- L'accappatoio -

- Dunque questi sono i vari motivi per cui dobbiamo distruggere il parco giochi e costruire un parcheggio! - disse Bruno Giadinks, un uomo paffutello sulla cinquantina, indicando con una sottile bacchetta la lavagna alle sue spalle.
Seguii un applauso educato da parte dei direttori e collaboratori, che sedevano su un largo tavolo con i propri appunti sotto il naso.
- Perfetto, allora siamo tutti d'accordo? - chiese il capo, un uomo basso e robusto con i capelli corti, neri e ricci, al centro del tavolo.
Le persone in giacca e cravatta annuirono spostando lo sguardo su di lui.
- Ottimo, signor Giadinks lasci pure le sue carte a me. Ci penserò io a portarle al capo cantiere della città! - ordinò il capo calmo.
Bruno richiuse la bacchetta di plastica e si avvicinò allo sgabello dove era riposta la sua valigia.
Sentì il rumore di sedie strusciate sul pavimento e piedi che lo calpestavano, segno che la stanza si stava svuotando, mentre apriva la valigia e afferrava una manciata di fogli.
- Ecco a lei! - esclamò Bruno porgendoglieli con l'aria di un bambino che aveva appena ricevuto un giocattolo.
Lavorava nell'ufficio edile da tanti anni ormai, si occupava principalmente di ideare palazzi o strutture pubbliche che avrebbero portato vantaggi all'intera Manhattan.
- Sei grande, come sempre! - sussurrò Paul Wassel, amico e collega in affari, dandogli una pacca sulla spalla.
- Grazie - sorrise Bruno.
Insieme a lui, uscì dall'aula e percorse il corridoio.
Si conoscevano dal primo giorno di lavoro, da quel momento divvenero buoni amici e trascorrevano la maggior parte dei weekend giocando a carte o guardando le partite.
Paul era di poco più giovane, a differenza sua era alto, magro e con una riga sul lato destro dei suoi capelli biondi.
Superarono la postazione della segretaria, che li salutò con la mano senza distogliere lo sguardo dal suo computer, e si fermarono davanti all'ascensore infondo.
Paul pigiò il pulsante per chiamarlo e, infilando le mani nelle tasche dei suoi pantaloni gessati, attesero.
- Ci vorrà qualche giorno prima che demoliscano il parco, devono far si che i cittadini sappiano - disse Bruno come per iniziare una conversazione.
- Già, è la procedura - confermò l'amico in tono piatto.
Bruno avrebbe voluto dire che vi erano altri due parco giochi nella città e che quello che aveva mostrato alla riunione era poco frequentato, quando il suono che l'ascensore era salito penetrò nelle sue orecchie.
Le porte si aprirono e Bruno scorse un uomo della sua stessa taglia, con gli stessi occhi marroni e la stessa capigliatura castana.
Si accostò al suo riflesso, prodotto da un vetro attaccato alla parete di alluminio che fungeva da specchio, e si sistemò i capelli.
Paul entrò e schiacciò il pulsante con inciso il numero uno.
In quel palazzo vi erano le scale, ma Bruno non si era mai sognato di usarle, preferiva di gran lunga la comodità che l'ascensore offriva.
Con una debole canzone che una cassa trasmetteva sulle loro teste, cominciarono a scendere.
Pochi minuti dopo un lieve balzo sotto i loro piedi fece capire che la corsa era finita.
- Bene, allora ci vediamo domani! - esclamò Paul uscendo per primo dall'ascensore e voltandosi.
- In realtà no, è il mio giorno libero - disse Bruno che non sembrava proprio il tipo da perdersi il riposo.
- Giusto, lo avevo dimenticato...allora a mercoledì! - disse Paul con un gesto della mano che non assomigliava affatto a quello impassibile della segretaria.
Bruno restituì con un cenno del capo e si avviò alle porte principali, che lo avrebbero condotto alla vita di Manhattan.
Il cielo era di un grigio chiaro, nonostante fosse sera le sole luci che si intravedevano erano quelle dei lampioni o delle case circostanti.
Bruno attraversò il parcheggio che stava dietro le mura dell'edificio, dove soltanto i membri d'ufficio avevano il permesso di collocare le autovetture, e le osservò per un istante.
Emise un lungo sospiro rassegnato prima di girarsi e tornare indietro. La sua macchina, una Renault color nera, era dal meccanico dal giorno precedente per via di uno strano rumore che aveva sentito al motore. Il meccanico gli aveva detto di passare a prenderla tra due giorni esatti, promettendogli che il motore sarebbe ritornato come nuovo.
Quindi gli restava una sola opzione per arrivare a casa...
Brunò camminò per tutto il marciapiede fino alla panchina della fermata del pullman. Una signora anziana occupava una parte di essa, concentrata a tessere una sciarpa di lana.
Non dovette attendere molto che pagò il biglietto al conducente (- Un dollaro per andata, grazie -) e si sedette.
Bruno era single, perciò sapeva che a casa l'unico che lo avrebbe accolto era la Tv. Scambiava ogni tanto qualche parola con i vicini, con i quali aveva degli ottimi rapporti. E non doveva dimenticare la nonna, da parte del padre, che viveva nella pensione e dalla quale riceveva sempre dei buoni dolci fatti in casa.
Pertanto non si lamentava della sua vita.

