Capitolo 41: Il re della Terra del Pesce

«Vostra Maestà, la Resistenza è stata informata». Un soldato interruppe il re della Terra del Pesce durante una riunione con i generali del suo esercito. Kamal alzò lo sguardo dalle carte e dalle pedine che aveva gettato alla rinfusa sul tavolo e lo piantò sul ragazzo che era appena entrato. C'era voluto molto tempo, ma finalmente il suo piano cominciava a prendere forma.

«Notizie su come vogliono agire?»

«Abbiamo fatto come ci avete ordinato: abbiamo devastato gran parte del confine con la Terra Centrale e siamo stati molto espliciti con il generale della Resistenza che abbiamo incontrato nei pressi di Naos, un certo Christopher che ha preso il posto del defunto Ares. Mi sono messo in viaggio non appena è andato via, ma durante le varie soste lungo il tragitto mi sono giunte voci che abbiano intenzione di muoversi».

«Bene, – sorrise soddisfatto – siamo pronti per attaccare Olok» aggiunse rivolgendosi ai suoi generali.

«C'è qualcos'altro che dovete sapere, Sire». Il soldato spostò il peso da una gamba all'altra in modo nervoso. Il re alzò un sopracciglio biondo, perplesso, facendogli un cenno impaziente per incitarlo a parlare.

«C'è stata una battaglia nei pressi di Naos poco prima che giungessero le nostre truppe. Ho parlato con molti abitanti dei villaggi vicini, e pare che Alec abbia stretto alleanze con Sua Maestà Marvin, prima che morisse, e persino con la regina Minerva. I loro soldati hanno ingrossato le fila dell'Esercito Nero, ma inspiegabilmente hanno perso: le persone con cui ho parlato mi hanno riferito di uno strano bagliore e dell'esercito reale che batteva in ritirata».

Kamal rimase a fissarlo istupidito. Era più di un mese che era in viaggio con i suoi uomini per marciare sulla Capitale. Era partito da Sansea subito dopo la battaglia, con la rabbia di chi aveva assistito alla distruzione della propria casa, e il dolore di chi aveva perso un fratello. La visione del cadavere di Gebediah gli tormentava ancora il sonno facendogli venire gli incubi, e questo gli aveva dato la forza e il coraggio di intraprendere quel viaggio. Quella notizia, unita alla morte di Marvin e alla presa di potere di Minerva, mandava all'aria tutti i suoi piani.

Avevano conquistato molti dei villaggi che si trovavano tra il fiume Los e i Monti del Sud, nel confine tra la Terra Centrale e quella del Pesce; lui e parte dei suoi uomini erano rimasti a est rispetto a Lanch, mentre gli altri avevano attraversato il fiume Radu e si erano avvicinati a Lenosa. L'obiettivo era quello di attaccare la città su due fronti, utilizzando anche il distaccamento dell'esercito partito da Gergovia e che aveva riunito gran parte degli uomini dei villaggi sul mare e attorno al lago Juni. Aveva ordinato ai suoi uomini di tenersi lontani dalle grandi città e di evitare quanto più possibile gli scontri diretti con le Armature Nere: dovevano limitarsi a distruggere villaggi e campi di raccolto, bruciare qualche baracca e mettere in fuga gli abitanti. Alcuni battaglioni dell'Esercito Rosso, infine, si erano stanziati nei Monti del Nord e in quelli del Sud, e avevano il compito di intervenire a battaglia inoltrata, per cogliere l'Esercito Nero di sorpresa.

Berut e Okoni, i suoi generali, non erano affatto d'accordo con quella strategia. Gli avevano detto che dividere gli uomini in plotoni così piccoli sarebbe stato fallimentare, ma loro avevano un'idea della guerra classica, antiquata. Lui, invece, sapeva che l'innovazione sarebbe stata la chiave del successo. Tuttavia, gli eventi avevano presa una piega decisamente non prevista dal re, e il suo enorme esercito diviso in piccoli scaglioni aveva dovuto affrontare diverse battaglie, accumulando perdite ingenti. Non avrebbe saputo dire, in quel momento, di quanti soldati disponesse ma, fino a quel momento, era rimasto testardamente convinto che attaccare Alec su più fronti e con forze via via fresche e nuove gli avrebbe senza dubbio garantito la vittoria.

