Capitolo 15
Non ho mai visto così tante persone alla Scott in orario di chiusura.
Continuo a pulire lo stesso punto del pavimento con lo straccio, cercando di far andare vie le impronte sporche della gente che passa non curandosi della mia presenza - forse lo fanno apposta, chissà.
Mi sento come la sguattera di turno che lavora a testa bassa e loro, senza neanche degnarmi di uno sguardo, mi passano davanti camminando in gruppo.
Ho pensato diverse volte di lasciare questo posto, ma la paga è molto buona e per il momento va bene così. Magari quando riuscirò a prendere l'attestato per cui sto studiando mi rimboccherò le maniche e cercherò qualcosa che mi soddisfi . Ogni lavoro è dignitoso a modo suo, ma io non sono fatta per stare qua dentro a sopportare le loro lamentele e il loro atteggiamento di superiorità nei miei confronti.
Vorrei tanto spaccare tutto e andarmene lontano con la mia Allie...
L'ascensore in fondo al corridoio si apre nuovamente e non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo. Mi toccherà passare lo straccio ancora una volta e perdere tempo in questo stupido piano. Non finirò più di questo passo.
Mi piego in avanti prendendo il detersivo per i vetri guardando con la coda dell'occhio le quattro figure che camminano lentamente verso di me, chiacchierando animatamente.
Sono tutti ingessati nei loro completi che vanno dal blu scuro al grigio, le loro scarpe perfettamente lucide e la postura di chi ha preso un master in un college privato finanziato dalla loro famiglia. Perché sì, qua dentro sono tutti dei grandi figli di papà, ormai ho imparato a riconoscerli a metri di distanza. Basti pensare all'odore acre e quasi pungente del loro eccessivo uso di colonia.
«Se ci degni della tua presenza, direi di procedere e concludere l'affare, giusto Hawkins?»
«Sissignore.»
Quella voce. Quella stramaledetta voce mi perseguita.
Cerco di essere il più discreta possibile mentre lo guardo con la coda dell'occhio. È il più alto del gruppo e la sua aurea di perfezione lo avvolge mentre si sistema la giacca blu e sbuffa facendo una smorfia all'uomo di fronte a lui. Trattengo un sorriso spruzzando il prodotto che ho tra le mani sulla cornice appesa al muro. Non ho idea del perché la stia pulendo visto che l'ho fatto poco fa...ma Chris sta camminando nella mia direzione ed io impreparata cerco una qualsiasi scusa per non sembrare interessata a lui.
Applico più forza creando dei cerchi con la carta assorbente quando lo sento vicino a me - il cuore martella insistente minacciando di uscire fuori dal petto e il suo profumo mi solleva i piedi da terra.
«Tra venti minuti nel mio ufficio.» Sussurra troppo vicino al mio orecchio facendomi cadere lo spruzzino a terra.
Mi vuole morta?
Fortunatamente sono tutti talmente snob da non accorgersi di me, o forse fanno solo finta di niente.
Sento la sua mano percorrermi il corpo lentamente, scendendo in basso soffermandosi sul fondoschiena. Poi sparisce insieme agli altri uomini dentro alla stanza in fondo al corridoio.
Sì, mi vuole morta.
Butto fuori l'aria che ho trattenuto per tutto questo tempo e sbatto più volte la testa al muro per scacciare via il suo tocco magnetico.
Adesso che so che lui è nel mio stesso posto, lavorare mi sembra così difficile e divertente allo stesso tempo. Difficile perché ricordo a stento come si faccia a respirare, divertente perché non riesce a starmi alla larga. Potrei dire di averlo in pugno...come potrei essere io nella sua morsa...
Ancora mi fa una strano effetto vederlo, considerando che ci sentiamo ed usciamo più spesso. Non sono ancora abituata all'idea di frequentare uno come lui, ciononostante riesco a sentirmi a mio agio in sua presenza...almeno finché non mi tocca o mi guarda - in quel caso rimango imbalsamata e divento impacciata come una bambola di pezza.