- Sagrenty, chi deve scendere a questa via? - chiese l'autista ad alta voce.
Nel pullman vi erano quattro passeggeri, compreso Bruno. I signori continuavano a guardare fuori dal finestrino con le labbra cucite, probabilmente dovevano viaggiare ancora un po'.
Bruno tossì fintamente, attirando l'attenzione dell'autista che frenò.
- Arrivederci - borbottò Bruno in un tono di uno che non vedeva l'ora di riavere la propria macchina.
Scese dallo scalino e si inoltrò per la via, che presentava, in entrambi i lati, vari tipi di negozi.
La sua dimora era in fondo alla strada, dentro un piccolo quartiere. Doveva preparare la cena, ma soprattutto fare una bella doccia.
"Oh no!", pensò arrestandosi di colpo, "I miei asciugamani sono tutti in lavanderia...e l'unico accappatoio che ho è da buttare".
Essendo tutto il giorno impegnato al lavoro, non aveva il tempo di lavare gli indumenti, per questo era un cliente abituale della lavanderia. Si girò e, guardando a destra e a sinistra, attraversò la strada semi deserta.
Fortunatamente non era molto lontana, tuttavia, a metà del percorso, si arrestò nuovamente. Si guardò attorno...tutte le luci, salvo quelle dei lampioni, erano spente.
"Come mai?" si chiese gettando un occhiata all'orologio da polso. Le nove e un quarto: orario che non spiegava il motivo per cui tutti i locali fossero chiusi. Bruno si appiccicò alla vetrina di un negozio di abbigliamento, con la speranza di scorgere qualcuno. Nessuno, non c'era anima viva.
Eppure gli alimentari erano aperti fino alle undici, o alle dieci per altri, a quanto ricordava Bruno. Cercando di non scoraggiarsi, riprese a camminare verso la lavanderia.
Nel mentre iniziava a preoccuparsi, vi era stato un blackout?
"No... i lampioni e le case sono perfettamente illuminate", rispose a se stesso. Ma allora cosa era successo? Forse i venditori avevano deciso di chiudere prima? E perché mai? Arrivò ansimando davanti all'uscio della lavanderia, sull'entrata frontale c'erano attaccati dei cartelloni pubblicitari sulle lavatrici, e per poco non fece cascare la valigia: all'interno della stanza predominava il buio.
- E adesso che faccio? - mormorò sovrappensiero.
Non poteva assolutamente rinunciare alla doccia, non dopo aver trascorso tutte quelle ore a scrivere grafici.
- Sono tutti chiusi - fece una voce rauca alla sua sinistra.
Bruno si voltò di scatto, colto dall'improvvisa apparizione di un signore.
Guardandolo meglio, sembrava un barbone: aveva crespi capelli bianchi lunghi fin sulla spalla, occhi grandi e neri scavati nelle orbite, maglia e pantaloni pieni di toppe e strappi, e dal viso stabilì che era vecchio di ottanta anni.
La mani esili e rugose spingevano un carrello colmo di buste e oggetti vari.
- Dicevate? - chiese cautamente Bruno quando si fu ripreso.
- Siete sordo? Sono tutti chiusi! - esclamò l'anziano scaldandosi.
- Sì, ho visto... Sapete il perché? - disse Bruno.
- No che non lo so - rispose l'anziano scuotendo la testa. - Qualsiasi cosa sia successa, state certo che si risolverà -
- Ma ormai sono le nove, non credo che i negozianti tornino a lavorare... - suppose Bruno lievemente accigliato.
- Infatti, domani mattina farete compere - concluse l'anziano girando il carrello, che aveva una ruota rotta, e fece per andarsene.
- Un momento, non posso aspettare! - esclamò Bruno disperato.
- Argh, che cosa le serve? - sbuffò l'anziano fermando il carrello con un cigolio.
Bruno corse davanti a lui e, esitando per un momento, guardò il contenuto del carrello.
La prima cosa che attirò la sua attenzione era un accappatoio grigio scuro, piegato con cura in cima ad una busta.
- Vorrei quel...- cominciò, ma non finì la frase che il signore la completò al posto suo - Accappatoio? -
- Sì, se non è stato usato -
- Certamente, è nuovo di zecca. E inoltre è grande abbastanza per lei! - dichiarò l'anziano allungando le mani per prenderlo.
Bruno non si era mai immaginato che sarebbe arrivato a quel punto: comprare un'oggetto da un perfetto sconosciuto. Però ne aveva davvero bisogno.
- Quanto viene? - chiese infilando la mano nella tasca per recuperare il portafoglio.
- Oh...due dollari! - sorrise malignamente l'anziano.
- Due dollari? Al supermercato lo vendono a met.. -
- Lo vuole o no? - ruggì l'anziano, fissandolo torvo.
Bruno scrollò le grosse spalle, diede i soldi all'anziano che in cambio gli diede l'accappatoio.
Senza salutare, l'anziano spinse velocemente il carrello e sparì in un vicolo.
Bruno, sentendosi come un asino che trasportava merci, percorse il marciapiede, diretto a casa.