Dopo la notizia sulle nuove alleanze del Sommo Sovrano, però, non ne era più tanto certo. Non avrebbe potuto sconfiggere l'Esercito Nero e gli alleati in una battaglia sola e, anche se la Resistenza fosse accorsa in aiuto, sarebbe arrivata troppo tardi. Erano già stati sorpresi diverse volte dagli uomini della Terra Centrale, e non era sicuro stanziare lì ancora a lungo.

Kamal passò una mano tra i corti capelli biondi che aveva tagliato in occasione della partenza; era un'abitudine che aveva preso da Teodor, suo padre: il re rasava sempre i capelli prima di una battaglia e obbligava anche i soldati a farlo. In questo modo, diceva, non si lasciava al nemico nessun appiglio e si evitava che i capelli ostacolassero la guarigione di eventuali ferite alla testa.

Minerva avrebbe pagato cara l'alleanza con Alec, l'assassino di suo padre.

«Allora partiremo per Lasion» sentenziò.

«Maestà, cosa avete intenzione di fare?»

«Ragionate, Berut. Non possiamo più attaccare Olok senza rischiare una disfatta totale, poiché adesso è difesa anche dagli uomini dello Scorpione e dagli Esclusi. Cosa ci resta da fare, adesso? Dobbiamo indebolire Alec, fargli capire che le sue alleanze non ci spaventano e, allo stesso tempo, dobbiamo scoraggiare Minerva a continuare questa coalizione. L'unico modo che abbiamo è attaccare la capitale della Terra dello Scorpione. È la meta più vicina, e sarà sprovvista di molti uomini poiché impegnati a Olok, così sarà facile per noi conquistarla e far cadere il regno. La regina, venuta a conoscenza della caduta della sua nuova città, avrà due sole alternative: partire in difesa di Lasion o ritirare le truppe e tornare a Shagos come se nulla fosse accaduto. Come vedete, in entrambi i casi ritirerà i suoi uomini da Olok, e solo allora noi avremo via libera. Dopo aver sconfitto Alec, infine, partiremo alla volta di Shagos e distruggeremo quell'ammasso di baracche e catapecchie, e Sansea sarà finalmente vendicata».

Berut e Okoni si scambiarono occhiate loquaci. Era davvero un buon piano, niente a che fare con le mosse impulsive e prive di strategia militare a cui erano ormai abituati. Gli evitava uno scontro diretto con un esercito molto più grande del loro, e gli concedeva persino il tempo di recuperare le forze per lo scontro successivo: erano molto vicini ai Monti del Sud e ci sarebbero voluti diversi giorni per raggiungere la meta.

«E sia. – convenne Okoni, il generale senza un occhio, battendo il palmo sul tavolino davanti a lui – Partiremo per Lasion e gli faremo vedere di cosa siamo capaci».

«Preparate gli uomini al cambio di rotta» ghignò il re.

Il re della Terra del Pesce spronò il cavallo e raggiunse i generali che guidavano l'avanzata. Mancava mezza giornata di viaggio per Lasion.

«Ho cambiato idea sulla strategia. Assedieremo il castello immediatamente senza chiedere la resa».

«Vostra Maestà, avete ordinato voi stesso di evitare gli attacchi diretti» gli ricordò uno di loro, trattenendosi dall'usare un tono piuttosto seccato.

«Ma gli altri villaggi non mi interessavano, Okoni. Lasion, invece, dovrà essere distrutta. Cancelleremo la sua esistenza da Holtre e poi distruggeremo Shagos, così Minerva sarà regina di niente». Kamal procedeva con lo sguardo fermo sull'orizzonte e uno strano sorriso in viso.

«Sire, non sono certo che i nostri uomini possano sopportare un assedio. Avremmo bisogno di tutti i soldati che avete lasciato indietro».

«Lasion non ha molte forze a difenderla. Sfondare le porte sarà semplice, poi avanzeremo con la cavalleria mentre gli arcieri ci apriranno la strada dalle retrovie».

«Vostra Maestà, – insistette Berut, con il tono di quando si parla a un bambino che non capisce – non abbiamo abbastanza uomini».

«O voi non avete abbastanza coraggio, generale».

Giunti a Lasion, quindi, si prepararono all'assedio seguendo le direttive del re, che era troppo concentrato a organizzare il suo esercito per rendersi conto del silenzio che li avvolgeva.

