Capitolo 2

Di fronte a me un vero e proprio caos da manuale.


La donna dai capelli rossicci continua ad urlare imperterrita contro di lui ed io, che dovrei soltanto pulire e fare il mio lavoro, mi ritrovo ad avere i piedi incollati su questo pavimento come se una forza maggiore mi dicesse di restare. Solitamente avrei preso il mio carrello dei detersivi e sarei corsa via, ma adesso sento che devo rimanere esattamente qui...sarà il destino, il culo sodo di quest'uomo, Dio, la fata turchina, ma io devo stare qui.
Devo raccontare tutto a Jason, dannazione! Al diavolo il contratto sulla privacy - non gli racconterò di certo una formula segreta per costruire una bomba nucleare! È solo un piccolo pettegolezzo...

«Te la scopi?»

La voce squillante di Jessica Rabbit mi riporta alla realtà e sento quattro occhi puntati addosso mentre con nonchalance pulisco il divano con un panno.

Tranquilla Alex, tu pulisci e basta, non si accorgeranno di te...

«Cosa? No... gattina, nemmeno la conosco...mai vista prima.»

Scuoto la testa continuando a darmi da fare tenendo le orecchie ben dritte per ascoltare meglio il teatrino che si è formato e, senza rendermene conto, una risatina mi sfugge dalle labbra attirando maggiormente la loro attenzione su di me.

Involontariamente copro la bocca e giro la testa incontrando il suo sguardo stranamente divertito – non è turbato o arrabbiato come mi aspettavo di trovarlo. Se la ride anche lui di nascosto ed è il motivo per cui allargo le mie labbra ancora di più, come se ci fosse una sorta di connessione tra di noi in questo momento ed il suo ennesimo occhiolino mi manda una scossa elettrica in tutto il corpo. A Jessica Rabbit questa cosa non va per niente giù. Chissà se mi lancerà dalla finestra.

«Ma ci stai provando con lei?» La sua voce si alza di qualche nota risultando sempre più squillante e fastidiosa all'udito.

«Gattina, certo che no.»

Perché insiste a chiamarla "gattina"? Mi da sui nervi quel nomignolo...è così banale e privo di senso.

«Non toccarmi!» Viene spinto via ancora una volta e si blocca grazie alla scrivania di legno che barcolla leggermente sotto il suo peso. Spero che non rompano dei mobili, non credo sia scritto nel mio contratto di pulire dopo una lite focosa tra amanti.

Si sposta i capelli con la mano destra prima di farsi serio mentre con la sinistra cerca di stirarsi la camicia il più possibile, ormai è diventata un ammasso di grinze, proprio come i suoi pantaloni scuri. Solo adesso noto il suo fascino, è un uomo al di poco stupendo, con un fisico molto allenato, gli occhi azzurri e decisamente alto...uno di quei modelli da copertina che fanno impazzire tutte le donne - non so se mi spiego eh.


Sono sicura che se qualcuno mi stesse guardando in questo momento vedrebbe una stupida ragazzina con la bocca mezza spalancata e gli occhi sognanti - non riesco a fingere minimamente, ho sempre ribadito che non bisogna assolutamente nascondere le proprie emozioni o stati d'animo. Se c'è una cosa che ti piace, apprezzala. Se c'è una cosa che ti fa male, piangi.

«Allora che ne dici se ti accompagno a casa, ci facciamo un bel bagno caldo e ne parliamo con calma di fronte ad un calice di vino?»

Oh non sai quanto ne avrei bisogno io...se me lo proponesse accetterei seduta stante.

«A casa ci vado da sola, tu invece vattene a fanculo, addio!»

Con grande aggressività mi spinge da una parte e se ne va sbattendo la porta facendo tremare tutti i muri. Ho paura possa cadere giù tutta la stanza...e in lontananza il rumore dei suoi tacchi fa da eco in tutto il corridoio fino a sparire completamente.

Che tipa.

Cerco di ricomporre ogni pensiero al suo posto e mi appresto a terminare il mio lavoro il prima possibile, ho perso già abbastanza tempo qua dentro e ancora devo terminare quattro piani, ovvero sedici uffici.

Spero solo di non ricevere altre strane sorprese, voglio soltanto finire il prima possibile e tornare a casa dalla mia Allie.


Spruzzo velocemente il detersivo per i vetri sul tavolino posto in un angolo della stanza e con la carta lo asciugo facendo movimenti circolari. Non ho mai pulito a questa velocità, ma visto che ho già sprecato quindici minuti devo rifarmi se voglio andare via in tempo.

