Mercoledì
Partono un mercoledì di Febbraio, neanche due giorni dopo. Manuel, dopotutto, non ci mette poi tanto a sistemare le faccende che non può sbrigare a tre quarti d'ora di strada da Roma. Pensa a mente fredda cosa può voler dire, per Simone, quella partenza e decide che è meglio non rimandare troppo. Al telefono con Chicca, sua migliore amica dai tempi del liceo, si sfoga, sentendosi completamente a disagio e non adeguato a portare quel peso sulle spalle. Poi si ricorda che Simone è un ragazzo più piccolo di un solo anno rispetto a lui, che sicuramente sta vivendo quella situazione molto peggio di lui. È vero, stanno affrontando entrambi un lutto, ma Manuel non riesce nemmeno ad immaginare cosa possa significare perdere un gemello in quel modo.
Manuel ha perso il suo migliore amico, ma Simone ha perso una parte del suo sangue, del suo cuore, senza preavviso in un giorno in cui la felicità doveva essere la parola d'ordine e invece si era sgretolato tutto, come un vetro infrangibile quando trova il suo punto di rottura. Frantumato in milioni di pezzi.
La loro vita.
Il loro essere.
La loro famiglia.
Simone fissa fuori dal finestrino per tutto il tempo. Ha addosso un piumino blu e una sciarpa grigia. È in quella posizione da quando son partiti e non l'ha mai guardato negli occhi, così come non ha guardato Dante e Floriana mentre lo abbracciavano, né Virginia che gli lasciava un bacio delicato sulla guancia.
Manuel non se la sente di dirgli nulla. Accetta il suo silenzio, come lo fa da quasi due mesi ormai. Sa che non avrebbe parlato e intavolare una conversazione a senso unico sarebbe stato ancora peggio. Decide così di collegare semplicemente il telefonino alla macchina e mettere una playlist che gli ha mandato proprio Simone qualche mese dopo l'estate.
Non è facile stare in silenzio, perché è un'arma a doppio taglio. Manuel non sa mai se, il suono della sua voce, dà fastidio a Simone quindi evita di aprire la bocca anche solo per canticchiare.
Viene sollevato dai pensieri quando si accorge che si è addormentato e per un attimo pensa che fosse meglio così.
È costretto a cambiare idea quando arrivano a destinazione. Parcheggia accanto al muro di cinta della casa e poco dopo cerca di svegliare Simone nel modo più tranquillo possibile: gli poggia delicatamente una mano sulla spalla e lo chiama.
Simone si sveglia di colpo, come se stesse dormendo comunque in uno stato di allerta e gli afferra il polso per toglierglielo dalla spalla.
«Simò, so' io, scusame» dice affrettandosi Manuel.
Vede Simone riprendere a respirare e scuotersi dai suoi pensieri, sente la presa sul suo polso allenarsi e vede lo sguardo di Simone spaventato. Manuel rimane sorpreso dallo sguardo di Simone, quindi si affretta a rassicurarlo.
«Ehi, ehi... va tutto bene, Simò, okay?» dice Manuel muovendo il polso e facendo finta non sia successo nulla. Effettivamente non è successo nulla, ma come lo si spiega a qualcuno che crede di essere la causa di tutti i mali? Manuel non ne ha la minima idea, per quello evita di dire altro che non sia: «Andiamo.»
Vede Simone scendere dalla macchina annuendo semplicemente.
Manuel chiude la macchina e lo segue, lo vede mettere le mani all'interno delle tasche del piumino e stringersi nelle spalle.
Manuel citofona al cancello, a rispondere è una voce maschile: «Chi è?»
«Gli inquilini. L'affitto è a nome Dante Balestra.» Manuel finisce la frase e il cancello si apre.
C'è un piccolo vialetto, che porta all'ingresso della casa, ai suoi lati è pieno di vasi, alcuni vuoti, con solo la terra, altri con delle piante. Manuel è già sicuro che moriranno tutte con le sue cure.
La porta viene aperta ancora prima che suonino al campanello, ad aprire è un signore sulla cinquantina, capelli corti, brizzolati e ricci.
«Buongiorno, io so' Manuel e lui è Simone.» Manuel allunga la mano per presentarsi e vede fare lo stesso a Simone, per poi vederlo portare nuovamente le mani in tasca.
