Capitolo 9

Mi misi a sedere quando sentii la porta dell'ingresso sbattere.

Buttai un'occhiata alla sveglia che avevo in camera e notai che era l'una di notte

Mi alzai dal letto e aprii piano, piano la porta della mia camera per vedere chi era a quell'ora.
Il corridoio era buio e non si vedeva granché.

Vidi una figura vicino alla mia camera: era alta e magra, troppo alta per essere mio padre, e quando aprí la porta della camera affianco alla mia capii chi era.

Lo vidi barcollare appena aprì la porta e, istintivamente, mi precipitai da lui

- Fabio - dissi afferrandolo per un braccio per evitargli una possibile caduta

- Amelia... - sussurrò lui - Scusa se ti ho svegliata -

- No, affatto - risposi - Stai bene? -

Annuì e allora lo lasciai andare

Entrò in camera sua, si tolse la giacca e poggiò le chiavi sulla scrivania.

Era buio, vedevo solo grazie alla luce della luna che entrava dalla finestra

- Non dovresti chiedere a me - disse - Non sono io quello che ha passato la settimana al letto come un morto vivente -

Sbuffai

- Non infierire, lo so da sola di aver esagerato - borbottai

Ero piuttosto sicura che avesse alzato gli occhi al cielo e mi dava fastidio non vedere le sue espressioni mentre parlava con me.
Andai alla ricerca dell'interruttore e accesi la luce

Guardai nella direzione di Fabio e notai che si stava passando una mano tra i capelli.
Quando alzò la testa rimasi pietrificata: aveva uno spacco sullo zigomo e un occhio semichiuso

- Che cosa hai fatto! - esclamai portandomi le mani alla bocca

- Niente... - borbottò voltandosi dalla parte opposta per darmi le spalle

- Niente! Si vede che hai fatto a pugni! -

Non mi rispose e, continuando a darmi le spalle, si tolse la maglietta e la buttò sulla sedia, portò le mani alla cinta e si tolse anche quella.
A quel punto lo fermai afferrandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi verso di me.

Me ne pentii subito.
Perché diavolo si era tolto la maglietta!

Il suo corpo mi stava facendo letteralmente sbavare: le braccia muscolose, gli addominali scolpiti e scendendo giù si vedeva la V che spariva nei pantaloni; era magro ma aveva un bel fisico scolpito, immagino dovuto dagli anni di basket che aveva fatto nella scuola

- Finito di sbavare? - mi chiese con un sorriso storto

Solo a quel punto mi riscossi dai miei pensieri e mi ricordai il motivo per cui mi ero avvicinata a lui

- V...va in cucina - dissi uscendo dalla sua stanza - Adesso! -

Andai in bagno e mi misi a cercare la cassetta del pronto soccorso. Quando la trovai, scesi al piano di sotto, sperando che Fabio avesse ascoltato quello che gli avevo detto e che non dovessi andare a prenderlo di peso in camera sua

Per mia fortuna o sua, lo trovai dove gli avevo detto. Il problema era che  non si era degnato di mettersi una maglia e se ne stava allegramente a torso nudo.

Sbuffai.
Dovevo restare concentrata se volevo concludere qualcosa.

Poggiai la scatola sul ripiano della cucina e aprii il congelatore

- Che stai facendo? - mi chiese curioso

- Mi occupo di te - risposi prendendo una scatola di piselli congelata

La posai al fianco della scatola del pronto soccorso.
L'aprii e tirai fuori il disinfettante, l'ovatta e gliela passai sulla ferita.
Una volta disinfettata, presi un cerotto e glielo misi sul taglio.
Poi presi il ghiaccio e feci per metterglielo sotto l'occhio che si stava gonfinando, ma lui mi prese alla sprovvista, mi afferrò per i fianchi, mi spostó verso il piano della cucina e mi fece sedere sul ripiano, mettendosi tra le mie gambe.

Mi sentii il volto in fiamme ma cercai di non farmi prendere dal panico.

Gli poggiai il ghiaccio sul viso e rimasi a fissarlo negli occhi.

- Che stiamo facendo? - mi chiese

Aveva le mani sui miei fianchi e stava muovendo le dita in modo circolare.
Il mio cuore batteva all'impazzata

Dovevo. Mantenere. La. Calma.
Quel ragazzo mi stava facendo uno strano effetto!