- Chissà cosa penserà Paul... - brontolò Bruno divertito, infilando la chiave di ferro nella serratura.
Si pulì le scarpe di pelle sul tappeto, acquistato recentemente, e chiuse con un tonfo la porta.
Bruno guadagnava bene, e il salotto lo dimostrava in tutta la sua larghezza.
Un lungo divano bianco in mezzo permetteva di guardare la televisione di trenta pollici; una grande libreria, piena di classici, vicino alla porta e sulla parete opposta c'era un acquario sorretto da un tavolino di quercia pregiata; infine ogni angolo era decorato da diverse piccole piante.
Un piano separava le camere e il bagno con il salotto e la cucina.
Anchesse erano fantastiche e Bruno non si era mai sentito così fiero.
Accese la luce e poggiò lentamente la valigia sul divano, come se fosse un tesoro prezioso.
Entrò per un istante in cucina e lanciò un occhiata snervata ai piatti sporchi nel lavandino.
- Dovrò assumere una donna delle pulizie... - mormorò, rimettendo sotto braccio l'accappatoio che gli stava scivolando.
Salì le scale aiutandosi con la ringhiera di legno e giunse sul pianerottolo, girò a sinistra ed entrò in bagno.
Appese l'accappatoio sul gancio affianco alla vasca, e subito dopo andò nella camera da letto per prendere dei vestiti puliti e profumati.
Il suo stomaco iniziò a farsi sentire mentre Bruno si stava sciogliendo il nodo della cravatta rossa, per questo rimunginò su cosa avrebbe potuto cucinare, togliendosi i pantaloni e le scarpe.
Bruno sembrava un uomo serio, o almeno gli uomini di ufficio in generale lo erano, ma nessuno sapeva del suo cambiamento quando metteva piede nella vasca...
Aprì il rubinetto dell'acqua calda e chiuse le tende della doccia.
Poi, tendendo le orecchie e capendo che i vicini stavano sicuramente cenando, aggangiò la spazzola per lavare la schiena e si schiarì la voce.
Le gocce d'acqua bagnarono il suo viso e Bruno cantò un motivetto a perdifiato!
Quando finì cercò a tentoni l'accappatoio, se lo mise e lo legò saldamente alla vita.
- Hoooo fatto una bella doooccia! - cantò scavalcando la vasca e atterrando sul morbido asciugamano dei piedi.
- Devo solo cucinareee! - continuò in tono profondo e muovendo le braccia all'infuori.
Il profumo dello shampoo si percepiva nell'aria, Bruno si strofinò con vigore il cappuccio dell'accappatoio per asciugarsi i capelli bagnati.
Ma ad un tratto sentì il cappuccio incollarsi sulla testa tozza, come una calamità.
Pensando di aver strofinato troppo, provò a staccarselo di dosso ma non ottenne alcun risultato.
Bruno si avvicinò allo specchio sul lavandino e osservò il tessuto grigio allungarsi quel tanto da coprirgli la fronte.
Lo fissò perplesso, cercando di capire cosa stava succedendo.
In un istante qualcosa lo fece indietreggiare, le mani scattarono alla sua gola di loro spontanea volontà.
Bruno sentì il fiato mozzarsi perché quelle lo stavano stringendo. Però non fu la sola cosa che gli impediva di respirare; infatti Bruno, anche se con difficoltà, abbassò lo sguardo e scorse la cinta dell'accappatoio sbrigliare il nodo in completa autonomia per poi stritolargli la pancia come un pitone irato.
Le mani lo stavano strozzando sempre di più, nonostante Bruno cercasse di allentare come meglio poteva la morsa delle dita. Una sola spiegazione si insinuò nella sua mente, prima di afflosciarsi a terra sfinito: l'accappatoio era maledetto...
Il pavimento tremò sotto il suo peso. Bruno era morto.
Dopo qualche minuto le mani si staccarono dal collo ormai distrutto, come controllate dal tessuto che le copriva fino ai polsi, e la cinta che stava schiacciando la pancia di alcuni centimetri si rilassò.
Lentamente, l'accappatoio si sfilò dal corpo molle di Bruno e si alzò in piedi, come se fosse occupato da un uomo invisibile. Due bagliori rossi a forma di occhi apparvero al centro del cappuccio e esaminarono indifferenti l'uomo che aveva appena ucciso.
Si girò fluttuando verso la finestra, che si aprì immediatamente, e sparì oltre questa.