Contatti a parte, mi piace passare il mio tempo con lui, riesco a parlargli di qualsiasi cosa senza sentirmi in qualche modo giudicata. Come questa mattina, dopo il mio pianto isterico, mi son buttata a capofitto sulla trama di un film cercando di convincerlo a guardarlo - ma lui niente. Lui preferisce di gran lunga i film di guerra e azione ai miei drammatici e strappalacrime. Siamo costantemente divisi da opinioni contrastanti, ma forse è proprio questo il bello: abbiamo più cose su cui discutere.
I seguenti venti minuti volano via tra una stanza e l'altra e, con il cuore a mille cammino lentamente fermandomi di fronte alla porta di legno scuro piantando i piedi a terra prima di bussare.
Entro in silenzio appena spalanca la porta e per un momento sono indecisa se andarmene oppure no. Sembra così impegnato mentre parla al telefono, con la camicia sbottonata e la giacca blu appoggiata sulla scrivania dove sono sparsi una marea di fogli. Sicuramente è molto impegnato - allora perché mi ha chiesto di venire qui?
Mi fa cenno di chiudere la porta con la mano libera e, titubante, faccio come mi dice chiudendola timidamente.
Ancora una volta sono orribile, con la vestaglia grigia e la pelle appiccicosa. E sicuramente puzzo!
Mi guardo intorno mordendomi l'interno della guancia mentre osservo ogni punto della stanza che ho pulito accuratamente circa un'ora fa. Ammetto di aver sperato di trovarlo nel suo ufficio in questi giorni, ma non è stato così. Dopo il nostro primo incontro non ho mai avuto modo di incrociarlo qua dentro fino ad oggi.
«E come intendi procedere?» Cammina verso di me continuando a parlare e ad annuire di tanto in tanto.
«Circa il dieci per cento.» Allunga la sua mano toccandomi la guancia con uno sguardo estremamente dolce e piano si sposta in alto sui miei capelli.
Oh Dio, sono tutta sudata!
Mi tira leggermente la crocchia infilando le dita nell'elastico e pochi secondi dopo, i capelli mi scendono di lato, sulla spalle e dietro la schiena in un ammasso di riccioli e onde intrecciate tra di loro. Non oso immaginare l'orrore che sono in questo momento.
«Ti preferisco così.» Sussurra sorridendo appena, prima di voltarsi ancora una volta e dirigersi verso le grandi finestre dietro alla scrivania.
Vorrei tanto correre in bagno e guardarmi allo specchio, ma non voglio staccargli gli occhi di dosso. Non so se preferisco la versione da lavoro o quella spensierata di lui - è bello in entrambe le parti. Con la camicia bianca e i pantaloni gessati è l'uomo composto e autoritario che ho sempre desiderato in un angolo del mio cervello; ma quando è brillo e allegro dopo una serata di vino e tortino al cioccolato è un vero e proprio sogno erotico.
Ma come diavolo fa?
Io in confronto sembro la zia ubriaca dei matrimoni, con un abito troppo stretto, la cellulite nascosta dietro a mutandoni contenitivi e la capigliatura sciupata dalle eccessive ossigenazioni.
Mi avvicino alla scrivania scuotendo la testa allontanandomi i capelli dal viso e mi appoggio delicatamente per far riposare le mie povere gambe stanche. Lui nota subito il mio cambio di posizione e sorride prima di staccare la telefonata.
Finalmente!
Prima ancora che possa dire o fare qualcosa, si avventa sulle mie labbra baciandomi con forza, con il mio viso premuto tra le mani e la mia dea interiore che balla a ritmo di samba.
Apro la bocca permettendogli l'accesso della lingua e mi lascio trasportare dal suo bacio irruente e voglioso che ho tanto atteso in questi due giorni. Porto le mani dietro al suo collo mentre mi spinge ancora di più contro la scrivania, facendomi perdere l'equilibrio e l'ultimo briciolo di dignità che mi era rimasto. Mi sento come dentro ad un bolla con lui tra le mie gambe e il sottofondo del suono provocato dai nostri baci alternati da respiri smorzati e stoccate. Il mio corpo trema sotto al suo tocco mentre mi percorre i fianchi e la schiena sotto le mie vesti.
«Non credo sia il caso...» Riesco a dire con il fiato corto quando si sposta dalla mie labbra spostandosi sulla pelle scoperta del collo.
