Capitolo 3
POV Laurel
La luce che entrava dalla finestra era davvero fastidiosa! Sbuffai mentre mi giravo dall’altra parte del letto, evitando il raggio di luce maligno.
Ed ecco che il cane del vicino inizia ad abbaiare come un pazzo: fantastico, come iniziare bene la giornata!
Sbuffai nuovamente e mi alzai, sentendo un mal di testa pulsante, risultato della sera precedente.
Sbadigliai e mi diressi in bagno per darmi una ripulita; più tardi avrei raggiunto gli altri al covo e dovevo avere un aspetto presentabile: indossai un paio di pantaloni neri in pelle e una maglietta bianca e nera.
Scesi in cucina dove trovai un detective intento a leggere il giornale.
-Ti sei svegliata prima del previsto- disse senza alzare lo sguardo.
-Colpa del cane della signora Sanchez- dissi prendendo una tazza di caffè -Perché sento che stai per dirmi qualcosa?-.
Chiuse il giornale e lo posò sul tavolo, sospirando: -Questa storia deve finire-.
-Quale storia?-.
-Quella che ogni tanto prendi e vai in qualche locale e torni sempre ubriaca. Non capisci che ti fai solo del male?-.
Stavolta fui io a sospirare: -Credi che sia facile per me? Un paio di anni fa mi sono ritrovata in un mondo che non era il mio e in cui vivo con persone che non si fidano di me!-.
Rimase a bocca aperta, senza sapere cosa dire.
-Lo so che lavorare con lei può essere difficile, ma almeno qui hai una vita migliore-.
-Vita migliore?! Devo fingere di essere qualcuno che non sono, qualcuno che non sa cosa vuol dire dover badare alla propria famiglia quando i genitori non ci sono e che si vede crollare il mondo addosso perché tutto ciò che le rimane è sparito!-.
-So che hai avuto un passato difficile, ma…-.
Non lo feci finire la frase e me ne andai.
Uscii in strada mentre la città si stava ripopolando: bambini che correvano a scuola, adulti intenti ad andare al lavoro, cani che fanno la loro quotidiana passeggiata insieme ai padroni che amano incondizionatamente.
-Chi non muore si rivede- disse una voce alle mie spalle e quando mi girai vidi Ricardo.
-Ehy- dissi sorridendo.
-Mi dispiace per ieri sera, l’alcool iniziava a fare effetto-.
-Non preoccuparti, avevo intuito-.
Sorrise e mi chiese se mi andava di accompagnarlo a prendere un caffè; accettai e decisi di dargli una seconda possibilità, dopotutto era un ragazzo simpatico.
Dopo circa un’ora andai al covo, dove trovai gli altri intenti ad allenarsi.
-Finalmente ci hai degnato della tua presenza!- disse Dinah ironicamente -Dov’eri finita ieri sera?-.
-Cose personali; non dovresti essere al lavoro?-.
-Giorno libero-.
-Ho una pista sul trafficante di ieri sera- disse Felicity alzandosi dalla sua postazione -Si trova in un magazzino fuori città-.
-Me ne occupo io, alla luce del sole è meglio la polizia- disse Dinah andandosene.
-Avete bisogno che faccia qualcosa?- chiesi.
-In realtà ce ne stavamo andando tutti, abbiamo lavorato praticamente tutta la notte-.
Annuii e rimasi da sola nel covo. Decisi di andare nella zona allenamenti e di esercitarmi con il mio potere.
Nelle ultime missioni avevo sviluppato un potere, ma non volevo dirlo agli altri prima di essere riuscita a manipolarlo alla perfezione.
Rimasi ad allenarmi tutto il giorno e molte ore dopo ero riuscita a dirigere il mio potere nella direzione che volevo prendesse, facendo un grosso passo in avanti.
Guardai il cellulare: avevo vari messaggi, tra cui uno di Ricardo in cui mi chiedeva se mi andava di andare a bere qualcosa quella sera.