- Evito che la tua faccia si sfregi più di così - sussurrai spingendo la scatola sul gonfiore

Lo sentii gemere per il dolore e per un attimo dimenticai la posizione imbarazzante in cui eravamo, per prenderlo in giro

- Ti piace farmi soffrire è! - esclamò

Annuii soddisfatta

Rimanei così così per un po' finché mi ricordai il motivo per cui la sua faccia era in quelle condizioni

- Fammi vedere le mani - dissi

- Perché? - chiese

Gli lanciai un'occhiataccia senza però togliere il ghiaccio dalla sua faccia.
Sollevò gli occhi al cielo per l'ennesima volta

- Basta, ti ho detto di non preoccuparti - disse spostandosi

Quando si scansò sentii freddo e rabbrividii.

- Che c'è? - mi chiese Fabio rendendosi conto del brivido che mi aveva attraversato da capo a piedi.

- Nulla, fa freddo e ho sonno - dissi scendendo dal tavolo e mettendo il ghiaccio al suo posto - Vado al letto, buonanotte -

- Amelia... -

- Domani devo tornare a scuola, vorrei fare le solite ore di sonno, se non ti dispiace - dissi andandomene in camera mia

Mi chiusi la porta alle spalle e sospirai

Avevo cercato solo di essere gentile e, magari, ricambiarlo per ciò che aveva fatto in quei giorni per me.
Ma a quanto pare con Fabio non potevo espormi troppo se non era lui a volerlo.
Mi chiesi se saremmo mai andati realmente d'accordo.
O se i momenti in cui si apriva e diventava disponibile e gentile, dovevo impremerli a mente perché non sarebbero mai più accaduti.

Mi misi al letto e mi rannicchiai sotto le coperte.
Dovevo concentrarmi perché il giorno dopo sarei dovuta tornare a scuola e per farlo dovevo chiudere tutte le porte della mia anima per affrontare i miei compagni.
Dopo quello che era successo non sarebbe stato facile passare inosservata come al solito.

                               ***

Per me era sempre stato facile nascondere i miei sentimenti. Facevo vedere che ero menefreghista per diverse ragioni.
Con una madre come la mia avevo dovuto imparare a nascondere la delusione, il ribrezzo, la tristezza e la solitudine.
E per mio padre avevo dovuto indossare una maschera per non farlo preoccupare.
Ed era sempre andata bene, sempre.

E non mi sarei di certo fatta rovinare da Jason.

Mentre camminavo per i corridoi della scuola notai le occhiate che mi lanciavano tutti, ma nessuno disse nulla.
Arrivai al mio armadietto e mentre stavo prendendo i libri per la lezione della prima ora, mi ritrovai una ragazza vicino.

Solo un istante dopo mi resi conto di chi avevo di fianco.

Miranda Larsen!
Il capo delle cherleeder!

Era la classica ragazza che piaceva a tutti i maschi.
Bionda, occhi castani, fisico magro ma ben formato nei punti giusti. Poi era una cherleeder e andava sempre in giro con la divisa della sua squadra: gonna corta che metteva in risalto le sue gambe kilometriche e maglietta che le lasciava la pancia piatta scoperta.
E poi era famosa e popolare!

Che cosa voleva da me?

- Immagino che ti starai chiedendo perché sono qui - disse

- Si, esattamente - risposi

- In realtà volevo farti i complimenti -

- Per cosa? - chiesi scocciata

Come minimo stava per arrivare una frecciatina belle e buona

- Per Jason! - esclamò - Non avevo mai visto nessuno mettergli i piedi in testa come hai fatto tu -

Cosa? Sul serio?

- Dici davvero? - chiesi

- Si - disse - Davvero, tu mi sei sempre piaciuta Stuart e dopo quello che hai fatto mi piaci ancora di più -

Ero rimasta senza parole.
Non mi aspettavo di certo una reazione simile, soprattutto non da parte di una della gerarchia.

- Non mi stai prendendo in giro vero? -

- No - disse - Stantan si merita una strigliata di tanto in tanto, fidati - disse con un sorriso

Ero ancora piuttosto dubbiosa, anche se in realtà non mi importava più di tanto di quello che pensavano gli altri

- Sei davvero in gamba, Amelia Stuart - disse prima di voltarmi le spalle e andarsene

Chissà perché quella reazione.
Sicuramente dipendeva da ciò che aveva fatto e faceva realmente Jason
Chissà quante cose mi aveva nascosto e se la persona che conoscevo era davvero lui o se era solo una maschera.
Ormai ne ero convinta, mi ero fatta fregare come una scema!







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