«Piacere, Vincenzo. Vi faccio fare un breve giro della casa.» Manuel fa un cenno di assenso, la porta d'ingresso dà su un salone con la cucina a vista, non è molto ampio, ma i colori chiari sul bianco e l'azzurrino la fanno sembrare molto più spaziosa.
«Non so per quanto starete qui, ma non ci sono problemi: il signor Dante mi ha dato anche la caparra per il secondo mese, in caso ci fosse necessità.» Manuel annuisce, Dante non gli aveva detto che dovessero restare tutto quel tempo. La sensazione di angoscia inizia a farsi largo in lui.
Proseguono lungo un piccolo corridoio, ci sono due stanze e un bagno. La prima è sulla destra, con un armadio, una scrivania e un letto singolo. L'altra è sulla sinistra, le pareti sempre azzurrine e i mobili bianchi. A differenza della prima ha un letto matrimoniale ed è molto più luminosa dell'altra. Manuel, guarda subito Simone e «Qui ce stai tu, va bene?» fa quella scelta perché ha letto un articolo che diceva l'importanza della luce nei momenti di deflessione dell'umore. Addirittura ricorda che in Norvegia sono soliti dipingere le facciate delle case di colori vivi proprio per cercare di ridurre il tasso di suicidi.
Simone annuisce solamente, anche questa volta. Non si mostra contrario, anzi. Sembra che stia semplicemente acconsentendo senza essere davvero presente con la testa.
Il bagno resta in fondo al corridoio. «Non so se Dante vi ha informato, ma lenzuola e asciugamani sono a disposizione, vi chiedo la cortesia di lavarli prima di lasciare casa.» Sottolinea Vincenzo, come se avesse avuto una brutta esperienza in precedenza. «La lavatrice è dentro quel mobiletto, 60 gradi con la candeggina, sia lenzuola che asciugamani.» Manuel trattiene una risata perché di tutto si aspettava tranne che fare una lezione di bucato.
Manuel si accorge che fortunatamente il bagno non ha la chiave alla porta e tira un sospiro, come se fosse una cosa in meno di cui preoccuparsi.
Assimila tutte le informazioni che Vincenzo dice, controllando, di tanto in tanto, le reazioni di Simone, il quale però risulta essere quasi sempre impassibile. Non ha più tirato fuori nemmeno le mani dalle tasche del piumino.
«Se hai bisogno di una crema per quello, c'è nel mobiletto accanto allo specchio sul lavandino.» Vincenzo indica il polso di Manuel, sopra il quale comincia a comparire un livido.
Manuel si guarda il polso «No—Non... non è nulla» risponde guardando Simone, il quale serra la mandibola e comincia a guardare un punto indefinito.
«Okay, allora ti do il telecomando per portare dentro la macchina appena esco io con la mia, così siete più comodi.»
«Grazie.»
Manuel guarda Simone, mentre Vincenzo torna indietro verso il salone. Lo trova nella stessa posizione di poco prima e con lo sguardo rivolto nello stesso punto. «Simò, vai pure in camera se vuoi. Finisco io co' le ultime cose. Porto dentro 'a macchina e prendo 'e valigie così ce sistemamo.»
Gli passa una mano sulla guancia e gli accarezza lo zigomo con il pollice. Manuel sente la pressione sulla mano aumentare un po', come se Simone cercasse ancora di più il contatto.
Quel tocco viene interrotto da Vincenzo che richiama Manuel per fargli vedere le ultime cose.
Passano dieci minuti quando va da Simone per avvisarlo che il proprietario di casa se ne è andato. Lo trova seduto sul letto matrimoniale, a gambe incrociate con le mani nelle tasche della felpa. Non lo prende come un successo, alla fine il piumino doveva toglierlo per forza, visto il caldo presente in quella casa.
Tira su il telecomando del cancello dal tavolo ed esce dalla porta. Lascia accostato, per evitare di rimanere chiuso fuori e dover far uscire Simone.
Vincenzo è uscito da poco, quindi il posto è già libero.
Sale in macchina e prende un respiro profondo, come se fosse stato in apnea fino a quel momento. Mette in moto e, mentre entra nel cancello, ripensa a quello che è successo poco prima, in quella stessa macchina.
