Capitolo 6
Non saprei minimamente descrivere come è stato vederlo davanti alla mia porta con un ombrello nero tra le mani a proteggerlo dalla fitta pioggia, i capelli leggermente bagnati e l'aria di chi il mondo lo vuole divorare.
Siamo rimasti l'uno di fronte all'altro per qualche minuto - ero incollata al pavimento e se non fosse stato per un tuono, sarei rimasta ancora lì a fissarlo, ad adularlo, a cercare di capire come sia possibile che uno come lui possa avere interessi per una come me. Deve essere uno scherzo.
Mi lascio la porta alle spalle ed entro sotto al suo ombrello - lo spazio è ristretto e la sua altezza prorompente mi mette a disagio mentre cerco il suo sguardo guardando in alto. I suoi occhi vagano su tutto il mio viso senza sosta, facendomi tingere le guance di rosa e mettendomi in soggezione di fronte a lui senza ritegno. Per quanto cerchi di nasconderlo, non posso controllare gli impulsi del mio corpo e lui sembra essersene reso conto, ma non si placa. Mi fissa e mi divora con il suo sguardo magnetico, intrappolandomi nella sua rete. È padrone di questo gioco, ed io, inerme, sono la sua preda.
Sento la sua mano posarsi dietro alla mia schiena mentre mi incita a spostarmi accanto a lui - non riesco a pensare come si deve, sembro una marionetta che ha bisogno dei fili per muoversi e lui lo sa. Lui sa che effetto faccia su di me e se ne compiace da morire senza nasconderlo. Potrebbe perfino lanciarmi in mezzo alla strada ed io non me ne renderei nemmeno conto. Sono come ipnotizzata.
Entro dentro alla sua auto per la seconda volta e la sua breve assenza mi riporta sulla terra ferma. Mi devo rilassare o rovinerò tutto, di nuovo. Non posso permettermi di fare la figura dell'idiota anche oggi, soprattutto dopo avergli mandato quei messaggi quasi provocatori. Penserebbe che sia una matta affetta da bipolarismo, cosa alquanto vera, ma non è questo che devo dimostrare.
Lo sportello si apre facendomi sussultare, lui entra velocemente per sfuggire alla pioggia. Ha i capelli bagnati e vorrei essere un asciugamano solo per poterlo asciugare come si deve.
«Piove a dirotto, ti va un caffè?»
Annuisco allacciandomi la cintura. Nonostante il temporale che batte incessantemente sul tettuccio della sua auto, lui è venuto a prendermi in pochi minuti, non posso comportarmi come una bambina di fronte ad un gesto del genere. Lui vuole stare con me, ed io con lui. Questo è tutto.
Mi rilasso sul posto prendendo un lungo respiro e, senza farmi vedere, poso gli occhi sui di lui. Se ne sta in silenzio con una mano sul volante e l'altra che stuzzica le labbra, sembrano così morbide e non posso fare a meno di fissarle. Il mio stomaco si contorce ancora una volta al solo pensiero delle sue labbra sulle mie - so che è presto per pensare subito ad una cosa del genere, ma la verità è che mi sono permessa di immaginare la sua bocca già dal primo incontro di venerdì. La sua bellezza non è indifferente e credo che ogni donna penserebbe lo stesso.
Non è un silenzio imbarazzante, mi sento tranquilla e al sicuro dentro alla sua auto. L'atmosfera è pacifica e il suono della pioggia che ci accompagna regala un climax rilassante, per la prima volta non mi sento a disagio in sua presenza. Potrei perfino permettermi di canticchiare questa strana canzone che danno alla radio, talmente bassa da udire ma abbastanza alta da essere percepita - sembra portoghese o qualcosa del genere...è carina. Lotto con l'impulso ossessivo compulsivo di alzare il volume, ma non è la mia macchina, non che la mia abbia una radio...ciononostante è più forte di me, allungo il braccio destro e giro lentamente la rotella verso destra. Lui non sembra scomporsi minimamente dalla sua posizione, lancia un'occhiata fugace alla radio e torna a guardare la strada di fronte a sé.