Sento un rumore provenire dall'esterno e mi metto subito sull'attenti premendo con i palmi aperti delle mani contro il suo petto.
«Chris se mi scoprono mi licenziano.»
«Sei troppo paranoica piccola, lasciati andare.» La sua voce è più profonda e i suoi occhi luccicano nei miei come due stelle in cielo.
Si avvicina ancora una volta piantando le mani sui miei fianchi prima di sollevarmi da terra e appoggiandomi sopra la scrivania.
«Cazzo.» Sibila a denti stretti avventandosi di nuovo sulle mie labbra.
Ma non si stanca mai?
Il fatto che non riesce a staccarsi da me, mi lusinga da morire, ma non posso andare oltre.
È già troppo tutto questo!
«Chris no.» Lo fermo stavolta più convinta. «Non mi va di farlo così...»
«Fare cosa?» Dice divertito alzando un sopracciglio.
«Oh avanti sai di cosa parlo!»
«Non verrà a saperlo nessuno, tranquilla.»
Metto entrambe le mani davanti facendo da barriera prima che si avventi di nuovo su di me.
«Non mi va di farlo così, non qui nel tuo ufficio! Mi sento una puttana, sono la donna delle pulizie che si sottomette all'uomo adulto bello e ricco, un terribile cliché!»
La sua risata si fa spazio dentro alla stanza e lo guardo mentre getta la testa all'indietro. Ammetto che il suono è celestiale, ma cosa c'è di così divertente?
Scuote la testa facendo vibrare il petto più volte, finendo finalmente di ridere.
«Che poca considerazione che hai di te piccola...» il suo sguardo ritorna serio. «Ma capisco il tuo disagio e lo rispetto. Non ti scoperò, nel mio ufficio intendo...per ora, in caso cambiassi id-»
«Chris!»
Lo fermo prima che possa continuare il suo assurdo discorso colpendolo più volte con la mano.
Volevo essere il più seria possibile, ma la sua risata mi contagia e lotto con me stessa per tenere un' espressione arrabbiata. Schiva i miei colpi prontamente e l'atmosfera che prima era carica di tensione adesso si è trasformata in un turbine di spensieratezza.
Capisco sempre di più che sotto al suo aspetto intimidatorio si cela nientedimeno che un ragazzino dalle battute scadenti e la voglia di ridere. Chris mi sfotte per la maggior parte del tempo che passiamo assieme ed io sto iniziando a rendermene conto solo adesso, non mi sento offesa però - c'è un non so che di dolce in tutto questo.
Ancora seduta sulla sua scrivania con le gambe che penzolano, lo seguo con lo sguardo mentre cammina alzando le braccia in alto verso il soffitto stiracchiandosi.
Intravedo i suoi muscoli sotto alla camicia bianca, la spalle sono grandi e prorompenti, il suo corpo si stringe in basso sulla vita e sui fianchi stretti.
«Fai palestra?» Non so perché gliel'ho chiesto, ma ho voglia di conversare con lui di qualsiasi cosa. Mi piace farlo.
«Sì, perché?» Si siede sul divanetto in pelle buttando la testa all'indietro.
«Così...» Mi guardo le scarpe ormai consumate.
Per oggi ho finito di lavorare e a quest'ora sarei già di ritorno a casa se non fosse per lui. Non che abbia fretta, Allie sta bene a casa con Zoe ed io sto bene qui. Infondo sono solo le sei , dovevo passare al supermercato a prendere qualche cosa, ma posso benissimo rimandare a domani sera.
«Sono distrutto.» Alzo lo sguardo guardandolo mentre si porta le mani sul viso premendo con forza sulle tempie ad occhi chiusi. È sicuramente stanco e preso dal lavoro, la marea di fogli sparsi ovunque spaventerebbero perfino il migliore dei secchioni.
«Allora vado...non voglio disturbarti.» Faccio per alzarmi ma la sua voce mi blocca prima ancora che possa toccare i piedi a terra.
«Resta.» I suoi occhi sono piccoli e stanchi, e i capelli scompigliati. «Finisco due cose al volo e ti accompagno a casa.»
«Sono con la mia auto.»
