Capitolo 18
Chris
«Torno subito!»
Annuisco spegnendo il motore dell'auto solo dopo aver dato l'ennesima occhiata al modo in cui le fasciano le gambe e i glutei quei stramaledetti pantaloni grigio scuro - vorrei poter far finta di niente, ma è impossibile, lei riesce a farmi perdere la testa comportandosi semplicemente in maniera del tutto naturale.
È riuscita perfino a farmi piacere una lezione di meditazione, nonostante la riluttanza e la paura iniziale.
Pregiudizi. Si tratta sempre dei miei pregiudizi per qualsiasi cosa.
Alex ha ragione, dovrei rilassarmi e lasciarmi andare più spesso, senza dover indugiare e riflettere come un assennato. Troppi conti e calcoli nella mia testa, il tutto a contornare uno stato d'animo pessimo. Eppure lei riesce a farmi sorridere.
Tamburello le dita sul volante aspettando che torni. Il parcheggio si è già riempito e diversi genitori camminano verso la porta dove è entrata Alex. Riesco a sentire le urla di tutti quei bambini dietro a finestrini chiusi e scuri della mia auto.
Che strana la vita.
Neanche pochi giorni fa, ho pensato di lasciar perdere l'idea di frequentare una giovane ragazza madre, eppure eccomi qua, di fronte ad un asilo nido che aspetto il suo ritorno insieme alla figlia. Non ho la più pallida idea di come debba comportarmi adesso, ma d'altronde si tratta solo di un passaggio a casa, non è poi così difficile.
Mi giro di lato appena la vedo camminare verso questa direzione. Sorride tranquillamente mentre tiene la bambina per mano e per un momento penso di mettere in moto e scappare lontano. Mi fa strano vederla così. Potrebbe trattarsi di sua sorella più piccola, invece tiene proprio sua figlia.
Apre la portiera posteriore e osservo come l'aiuta a salire sistemandola meglio sul sedile.
Mi viene naturale aprire bocca e dirle di allacciarle la cintura, mentre lei annuisce armeggiando con la chiusura.
«Merda! Ho lasciato la borsa!» Afferma sbattendo la fronte sul palmo della sua mano destra.
Chiude la portiera e corre via lasciandomi da solo con una bambina seduta dietro di me.
E adesso cosa dovrei fare?
Mi sistemo meglio cercando di non farmi prendere il panico, osservando la piccola figura dallo specchietto. Si guarda intorno incuriosita toccando tutto ciò che trova, compreso il mio vetro perfettamente pulito con le sue manine sicuramente appiccicose e sporche. Non odio i bambini, li adoro. Ma solo se si trovano lontani anni luce da me.
Si sporge di lato cercando di aprire il mio borsone e lotta con la cerniera lamentandosi.
«Cerchi qualcosa?» Chiedo girandomi nella sua direzione.
Per un primo momento sembra spaventata e pronta a scoppiare in lacrime. Forse ho usato un tono troppo duro, d'altronde non ha la più pallida idea di chi sia questo strano sconosciuto.
«Come ti chiami?» Cerco di addolcire la voce il più possibile.
«Lilli...» farfuglia cercando di ripetere il suo nome nella maniera più comprensibile che ci sia, fallendo nel suo tentativo.
«Io sono Chris, piacere di conoscerti Lilli.»
Allungo la mano presentandomi e lei da prima riluttante, allunga la sua posandola sulla mia. È così buffo vedere la notevole differenza di grandezza.
I suoi occhi mi scrutano incuriositi studiando ogni centimetro del mio viso, mettendomi in soggezione. Esattamente come la madre. Hanno lo stesso modo di guardare le persone, lo stesso sguardo e le stesse espressioni facciali. Alex dice di no, ma sono perfettamente identiche.
«Guarda!» Sposta la sua mano dalla mia e la mette dietro alla schiena, tirando fuori un piccolo pupazzo verde. Lo sventola davanti ai miei occhi e lo prendo piano osservando che si tratta di una specie di coccodrillo con gli occhi più grandi del dovuto.
«Bello.» Commento sarcastico porgendoglielo ma lei scuote la testa spingendolo via contro di me.
«Cuccudrillo tuo.» Evito di ridere del modo in cui pronuncia le parole.
«È per me?» Annuisce sorridendo e sento il mio petto scaldarsi dopo questo semplice gesto.
