Capitolo 8

Chris

Chris

«Il mio cliente si rifiuta, quella cifra è a dir poco imbarazzante

«Cristo sono cinquecento mila dollari! Cosa cazzo vuole?!»

Scalcio la prima cosa che mi trovo di fronte, ovvero una semplice sedia accostata davanti ad un grande tavolo di legno. Sento qualcosa stringere all'interno del mio petto mentre il respiro diventa man mano sempre più affannoso. Perfino la cravatta comincia a far leva sul mio collo impedendomi di respirare come si deve, così, in preda alla rabbia slaccio il nodo e la getto con forza in un angolo remoto dell'ufficio.

«Christopher non devi cedere. Possiamo ancora farcela, fidati di me.» Cerca di calmarmi John, fallendo miseramente.

Sono furioso e stanco, rinchiuso dentro da più di due ore in queste mura color avorio, con il mio avvocato che cerca di risolvere la miriade di errori che ho commesso, e - per come mi senta adesso potrei perfino commettere un omicidio ed aggiungerlo alla lista. Se avessi saputo anni fa che sarei arrivato fino a questo punto, non me ne sarei mai andato dal mio paese. Non avrei mai attraversato l'oceano per questo.

«Sono stanco, interrompi tutto.»

«Non possiamo fermarci adesso, ci porteranno dritti in tribunale e, credimi, i giudici non faranno il tifo per te.»

Mi passo entrambe le mani sul viso, cercando di strappare via tutta la mia frustrazione e le ore perse di sonno. Che grande situazione di merda.

«Quanto vuole?» Chiedo indicando il telefono posto al centro del tavolo.

«Il mio cliente ha chiesto qual è la vostra richiesta.»

«Il mio cliente ha esplicitamente richiesto un milione, non un centesimo più né uno meno.»

«Un milione?! Pensa che caghi soldi dal culo o cosa?»

John si appresta a chiudere ancora una volta il collegamento con il microfono mentre mi fa cenno di stare in silenzio. L'unica parola deve essere la sua, io dovrei solamente annuire e seguire le sue strategie di lavoro e lui dovrebbe tirarmi fuori dai guai. Lo pago per questo. Ma l'incontro di stasera sta prendendo una brutta piega e, arrivati a questo punto, mi è impossibile andare avanti senza perdere le staffe. Stiamo parlando di una somma esorbitante di soldi, non che siano un problema per me, ma non posso cacciarli fuori con uno schiocco di dita. Ho bisogno di tempo, di pensare, di capire cosa investire e cosa lasciar perdere, non posso buttare al vento un milione di dollari per dei capricci.

Vorrei staccare tutto e andarmene a dormire per giorni. Il solo pensiero di dover prendere un aereo stasera per tornare a casa mi rende ancora più isterico. Sono stanco. Stanco di starmene seduto in silenzio, stanco di fare avanti e indietro tra Toledo e Chicago tre volte a settimana, stanco di questo vento freddo che mi perseguita ovunque io vada. Forse avrei bisogno di una pausa, una vacanza magari. Potrei benissimo prendere il volo di stasera e cambiare rotta, magari le Fiji, dicono che a novembre il clima è perfetto.

Perché no?

Lotto con la vocina interiore che mi ricorda le consegne del lavoro di settimana prossima- e cerco di sognare una spiaggia bianca e deserta di fronte a me, mentre John continua a discutere in viva voce citando clausole e leggi contrattuali.

Poso lo sguardo sull'orologio appeso in mezzo alla parete centrale, manca solo un'ora al mio volo e devo interrompere questo incontro ancora una volta. Senza arrivare ad una soluzione comune.

Ancora una volta.

Dovrò sicuramente tornare a Chicago tra non molto e il solo pensiero mi istiga ancora di più ad accettare la sua richiesta e cacciare via i soldi. Ma sono troppo orgoglioso e odio perdere.

«John, digli che ci penserò, devo prendere l'aereo.»

L'avvocato mi fa cenno di andare con le mani mentre continua a parlare di cose che non mi interessano minimamente, così prendo il cappotto appoggiato sul divano ed esco richiudendo la porta di vetro alle mie spalle. Siamo sicuramente gli unici dentro a questo edificio, le luci sono quasi tutte spente se non quella del suo ufficio. Riesco a farmi strada grazie ai lampioni che riflettono all'interno illuminando il corridoio.