Non c'era traccia di persone nelle case costruite fuori le mura, che sembravano essere state abbandonate di fretta, i campi erano deserti e gli strumenti per arare e raccogliere giacevano in mezzo alla terra. L'unico rumore era il tintinnio inevitabile delle armature in movimento.

«Sire, siamo ancora in tempo per mandare un emissario. Se non hanno forze per combattere come voi sostenete, si arrederanno senza condizioni».

Kamal si voltò verso il suo esercito senza nemmeno rispondere al generale Okoni. Gli uomini erano in posizione sotto il sole leggero di inizio inverno e il sovrano si accinse a dare il via, carico di adrenalina.

Il cigolio delle porte di Lasion che si aprivano ebbe l'effetto di un tuono nel silenzio e il sovrano si voltò di scatto verso quel rumore. Una sola figura si stagliava contro la luce del giorno mentre le porte si chiudevano dietro di lei.

Con passo lento ed elegante una donna si diresse verso l'esercito nemico. Da sola.

«Chi siete?» domandò Berut con voce incerta, i lineamenti rudi percorsi da una strana preoccupazione. La donna continuò ad avanzare finché non raggiunse il sovrano. I soldati levarono le spade e si avvicinarono, ma Kamal li fermò con un gesto della mano e scese da cavallo.

«Voi dovete essere il re, Kamal della Terra del Pesce».

Lui si inchinò leggermente senza distogliere lo sguardo da lei.

«Hemelya, principessa ed erede di Shagos e della Terra dello Scorpione» si presentò, accennando a sua volta un inchino. Sua madre le aveva fatto recapitare un messaggio da Olok in cui le spiegava quali sarebbero state le prossime mosse e ordinandole di dirigersi a Lasion, sia per cominciare ad abituare il popolo al nuovo insediamento che per evitare che fosse messa in pericolo in una città senza più combattenti.

I lunghi capelli corvini le scivolarono davanti al viso e li sistemò con un rapido gesto dietro l'orecchio. Kamal deglutì.

«Perdonatemi se non vi accolgo come si conviene, ma ho appreso da poco che sarei stata attaccata oggi e ho dovuto fare in fretta. Se volete seguirmi in un luogo più intimo, potremmo parlare delle prossime mosse per sconfiggere Alec». Hemelya si incamminò tra le fila dell'Esercito Rosso senza attendere oltre.

I soldati in posizione la guardarono avanzare attendendo un comando ma Kamal era rimasto immobile, senza parole. Poi la seguì.

Solo dopo che i sovrani ebbero superato tutti gli schieramenti, gli uomini del Pesce tornarono a respirare come un sol uomo, e un brusio incerto si sparse velocemente lungo le fila.

Il re incedette dando le spalle al suo stesso esercito, seguendo la donna fin dentro l'accampamento.

Hemelya prese posto su un tronco spezzato disteso sul terreno, sistemò i capelli sciolti scompigliati dal vento e fece cenno al re di accomodarsi. Lui obbedì e le si sedette accanto facendo attenzione a non sfiorarla.

«Mi ha sorpresa venire a conoscenza della vostra avanzata, Sire. – iniziò lei con calma – Poi ho realizzato che per essere qui adesso, sarete partito molto tempo fa da Sansea e che probabilmente non siete a conoscenza degli sviluppi. La vostra reputazione vi precede, per cui credo di non essermi sbagliata nel pensare che abbiate semplicemente agito d'impulso nel presentarsi presso la mia città con intenzioni decisamente poco amichevoli. Spero che questa spiegazione sia corretta, o sareste voi a doverne dare una a me».

Fin da piccola sua madre l'aveva istruita su Holtre: aveva imparato tutti i nomi delle capitali del Regno e delle città principali, aveva appreso i nomi dei re e ne aveva studiato il comportamento. Era sempre stata al corrente di tutto ciò che accadeva, e anche quella volta Minerva l'aveva informata sugli ultimi eventi. Sapeva cosa fosse successo a Teodor e della dichiarazione di guerra di Kamal, le aveva raccontato del suo modo di affrontare le cose senza considerare le conseguenze, e ne aveva immediatamente colto la differenza con lei e sua madre: lui non pianificava.

Gli sorrise affabile e Kamal sentì scemare ogni briciolo di vendetta che aveva covato fino a quel momento.

