Capitolo 38: Parte 2 - L'orgoglio del silenzio
Christopher raggiunse la tenda di Nahil ed entrò. Il generale era già sveglio e osservava una mappa del regno.
«Ben arrivato, Christopher» mormorò senza alzare lo sguardo.
«Ho parlato con Enora» disse l'altro senza nemmeno salutare. Stavolta, Nahil alzò lo sguardo mostrando gli occhi ricolmi di tristezza: non avevano recuperato la loro grinta dalla morte di suo fratello. Si era pentito delle parole dure che gli aveva rivolto l'ultima volta che si erano visti, ma non ebbe il coraggio di chiedergli scusa.
«E...?»
«Nulla. Non mi ha lasciato modo di fare nulla». Espirò deluso.
«Devi darle tempo, voi avete creato questo piano senza mai davvero pensare a quale impatto avrebbe avuto su di lei. Le avete riempito la testa di menzogne». Il generale abbassò lo sguardo sul moncherino, e si incupì ancora di più.
«Lo sai che era necessario, quella sera l'abbiamo deciso tutti. Stenphield, io, Etios, tu e Ares». Christopher si accorse che non pronunciava quel nome da quando aveva saputo della sua morte.
«Mio fratello ti ha sempre appoggiato, è stato uno dei maggiori sostenitori di questa guerra. Ma adesso... io non so più se ne vale ancora la pena» gli confessò tornando a guardare la mappa.
«Se avessimo pensato per un solo istante che tutto ciò che facevamo avrebbe portato a un inutile risultato, non ci saremmo dedicati anima e corpo per gli Elyse. Yler sarebbe vivo, al suo posto e con la sua famiglia».
Il generale lo fissò assente, pensando a tutte le persone a cui aveva voluto bene e che non c'erano più.
«È sempre più difficile, ogni giorno che passa».
Christopher notò quanto fosse cambiato. L'uomo che aveva conosciuto non c'era più: stava diventando un guscio vuoto, si stava perdendo dentro sé stesso, nel suo dolore.
«Lo so che è difficile, ed è per questo che sono tornato per restare. Non scenderò in battaglia, non ho cambiato idea, ma per quanto riguarda tutto il resto posso provare ad aiutarti. Mi serve solo la tua approvazione».
Nahil abbassò lo sguardo e annuì lentamente.
«Hanno tutti cominciato a chiamarmi "comandante" da quando Ares è... da quando è successo, suppongo quindi che ti presenterai agli altri come generale».
Christopher annuì.
«Adesso devi aggiornarmi su tutto quello che è accaduto dopo Naos».
Seamus aveva convocato una riunione nella Sala del Banchetto del castello di Burok, evitando accuratamente la Sala del Trono per non dare a quell'incontro una parvenza di ufficialità. Si sarebbero ritrovati nella stessa stanza tutti i cospiratori di Alec, e meno avrebbero dato nell'occhio meglio sarebbe stato. Sapeva per certo che la notizia sarebbe comunque trapelata e arrivata alle orecchie del Sommo Sovrano, ma era comunque meglio mantenere un profilo basso.
Liam gli aveva concesso l'autorizzazione di stare a palazzo e di risiedere nelle camere del defunto Rothgar mentre lui, come nuovo sovrano della Terra del Toro, si sarebbe sistemato insieme alla moglie Selene e alla piccola Kira di appena qualche mese negli alloggi che erano appartenuti a Joanne. Era sempre disponibile e affabile, ma sapeva anche essere severo e autoritario. A Seamus piaceva, e credeva di aver fatto la scelta giusta. Dopo la sua nomina era stato sufficiente un colloquio informale per convincere Liam a supportare gli Elyse. Il nuovo sovrano gli confessò che nutriva da tempo forti dubbi circa le reali intenzioni del Sommo Re, ma non era mai stato preso sul serio né dal cugino né da Joanne prima di lui, così non aveva accennato il minimo dubbio su tutto quanto Seamus gli aveva detto, e si era immediatamente reso disponibile per qualsiasi necessità.
Liam fu il primo ad arrivare, lo accolse e lo fece accomodare.
«Grazie per avermi permesso di restare a palazzo» si presentò il re del Leone qualche minuto dopo, e l'altro fece un gesto di sufficienza.
«È mio dovere e piacere assicurarmi che un sovrano abbia tutte le comodità e attenzioni che spettano al suo rango».
Seamus sorrise. Con un piccolo sforzo di fantasia, sarebbe persino riuscito a sentire le lamentele di nobili e consiglieri che si opponevano a quella riunione poiché, da quel momento, la Terra del Toro non avrebbe più potuto proclamarsi neutrale. Il nuovo re aveva sicuramente faticato a convincerli, forse non c'era nemmeno riuscito e aveva agito da solo, ma doveva ammettere che era perfettamente in grado di celare la mancanza di consenso nella corte reale.