Chicago non è come Toledo. Nonostante sia tardi e il vento freddo rende difficile perfino camminare, fuori è pieno di auto, come se le persone non dormissero mai. Ci sono diversi bar e locali aperti lungo tutta la via, le risate e il brusio delle persone che parlano animatamente mi portano a qualche anno fa, quando passavo tutte le mie serate dentro ai pub con i miei vecchi amici e colleghi. Toledo non è stata una scelta presa con moderazione, è stato tutto così veloce e impulsivo. Avevo bisogno di staccare e andarmene per un po' così accettai la promozione e mi trasferii alla Scott Inc. Mi mancano molto i miei amici e la mia vecchia casa, ma in fondo la vita è così- è inutile pianificare, qualcosa è sempre pronto dietro l'angolo a distruggere tutto quanto.

Alzo la mano notando un taxi sfrecciare in mia direzione e mi appresto a salire appena si ferma.

«All'aeroporto.»

***

«Sono qua fuori, sbrigati!»

«Ti ho visto!»

Raggiungo l'auto bianca, l'unica parcheggiata qua fuori. Sono quasi l'una di notte e oltre ai pochi passeggeri nel mio volo, l'aeroporto di Toledo è praticamente deserto. Apro lo sportello con la mano destra e mi appresto a richiuderlo notando la figura femminile seduta su quello che doveva essere il mio posto, così, lanciando un occhiolino al mio amico mi siedo dietro, appoggiando lo zaino di fianco a me.

«Ciao Chris.»

«Grace.»

Marcus mette in moto e si appresta ad accompagnarmi a casa- gli avevo detto che non era necessario, avrei benissimo preso un taxi, ma alla fine ha fatto di testa sua. Mi dispiace che abbia coinvolto anche Grace, magari preferiva dormire e starsene a casa, ma decido di tenermi tutto dentro e me ne sto in silenzio a guardare la strada dal finestrino scuro della sua auto.

«Settimana prossima c'è la festa di fidanzamento, ci sarai vero?»

La sua voce sempre così dolce e pacata mi riporta con i piedi per terra e non posso fare a meno di annuirle mostrando un leggero sorriso. Ci sarei andato in ogni caso, non mi perderei per niente al mondo la festa dei mio unici amici qua a Toledo.

Marcus sa tutto di me, così come io so tutto di lui. Ci siamo conosciuti in un bar una sera come le altre, eravamo in gruppo e tra noi c'è stata subito sintonia. Sono molto felice per lui, finalmente ha messo la testa apposto e ha deciso di sistemarsi- ho sempre fatto il tifo per lui e Grace. Lei è una donna bellissima, dalla carnagione scura e il sorriso contagioso, sempre pronta ad ascoltarti e ad accoglierti a braccia aperta. Non mi sono mai azzardato a mancarle di rispetto, non solo perché si trattasse della fidanzata di un mio amico, ma perché lei non si merita nessuna cattiveria di questo mondo, né tantomeno il mio atteggiamento frivolo nei confronti del sesso femminile.

Non sono sempre stato così, c'è stato un tempo in cui ho amato tanto, con tutto me stesso, donando ogni cosa di me che sia carnale o fisica. Mi sono letteralmente prosciugato di tutte le emozioni, dimenticandomi di essere felice. L'amore non può essere amore se non viene ricambiato- nessuno può essere forte abbastanza da amare per entrambi. Serve complicità, passione, rabbia, perfino tristezza. Serve tutto. Ed io non sono mai stato pronto ad aprirmi ancora una volta, non ci ho nemmeno provato per paura di cadere di nuovo in quel baratro di oscurità. Sto bene così, non provo dolore. Proverei dolore se cominciassi tutto da capo, quindi perché sprecare il mio tempo?

«Se portassi una donna, magari le mie amiche eviterebbero di sbavarti dietro di fronte ai miei genitori...» Mi punzecchia Grace per cercare di strapparmi qualche parola. La verità è che sono davvero stanco, ma apprezzo i suoi tentativi di fare conversazione.

«Provvederò, non preoccuparti.»