Stavo per accettare, ma poi mi venne un’idea migliore.
Andai a casa sapendo di trovare “mio padre” di ritorno dal lavoro, cosi per strada mi preparai mentalmente un discorso da fargli.
-Com’è andata la giornata?- mi chiese mentre guardava alcuni fascicoli.
Mi avvicinai, sospirando.
-Mi dispiace per stamattina, mi sono comportata malissimo con te-.
-Non importa, è acqua passata-.
-Sai quando mio padre è morto il mondo mi è crollato addosso e ho dovuto imparare a cavarmela da sola…
-Pronto? Chi è?- chiesi rispondendo al telefono.
Papà era uscito per comprare la mia torta preferita per il mio compleanno e non vedevo l’ora che tornasse per festeggiare insieme a lui e Sara.
-Mi dispiace signorina, ma suo padre ha avuto un incidente. È morto-.
Lasciai cadere il telefono, fissando il vuoto.
Papà era… era…
-Laurel! Chi era al telefono? È papà che sta tornando?- chiese Sara avvicinandosi.
La guardai: era una bambina così innocente, come poteva crescere senza suo padre?
-Ecco vedi… Devo dirti una cosa…- dissi cercando di essere il più forte possibile.
…Non dimenticherò mai il suo sguardo quando le dissi che nostro padre non sarebbe più tornato- dissi mentre le lacrime iniziavano a cadere a ruota libera.
Lui si alzò dal tavolo e venne ad abbracciarmi, mentre io scoppiavo in un pianto disperato.
-Quando è successo?- mi chiese.
-Avevo tredici anni, avremmo dovuto festeggiare tutti insieme- risposi singhiozzando.
-Shh… Non sei più sola, tranquilla-.
Rimanemmo in quella posizione per un po’, in silenzio.
All’improvviso la porta si spalancò ed entrarono degli uomini armati.
-Che succede?!-.
-Hai indagato dove non dovevi e ora ne pagherai il prezzo- disse uno di loro.
Mi posizionai di fianco a lui e lo guardai: -Lascia fare a me-.
Urlai.
Le onde andarono a colpire gli uomini, lanciandoli contro la parete, mentre nel frattempo arrivava anche il resto della squadra.
-State bene?! Stavamo venendo ad avvertirvi!- disse Oliver.
-Sì, stiamo bene- disse “mio padre”.
-Si può sapere cosa hai appena fatto?- chiese John.
-Ecco… è da un po’ di giorni che mi alleno, non volevo dirvelo prima di aver imparato a controllarlo- spiegai.
-Quindi sei…-.
-Un metaumano? Già. Nel mio mondo mi trovavo a Central City quando è esploso l’acceleratore, solo che la materia rimasta nel mio corpo ha iniziato a farsi sentire solo qualche settimana fa-.
Devo ammettere che aver rivelato quel mio segreto mi faceva sentire molto meglio, una cosa in meno da nascondere.
-Beh d’ora in poi la nostra squadra sarà ancora più forte- disse Oliver.
Ci vediamo domani sera? O hai deciso di darmi buca di nuovo?
Risi nel leggere il messaggio di Ricardo.
Domani sera non posso, esco con alcuni amici. Facciamo domani pomeriggio?
Attesi la sua risposta.
Andata.
Forse stavo commettendo un madornale errore, eppure sentivo che potevo fidarmi di lui.
-Laurel vieni un secondo!- disse Quentin dal piano di sotto.
Feci come aveva detto e una volta in salotto mi ritrovai davanti una donna identica a mia sorella.
-Ti presento Sara, mia figlia. Rimarrà qui per alcuni giorni-.
-Piacere di conoscerti- disse e mi porse la mano.
-Piacere mio- e sorrisi.
Sarebbe stata come la mia Sara? Non restava che scoprirlo.
Note:
Fatemi sapere che ne pensate con un commentino se vi va 😊
Bye
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