Se solo quest'uomo smettesse di guardarmi...

Sento il suo sguardo puntato addosso mentre gli do le spalle, fulmina tutto il mio corpo come se al posto dei suoi occhi ci fosse una lama ardente che si conficca sempre più in profondità e avverto immediatamente il desiderio di mettermi al riparo, così mi giro verso di lui. È fermo immobile in un punto indefinito della stanza, a qualche metro da me, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo di chi sa esattamente cosa vuole dalla vita.

Sarà il suo Rolex al polso o la cintura griffata, ma quest'uomo ha sicuramente un fascino fuori dal comune.


Mi mordo le labbra cercando di nascondere un sorriso ma fallisco nel tentativo, così abbasso la testa e ci riprovo. Non deve essere così complicato, devo solo rimanere seria e impassibile. La rialzo posando nuovamente gli occhi su di lui che, finalmente, ha cambiato espressione, lasciando intravedere una nota di divertimento. Sento che per qualche assurda ragione siamo molto simili, riesco a leggere i suoi pensieri e credo che lui possa leggere i miei. L'aria intorno a noi è talmente carica di adrenalina che basterebbe un semplice fiammifero ad incendiare tutto questo edificio.

«Come ti chiami?» Chiedo rompendo il silenzio.

Ormai che siamo arrivati a questo punto, perché non dovrei farci due chiacchiere? Non dovrebbe esserci niente di male a conversare con una persona dentro ad un ufficio. A parte il fatto che lo vieta il mio contratto, ma solamente se parliamo di lavoro.

«Sei spavalda.» Alza un sopracciglio e con due falcate raggiunge il divano di pelle sedendosi sopra con fare arrogante.

«Educata direi, tu dovresti essere una sorta di maniaco visto che non mi stacchi gli occhi di dosso, giusto?» Commento con una nota di fastidio continuando a fare quello stavo facendo, sentendo una risatina alla mia destra.

Ma questo qui sa solo ridere? Mi sta dando davvero sui nervi.

Entro in bagno con fare riluttante, visto la scena accaduta poco fa e pulisco in pochi secondi per non dover stare troppo tempo qua dentro. Voglio andarmene al più presto possibile, forse ho frainteso tutto, mi sono fatta un'idea sbagliata su di lui. Già il fatto che lavorasse qui doveva essere un campanello d'allarme visto che tutte le persone qua dentro mi evitano come se avessi la peste.

Non sono alla loro altezza, sono la donna delle pulizie. Ecco come mi vedono le persone come lui, e anche se provo ad essere forte e lasciar perdere, queste cose mi fanno incazzare come non mai.

Torno nell'ufficio e lo trovo ancora lì a osservarmi con un sorriso da ebete stampato in faccia e i piedi appoggiati sul tavolino di fronte al divano.
Cerco di ignorarlo e accendo l'aspirapolvere pulendo ogni angolo della moquette come un'assennata, andando da una parte all'altra ad una velocità da manuale, se solo potessi aspirare anche lui mi sentirei ancora più soddisfatta. Arrivo di fronte al divano e mi fermo a guardarlo sbattendo più volte il piede a terra mentre aspetto che si levi di mezzo - penso che non ci voglia un genio a capire che deve spostarsi o forse lo ha capito, ma preferisce schernirmi da capo a piedi e farmi perdere tempo.

«Scusa, vorrei fare il mio lavoro.» Scandisco bene ogni lettera tenendo la testa alta.

Un altro insegnamento di mia madre: per farmi prendere sul serio dalle persone devo alzare la testa il più possibile e non interrompere mai il contatto visivo.

E per mia fortuna, ottengo una reazione da parte sua - sposta i piedi dal tavolino e si alza velocemente sovrastandomi con il suo corpo possente e massiccio in confronto al mio esile e minuto. È talmente vicino che riesco a sentire la sua acqua di colonia fin dentro i polmoni. Ha un profumo che trasuda virilità sotto a delle sfumature dolciastre. Riesco ad intravede a questa altezza il suo petto che si alza e abbassa lentamente, sento quasi il suo calore o il mio corpo che va letteralmente a fuoco. Non oso minimamente alzare lo sguardo per incontrarlo, preferisco starmene così, a contare i bottoni della sua camicia.

«Ciao piccola.» La sua voce è appena udibile, come se fosse un sussurro dettato a sé stesso. Sento la sua mano calda appoggiarsi sotto al mio mento mentre mi solleva lentamente la testa in alto verso di lui.