La canzone è decisamente portoghese, con un ritmo dolce e rilassante. Credo di averla sentita da qualche parte dato che il testo mi esce fuori dalle labbra a tratti. Non so neanche se siano giuste le parole, né tantomeno la pronuncia, ma la voce della cantante copre la mia evitando di farla sentire. Mi piace questo tipo di musica, mi ricorda il mare, il profumo della salsedine e piedi nudi a contatto con la sabbia calda.
«Shimbalaiê, toda vez que ele vai repousar...»
La sua voce roca mi manda in tilt tutto il sistema nervoso, sarà il suo aspetto mentre guida, il fatto che la lingua portoghese sia così soave e dolce, il suo timbro da adulto, ma non ho mai assistito a qualcosa di cosa sexy in vita mia.
E sta solo canticchiando!
«Parli il portoghese?» Oso chiedergli incuriosita, rendendomi conto di non aver mai fatto una vera conversazione con lui, non di mia iniziativa almeno.
«Um pouco.» Dice trattenendo un sorriso. «Niente di che, sono stato in Brasile un paio di volte, conosco qualche parola...giusto per sopravvivere.»
Lo ascolto sorridendo senza neanche rendermene conto, i suoi occhi vagano nei ricordi dei suoi viaggi mentre guardano attraverso lo specchietto retrovisore prima di svoltare lentamente a destra.
Cavolo, è stato in Brasile un paio di volte...ed io che non sono mai uscita dagli Stati Uniti.
«Deve essere stato bellissimo...io non ho mai preso un aereo.» Rivelo sincera.
«Sul serio?» Sembra molto sorpreso dalla mia affermazione, come se viaggiare fosse la cosa più comune del mondo - un po' mi irrita la sua reazione, ma cerco di nasconderlo annuendo con la testa.
I soldi non crescono su gli alberi, soprattutto se devi formarti da sola senza contare dell'aiuto di nessuno. Forse lui non ha idea di cosa voglia dire, d'altronde il suo Rolex, la sua auto, il suo profumo che sa di ricco, lascia intravedere una persona che ha avuto molte possibilità nella vita.
«Sei giovane, hai tutto il tempo del mondo.»
Qualcosa mi dice che si è reso conto di come ho reagito alla sua domanda - ha fatto marcia indietro addolcendo la voce ancora di più e in qualche modo lo apprezzo. Anche se tutto ciò mi spaventa...è possibile che qualcuno che appena conosci riesce a leggerti dentro così bene?
«Arrivati.»
Mi guardo intorno notando le poche auto in questo grande parcheggio. Non ho idea di dove siamo, ma sicuramente siamo pochi presenti.
Chris
Quando ho accettato di uscire con lei non avrei mai pensato che venisse giù il mondo in questo modo. Sarei stato volentieri a casa, magari di fronte ad una coppa di vino in sua compagnia, ma credo che avrei osato troppo.
Devo fare le cose con calma e per bene se voglio che funzioni tutto per il meglio e invitarla a casa mia dopo averla incontrata solo due volte non è il massimo. Dunque, pioggia a parte, un caffè va più che bene in queste circostanze.
Osservo come si muovono le sue sopracciglia leggendo il menu del posto come se i vari caffè scritti là sopra siano un codice indecifrabile. Non è difficile. Ma con lei sembra tuto così complicato, anche un semplice gesto potrebbe rivelarsi una pazzia ed io non so come comportarmi di fronte a questa strana situazione.
Una signora di mezza età la interrompe chiedendo cosa gradisce e lei sembra essere colta da un attacco di panico. Almeno beve il caffè? Sposta il suo sguardo verso di me sbattendo le ciglia lunghe più volte, mordendosi il labbro inferiore e aspettando che io la salvi da tutto questo.
Io non ci riesco.
Non riesco a starmene tranquillo mentre lei mi osserva in quel modo - con gli occhi scuri e pieni di quella luce nuova, diversa dalle altre. Lei è diversa da tutte quelle conosco, mi rende instabile e nervoso. Potrei stare ore a guardarla e non troverei comunque il minimo disagio a farlo, sarei capace di scovare ogni singolo dettaglio anche solo in un centimetro di pelle, solo perché lei non è loro. Lei si imbarazza di fronte a dei caffè e canticchia tutto ciò che ha un ritmo senza sapere neanche le parole.
«Passo tra dieci minuti?» La voce della signora davanti al nostro tavolo mi riporta alla realtà, scuotendomi senza pietà per recuperare la dignità persa da qualche parte all'interno di questo locale.