«Niente minorenni!» Esclama Marcus facendo capolino dallo specchietto retrovisore, in modo da godersi meglio la mia reazione.

Questa storia va avanti da una settimana ormai, nonostante cerchi di marcare il fatto che ormai ha superato la maggiore età, lui continua a sfottermi.

Alex, chissà che starà facendo...forse starà lavorando ancora al locale. Ammetto di averla pensata più volte in questi giorni, soprattutto al mattino, quando sorseggiavo il mio solito caffè ripensando a quella domenica, dove la sua tazza rimase completamente immacolata sopra al tavolino rosso per tutto il tempo. Mi piace il modo in cui parla, facendo vagare il suo sguardo in tutte le direzioni mentre gesticola con le mani- non riesce a stare ferma, nemmeno quando ascolta. Sul suo viso si formano milioni di espressioni che ti distraggono una miriade di volte. Sembra come un vulcano pronto ad eruttare, in continuo movimento ed emana una vitalità fuori dal comune. Non capisco come una persona come lei possa fare le pulizie in un posto noioso e cupo come questo- la vestaglia grigia non le rende giustizia.

«Guarda che faccia a pesce lesso!»

Sorrido scuotendo la testa mostrandogli il dito medio e riporto lo sguardo sulla strada, notando con mia gioia i mattoni di casa mia.

«Passo da te martedì, così prendo lo stereo.»

«Certo, ammetti che non puoi fare a meno di me.» Carico lo zaino in spalla appoggiandomi allo sportello della macchina. «Grace, mi dispiace per te, ma tuo futuro marito mi ama alla follia.»

«Me ne farò una ragione.» Sorride alzando lo sguardo verso al cielo.

«Ci vediamo, non fare cazzate.» Mi punta il dito contro alzando il finestrino.

«Io? Mai!» Esclamo allontanandomi lasciandogli lo spazio per partire.

Le luci dell'edifico sono quasi tutte spente se non per qualche finestra illuminata qua e là. La città dorme a quest'ora e anche io non vedo l'ora di fare lo stesso - sento tutti i muscoli del mio corpo irrigidirsi ad ogni passo che percorro in assoluto silenzio. Si sentono solo i rumori dei piedi a contatto con le scale. Se solo l'ascensore funzionasse eviterei questa trafila di sei piani ogni santo giorno, ma la manutenzione ha deciso di non presentarsi anche questa settimana. È buffo come sia passato da una villa con piscina interna ad un misero appartamento low-cost nella periferia di Toledo. Arrivato qui, due anni fa, non avevo minimamente voglia di prendermi una casa grande, d'altronde sono solo e il mio loft basta per occupare me stesso e qualche amico a cena. Non ho bisogno di grandi spazi ora come ora, sto bene dove sono.

«Ciao casa.» Accendo le luci godendomi all'istante il profumo di casa mia, mi era mancata in questi tre giorni.

Tutte le cose sono esattamente dove le ho lasciate, dalla tazza vuota appoggiata al bancone della cucina ai vestiti appesi alla ringhiera del piano superiore - dovrei darle una sistemata domani.

Sono una persona molto attenta e precisa nella cura dei dettagli, perciò vedere casa in queste condizioni mi fa venire l'impulso di prendere una scopa e pulire tutto quanto ma ormai gli occhi stanno cominciando a bruciare e le gambe camminano per conto loro verso il letto. Non ho neanche le forze di farmi una doccia, penserò a tutto domani. Così, mi spoglio velocemente lanciando tutto sul divano, controllo le tasche dei pantaloni estraendo il mio telefono e mi butto di peso sul materasso.

La casa è silenziosa, riesco a sentire perfino il rumore della caldaia che si avvia. Forse dovrei prendermi un animale domestico, magari un gatto. Per quanto mi piaccia il mio stile di vita, al calar della sera mi sento vuoto, con il costante bisogno di condividere i miei spazi con qualcuno.

Sbuffo sonoramente infilandomi dentro alle coperte, prendendo il telefono tra le mani. Sono già le due di notte e per fortuna non ho niente in programma per domani, posso dormire per tutto il tempo che voglio. Scorro velocemente le dita sullo schermo togliendo tutte le varie notifiche lasciate in sospeso e tra i vari messaggi uno in particolare mi salta all'occhio. Clicco sull'icona alzando velocemente il volume.

