capitolo 1
Una volta mio padre mi disse: "A volte è più semplice stare un po' soli, piuttosto che farsi circondare assiduamente da tante persone, che in alcune circostanze causano soltanto sofferenze".
Sinceramente sono sempre stata una persona molto solitaria, sempre a cercare soccorso nel mio lavoro, per evitare contatti umani non necessari. Forse perché odio le persone? I motivi sono tanti, ognuno con un nome diverso:
Cassandra; Marta;Louise;Geraldine e potrei continuare...
Ho avuto più brutte esperienze che belle, per questo ho sempre preferito rinchiudermi nella mia solitudine, preferendo di gran lunga svolgere più ore lavorative, che stare in giro a bere coktail con persone false quanto le star Hollywoodiane.
Ed ecco che i pensieri delle cinque del mattino terminano con il suono della sveglia delle sei. La mano destra, quasi automaticamente scivola verso il comodino, spegnendo il fracasso infernale di qualche secondo prima. Ennesima notte insonne, la quinta di questa settimana, nonché la quindicesima di questo mese. Alzando leggermente il volto noto un batuffolo color miele accotolarsi tra le mie gambe, emettendo piccole e dolci fusa.
<<Mia, per favore spostati, devo alzarmi>> dico dolcemente cercando di stimolare la creaturina con qualche leggera scossa. Lei, in tutta riposta, alza leggermente lo sguardo per poi voltarsi nuovamente dall'altra parte, facendomi intravedere i suoi profondissimi occhi verdi. Sbuffando leggermente, accontento l'insaziabile micetta, per poi prenderla tra le braccia e spostarla in modo da potermi alzare.
<<Sei un'inguaribile coccolona, così diversa dalla tua padrona>> dico sistemando con attenzione la coperta del letto. Stancamente mi volto dirigendomi verso il bagno, dove mi chiudo per una trentina di minuti per farmi una doccia veloce.
Dopo aver aperto l'acqua calda mi metto direttamente sotto il getto bollente, assaporando quei pochi attimi di beatitudine, prima di lavarmi per bene.
Uscita ancora con l'accappatoio, come unico indumento, apro l'armadio della mia stanza e senza pensarci troppo afferrò un maglione di lana ed un paio di jeans a vita alta, prendo un paio di calzini e li stendo nel materasso.
Dopo essermi asciugata e cambiata scendo in cucina, prendo dalla dispensa un po' di frutta in scatola e una bottiglia di latte, e mi dirigo velocemente verso l'uscita, inserisco tutto nella mia borsa ed esco di casa in fretta e furia.
Il percorso per arrivare in clinica è abbastanza lungo; nonostante sia uscita ben venti minuti prima del previsto c'è parecchia confusione per strada, tanto da farmi irritare non poco.
Dopo quasi un'ora riesco finalmente ad arrivare, più stanca che altro per aver pigiato più volte il clacson per i deficienti davanti a me, che sembrava avessero appena preso la patente.
Parcheggio velocemente nell'area riservata al personale e scendo, ritrovandomi davanti Mary, la caporeparto, che mi osserva con aria quasi divertita.
<<Buongiorno "raggio di sole">> mi sorride avvicinandosi amichevolmente. <<Buongiorno anche a te>> dico chiudendo velocemente la macchina.
<< Mi chiedo come la fisiatra più competente dell'intera clinica sia arrivata con ben cinque minuti di ritardo. Stavo cominciando a preoccuparmi, da quando ne ho memoria non hai mai ritardato neanche di un secondo in questi cinque anni>> dice ricontrollando l'orologio e facendomi sbuffare.
<<C'era un traffico assurdo oggi, non ho potuto fare prima>> mi giustifico incamminandomi verso l'entrata, lasciandola leggermente indietro.
<<Davvero interessante vedere il tuo volto così turbato già a quest'ora, non hai dormito neanche stanotte dico bene?>> Mi chiede affiancandomi; io annuisco semplicemente facendo smorzare il suo sorriso in un volto affranto e dispiaciuto.
<<Devi essere davvero stanca di questa situazione, perché non ti prendi una piccola vacanza e non vai a trovare i tuoi? Magari potresti rilassarti e staccare la spina per qualche tempo. Di certo per te non sarebbe un problema prenderti qualche giorno, di solito non ne prendi durante l'anno neanche quando stai male>>
Dice seriamente preoccupata. << Non ne ho bisogno, tornare dai miei in questo periodo dell'anno, significherebbe stare chiusa in casa e preparare continuamente banchetti per tutta la settima generazione di parenti che mi ritrovo>> dico ripensando alle immense e noiose feste passate a mangiare tutto il tempo, sentendo i lamenti quasi insensati di tutti i miei parenti ormai avanti negli anni.