Sto per andare in iper-ventilazione.

Una strana sensazione si irradia lungo tutta la mia spina dorsale, lasciandomi esterrefatta di fonte al suo sguardo intimidatorio. Non ho idea cosa mi stia prendendo, non sono mai rimasta a corto di parole e non mi sono mai sentita così a disagio in vita mia. È come se questa persona riesca a buttare giù tutto il mio coraggio e lasciar fuori una piccola pecorella smarrita - sembra di essere tornata a quando abitavo con i miei, che avevo addosso quella costante sensazione di non essere abbastanza per loro, sempre a disagio. Sono tornata indietro nel tempo. Dentro la tana del lupo.


Prendo un lungo respiro e mi faccio forza, cambiando la mia postura, ricordandomi mentalmente gli insegnamenti di mia madre, e provo a guardare non più i suoi occhi ipnotizzanti, ma gli occhi di un uomo che con irruenza se ne sta di fronte ad una ragazza che aspetta di terminare il suo lavoro.

«Ciao soldato.» Abbozzo un leggero sorriso alzando un sopracciglio con aria di sfida. Se questo è il suo gioco con tutte le donne che entrano nel suo ufficio, sono pronta a giocare anch'io.

Improvvisamente sulla sua fronte si forma un cipiglio scuro e toglie lentamente la mano dal mio mento, portandole lungo fianchi e l'ennesima scossa elettrica mi manda in tilt il sistema nervoso.

Morirò di infarto, lo so.

Delle piccole rughe si formano ai lati dei suoi occhi non appena sorride, non riesco a dargli un'età ben precisa ma è sicuramente un uomo ormai adulto, direi quasi sulla trentina ma non sono mai stata forte con i numeri. Ha un accenno di barba che trovo estraneamente sexy ed i capelli di un biondo scuro corti ai lati, ogni suo piccolo dettaglio gli dona alla perfezione, come un Dio greco.

Colgo l'occasione per allontanarmi di qualche centimetro e solo adesso mi accorgo di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
La suoneria di un telefono attira la sua attenzione e ringrazio mentalmente chiunque sia per aver interrotto questo strano momento – è successo tutto così in fretta, sono passati solamente cinque miseri minuti eppure mi sembra di stare qua dentro da un'eternità. Mi sento così accaldata e ho bisogno di aria fresca per riprendermi.
Così mentre è totalmente preso dalla sua telefonata, termino in fretta e furia le ultime cose e me ne vado senza voltarmi indietro.

***

Chris

Raccolgo una manciata di fogli sparsi sul tavolo e li infilo alla rinfusa dentro ad una cartellina gialla - sono troppo stanco per continuare a lavorare, così decido di andarmene prima e terminare tutto a casa, d'altronde avrei dovuto staccare circa tre ore fa.

Dalle finestre del mio ufficio che affacciano su Toledo riesco a vedere già il sole tramontare ed una luce rossa soffusa penetra in tutta la stanza creando un'atmosfera suggestiva e pacifica. Mi soffermo a guardare ogni punto di questa strana città - come ci sono arrivato qui?

Mi manca Chicago ogni giorno sempre di più, qui e tutto così diverso, calmo, quasi snervante in confronto al mio vecchio stile di vita.

Prendo il cappotto dall'attaccapanni e lo indosso controllando di avere tutto nelle tasche, come uno schema mentale che si ripete: telefono, chiavi della macchina, chiavi di casa, badge magnetico. Ho tutto.

La telefonata è durata più del dovuto e credo di essere l'unico ancora dentro a questo edificio visto che l'ascensore scende subito al mio piano senza fermarsi. Entro con i passi pesanti e stanchi, e premo subito il pulsante che indica il piano terra aspettando tranquillamente appoggiato contro il vetro.

Nell'esatto momento in cui chiudo gli occhi rilassandomi, la mia mente vaga sull'incidente di oggi pomeriggio e il suo sguardo investigativo mi appare davanti ancora una volta. Lo devo ammettere, faccio così con tutte le donne, purtroppo loro sono una mia grande debolezza - non posso fare a meno di conquistarle in qualche modo come se dovessi per forza dimostrare qualcosa a qualcuno e che io so come va trattata una donna. Col tempo ho imparato che non servono neanche più i cioccolatini o le rose rosse, le donne vanno destabilizzate. Vanno fatte uscire dalla loro comfort zone in modo da renderle vulnerabili e poi attaccare.