«La vostra alleanza con la Terra Centrale è insopportabile per me e la mia Terra. Alec ha ucciso mio padre e distrutto la mia città, non sono disposto a dimenticare questo affronto» sbottò lui come per ricordarlo a sé stesso.

Hemelya lo guardò come un bambino che non ha ancora capito il mondo e poggiò una mano sulla sua, conscia dell'effetto che avrebbe avuto; infatti, Kamal non la ritrasse.

«Noi non siamo nemici, Sire. L'alleanza con Alec è solo una copertura per il nostro ruolo nella Resistenza. Vi assicuro che a Sansea i nostri soldati hanno fatto il possibile per contenere le perdite e vi garantisco che, in questo preciso momento, parte degli uomini di Shagos e della Terra dello Scorpione stanno marciando insieme agli Elyse verso Olok».

Kamal era perplesso: lui faceva parte della Resistenza, come poteva essere all'oscuro di quell'alleanza?

«Mia madre, la regina Minerva, vi ha mandato una lettera spiegando la sua posizione» continuò lei rispondendo alle sue mute domande.

Lui ricordò vagamente di un messaggero che gli portava una missiva, poco prima di inviare un distaccamento dell'esercito a Lenosa, e ricordò di avergli ordinato di bruciarla non appena saputo il mittente. Probabilmente, sapere allora dell'alleanza non avrebbe diminuito la sua rabbia né il suo desiderio di vendetta, ma si sentì ugualmente uno sciocco. Poi posò lo sguardo sulla candida mano della principessa ancora sulla sua.

Erano alleati.

«Bene. – disse dopo lunghi attimi di silenzio – Partiremo allora insieme per Olok e sconfiggeremo Alec con un unico grande esercito».

Hemelya ritrasse delicatamente la mano dalla stretta del re e sentì un leggero brivido lungo la schiena alla perdita di quel contatto. Si alzò in piedi e si schiarì la voce.

«Siete un uomo molto impetuoso, Kamal, ma non posso lasciare la mia gente. Mia madre ha già disposto la partenza di tutti gli uomini in grado di combattere, e temo che la mia presenza non possa aggiungere nulla per la buona riuscita della guerra». Hemelya chinò il capo per congedarsi, ma il sovrano le si parò davanti impedendole di andare via.

«Potrete cavalcare al mio fianco, principessa. Una città senza soldati a proteggerla può essere pericolosa, e in quanto mia alleata non posso permettere che vi accada nulla».

Anche Hemelya adesso era confusa.

Il padre dell'uomo che le stava di fronte aveva segnato la rovina del suo popolo, sua madre glielo aveva ripetuto mille volte. Lo guardò negli occhi un solo istante, sufficiente per notare che avevano lo stesso colore del mare che aveva sempre ammirato nei dipinti, poi si avvicinò a lui e alzò una mano come per sfiorargli il viso, ritraendola però a metà strada. Sorrise, annuì e senza aggiungere altro ritornarono verso il campo uno di fianco all'altro.

«Attenderemo i soldati della principessa e marceremo assieme a lei per conquistare Olok» comunicò Kamal ai suoi generali, recuperando presto tutto il suo carattere dopo che Hemelya si era allontanata. Loro lo guardarono sorpresi senza sapere bene cosa dire.

«Inviate immediatamente i messaggeri agli stanziamenti di Lenosa e dite loro di interrompere ogni offensiva; riferite agli uomini di Lanch di raggiungere Olok e preparate questi soldati a partire. Ora!» aggiunse il re notando quegli sguardi. Avrebbe rivelato loro ciò che era successo in un altro momento, ma in quel momento voleva riflettere da solo.

I generali annuirono senza nemmeno provare a chiedere spiegazioni, consci della reazione che avrebbero potuto scatenare, semplicemente contenti di aver evitato una morte certa.

Hemelya si unì all'Esercito Rosso pochi giorni dopo insieme a qualche centinaio di uomini: non tutti erano soldati e ancora meno sapevano usare la spada.

Kamal osservò la principessa incedere verso di lui sulla giumenta che aveva insistito per donarle, con indosso un'armatura argentata e i capelli elegantemente raccolti dietro la nuca. Le sorrise come non faceva da tempo e insieme cominciarono la marcia verso Olok.

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