III.






1900




Luce lunare che gli guidava la vista e nient'altro. Era come un animale notturno. Il freddo e l'odore di bosco e di terra gelida. Di selvatico. Di posto in cui non doveva trovarsi. Sensazioni che gli si abbattevano addosso senza che qualcuno lo impedisse davvero, lasciandolo disorientato.

Guardava il mondo con gli occhi di lei. Non era più nel suo corpo ma in quello della ragazza che gli aveva cambiato la vita. Daniel lo percepì chiaramente: le spalle esili, i capelli lunghi. La pelle delicata che lui non aveva mai avuto.

Un corvo si posò sulla sua spalla. Sentì i suoi artigli punzecchiargli la pelle attraverso il mantello nero che aveva indosso. Ma non era lui.

Era lei. Sarah.

Un familiare incontro tra lei e l'animale. Sentì le labbra di Sarah aprirsi in un sorriso e avvertì la sua mano accarezzare il piumaggio nero del corvo, che le beccò la spalla facendola sanguinare. Daniel sentì quel dolore in ogni fibra del suo essere. Il becco scuro dell'animale che lo ghermiva. La pelle che veniva strappata in un movimento fulmineo.

«Il Grande Evento ti consentirà di rinascere» una voce esterna che incrinava il silenzio. Era maschile. «La morte ci libera dalle sofferenze terrene, e il tuo legame con essa è indissolubile.»

Daniel si svegliò di soprassalto.

Si passò una mano tra i capelli, fradici del sudore di quel sonno disturbato. Una mano andò al petto, dove il cuore pulsava. Chiuse gli occhi. Nelle narici ancora l'odore del piumaggio lucido del corvo. Ebbe l'impressione che una piuma gli si stesse posando sulla spalla. La puntura degli artigli, la voce nelle orecchie. La mano andò nel punto dove avvertiva la presenza di qualcosa, ma non c'era nulla. Si abbassò il pigiama: la sua pelle era liscia, nessun volatile lo aveva sfregiato. Non era successo niente, anche se faticava a tornare nel mondo reale.

Daniel si era sentito sicuro quando aveva accettato l'invito di Tristan, anche se Maryanne era chiaramente turbata. Era stata una serata tranquilla; simile, per alcuni versi, a quando era stato per la prima volta a casa dei signori Lancaster. Avevano mangiato, bevuto, conversato, finto di vedere per la prima volta una bella casa arredata con gusto. Avevano fatto tutto quello che dovevano fare in una circostanza di quel tipo, perché sarebbe stato scortese rifiutare l'invito e ancor più accettarlo per poi non mostrare apprezzamento. Non era così che andavano le cose, ma loro erano stati impeccabili nonostante tutto. E ora sarebbero tornati alla vita di prima, senza la presenza del passato che urlava loro addosso con la sua voce cavernosa.

Appoggiò la testa sul cuscino, cercando di scacciare dalla mente le sensazioni così vivide che avevano fatto parte del suo sogno.

Lasciò che la sua mente galleggiasse in pensieri casuali, quelli che abitano il cervello quando si è a un passo dall'addormentarsi: si sforzò di regolarizzare il respiro, di concentrarsi sulla presenza fisica di sua moglie accanto a lui.

Era da tanto che non ripensava concretamente a Sarah.

Nessuno di loro era più tornato in quella casa, i ricordi li avrebbero spezzati.

Solo uno lo aveva fatto. Il pensiero divorava la psiche di Daniel in un modo insolito, come se qualcosa stesse mangiando pezzo per pezzo la sua razionalità. Cos'era che aveva fatto sì che Tristan volesse a tutti i costi acquistarla di nuovo? Tristan non faceva mai qualcosa in modo del tutto casuale. Non era solo per la bellezza della dimora che aveva comprato e ristrutturato Hollow Fell, Daniel ne era più che sicuro.

Maryanne si alzò e si mise a sedere; la avvertì alle sue spalle. Forse anche lei aveva avuto il sonno turbato. Era cambiata, dopo gli eventi che li avevano segnati.

Lui non aveva mai fatto niente.

Si voltò. Maryanne era seduta sul letto. Forse stava guardando nel vuoto. Forse stava piangendo, cercando di non fare rumore per non disturbarlo. Forse stava ancora dormendo.

«Mary?» la chiamò.

Rimase dritta per un istante infinito. Daniel avvertì una sensazione di vuoto terrore infilarsi tra le pieghe del suo cervello.

«Il cuore» quelle due parole uscirono dalla bocca delicata di Maryanne. Leggere, vacue. «Il cuore.» Pausa.

«Il cuore è l'origine di ogni frammento» era una litania. «Il cuore ci porta in strade pericolose.» Daniel fu tentato di fuggire; si avvicinò, poggiò una mano sulla sua spalla. «Maryanne» una supplica sussurrata.

Sua moglie si zittì, immobile come una statua.

Poi crollò a terra urlando. Era buio che usciva dalla sua bocca dolce, le corde vocali bruciavano e vibravano di neuroni impazziti.

Daniel non riuscì ad aiutarla mentre lei batteva ripetutamente la testa contro il pavimento.

*

La distesa di occhi scorreva di fronte a lui come un mare in tempesta. Occhi che galleggiavano in un oceano rosso e dall'odore ferroso. Tristan ne avvertiva la potenza nelle narici, come se il suo olfatto si fosse affinato tutto insieme.

Galleggiavano. Bulbi oculari dalle iridi di ogni colore. Nere, azzurre, verdi. Nocciola.

Le iridi nocciola lo guardavano, investendolo in tutta la loro potenza. Erano fasci di luce che guardano un attore in teatro.

Voci che parlavano una lingua sconosciuta, sussurrando.

Aveva provato a disegnarlo mille volte, sperando di riuscire a intrappolarlo in un foglio di carta. Quando sollevava il carboncino, però, era come se ci fosse qualcosa, una mano invisibile che lo afferrava e lo tratteneva.

Ricordava bene il giorno in cui gli era arrivata la notizia della morte di Sarah. Aveva visto il suo necrologio pochi giorni dopo l'arrivo a Londra, mentre leggeva il giornale di fronte al suo solito bicchiere in un pub. Era stato scritto un intero articolo sul decesso della figlia degli Hamilton, avvenuto in circostanze misteriose.

Aveva quasi appallottolato il giornale. Le braccia avevano preso a formicolare. La tentazione di uscire aveva avuto la meglio; l'aria si era fatta troppo pesante, era diventata spilli che lo soffocavano.

Lui e gli altri sapevano a cosa fosse dovuta la morte di Sarah, e vederla sminuita con quelle poche parole che qualcuno aveva scritto gli aveva scosso le sinapsi in un'ondata di rabbia.

Era uscito muovendo lunghi passi, le gambe molli. Si era catapultato nel caos di Londra, nei suoi passanti sempre di fretta. Nelle carrozze che sfrecciavano lungo le strade riempiendo l'aria della cacofonia delle ruote e degli zoccoli dei cavalli.

Tristan aveva visto. E da allora i suoi sogni non erano più stati gli stessi.


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