Sì, mi sento un predatore a volte. Ma mi piace così, mi diverto.

Il suono metallico dell'ascensore che si arresta mi fa scattare sull'attenti e non appena le porte si aprono stringo la cartella sul fianco ed esco notando con mio stupore la scrivania della hall ancora occupata da Patricia.

«Ciao tesoro.» Ammicco verso di lei appoggiando entrambe le braccia sul bancone. Sembra che abbia preso una mazza in testa quando alza lo sguardo su di me, ma subito dopo si ricompone addrizzando la schiena e tirando in fuori il petto.

«Oh Chris, ancora qui...sarai sicuramente distrutto...» Mette il broncio mentre si alza in piedi e si avvicina. So cosa vuole e visto che Megan mi ha scaricato poco fa, Patricia è un ottimo ripiego.

«Già, vedi avrei tanto bisogno di un massaggio, ho un tale mal di schiena...» Mi lamento muovendo il busto da una parte all'altra cercando di sembrare il più realistico possibile, ma non ho bisogno molto di fingere - lei è già praticamente caduta ai miei piedi appena ho messo piedi in questa azienda circa un anno fa.

«C'è qualcosa che posso fare per te?" Con uno scatto felino si sporge in avanti lasciando solo pochi centimetri tra i nostri corpi, si è letteralmente arrampicata alla scrivania e adesso si trova a cavalcioni mentre desidera fortemente di essere baciata.

Non è esattamente il mio tipo di donna, ma è sexy. Perché no?

Faccio spallucce abbassando lo sguardo sulla sua bocca, leccandomi il labbro inferiore, sentendo il suo respiro tremare mentre mi avvicino sempre di più lasciando svanire quello poco spazio che ci divide.
Il suo corpo freme contro il mio e la cosa mi compiace da morire, ho bisogno esattamente di questo, di sentirmi desiderato fino a questo punto, di vedere crollare una donna di fronte a me con un semplice bacio.

Un urlo stridulo mi fa voltare di scatto, mentre Patricia si ricompone come una matta lanciandosi all'indietro contro la sedia e cercando di aggiustarsi il rossetto sbaffato.
Non posso trattenere un sorriso mentre la ragazza di fronte a me si porta una mano sul petto - è incredibile come sbuchi fuori nei momenti meno opportuni.

«Scusate, allergia...credo...di solito non starnutisco così...» blatera cose senza senso mentre seguo ogni suo movimento fino alla porta d'uscita. Indossa un cappotto talmente giallo che fa male agli occhi solo a guardarlo, con una sciarpa enorme di mille colori. Sembra essere uscita da un cartone animato, qualcosa tipo Alice nel Paese delle Meraviglie o merdate del genere. Gesticola con le mani cercando di rimediare al suo errore di prima, la vedo combattuta mentre dice alla rinfusa frasi su frasi che nemmeno ascolto, poi sbuffa in una risata e se ne va girandosi di spalle, mandando un semplice saluto con la mano destra e sparisce dalla mia vista.

Chi diavolo è questa ragazza?

«Patricia, devo andare.» Corro letteralmente verso l'uscita senza un vero motivo apparente. Non ho intenzione di andare a parlarle, voglio solo vedere cos'altro ha da dire o cosa farà, non lo so.

Voglio vederla ancora.

Il freddo mi colpisce come un treno in faccia e immediatamente tiro su la sciarpa per coprirmi le orecchie guardandomi più volte intorno prima di attraversare la strada. E mentre corro verso la macchina la vedo, appoggiata ad un maggiolino azzurro mentre mi fissa con un sorriso e una sigaretta tra le mani.

Mi stava aspettando?


È incedibile come i suoi occhi vagano su di me senza nessuno timore, senza pietà. Non ha paura di essere beccata a guardare, lei vuole guardare e vuole che io lo sappia. È così sfacciata da far quasi paura ed è forse questo che attrae. Adesso mi sento io quello esposto, sotto pressione e la cosa mi fa incazzare e impazzire allo stesso modo.

«Ciao piccola!» Urlo verso di lei alzando un braccio in aria.

Lei non dice niente, butta la sua sigaretta a terra, mi lancia un occhiolino ed entra dentro alla sua auto.

Ma da dove sbuchi fuori?


\\ spazio autrice\\

Secondo capitolo! E stavolta per la prima volta c'è il pov di Chris! Cosa ne pensate?
Vi lascio in cima le grandiosi espressioni di Alex.
Bye.
Non ho niente da dire, quindi vi saluto!
Un bacio, Marian.

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