I lampioni che illuminavano Sagrenty, le poche macchine che sfrecciavano sulla strada e l'atmosfera silenziosa che corniciava il tutto, non faceva comprendere agli abitanti che vi era stato un assassinio nelle vicinanze; e l'ufficio edile avrebbe scoperto solo due giorni dopo l'assenza del loro miglior impiegato.
Un carrello cigolava per la strada, portato dall'anziano che aguzzava gli occhi neri al cielo, e dalla sua espressione impaziente sembrava che attendesse qualcosa.
Quello a cui stava pensando emerse poi dalle nuvole, come una sottile striscia grigia, e atterrò dritto dritto nel carrello.
- Il nostro Signore sarà veramente contento di ricevere un altra anima nel suo Regno dannato - disse soddisfatto l'anziano all'accappatoio, sicuro che potesse udirlo.
- Oh, ma guarda... Eccone un'altra! -
Dall'altro lato del marciapiede, una donna si stava guardando attorno spaventata nel vedere i negozi chiusi.
L'anziano spinse con forza il carrello verso di lei senza guardare a destra e a sinistra per attraversare, reprimendo a fatica un ghigno perfido.
- Mi scusi, come mai...? - chiese la donna in tono confuso.
- Non si sa - si limitò a dire l'anziano fingendosi sorpreso per la notizia.
- È strano... Domani mio figlio deve fare allenamento di calcio, e stavo giusto andando a comprare un asciugamano, ma non c'è nessuno! - disse la donna indicando con un gesto le serrande di ferro abbassate dietro di loro.
- Dovrà aspettare domani mattina - terminò l'anziano voltandosi. - Oppure può acquistare un accappatoio nuovo da me, come vuole lei signora -
Passò neanche un secondo che la donna si decise e gli chiese quanto costava; lui le rispose come aveva detto a Bruno Giadinks ( - Due dollari - ).
- Mi sembra troppo grande però... - giudicò lei dandò un occhiata più da vicino all'oggetto.
- Oh no, è piegato...vedrà che quando lo aprirà sarà piccolo! - farfugliò il vecchio sventolando una mano come per dire che si doveva fidare.
La donna annuì convinta dalle sue parole, e mentre prese a trafficare nella borsa di pelle rosa per cercare i soldi, l'anziano allungò in fretta un dito sull'accappatoio. Il suo tocco lo fece vibrare leggermente, poi iniziò a ritirarsi fino a diventare delle dimensioni di un bambino.

                                             |Fine|

Angolo Autrice:

Questo è il terzo capitolo della mia raccolta di storie horror. Devo ammettere che è molto più corto rispetto ai primi due, ma spero che in qualche modo vi sia comunque piaciuto! In questa storia vi sono uccisioni causate dall'oggetto che l'anziano con il carrello vende ai poveri malcapitati: l'accappatoio.
Forse non avrò descritto molto bene la parte in cui Bruno muore, perché succede tutto in un attimo, quindi non come in "il Serial Killer in famiglia", dove Benedetta vede la vita scivolargli via pian piano per mani di suo padre...
La prossima storia che scriverò presenterà il paranormale; al titolo non ci ho ancora pensato, perciò non posso dirvi nulla (Perdonatemi ahah✌️😂)

                                    ~ C.W. ~

L'immagine che ho disegnato in digitale per questa storia (così come lo sfondo a inizio capitolo):

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