«Grazie Lilli, lo metto qua sopra ok?»
Lei ride coprendosi il viso con le mani mentre poso il piccolo coccodrillo sul cruscotto, sistemandolo meglio in modo che guardi la strada anche lui.
Magari tra pochi minuti lo rivorrà, ma accetto il suo piccolo regalo come se fosse la cosa più bella che potessi mai ricevere. I bambini riescono sempre a farti sciogliere con così poco.
Alex apre la porta sedendosi goffamente sul sedile. Si sposta i capelli dietro alle orecchie e farfuglia cose sulle maestre che la tartassano di domande strane e esilaranti. Non riesco mai a starle dietro, lei non apre i discorsi come le persone normali e quindi mi ritrovo ad annuire convinto di seguirla.
«Ehi! Lui che ci fa qui?» Si allunga in avanti prendendo il mio coccodrillo e girandosi verso la figlia che borbotta infastidita sbattendo i piedi sul sedile.
«È mio.» Dico solo mettendo in moto e guardando attentamente la strada, stando attento alle persone che escono ed entrano nel piccolo edificio colorato.
«Tuo?» Ride con ancora il pupazzo tra le mani.
«Mamma no! Ciss!» Allunga la s con veemenza, urlando contro la madre che la guarda incuriosita prima di spostare lo sguardo su di me.
Cerco di trattenere un sorriso per il modo in cui mi ha chiamato e il teatrino drammatico che si è formato dentro alla mia auto. Alex si allunga sbuffando rimettendolo al suo posto, così ne approfitto per sorridere alla bambina che mi osserva allegra nascondendo il suo viso sotto alla copertina gialla che sembra tenere sempre con sé.
Torno serio guidando tranquillo lungo la strada, diminuendo la velocità più del solito. Non è da tutti giorni che io debba portare una bambina in auto con me, quindi faccio davvero fatica a rispettare la segnaletica e i limiti stradali. Alex di fianco a me canticchia tamburellando le dita sulle gambe con il suo solito fare spensierato e allegro - a volte vorrei entrarle nella testa per sentire cosa pensa.
«Mamma gelato!» Sobbalzo quando la voce squillante della piccola rompe il silenzio rilassante che si era creato. Alex non si scompone nemmeno e non ho idea di come faccia a gestire il mini vulcano che ha partorito. Io rischierei di morire seriamente di infarto, non sono abituato a questi scatti di felicità immensa.
«A casa ne mangiamo uno ok?» Dice tranquilla continuando a guardare fuori dal finestrino.
«No! A casa brutti!» Strilla cercando di sporgersi in avanti ma la cintura glielo impedisce, così si contorce furiosa.
«Non fare la noiosa Allie...»
La bambina si dimena ancora urlando e scalciando ed io vorrei solo accostare e lanciarle entrambi fuori. È ovvio che io non abbia voce in capitolo, ognuno decide di crescere i proprio figli come meglio crede, ma forse Alex esagera un po'. Si tratta solo di un gelato, che male c'è?
«Ci fermiamo al parco se vuoi.» Dico tranquillo buttandola giù tranquillamente.
«No grazie, ti ho sfruttato abbastanza per oggi.»
«Dico davvero Alex, per me è indifferente.»
La bambina dietro ha smesso di piangere e posso dire con certezza che sta ascoltando i nostri discorsi.
«Se la metti così allora va bene.»
Noto con la coda dell'occhio il suo sorriso e, sempre restando impassibile, metto la freccia direzionale cambiando immediatamente la meta.
***
Non credevo che proporre una passeggiata al parco con un gelato diventasse poi una delle decisioni più giuste della mia vita.
Credo di non aver mai passato un pomeriggio così tranquillo e spensierato con una ragazza. E sua figlia.
Pensavo che fosse una pazzia e - forse dando troppo peso alle parole di Marcus - mi sarei dato la zappa sui piedi. Eppure sto bene.
«Niente, non lo vuole.» Alex mi raggiunge sulla panchina sedendosi di fianco a me, con il gelato della figlia in mano.
Aveva ragione, forse avrei dovuto darle ascolto ed evitare di prendere un cono tre gusti con panna montata. Ne ha appena assaggiato un quarto e adesso Alex si sente in colpa perché deve buttare del cibo inutilmente.