«State imparando in fretta, vedo. I nobili non vi lasciano un attimo, vero?»
«Prima o poi si fideranno di me».
Dopo pochi minuti, Christopher e Nahil entrarono nella sala e si inchinarono al cospetto dei due sovrani. Nahil presentò a entrambi il nuovo generale e poi presero posto attorno al lungo tavolo in cui erano già seduti gli altri.
Le stanze del castello di Burok erano molto più spoglie di quelle di Olok e di Rhowar: sembrava che i regnanti del Toro volessero mostrare la vicinanza al popolo anche attraverso le poche e povere rifiniture che adornavano il palazzo, nonché con la mancanza di qualsivoglia oggetto prezioso tenuto in mostra. Le uniche cose di valore erano sparse nelle camere private dei nobili, in cui potevano entrare solo i servitori più fedeli. Era un modo strano di intendere la nobiltà, ma senza dubbio avevano conquistato il consenso popolare.
Seamus si schiarì la voce per attirare l'attenzione e prendere la parola.
«Bene, adesso che ci siamo tutti posso informarvi di ciò di cui sono venuto a conoscenza. Minerva mi ha fatto recapitare un biglietto in cui mi informa che Marvin è morto, e pare che sia stata sua figlia a commissionare l'omicidio. Nemmeno io sapevo della sua esistenza, - si affrettò ad aggiungere, notando lo sguardo di tutti i presenti - ma avrà avuto i suoi buoni motivi per nascondercelo. Alec l'ha messa alle strette e lei ha accettato un nuovo accordo con lui: gli ha ceduto la sua Terra, ma questo non cambia la sua posizione e resta dalla nostra parte».
Nahil era visibilmente preoccupato.
«Spero che sia così, Sire, altrimenti non abbiamo nessuna speranza. Il mio esercito, anche se unito al vostro, non potrà mai spezzare quello di Alec ingrossato dagli uomini della Terra dello Scorpione e dai soldati di Minerva».
«La regina sa che governerà una Terra vuota e che ufficialmente appartiene ad Alec. È troppo orgogliosa per accettare un destino del genere» gli rispose Seamus.
«L'alleanza con la regina Minerva potrebbe darvi un ottimo vantaggio: il suo esercito si trova a Olok e, se voi attaccate, al momento giusto i suoi soldati potrebbero rivelare da che parte stanno» suggerì il nuovo re. Aveva ascoltato attentamente, con gli occhi azzurri in costante movimento tra tutti i presenti.
«Se vogliamo davvero fare un'azione offensiva, ci serve la certezza di vincere. Altrimenti, sarà solo un massacro che favorirà Alec e lo renderà unico sovrano di Holtre». Stavolta fu Christopher a prendere la parola.
«Vi ricordo che Kamal non ci ha assicurato piena collaborazione e, anche se mosso da spirito di vendetta nei confronti di Alec, nulla ci assicura che non sia passato dalla sua parte» intervenne Nahil sempre più titubante. Quella situazione gli ricordava il dialogo avuto con Ares prima di partire per Sansea e decretare la sua morte e quella di Etios. Quella volta però si sarebbe opposto, non avrebbe permesso che la sua negligenza portasse altra sofferenza.
«Avete ragione, è ciò che preoccupa anche me. Se riesce ad avere l'esercito di Kamal, per noi è finita» convenne Seamus. Calò un silenzio pesante sulla sala, la tensione era palpabile. Ogni mossa e decisione presa sarebbe stata fondamentale per la riuscita della guerra.
«So che abbiamo poco tempo, ma potrei andare io dal re della Terra del Pesce mentre voi qui continuate ad addestrare le reclute e ideare una strategia» propose il nuovo generale.
«Ci vorrebbero molti giorni per andare e tornare» gli fece notare Seamus.
«Meglio, così sarete già pronti al mio ritorno».
«E sia» concesse il sovrano, anche se poco convinto.
«Questo è un suicidio. Marciare contro Olok solo con la possibilità dell'intervento di Kamal e quello di Minerva, semplicemente fidandoci delle loro parole, è troppo rischioso. Non farò partire i miei uomini con questi presupposti». Il comandante degli Elyse posò lo sguardo sui presenti mostrando un barlume di quella determinazione che lo aveva sempre caratterizzato e che sembrava aver perso.
«Non ha senso nasconderci ulteriormente, le carte sono state scoperte e attendere oltre significherebbe soltanto perdere il vantaggio del tradimento di Minerva. Se i suoi uomini torneranno a Shagos, non avremo altre possibilità».
Liam annuì alle parole di Christopher e si voltò poi nella direzione dell'altro sovrano.
