la sua abitazione da quella di fronte. Si erano dati appuntamento a via Wident, che distava quasi cento metri da dove era lui.
Essa era la più frequentata di Jefferson City, a parere di Dave perfetta come luogo d'incontro.
Il cielo sereno di settembre e il calore del sole lo scortarono fino alla destinazione, esattamente dieci minuti prima allo scoccare delle quattro.
Le macchine rombavano nella larga strada e i pedoni la attraversavano rispettando le strisce (tranne uno che scivolò da solo in una pozzanghera, cosa che Dave trovò divertente).
Dato che rimanere fermo come una statua lo faceva sentire uno stupido, si sedette sulla panchina di legno sigillata davanti ad una parruchieria.
Agostina giustamente non era arrivata.
"Non stressarti subito...tra poco sarà qui", si rassicurò Dave, guardando nervosamente l'orologio da polso.
Giunsero le quattro. "E' questione di secondi", pensò speranzoso. Aveva ringraziato molto Kyle per l'occasione che gli aveva concesso. Altrimenti sarebbe stato in camera a studiare.
Le quattro e dieci. "Arriverà...", si ripetè. Altri dieci minuti; nonostante Dave esaminasse ciascun passante, di lei non vi era traccia. Altri quindici minuti; Dave si era alzato e si era avvicinato al bordo del marciapiede, aguzzando la vista. Le cinque; si appoggiò al palo della luce.
Le nuvole si tingevano lentamente di arancione, le persone erano diminuite e l'umore di Dave stava crollando. Avrà avuto un impegno? Era bloccata dal traffico? O lo aveva piantanto in asso, ridendo sotto i baffi di come aveva potuto presumere di avere una possibilità?
Sconsolato dall'ultimo ragionamento, si allontanò dal palo:- "Lo sapevo...". Kyle era stato troppo affrettato, ma almeno ci aveva provato.
Quando voltandosi scorse un uomo dal viso contratto sopra il quotidiano che reggeva tra le mani. Facendoci caso, Dave si ricordò che era in quel punto già da quando si era fermato. Quindi magari aveva visto Agostina! "Si sarà persa!", stimò allarmato.
Veloce chiese sue informazioni al signore.
- Una ragazza della tua età, di media statura, capelli mossi e castani... - disse esso come se stesse controllando nella memoria le caratteristiche recepite. - Se l'ho vista? -
- Sì - rispose Dave, fissandolo negli occhi. Li aveva grandi e neri, mentre i capelli, spiaccicati da una coppola del medesimo colore, erano di un castano scuro.
- Mi pare... mi pare... - riprese il signore spostando la testa a destra e a sinistra. - Ah sì. Se la vecchiaia non mi imbroglia... -
Dave non pensava affatto che fosse vecchio, anzi gli sembrava socievole e vivace.
- ...Mi pare di averla vista sparire in quel vicolo - disse indicando appurato una stradina maltenuta tra due palazzi.
Perchè mai Agostina sarebbe dovuta entrare in un vicolo? Si chiese perplesso, osservando il dito rovinato dell'uomo. Come si era ridotto così a proposito?
"Non ha importanza... Agostina ha la priorità!", rimandò definitivamente i suoi dubbi e sorridendo al signore disse:- La ringrazio, e scusi se l'ho importunata -
- Di niente - mormorò cortesemente il signore, piegando e infilando sotto l'ascella il giornale.
Dave inspirò decisamente sollevato, e si inoltrò con passo svelto verso il vicolo, che dall'esterno era niente male.
Se i mattoni ristrutturati erano la causa del suo giudizio, dovette ricredersi.
Molteplici sacchi di immondizia accatastati l'uno sull'altro emanavano uno sgradevole odore.
I lati dei muri erano irregolari, il calcestruzzo si era crepato in vari spazi. E per contornare il tutto un nido di topi era riparato da una lavatrice arrugginita, in un angolo remoto.
Ignorando il miagolio di un gatto proveniente dal bidone sulla sua destra, attraversò il vicolo.
Però la rigida parete che lo terminava, non tardò a mostrarsi.
Dave, si arrestò un attimo. Non ebbe altra scelta se non quella di tentare ad aprire la singola porta che vi era.
Si stupì quando, tirando la maniglia, essa si sbloccò. "Sarà passata per di qua..." pensò, guardandosi indietro come per individuare una via alternativa.
La spinse e si inoltrò nell'ampia stanza immersa nell'oscurità.
Dave fu li per li per uscire, non si vedeva niente.