Ma che diavolo mi prende?
«Per me un caffè doppio...» Vorrei chiederle un triplo, o di lasciare l'intera damigiana se possibile - magari riuscirei a restare attivo. «...per lei uno normale, grazie mille.»
Alla fine ho scelto io per entrambi e lei non sembra scomporsi minimamente mentre si allontana dal tavolo per permettere alla signora di prendere i nostri menu. Mi schiarisco la voce attirando la sua attenzione.
«Di dove sei?» Mi precede posando le mani sotto al suo mento.
«Perché?»
«Hai decisamente un accento diverso, non sembri americano.» Ha un sorriso sincero stampato in volto, sembra così tranquilla e disinvolta rispetto alle volte precedenti.
«Melbourne.»
«Oddio! Davvero? Io sogno l'Australia da anni! Seriamente, voglio andare in Australia!»
E adesso che le è preso?
I suoi occhi sembrano brillare ancora di più, lo fanno ogni qualvolta stia per avere una crisi...o almeno credo. Lei è così strana, a volte sembra così adulta e matura, altre volte, come adesso, sembra dimostrare circa dieci anni meno della sua età.
«Non è che ci sia molto da me...» Faccio il vago giocando con la tovaglietta di plastica posta al centro.
«Il mare!»
«Anche qui avete il mare...Florida, California, Coney Island.»
«Sì ma non è lo stesso.»
La signora di prima torna con le nostre ordinazioni e lo scontrino, così senza pensarci tiro fuori il portafoglio dalla tasca del giubbotto, prendendo una banconota da dieci dollari.
«Già pagato.» Dice la signora rifiutando i miei soldi prima di andarsene.
Ci vuole qualche secondo prima di accorgermi della faccia di Alex che sorride posando un portafoglio colorato dentro alla sua borsa nera a tracolla.
Non sono abituato a questo, non ho mai lasciato pagare una donna e di sicuro non a un mio invito. Mi sento come se mi avessero appena gettato un bicchiere d'acqua ghiacciata addosso.
Perché lo ha fatto?
«Non dovevi pagare te.» Borbotto prendendo il caffè tra le mani, prendendo un piccolo sorso.
Il suo sorriso si è completamente spento.
«E perché no?» Sembra arrabbiata, i suoi occhi si sono chiusi a due fessure mentre attende che io le risponda.
«Perché no e basta. Non dovevi.»
Cerco di abbozzare un sorriso allentando un po' la tensione, ma lei sembra pronta ad esplodere. Il suo umore è totalmente cambiato, non è in soggezione o in imbarazzo, stavolta sembra diversa, come se sputasse fuoco da ogni poro. È incazzata senza un motivo apparente.
Forse ha il ciclo.
«Ti da noia che abbia sprecato cinque dollari per un caffè che so già non mi piacerà o la figura che hai fatto di fronte ad una signora mentre la ragazzina al tavolo con te pagava?» Alza la voce non curandosi delle poche persone all'interno - se potesse sputare veleno lo farebbe sicuramente contro di me.
«Tranquilla è tutto apposto.» Cerco di abbassare la voce il più possibile guardandomi intorno. Ci stanno guardando ed io odio dare spettacolo, soprattutto per argomenti così futili.
«Io sono apposto. Sei tu che hai un problema con i tempi, il quindicesimo secolo è passato da un po', amico svegliati.» Si appoggia allo schienale con forza, incrociando le braccia al petto ed evitando il mio sguardo.
Ok, mi sto incazzando...
«Sei seria?» Appoggio il caffè al centro del tavolo forse con un po' di troppa forza, facendolo oscillare da una parte all'altra il contenuto dentro alla tazza.
Lei mi guarda con aria di sfida, senza trapelare un minimo di paura dai suoi occhi ed io vorrei solo alzarmi e lasciarla qui a piedi - ma allo stesso tempo vorrei discutere, urlare, litigare con lei. Ci conosciamo sì e no da venti minuti e siamo già arrivati a questo punto. Ma per quanto la cosa possa sembra strana, mi eccita da morire, mi smuove qualcosa dentro, qualcosa che era spento, sepolto negli angoli più remoti del mio cervello.
Lei sta riaccendendo qualcosa dentro di me.