<<come desideri>>
Entrambe entriamo all'interno dell'enorme struttura, dirigendoci al bancone per prendere le nostre tessere, per poi andare al nostro reparto.
Sistemo bene il mio camice e comincio il solito giro di routine dei miei pazienti.
Alla fine del lungo giro mi manca soltanto una piccola paziente da visitare, una bambina di soli dodici anni, affetta da una grave malattia che le ha causato la perdita di entrambe le gambe. Arrivata davanti alla porta faccio un respiro profondo e mi stampo un enorme sorriso, prima di toccare la maniglia e aprire la porta con decisione.
<<Buongiorno Rose, come andiamo?>> Chiedo alla bambina dai folti capelli rossicci, che un attimo prima era immersa nella lettura di un libro di favole. Lei lo poggia nelle lenzuola e ricambia il sorriso, allargando le piccole labbra rosse e facendo notare il piccolo portico aperto in mancanza dei due incisivi superiori.
<< È già arrivata la fatina dei denti?>> Chiedo avvicinandomi al suo letto e prendendo la sua cartella.
<< Sì, mi ha lasciato dieci dollari, ho preso questo guarda>> dice facendomi vedere il libro che poco prima aveva poggiato nel letto. << È la storia di una bambina che fa amicizia con un leone bianco>> mi spiega mentre si scopre la parte inferiore ed io le avvicinò le due protesi delle gambe aiutandola a metterle.
<<Sembra davvero bellissimo, qualche volta lo leggiamo insieme se ti va piccola, ma adesso facciamo qualche piccolo esercizio d'accordo?>> Le chiedo ottenendo un leggero cenno con la testa. Con il mio aiuto si riesce ad alzare in piedi; mi molla la mano e stringendo i denti riesce a fare qualche passo incerto senza il mio aiuto, fino ad arrivare dall'altra parte della stanza. Voltandosi sorride contenta per il traguardo raggiunto e cerca la mia approvazione con lo sguardo, io le sorriso dolcemente avvicinandomi << Hai fatto grandi progressi Rose, sono fiera di te. Ora facciamo qualche esercizio di equilibrio, in modo da poterti abituare a stare in piedi da sola senza aiuto, vieni qui...>
<< Bene per oggi abbiamo concluso Rose, bravissima, puoi riposarti adesso, ci rivediamo venerdì okay?>> Dico appuntando qualcosa nella sua cartella.
<< Posso chiederle una cosa signorina Cooper?>> Chiede cambiando totalmente espressione.
<< Dimmi>> << Lei pensa che tornerò a camminare come facevo prima, anche se dovrò farlo con queste?>> Dice indicandomi le protesi. Io sospiro leggermente.
Mi capitano spesso sfuriate o discorsi pieni di rabbia da parte dei miei pazienti, perché molti non riescono ad accettare pienamente la loro situazione, ed ecco che in quel momento sono costretta a dimostrare un lato di me duro e apatico, per metterli di fronte alla triste e dura realtà, quella realtà che purtroppo per quanto faccia male hanno bisogno di sapere.
Questa situazione diventa difficile quando il paziente è una persona giovane, ancor di più se è ancora un bambino.
A quel punto diventa davvero straziante dover dire quelle parole, perché in un secondo distruggi il futuro così roseo e variopinto che hanno sempre desiderato avere.
<<Non ne siamo certi tesoro, bisogna vedere quanta forza di volontà tu hai, l'unica cosa che posso dirti con certezza e che se ti impegni davvero, potrai raggiungere davvero degli ottimi risultati>> dico semplicemente vedendo il suo viso rabbuiarsi ulteriormente.
<< Grazie, mi impegnerò al massimo>> dice sforzandosi di sorridere.
Dopo averla aiutata a rimettersi a letto la saluto brevemente ed esco dalla stanza. Davanti a me ritrovo il direttore, il signor Stone.
<<Buongiorno Cooper, ha già fatto il suo giro?>> Mi chiede osservandomi pensieroso.
<<Sì, ho appena finito, c'è qualcosa che non va?>> Chiedo chiudendo le cartelle, lui mi osserva per qualche secondo per poi annuire leggermente.
<<Devo parlarle di una cosa abbastanza importante, mi segua nel mio ufficio>> dice facendomi strada velocemente.
Arrivati nel suo ufficio mi fa cenno di accomodarmi, cosa che faccio senza esitazione, mentre lui fa lo stesso mettendosi dietro la sua scrivania.