"Un messaggio in segreteria, prema uno per ascoltare."

Non lascio il tempo di finire di ascoltare la voce robotica della segreteria e mi appresto a digitare il numero sulla tastiera. Spero non sia ancora John con le sue pessime notizie, non voglio saperne altro per oggi.

"Allora io non capisco perché..."

Il suono della sua voce mi fa raddrizzare la schiena e cambio immediatamente posizione appoggiandomi alla testiera del letto.

"Perché non hai risposto al mio messaggio?!...oddio no hai fatto bene! Bravo sono brutta. Uff... sono brutta e ubriaca."

Farfuglia parole strane e confuse, non posso fare a meno di sorridere. È decisamente ubriaca e la voce dei suoi amici in sottofondo che la incitano di smetterla mi riportano alle serate che frequentavo una volta, dove facevo una miriade di cazzate di cui mi pentivo il giorno seguente. Lei si pentirà di avermi lasciato un messaggio in queste condizioni?

"...tu sei così grande e muscoloso...fai palestra vero? Mi piacciono gli uomini con i muscoli..."

Sento un tonfo secco seguito dalla sua risatina sullo sfondo e trattengo una risata cercando di capire meglio cosa stia dicendo. Sicuramente ha coperto il microfono con le mani visto che riesco solo a percepire parole incomprese e rumori metallici.

"Baci così bene..."

La sua voce diventa improvvisamente più sensuale e il rumore delle altre persone sparisce, forse si è chiusa da sola da qualche parte. Soltanto aver nominato la parola "bacio" percepisco le sue labbra sulle mie.

Che bacio così sfrontato.

"...voglio baciarti ancora, ma cancella il messaggio...lo terrò solo per me, promesso."

Un' altra sua risatina riveste la mia camera da letto prima di far sprofondare ancora una volta il silenzio.

Che tipa.

Quando ho ricevuto il suo messaggio mercoledì sera, ero in preda da un attacco di rabbia improvvisa - purtroppo ha deciso di scrivermi pochi minuti dalla telefonata con John, non ero dell'umore giusto. Avrei voluto risponderle in questi giorni, ma cosa potevo scrivere? Cosa posso offrire ad una ragazza come lei? Brilla talmente di luce propria che non potrei e non vorrei mai oscurarla con la mia ombra. Non merita questo, esattamente come non lo meriterebbe Grace. Loro due fanno parte della stessa cerchia di persone: sono di quelle buone, di quelle che tengono la testa sulle spalle e sorridono sempre.

Alex, cosa vuoi da me?

Forse è meglio così. Tengo le distanze fino a che non elimini il mio numero di telefono, forse è meglio per lei. Meglio per me. Ci conosciamo appena e ha già avuto il coraggio di sentire la mia mancanza, perché sì, che sia l'alcol o meno questo suo messaggio indica che stava pensando a me. Anche io ho pensato tanto a lei, ma non mi azzarderei mai a chiamarla con o senza qualche bicchiere di vino.

Ma lei può.

Lei si può permettere di fare tutto quello che vuole senza essere mai fuori luogo. Non riesco a capire come sia possibile che io mi ritrovi alle due del mattino a lottare con me stesso e con i miei pensieri su una semplice ragazza sbarazzina. Perché è così difficile?

Vorrei poter avere la forza di eliminare il messaggio e tornare a dormire ma la verità è che voglio baciarla anche io. Non ho idea del perché, ma voglio farlo. È un problema? Se non lo è per lei, perché dovrebbe esserlo per me?

Mi sdraio sotto le coperte girandomi sul fianco destro, portando il telefono sopra il cuscino e, senza pensarci troppe volte, premo il tasto replay sullo schermo, sentendo la sua voce farsi strada all'interno della mia stanza.

Perché deve essere sempre così complicato?

SPAZIO AUTRICE

Ecco il capitolo che vi avevo promesso su Chris! Non è così "bad boy" come sembra...giusto? Fatemi sapere cosa ne pensate e colgo l'occasione per ringraziare tutte voi che lasciate stelline e messaggi in continuazione! Siete meravigliose!❤️

Un bacio,
Marian


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