«Siete tutti uguali voi.» Si avvicina lentamente rimanendo a pochi centimetri di distanza dal mio viso. «Siete forti e possenti, volete tenere il mondo tra le mani come se vi appartenesse, ma non accettate il fatto che una donna possa pagare senza sentirvi a disagio. Notizia dell'ultim'ora: ti si addrizza lo stesso se ringrazi.»
Ma che cazzo?
Potrei perfino inchinarmi di fronte ad una sfrontatezza del genere e magari regalarle l'applauso che merita. Ma sono talmente orgoglioso e incazzato che rimango immobile, cercando di capire chi dei due sta accorciando la distanza che ci separa. Sento il suo respiro caldo su di me mentre indugia con gli occhi sulle mie labbra, di nuovo, esattamente come stava facendo in macchina. È buffo come faccia un discorso femminista sui diritti delle donne con forza e veemenza e poi desidera di essere scopata da un uomo burbero venuto dal quindicesimo secolo.
Glielo leggo in faccia, nel modo in cui le sue guance si colorano di un rosa acceso, il suo corpo trema leggermente mentre cambia posizione e i suoi occhi cinguettano insistentemente.
Dentro di me fremo ancora una volta, ma stavolta non posso trattenermi, se lo facessi non sarebbe di certo per lei. Si sta concedendo senza alcun indugio, sono io il coglione adesso che attende un segnale che non esiste. Attendo una sua piccola mossa, un suo via libera, ma a che scopo? I suoi gesti mi danno la certezza di cui ho bisogno.
Mi lecco il labbro inferiore senza togliere lo sguardo dalle sue e prima ancora che possa accorciare la distanza tra di noi, sento le sue mani fredde e piccole che mi prendono il viso con forza mentre mi bacia lasciandomi di stucco.
Le sue labbra sono morbide esattamente come mi aspettavo, calde e leggermente screpolate. Sono colpito dal fatto che sia stata proprio lei a farsi avanti e rimango inchiodato su questa sedia mentre le sue labbra mi conducono a loro, impazienti di avere di più. Vorrei poter reagire, prendere e capovolgere la situazione, ma adoro questa cosa.
Mi piace il fatto che sia lei padrona di tutto questo e che mi desideri a tal punto di dimenticarsi che siamo in un bar in pieno giorno di fronte ad altre persone. Lei se ne frega di tutto ciò, non ha problemi a litigare in pubblico, né tantomeno a baciarmi, lei se vuole una cosa se la prende e non chiede di certo il permesso - è sicuramente una persona che sa quello che vuole dalla vita e mi spaventa. Per quanto vorrei baciarla fino a sfinirmi le labbra, mi fermo a riflettere ancora una volta. Questa ragazzina mi incendia talmente forte, che potrebbe uccidermi senza rendersene conto.
Mi guardo intorno passandomi una mano tra le labbra, sento il suo sapore dentro ogni fibra del mio corpo, vorrei baciarla ancora e ancora, ma devo contenermi. Le poche persone del locale non ci hanno nemmeno fatto a caso a noi due che siamo avvolti da un'aurea carica di tensione sessuale.
Cerco di mantenere il controllo della situazione ricomponendomi sia sul posto che mentalmente. Lei sembra spaesata mentre si sistema i capelli dietro alle orecchie e cerca di guardare ovunque pur di evitare il mio sguardo - si porta il caffè alle labbra e ne beve un lungo sorso senza staccare gli occhi dalla tazza.
«Alex...» La chiamo ma niente, non vuole saperne di voltarsi.
«Alex.» Insisto ancora una volta alzando di poco la voce e finalmente, come un cucciolo che è stato appena bastonato, mi guarda.
«Va tutto bene.»
Non so perché mi sia uscita una frase del genere, ma forse lei ha bisogno di questo. Ha bisogno di sentirsi dire che non ha tirato troppo la corda, che va benissimo tutto questo e che io sia fottutamente eccitato dal suo strano modo di comportarsi.
«Adesso so anche io di non esserti indifferente.» Ammicco.
La sua leggera risatina e il mio sorriso compiaciuto rimpiazzano il piccolo teatrino di poco fa e così, come se niente fosse appena successo, riprendiamo a parlare del più e del meno.
//spazio autrice//
...
C'è stato un bacio no?
Marian.
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