«Voi potete assicurarci che re Kamal unirà le sue truppe? » gli chiese.
«No. Quell'uomo è più testardo di suo padre e si crede invincibile. Non sarà facile convincerlo a un'alleanza del genere e ho paura che dovremo cedere su molti punti se vogliamo avere il suo supporto. Ma non possiamo delegare alla sua presenza la nostra partenza per Olok. Alec scoprirà presto dove siamo stanziati, non è difficile notare un accampamento di queste dimensioni fuori dalle mura della città, e se non attacchiamo noi lo farà lui. E preferisco attaccare che essere costretto a difendermi. Andremo nel cuore del territorio nemico, è vero, ma magari sarà proprio questo a garantirci la vittoria: il Sommo Re è morbosamente attaccato alla sua città, sono sicuro che non vorrà che venga distrutta».
Nahil scosse la testa.
«È troppo poco, Sire. Sono solo supposizioni, non ci sono basi solide per questa spedizione e se dovessimo rimanere senza alleati i nostri eserciti non sono sufficienti».
«So che il mio popolo non è maestro nell'arte della guerra, - si intromise Liam - voglio cambiare questa abitudine nel corso del tempo, ma per ora posso supportarvi in altri modi. Abbiamo i migliori artigiani e mastri fabbri del Regno, possiamo crearvi nuove armi e armature. Lavoreranno ogni giorno, costantemente, così che anche noi potremo dare il nostro contributo alla causa».
Nahil si dovette scontrare con entrambi i sovrani e con il suo stesso generale. Dal canto loro la decisione era già stata presa, e lui non riuscì a controbattere per molto. Christopher sarebbe andato a convincere Kamal e poi avrebbero marciato su Olok. A quanto sembrava, la Grande Guerra era più vicina che mai.
«Se non vi dispiace, adesso torno nelle mie stanze» si congedò Seamus dopo che i ribelli abbandonarono la sala. Si alzò a fatica, in quei giorni non era riuscito a fermarsi un attimo e la gamba aveva ripreso a fargli male.
«Spero mi farete l'onore di pranzare con me» gli propose l'altro re prima che si allontanasse. Lui assentì con un cenno della testa e si avviò con il suo solito passo claudicante.
Era ancora presto, avrebbe riposato un po' e poi finalmente sarebbe andato a trovare Klethus per informarsi sulle sue condizioni. Erano due giorni che non andava a trovarlo, completamente oberato dagli impegni.
Ebbe appena il tempo di distendersi che qualcuno bussò. Seamus si passò una mano sul viso, non sarebbe mai riuscito a riposare. Usò la stampella che gli serviva per i tragitti brevi quando si toglieva l'arto di legno, aprì la porta e il suo sguardo si illuminò.
Klethus era davanti a lui, in salute. Lo fece entrare e richiuse rapido la porta controllando se qualcuno lo avesse visto.
«Mi dispiace di non essere passato in questi giorni, sono successe tante cose» si scusò, ma senza riuscire a guardarlo in viso e tenendosi occupato con qualsiasi altra cosa trovasse nella stanza.
«Non vi preoccupate, posso immaginare quanto lavoro avete avuto a carico. Già ieri ero riuscito ad alzarmi e fare qualche passo, così sono venuto io da voi».
Seamus gli sorrise cortese, ma calò uno strano silenzio: erano imbarazzati. Klethus gli afferrò coraggiosamente la mano e la strinse. Capì che adesso toccava a lui, il re aveva fatto uno sforzo immane a confessargli tutto.
«Non si può tornare indietro, vi avevo avvertito. Io però non voglio rinunciare, specialmente adesso che non sappiamo cosa ci riserva il futuro. Combatterò per voi e spero di tornare ma, se così non fosse, non voglio avere rimpianti».
Seamus aprì le labbra per ribattere qualcosa, ma stavolta fu Klethus a zittirlo prima che potesse parlare. Lo baciò con foga, con desiderio, liberando finalmente tutti i sentimenti che aveva represso per tutti quegli anni. Non gli importava più nulla di cosa avrebbero pensato gli altri, l'unica cosa importante erano loro due, insieme, in quel preciso momento. Sentì brividi di piacere invadergli il corpo quando, per la prima volta, le mani di Seamus sfiorarono il suo corpo, e lo strinse famelico pervaso dal desiderio. Conosceva ogni aspetto di Seamus, e sapeva che non aveva alcuna esperienza in quel campo ove non osava addentrarsi: doveva essere lui a guidarlo.
Si staccò un istante per riprendere fiato, specchiandosi negli occhi chiari e ancora un po' confusi del sovrano; gli sorrise e poi si amarono per la prima volta in quella fresca mattinata a Burok.
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