CAPITOLO 7 - Lista d'attesa

Subito dopo scuola, la macchina di Bas si ferma davanti al ristorante, ancora pieno di clienti. Oh-aew scende e Teh è subito lì per aiutarlo con il trolley colmo di libri.

«Quindi Bas ormai è il tuo autista» provoca Teh a mezza voce, appena la macchina riparte.

«Col cazzo!» risponde Oh ridendo e spintonandolo, salvo mordersi la lingua quando si trova di fronte la madre di Teh. «Buongiorno Signora. Sono qui perché Teh mi aiuterà a studiare.»

«Ciao tesoro, bentornato» risponde la mamma di Teh.  Lo accoglie senza alcuna sorpresa o curiosità, per gli adulti tre anni corrono in fretta quanto tre mesi. «Fa' come se fossi a casa tua.»

Le ha sempre fatto un po' pena quel ragazzino così carino ed educato ogni giorno da solo in città e si era abituata ad averlo intorno. Non ha la minima idea del perché, di punto in bianco, un'amicizia così stretta sia finita male, ma non ha neanche provato a scoprirlo. Gli unici eventi che interessano alla Signora Su sono quelli che potrebbero turbare il successo dei suoi figli nella vita. In questo caso, pur con tutto il litigio e il cambio di scuola, i voti di Teh non hanno subito neppure una piccolissima flessione. Chi voleva tenersi o meno come amico, Teh poteva deciderlo da solo. Tuttavia Oh-aew le è sempre piaciuto ed è contenta di rivederlo in giro.

«Teh, tu sei sicuro di avere tempo per fare ripetizione al tuo amico? Hai da studiare anche tu» dice a Teh sua madre, scuotendo un indice ammonitore. E' un rimprovero finto, ma non del tutto.

«Mamma, sono già entrato all'università!» si difende lui.

La signora Su scuote il capo, le labbra corrucciate e lo sguardo scettico. «Lo so, lo so. Riesci sempre in tutto quello che fai. E sei entrato nella facoltà che volevi. Ma ora non devi rovinarti la media.»

«Due settimane di vacanza, mamma! Come premio. Poi torno a scuola.»

La madre lo guarda, con la testa inclinata e gli occhi socchiusi.

«Due settimane, solo due settimane...ok?» riprova Teh, guardando di sottecchi Oh-aew, che lo sta fissando. Quello che vede è il solito buco senza fondo, che chiede di essere nutrito di continua approvazione.

«Ok, ok» acconsente ridendo la Signora Su, con un buffetto sul braccio del figlio. In realtà, si sente fra le donne più fortunate del pianeta.

***

Uno dei loro posti preferiti per starsene in pace è da sempre il lastrico solare della palazzina di Teh, al secondo piano, sopra l'abitazione, che a sua volta è sopra il ristorante.

E' una vecchia terrazza squadrata, con una ringhiera in pietra, quattro vasi di azalee e nessuna attrattiva particolare: non si vede il mare, non è abbastanza in alto per un vero panorama sui tetti,  resta incastrata, con tutto l'edificio, in mezzo ad altre case e l'unica direzione di sfogo è verso il cielo.

Teh e Oh-aew mangiano Okkien Mee da due grosse ciotole.

Teh è appoggiato coi fianchi alla balaustra e divora i noodles in grandi bocconi famelici. Ha gli occhi quasi chiusi per il sole del pomeriggio, la fronte leggermente sollevata, l'espressione di una profonda soddisfazione, che parte dal palato e arriva all'anima. Senza averne consapevolezza, sta godendo un brandello di perfezione.

Oh invece è pensieroso, con i gomiti poggiati alla balaustra guarda verso la strada e le case, spiluccando i vermicelli di riso senza entusiasmo.

E' quel silenzio a scuotere Teh. «Che c'è? Non ti piacciono più?»

«Sono squisiti, come sempre.»

«E allora?»

«Allora, non so, stavo pensando a quello che ha detto tua madre...»

«Che ha detto?»

«Che sei entrato nella facoltà che volevi» risponde Oh. Ma è l'altra frase che ha colpito nel profondo: riesci sempre in tutto quello che fai. Oh-aew sente il riverbero di quelle parole stridere contro le delusioni che infligge ai suoi, da sempre. L'amarezza si mescola all'ammirazione e all'orgoglio. «Penso che forse... » Oh cincischia con le bacchette fra i noodles, «forse non dovrei indicare arte e spettacolo su tutte e quattro le scelte. Se poi...se non andasse così bene, farei bene a ripiegare su qualcosa tipo Amministrazione Aziendale, per via del resort.»

Teh si adombra. «Vuoi lavorare al resort?»

«Non è questione di ciò che voglio...» Oh-aew, segue con il dito il percorso di una formica. Voglio. Nel vocabolario di Teh non c'è spazio per altri verbi: anche devo e posso sono al servizio di voglio, nel suo mondo. Oh coglie qualcosa di immaturo in questo, anche se le evidenze lo smentiscono, visto che fra loro due, quello che se la cava meglio è sempre Teh.

«Credevo che il mondo dello spettacolo fosse tutto per te!» si indigna Teh, scettico. Ci ha messo degli anni ad accettare le aspirazioni artistiche di Oh-aew e ora si aspetta che lui ci si attenga.