Parcheggia, spegne la macchina e tira fuori il portafoglio dalla tasca. Prende il biglietto da visita della Dottoressa Camilli, quello che gli aveva dato Dante pochi giorni prima.
Se lo rigira tra le mani, non sa che fare, di sicuro non può costringere Simone, ma decide che può provare a chiamare e chiedere un consiglio. Magari gli può dire qualcosa o può essere un punto di appoggio.
Non lo sa, come non sa il resto delle cose, perché è solo un ragazzo che è stato messo in una situazione più grande di lui. Vorrebbe chiamare Dante e urlargli contro che lui non se la sente di prendersi questa responsabilità, che non la vuole, ma non lo fa.
Non glielo dice, però lo pensa e si ripromette che se tutto questo, un giorno, finirà, gli dirà ogni cosa senza frenarsi. Anzi, probabilmente gli rinfaccerà anche di aver fatto outing a Simone più volte di quanto voglia ammettere.
Tira fuori il telefono dalla tasca e compone il numero. Clicca il tasto verde e chiude gli occhi, prega velatamente che gli risponda anche se in cuor suo gli sembra di tradire la volontà di Simone.
«Pronto?» risponde al quarto squillo.
«Sì, salve. È la dottoressa Camilli?» chiede, incerto.
«Sono io. Lei è?»
«Mi— Mi chiamo Manuel Ferro, il suo contatto mi è stato dato dalla dottoressa Giordano, tramite il signor Balestra.» espone, fermandosi lì. Non sa se continuare o se la dottoressa sa già, come ha detto Dante.
La pausa non dura molto, dato che la dottoressa risponde subito «Sì, la collega mi ha parlato di Balestra Simone, giusto?»
Manuel non sa se sentirsi rassicurato da quello o sentirsi messo a nudo. «S-sì, giusto. Mi è stato detto. Non ha cambiato idea, ma io sono quello che sta con lui in questo posto e–»
Si rende conto che sta andando troppo oltre e che non era una chiamata di Chicca.
«La dottoressa le ha detto il motivo per cui siamo qui?» chiede.
«Sì, accennato. Con il consenso del paziente, ovviamente. È successo qualcosa di nuovo?»
«No... Io— ecco, credo di no.» Non sa come esprimere quello che vorrebbe dire, quindi cerca di fare mente locale e riprova a parlare. «Io credo di no, ma per come la vede lui penso di sì. Quindi mi chiedevo se c'è qualcosa che io possa fare per aiutarlo.» Butta fuori tutto d'un fiato.
«Ha accettato di venire qui con lei, è già un modo per aiutarlo. Lei cerchi di avere pazienza e di stargli accanto.» La voce della dottoressa arriva in modo rassicurante alle orecchie di Manuel.
«In caso ci sia necessità posso contattarla? Non so se accetterà mai di parlare con qualcuno, visto che ha smesso di farlo, però ecco–»
«Manuel, respiri.» La sua apnea deve essere stata percepita anche dalla dottoressa.
«Sì, mi scusi.»
«So che non è facile per lei, quindi le dico di agire come meglio crede, ma con delicatezza. È una persona di cui Balestra si fida, quando se la sentirà tornerà a parlare. Nel mentre, può contattarmi se ha bisogno.»
Manuel non è certo di quello che la dottoressa gli ha detto, ma fa finta che vada tutto bene. Ringrazia e chiude la telefonata, senza nemmeno pensare di chiedere se doveva un qualche compenso.
Trova una notifica sul telefono, mentre lo sta mettendo nella tasca: è di Dante.
Siete arrivati?
Sì
Simone? Ha parlato?
No, professo', sta in camera sua. Probabilmente va pure peggio
Che significa peggio?
Niente, lasci perde'
No, Manuel, non mi dici "lasci perde"
Se ne è lavato le mani, ci ha spedito lontani da voi e dovrei pure sentirmi 'a predica sua?
Manuel non riceve risposta, bensì una chiamata a cui decide, volontariamente, di non rispondere. Blocca il telefono e se lo mette in tasca. Non vuole sentire Dante oltre quello che ha già fatto.
Picchia una mano sul volante, sperando di scaricare un po' di tensione, ma fa solo peggio. Si aggrappa al volante, poggia la fronte su di esso e chiude un attimo gli occhi sperando di ritrovare la calma, ignaro del fatto che Simone lo stia guardando dalla finestra.
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