Tuttavia proseguì a zonzo, seguendo l'istinto e... l'olfatto?
Un odore pungente rispetto al cibo avariato nelle buste lo indusse ad attapparsi il naso con la manica della felpa. Aveva imparato ad abituarsi ad esso tramite gli allenamenti di calcio, in cui sbucciarsi i ginocchi era inevitabile. Sangue. Un concentrato odore di sangue. Magari era una macelleria in bancarotta?
In quel momento uno spiraglio di luce lo sorprese da una porta semichiusa in cima ad una piccola rampa di scale. Sperando che dall'altro lato ci fosse qualcuno accelerò, tossendo dalla puzza che voleva ostinatamente nausearlo.
- A- Agostina? - chiamò barcollando, colpito da quello che gli sembrava lo spigolo di un mobile.
Lo spiraglio non era irraggiungibile, però Dave avrebbe preferito averlo ad un metro. Quel posto iniziava a dargli i brividi.
- A...Agostina? C-ci sei? - ritentò balbettando dietro la manica. Nessuna risposta. Non si vedeva nulla, non si udiva nulla... perchè si era imbattuto in un locale simile?
Sobbalzò quando calpestò un oggetto, dal tonfo sordo capì fosse di ferro.
E, cinque secondi dopo, qualcosa alle sue spalle si chiuse di scatto. Era troppo agitato per ammettere che fosse stato il vento. Quindi ritornò a guardare avanti, inspirando.
- Agostina...- disse a voce alta, preoccupato del silenzio che rendeva cupo ogni suo movimento.
- Ago - ma Dave si interruppe, lo spiraglio si stava allungando rivelando la ragazza.
C'era qualcosa che non andava nel suo abbigliamento. "In un appuntamento vanno di moda i camici bianchi da chirurghi?" pensò, visibilmente sconvolto dalla sua aria negativa.
Dave, abbassando lo sguardo, distinse tre macchie rosse dipinte sul tessuto all'altezza della pancia. Era sangue.
Inorridito aprì bocca per dirle che aveva bisogno di spiegazioni, ma lei lo precedette-: Mi dispiace -
Di averlo fatto preoccupare? Non era una buona giustificazione e non risultava specifica.
All'improvviso, mentre il bruno la fissava confuso, una voce familiare gli sussurò:- Di niente -
Dave si pietrificò all'istante. Era sicuro di averlo udito, ma non poteva crederci. Agostina distolse lo sguardo, e il suo si offuscò percependo una lama fredda e affilata tagliare la carne candida del suo collo.
Il suo stesso sangue sgorgò a fiotti dalla profonda ferita infertogli dalle dita rovinate del signore che gli aveva gentilmente indicato la strada... della sua morte.
Una lacrima cadde sulla sua guancia, respirando a fatica sotto la presa del suo aggressore.
- Portamene altre due, in seguito ce ne andremo da questa città - ordinò l'uomo rude alla ragazza, che aveva acceso la luce. La stanza era piena di vasche rettangolari contenenti organi umani.
Un tavolo di legno ospitava vari strumenti usati per tagliare, spaccare e segare il resto dei corpi privi di vita; venendo poi sbriciolati da una macchina frantuma ossa, la più imponente e mostruosa tra tutti gli arnesi sparsi ovunque.
- Sì, padre - accordò Agostina, scendendo dalle scalette e sollevando il coperchio di una vasca riempita di ghiaccio.
Il padre aveva spogliato il povero ragazzo, lasciandolo in mutande. Un ghigno maligno segnò il suo viso tirando Dave per un braccio e, senza ritegno, rinchiudendolo dentro la vasca.
|Fine|
Angolo Autrice:
Vi aspettavate che una dolce e bellissima ragazza, di nome Agostina, fosse una venditrice di organi?
Seguiva le orme del padre.
Avevo pensato a questo finale sin dalla prima parola che trascrissi all'inizio.
Rispetto alle altre storie come la ritenete?
Io sinceramente credo sia la più orribile, ma ne verranno ancora molte altre... Quindi è presto per giudicare, no?
Dovete sapere che i miei occhi erano lucidi, mentre scrivevo la morte di Dave. Perché mi dispiaceva, insomma lui e Kyle sono amici fantastici e cominciavo ad adorarli.
Pertanto, vi comunico che il prossimo capitolo lo scriverò più in là. In questo momento sto partecipando ad alcuni scambi di lettura e quindi ho bisogno di tempo!
Il titolo non so darvelo, ma stavo pensando che avrebbe trattato di lupi mannari.
~C. W. ~
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