«Certo che lo è!» replica subito Oh-aew. Ma alle sue stesse orecchie suona come una convinzione diversa, inferiore, minore rispetto a quella granitica di Teh. «Ma mio padre voleva sapere se ce l'avrei fatta. Voleva saperlo da me così, subito, come se io lo sapessi. Ho avuto paura» ammette, chinando lo sguardo alla ciotola.

A Teh piace quella sincerità. A lui mancherebbe il coraggio di ammettere le proprie paure, rischiando un'incrinatura nell'approvazione altrui. E al contempo è pieno di tenerezza per le debolezze di Oh, che sembrano richieste di conforto, cui si sente di nuovo pronto a rispondere. «Dovresti fare quello che ti piace, nella vita. Il resto verrà da sé.»

Oh-aew lo guarda come si guarda un miraggio: con desiderio, ma anche con scetticismo, sapendo che probabilmente svanirà. Chi potrebbe essere tanto sprovveduto da credere che ogni sogno sia realizzabile? «Ho solo diciassette anni» riprende Oh. «Come possono pretendere da me me che sappia già cosa voglio fare della mia vita, chi voglio essere. Come pensano che possa sapere queste cose adesso?» sospira.

Teh si lascia scappare un sorriso: Oh è cresciuto, ma non è cambiato. Vede ogni problema come una vetta irraggiungibile, anziché tenere gli occhi sul sentiero. «Senti, non te ne devi preoccupare oggi pomeriggio, di queste cose. Stai tranquillo. Respira. Prenditi il tuo tempo» dice Teh, con un gesto della mano aperta che invita a rallentare.

Oh gli alza addosso due occhi lucidi e interrogativi.

«Uno deve fare ogni giorno quello che può fare quel giorno» continua Teh, con sicurezza. «Tu puoi studiare. Adesso concentrati su quello: studia e prendi un buon punteggio all'esame. Al resto ci penserai dopo.»

Oh-aew annuisce, rivolto a un gamberetto in mezzo ai noodles.

«Ti aiuterò io» dice ancora Teh, senza sapere che sono proprio quelle le parole magiche, che spostano le montagne. E fanno sorridere Oh-aew, che guarda ancora la vetta, ma trafitta da un raggio di sole, che gli è arrivato anche addosso.

Poco dopo arriva la telefonata: Oh-aew è il primo nella lista d'attesa dell'accesso diretto. E' una notizia dal sapore ambiguo. Per Teh vale come un esacerbarsi del fallimento sapere di essere arrivati così vicini al traguardo; ma si guarda bene dal dirlo a parole. Per Oh-aew, al contrario, è un piccolo trionfo, una minuscola luce di speranza in un grigiore senza fine: per una volta non confuso in una massa di candidati, ma in una posiziona chiara, undicesimo. A un passo da quelli che ce l'hanno fatta.

«Ti rendi conto? Ti rendi conto! Basta che uno rinunci e io sarei dentro!» esclama Oh-aew euforico, mentre chiude il telefono.

Teh pensa in cuor suo a chi mai potrebbe essere tanto folle da buttare un'opportunità come quella. «Congratulazioni! Hai fatto un ottimo lavoro» dice. E' la sola verità che si sente di offrire a Oh al momento. «Ora devi continuare a impegnarti!»

«E' meraviglioso! Adesso almeno ho una speranza!» dice Oh-aew, frastornato. Sono parole per consolare se stesso. «Sai che ti dico? Dovremmo festeggiare! Dai, andiamo, offro io!»

Il sorriso di Teh, che a quella speranza non crede affatto, si fa indulgente: «A festeggiare ci andremo dopo l'ammissione. Adesso però bisogna che studiamo. L'esame devi passarlo, senza bisogno che qualcuno si ritiri...»

Oh-aew ricaccia indietro il sorriso, confinandolo negli occhi. «Per me è una grande notizia. Almeno fammela segnare sull'agenda» dice, frugando nel proprio zaino. Estrae un astuccio e un quaderno con la copertina rigida, nelle cui prime pagine c'è un calendario mensile. Nei vari riquadri con i giorni del mese sono segnate ricorrenze e appuntamenti, rigorosamente in inchiostro verde. "Primo in lista d'attesa" scrive Oh-aew sul giorno di oggi.

«Dai passamelo»  chiede Teh, porgendo la mano.

«Che ci vuoi fare?»

«Segnare anch'io una data. Posso?»

Oh-aew gli passa subito il quaderno e la penna.

«Ecco fatto» annuncia Teh, soddisfatto, voltando il quaderno aperto verso Oh-aew. Sul giorno 18 del mese appena iniziato c'è scritto: "Firma ammissione facoltà".

Invece di consegnare il quaderno a Oh, Teh se lo riprende e avvicina la pagina al viso, per guardare meglio quel giorno, che è la porta del futuro. Finché non arriccia il naso,  disgustato. «Ma che odore è? Cocco? La tua penna puzza di cocco?»

Oh-aew sorride serafico. «Cocco, certo. Un profumo buonissimo e rilassante: lo adoro.»

«Ma che schifo!»

Oh alza il mento e schiocca le labbra. « E' un po' il mio marchio. Anche lo shampoo che uso è al cocco. Vuoi sentire?» propone, sollevandosi per spingere la testa verso Teh.

Teh inorridisce, allontanandosi col busto.

Oh ride e si sporge di più verso di lui, cercando di cacciargli la testa sotto il naso e venendo respinto con veemenza. E' un gioco, che degenera in lotta e risate e avvicina ancora un po' i lembi del futuro e del passato.

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