Capitolo 32
[Fabio]
Amelia si era chiusa in camera e mi aveva sbattuto fuori.
Non la biasimavo.
Anche io mi sarei arrabbiato al suo posto ma non poteva prendersela con me per il motivo per cui l'avevo fatto.
- Lia... - la chiamai sbattendo le nocche contro la porta.
- Non avresti dovuto farlo! - esclamò.
- E cosa avrei dovuto fare? Non avevo molta scelta - gli feci notare.
La sentii sbuffare.
- Potevamo vincere in tribunale - mi disse dopo un po'.
No, non con i miei precedenti.
E io non volevo perderla. E volevo che quella pazza di sua madre la lasciasse in pace.
- Non credo - borbottai.
La porta si spalancò e Amelia mi guardò con gli occhi lucidi.
Mi venne contro e mi prese a pugni il petto.
Non gli dissi nulla.
Preferivo che si sfogasse in quel modo e che non facesse pazzie.
Era incredibile come fosse più piccola in confronto a me.
La presi per i polsi quando mi resi conto che aveva cominciato a tremare.
- Basta così - dissi - Va tutto bene, è tutto finito -
Amelia abbassò la testa, lasciando ricadere i capelli davanti al viso.
A quel punto la presi e la strinse a me. Lasciandole un bacio tra i capelli.
Prese a singhiozzare e le accarezzai la schiena.
- È finita Lia, non ci darà più fastidio - dissi - Possiamo stare tranquilli, adesso -
- Non...non...non dovevi... -
- Volevo, è diverso -
- Fabio... - mormorò.
La strinsi più forte e la presi sotto i glutei, me la tirai in braccio e la portai in camera.
La stesi sul letto e mi misi al suo fianco.
- Riposiamo, che ne dici? Ne abbiamo bisogno -
Amelia continuava a non guardarmi e annuì soltanto, poggiando poi la testa sul mio petto.
***
- Inizio flashback -
- Sei qui per...? - mi chiese la donna che avevo scoperto chiamarsi Angelina Stuart.
Sapere che portava ancora il nome dell'ex marito era stato scioccante per me.
- Sapete bene il perché - risposi.
Mi aveva invitato ad entrare a casa sua e ci eravamo seduti sul divano.
- Voglio sentirtelo dire -
- Bene allora...so che mi avete denunciato per aggressione. Ma so che lo avete fatto per non far sposare mia madre con il vostro ex marito...inoltre, penso che trovate divertente l'idea di far patire ad Amelia le pene dell'inferno e, sinceramente, la cosa mi dà a nervi - spiegai.
Angelina accavallò le gambe con eleganza.
- Quindi cosa vuoi che faccia? -
- Voglio che la smettiate. Voglio che lasciate perdere Amelia, che lasciate perdere Paul e anche mia madre -
Avevo capito che con quella donna bisognava andare dritto al punto.
- Chiedi molto -
- Chiedo quello che è giusto - ribattei.
- E pensi che lo farò gratuitamente? - mi chiese facendo un sorriso sfacciato - Sei proprio un bel ragazzo -
Quella era la reincarnazione del diavolo in persona!
- Cosa volete in cambio? -
Sapevo che l'unica cosa che aspettava era quella domanda.
Si alzò e mi si sedette accanto.
Mi mise una mano sulla gamba e cominciò a muoverla verso l'alto.
La presi per il polso.
- No! - esclamai - Questo no. Non tradirò Amelia -
- Non lo faresti nemmeno per aiutarla? -
- Aiutarla non significa dovermi vergognare di guardarla negli occhi - dissi - Farò qualunque cosa, ma questo no -
Mi sorrise.
Un sorriso inquietante che avrebbe già dovuto farmi capire che cosa frullava nella testa di quella pazza.
- Vieni con me -
Mi alzai e la seguii al piano di sopra.
Se pensava che avrei ceduto si sbagliava di grosso. Non sarei andato al letto con lei nemmeno morto.
Aprì una porta e mi fece spazio per farmi entrare.
Sussultai quando mi ritrovai all'interno: era una vera e propria camera delle torture!
C'erano catene appese al soffitto, su uno scaffale si trovavano quelle che sembravano fruste e manette, un palo ad un lato con attaccate delle catene e una branda con le manette sopra e sotto.
- Ma che problemi avete? - chiesi con troppa ovvietà.
- Spogliati e porta le mani in alto - disse andando verso la parete e voltandosi ad indicare le catene che partivano dal soffitto - Se dici di no anche a questo non capisco come possiamo aiutarci a vicenda -
- Ha mai pensato di farsi curare? -
Lei scoppiò a ridere e prese dal mobile quella che era, decisamente, una frusta.
Sgranai gli occhi.
- Forza ragazzo, altrimenti nell'altra stanza facciamo qualcosa di più divertente e meno doloroso - disse minacciandomi.
- Rispetterai l'accordo? - chiesi.
- Certo che si! -
Sospirai, rassegnato e mi tolsi la maglietta.
- Fine flashback -
***
Amelia si era addormentata quando mio padre bussò alla porta della mia camera.
Entrò senza troppi complimenti e mi prese una mano, sollevando la maglietta e scoprendo il polso.
Era rosso e pieno di segni, non c'era sangue ma mi dolevano un po'.
- Perché? - mi chiese in un sussurrò.
- Adesso ci lascerà in pace -
- Hai...hai detto che devi... -
Lo fermai lanciandogli un'occhiataccia e guardando poi Amelia.
Lei non doveva sapere del patto che avevo stretto con sua madre, non doveva sapere che ogni mese sarei stato costretto ad andare da quella donna e farla giocare con me e con il mio corpo.
La mia ragazza era già a pezzi così.
Non le avrei fatto anche questo.
- Voglio andare via per un po' - dissi.
- Dove? - chiese mio padre.
- Da Jay. Gli ho detto se ci fa stare a casa sua per un po' -
Mio padre annuì.
Sapevo di aver preso una decisione affrettata ma adesso la cosa che contava era proteggere Amelia e farle dimenticare tutto quello schifo.
Non avremmo perso altre lezioni perché c'erano le vacanze di Natale e avremmo avuto due settimane da passare in pace.
- Ti farò dimenticare tutto questo, tesoro...te lo prometto - dissi ad Amelia stringendola a me il più possibile.
Non l'avrei lasciata andare per nulla al mondo...
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