«Ti ostini ancora a considerare un'auto quel bolide? Lanciami quella penna.» Alzo gli occhi al cielo prendendo la penna di fianco a me e tirandola verso di lui e con la grazia di un rinoceronte lo colpisco in fronte.
«Scusa.» Dico portandomi le mani davanti al viso.
Sbuffa un secondo nascondendo un sorriso prima di sdraiarsi completamente sul divano con una cartella rossa tra le mani e la penna che batte incessantemente sul suo labbro inferiore.
«Posso aiutarti?»
Non so davvero cosa fare, l'idea di rimanere qua a fissarlo come una pazza mi sfiora per un momento, ma non posso.
«Riesci a risparmiare almeno il dieci per cento del reddito annuale di una azienda senza tagliare i fondi al personale?»
«Mmh...no.»
«Allora non puoi.»
Sospiro abbattuta guardandomi intorno, fuori sta già calando la sera, le sfumature che passano dal rosso al viola creando un'atmosfera suggestiva sulla città - non mi ero mai soffermata a guardare il tramonto di Toledo, forse perché troppo occupata a fare altro.
Il telefono posto sulla scrivania comincia a squillare e Chris senza scomporsi di un millimetro mi dice solo di premere il pulsante del viva voce.
«Hawkins, ti informo che se ne sono andati via tutti, il signor Scott ha detto di ricordarti di lasciare i documenti sulla mia scrivania domani mattina, massimo per le nove, dopodiché riunione del personale alle dieci e incontro con il nuovo cliente alle due, ricevuto? Per quanto riguarda quella cosa...tranquillo capisco che sei molto impegnato visto che sono io fissarti gli appuntamenti...solo che, quando ti liberi magari puoi fare un salto a casa mia e finiamo quella discussione...»
Sgrano gli occhi incontrando il suo sguardo. La voce della ragazza è diventata più profonda del dovuto e non è difficile capire di cosa stia parlando. Mi sento un po' una stupida e fuori luogo in questo momento - lui è pieno di donne sicuramente molto più sexy e altolocate di me, chissà magari si vede con più persone contemporaneamente. Ed io sono solo una pedina della sua grande scacchiera.
Si alza in piedi lasciando cadere la cartella a terra e preme il pulsante rosso per staccare la chiamata. Rimane di fianco a me guardandomi dall'alto mentre io cerco di evitare il suo sguardo, concentrandomi sul divano vuoto davanti a me. Cosa dovrei dirgli? Non ho di certo il diritto di fare scenate, non sono gelosa...
«Forse era meglio non rispondere...» cerca di smorzare il mio evidente fastidio punzecchiandomi il fianco destro con il dito. Non soffro nemmeno il solletico, povero stupido. Ma se continua Dio solo sa dove glielo infilo quel dito.
Scrollo le spalle incrociando le braccia al petto. Perché mi da fastidio tutto questo? Infondo non siamo niente, ci vediamo sì o no da due settimane e ancora non abbiamo concluso nulla. A quanto pare con le altre è già arrivato fino in fondo...
«Sei gelosa Alex?» Si piazza di fronte a me ed io, come mia figlia quando non vuole le verdure, sposto la testa di lato cercando di evitarlo il più possibile.
«Sei adorabile.»
«Adorabile? Sono adorabile?!» La mia voce suona più arrabbiata del dovuto. «Cioè io sono un cazzo di peluche adorabile e tutte le altre delle fighe da urlo con le cosce perfettamente lunghe e sexy?!»
«No...non in quel senso...cioè trovo adorab-»
«Lascia stare, Chris. Hai fatto già abbastanza.» Mi alzo scansandolo avviandomi verso l'uscita.
«Ma cosa ho fatto?»
Il suo tono di voce confuso mi fa imbestialire ancora di più e, senza voltarmi, sbatto la porta con forza maledicendomi di quanto sia stupida per non rendermi conto con chi ho a che fare, e patetica per aver reagito così.
//SPAZIO AUTRICE//
Poche ore ho annunciato che avrei pubblicato il capitolo solo quando saremo arrivati a 800 visualizzazioni e TADAMMMMM! Ci siamo!!!
Grazie mille a tutte ❤️❤️
Secondo voi Alex è gelosa? Fatemi sapere! Un bacio,
Marian
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