«Cavolo! Chris! E adesso come faccio? Ci sono persone che muoiono di fame ed io sto buttando via questo gelato...» Lo osserva ancora girandolo tra le mani sul punto di piangere.
Tutto questo suo amore per il prossimo mi spaventa, da così tanto peso alle piccole cose che ignoriamo tutti giorni.
«Sono allergica al Kiwi, sennò lo mangerei io...» Alzo gli occhi al cielo osservando la figlia che corre allegramente con altri bambini appena conosciuti.
«Chris! E ora come faccio?»
«Oddio Alex! Dammi qua!» Sbotto strappandogli il cono dalle mani e iniziando a leccare le parti che si stanno sciogliendo.
Quante storie per uno stupido gelato. Ma se solo mi azzardassi a buttarlo so per certo che me la farebbe scontare per il resto dei giorni della mia vita, così decido di mangiarlo imbronciato. Non morirò sicuramente per questo, anche se l'abbinamento dei gusti è pessimo.
Divoro il resto del gelato sotto al suo sguardo divertito. Quando mi giro verso di lei avvicina la mano scuotendo la testa.
«Sei sporco qui.»
Non appena mi tocca l'angolo delle labbra con la mano, scatto in avanti ringhiando, aprendo la bocca per morderle le dita che si appresta a tirare indietro ridendo. Mi piace il suono della sua risata. Non è timido, neppure controllato. Ride con tutta sé stessa.
Mi avvicino di più a lei senza pensarci due volte.
Voglio baciarla.
«Prima pulisciti!» Si dimena tra le mie braccia, scuotendo la testa ogni volta che cerco di accorciare la distanza che ci separa.
Mi lecco le labbra togliendo l'eccesso di gelato liberandole finalmente i polsi che tenevo stretti per paura che potesse scappare.
«Meglio?»
Annuisce sorridendo, così finalmente le lascio un semplice bacio a stampo, senza spingermi oltre. Siamo in un parco pubblico, con tanti bambini presenti, compreso la sua.
Ancora non riesco a capacitarmi del mio nuovo cambio di direzione. Volevo solo divertirmi con lei, sotto le coperte possibilmente - invece facciamo meditazione, passeggiamo e scherziamo su argomenti che non ho mai approfondito nei miei trentadue anni. E poi i baci. I dannati baci che ci rubiamo in continuazione mi fanno letteralmente impazzire. Se non fosse stato per quelle stupide persone, l'avrei sicuramente spogliata su quel tappetino, e lei non avrebbe minimamente ribattuto. Lo volevamo, lo vogliamo entrambi. E ho paura che appena accadrà, non riuscirò più a smettere.
Alex è una straordinaria novità per me, in così poco tempo sono riuscito e legarmi a lei in un modo tel tutto nuovo e travolgente.
«Hai programmi per sabato?»
Lei scuote il capo osservando attentamente sua figlia.
«C'è la festa di fidanzamento di un mio amico, Marcus l'hai conosciuto.»
«Sì, mi ricordo di lui.» Si gira verso di me spostandosi una ciocca di capelli dal viso. «A che ore?»
«Ci saranno molte persone, inizia verso le otto ma sicuramente passerò a prenderti prima, tieniti libera per tutta la sera.»
Annuisce pensierosa, mordendosi il labbro inferiore con fare nervoso.
«Tranquilla, se non puoi lo capisco.»
«No no, posso. Solo che non so cosa mettermi...»
«È una festa molto formale, ma un sacco di iuta può andare bene.»
Mi tira un colpetto con la mano ridendo appena.
Fosse l'abito il problema.
Sono quasi svenuto appena l'ho vista con questi pantaloni indosso, non oso immaginare con un abito che effetto possa farmi.
«Allie!» Urla alzandosi. «Si è fatto tardi e inizia a far freddo, andiamo?»
Annuisco tranquillo prima di alzarmi e seguirla, cercando di evitare di guardarla ancora e ancora.
Spazio autrice.
Scusate per tutta questa attesa! Sono in una fase un po' caotica in questo momento, sopratutto per quanto riguarda la storia, ho milioni di idee ma devo trovare un modo per potere inserire al meglio.
Nel frattempo vi lascio con un capitolo su Chris.
Che ne pensate dell'incontro ufficiale con LILLI? ❤️
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