<< L'ho fatta venire signorina Cooper perché sono arrivate delle importanti comunicazioni dalla nostra sede principale ad Hamilton. Ci hanno informati di un immediato trasferimento da parte di un paziente>>
<<Un trasferimento?>>
<<Sì, per cause maggiori non potrà più essere curato ad Hamilton, per cui verrà trasferito in questa struttura. Ovviamente dovrà essere curato da uno dei migliori qui, ecco perché pensavo di chiedere proprio a lei>>
<< Apprezzo che lei mi abbia pensato, ma ho già parecchi pazienti di cui mi prendo personalmente cura>> dico leggermente allarmata.
<< Sì è vero, ma due dei suoi pazienti più impegnativi verranno dimessi presto, parliamo di solo due o tre settimane circa, non credo che lei non riuscirà ad organizzarsi, inoltre qui si parla di un sostanzioso aumento e credo che la proposta sia abbastanza allettante>>
<< Di quanto parliamo?>> Chiedo senza mezzi termini.
<< Diciamo che togliendo le tasse si porterà a casa quasi il doppio della cifra che porta adesso, anche se naturalmente dovrà lavorare qualche ora in più, perché il paziente desidera essere curato a casa>>
<<Capisco, sicuramente l'offerta è parecchio allettante, ma non credo io possa farcela, anch'io desidero avere del tempo libero e se dedicassi troppe ore al lavoro potrei stancarmi troppo. Comunque apprezzo che lei abbia pensato a me signor Stone>>
<<Perché prima di decidere in modo così frettoloso, non prova ad avere una piccola consulenza proprio con lo stesso paziente? In questo momento sta compilando alcuni moduli nell'ufficio della signorina Williams>>
Quella riposta, più che domanda mi sembrò un'affermazione decisa senza possibili rifiuti.
Così sospirando accettai di andare a conoscere questo misterioso paziente, che da come aveva detto il direttore mi avrebbe fatto fruttare molti più soldi del previsto.
Arrivata davanfi alla porta dell'ufficio di Mary, bussai per avvertire della mia presenza per poi entrare nella stanza qualche secondo dopo.
All'interno vi sono Felicity Stone, la figlia del direttore, nonché psicanalista della struttura; Mary, che sta dietro la scrivania con alcuni documenti in mano, ancora assorta in un'animata discussione con colui che le sta difronte, e che probabilmente è proprio il nuovo paziente.
Seduto in una sedia rotella gesticola animatamente.
<<Ah, ecco signor Pain, è appena arrivata la fisiatra di cui le stavo parlando poc'anzi>> dice Mary indicandomi e facendolo voltare lentamente.
Nel momento in cui i nostri sguardi si incrociano, mi si mozza il fiato di colpo.
Non può essere!
Penso instintivamente, squadrandolo dalla testa ai piedi. Il suo sguardo si intensifica, e decide di avvicinarsi ulteriormente fino ad arrivare proprio davanti a me.
I suoi intensi e profondi occhi grigi mi scrutano silenziosi, smorzandosi leggermente la sua espressione diventa più dura, come se stesse cercando di ricordare qualcosa. Io deglutisco a fatica, incapace di proferire parola, tantomeno di muovermi.
I ricordi si fanno strada nella mia mente, tanto da farmi agitare non poco, con lo sguardo cerco l'aiuto di Mary, che però è tornata a scrivere qualcosa nei documenti, mentre Felicity è completamente indifferente alla situazione, tanto da prendere persino il cellulare.
Cosa diavolo faccio? Maledizione! Se mi riconosce è la fine.
<< Scusi se l'ho messa a disagio signorina, non desideravo farlo, vede il suo volto è così simile a qualcuno di mia conoscenza che per un attimo ho pensato fosse davvero quella persona. Comunque mi presento, sono Christopher Richard Pain>> dice sorridendo e offrendomi la sua mano, che anche se esitante accetto sforzandomi di fare lo stesso.
<< Sì il piacere è mio, sono la dottoressa Cooper>> dico evitando il suo sguardo.
<< Da come mi è stato detto dalla sua collega, lei si occuperà di me, non posso che essere contento di questo, dato che mi sembra una persona molto affidabile e disponibile signorina Cooper, spero che lavoreremo bene insieme e lei possa aiutarmi adeguatamente>> dice facendomi allarmare di botto.
Ed ecco che l'amara verità era venuta a galla, il direttore aveva già deciso che quello sarebbe stato il mio nuovo incarico; ma per quanto mi aspettavo sarebbe successa una cosa del genere, non avrei mai pensato in vita mia, che l'unica persona che io ho cercato di evitare in tutti i modi, in questo momento è proprio qui di fronte a me, a stringermi la mano sorridente, in veste di paziente.
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