CAPITOLO 24 - Tempesta
[NdA oggi 22/10/21 ITSAY festeggia un anno dalla sua prima messa in onda.]
Nella vasta e varia gamma di emozioni che Oh ha sperimentato con Teh, il disagio è una triste novità. Collera, risentimento, amarezza, gelosia, negazione sono all'ordine del giorno. Ma il disagio mai. Fino ad ora.
Melmoso, sfuggente, molesto, il disagio colpisce a tradimento. Si insinua nei gesti più normali, si nasconde nei vuoti e nei silenzi e pretende di essere esorcizzato a parole, riempiendo le pause di inutili sproloqui e i gesti di affettazioni.
«Eccoti» dice Teh, quando si accorge di Oh immobile sull'uscio del soggiorno. «Vieni, dai. Cominciamo» aggiunge, troppo in fretta.
Del fiume di parole che avrebbero da dirsi, su quello che c'è stato (o non c'è stato) fra loro solo una manciata di ore prima, non riescono a tirare fuori nemmeno una misera sillaba. Il disagio le inghiottisce una per una, lasciando marcire i dubbi inespressi.
Si guardano di sbiego, cercando di evitare il contatto degli occhi. Oh va a sedersi sulla balaustra del cortile interno, a fianco a Teh, ma rivolto nella direzione opposta. Sembra una metafora crudele.
«Ho sentito che il professor Fu Nan farà una prova a tempo» dice Teh, con più condiscendenza che gentilezza.
Oh-aew non è lì per studiare cinese. E' lì per chiarire le cose, o almeno per accertarsi che tutto possa tornare identico a prima. Prima di cercarsi, prima di pregare, prima di inseguire il tramonto, prima di cantare versi alla notte, prima di desiderarsi, prima di toccarsi. E' persino disposto a fingere di poter dimenticare tutte quelle cose, se così vuole Teh, ma deve almeno essere certo di salvare l'amicizia.
«Guarda, ho recuperato le prove degli anni passati, così possiamo fare una simulazione» prosegue Teh, impermeabile agli sguardi di rammarico. «Ti cronometro, va bene? Così puoi renderti conto di come sei messo. E ricordati di non farti pressione da solo: se non sai qualcosa, passa alla domanda successiva, con calma. Ci torni poi alla fine, su quelle che hai saltato.»
La sua cordialità è aliena, ghiacciata. A contatto con il cuore di Oh si scioglie e non lascia dietro di sé che un freddo nulla, senza sostanza e senza sottintesi.
Oh si impone di sorridere e annuire, indossando in fretta una maschera. Teh ne porta una identica. Si spiano di sottecchi, da dietro quell'inganno, cercando le prove di una serenità che non esiste.
La tensione fa venire a Oh prurito alla schiena e non riesce a nasconderlo.
Teh esita, ma la notte è passata e finalmente si sente lucido e padrone di sé. Forse la prova definitiva del proprio ritrovato controllo dev'essere proprio quella: riuscire a ripetere il gesto della sera prima scaricandolo di qualsiasi sensualità, rendendolo vuoto, spoglio, banale. Grattare soltanto, alleviare il prurito. Sopra la giacca, sopra la camicia, sopra la maglietta, così lontano dal calore e dal profumo della pelle di Oh da fargli dubitare che siano mai esistiti sotto le sue dita. Il sogno di un'ombra.
Gli riesce facile, tutto sommato. Grattare la schiena di Oh-aew, tanto quanto convincersi di essere stato preda di un raptus di follia. Basta chiudere le emozioni nei cassetti, una cosa di cui Teh è molto pratico. Qualsiasi scomoda verità, qualsiasi emozione inopportuna viene relegata lì, in uno dei compartimenti stagni della sua memoria, al limite della coscienza, ai bordi dell'anima, serrati a doppia mandata da una volontà di ferro.
Qualche volta, di notte, qualcuno di quei cassetti, più difettoso degli altri, si apre senza permesso e riversa il suo contenuto in sogni sanguigni, erotici, violenti, disturbati, incomprensibili. Ma al mattino sparisce tutto. Di giorno i cassetti restano ben chiusi e Teh può permettersi di grattare la schiena di Oh-aew, a lungo, con tutta la noncuranza del mondo.
***
A tavola, per cena, a sorpresa siedono in cinque: Hoon è tornato e ha portato la sua amica giapponese, Nozomi. E' carina, sorridente, sembra simpatica. La sua compostezza naturale somiglia molto a quella di Hoon.
La signora Su è al settimo cielo. «Santo cielo, Hoon, perché non mi hai detto che tornavi in anticipo? Vi avrei fatto trovare qualcosa di meglio!» rimprovera Hoon, con un larghissimo sorriso.
«Va benissimo così, mamma. Nozomi è venuta qui perché non vedeva l'ora di assaggiare i tuoi Hokkien Mee.»
Oh solleva gli occhi con curiosità sulla giovane donna bruna, seduta di fronte a lui e lo sorprende l'idea che lei sia, in qualche modo, il suo alter ego. Secondo la matematica molto inesatta dei sentimenti Nozomi sta a Hoon come Oh-aew sta a Teh. Per un attimo si gode la sensazione di essere in vantaggio: già da anni parte di quella casa e di quella famiglia.
«E perché non mi hai mai detto che vi stavate frequentando?» continua la signora Su, sempre in tono di finto rimprovero. La celia nasconde un'ombra di preoccupazione autentica: ormai iniziava a disperare di vedere il figlio maggiore sistemato.
Nozomi sorride, come se la conversazione non la riguardasse. Oh-aew si chiede come possa sopravvivere con tanta grazia a un simile imbarazzo.
«Volevo essere sicuro» risponde Hoon, con la sua solita avarizia di parole. Ciascuna contiene però un preciso messaggio, che arriva forte e chiaro a tutti i commensali: sta facendo sul serio.
Di tutte le persone che Oh-aew ha conosciuto, Hoon è il meno incline alle parole schermo, che dicono una cosa e ne significano un'altra. Piuttosto tace, ma è diretto all'eccesso. Difficile credere che lui e Teh condividano larga parte del patrimonio genetico.
«Ho conosciuto Nozomi in Giappone, fa anche lei la guida turistica» spiega Hoon.
Teh non è molto interessato a Nozomi, ma lo è a quel dialogo fra il fratello e la madre, che verte su un argomento così delicato eppure scorre via liscio come acqua sul marmo.
«Che bravo figlio che ho» commenta la signora Su, in sollucchero. «Un figlio bravissimo. Sei il mio orgoglio» dice, rivolta a Hoon. Ha occhi solo per lui, l'affetto le vibra nella voce come una carezza.
Le serrature dei cassetti di Teh cigolano tutte insieme. La sua mente si lancia in una proiezione disperata di un futuro impossibile, in cui un se stesso immaginario confessa a quel tavolo i propri sentimenti per Oh-aew. E anziché vibrare d'affetto, la voce di sua madre è sferzante di rimprovero, grondante delusione.
«Vedi un po' di sbrigarti a farmi dei nipotini!» scherza la Signora Su, che non conosce pudori.
«Mamma!» protesta Hoon.
«Che c'è? Che ho detto?»
Hoon scuote il capo e sorride. Teh, guardandolo, pensa che suo fratello, come al solito, possieda l'universo intero. In quel momento, desidera disperatamente anche lui una ragazza, il progetto di una famiglia, una nidiata di mocciosi, qualsiasi cosa che gli procuri lo stesso trattamento di Hoon.
Teh non può saperlo, e forse neanche lo capirebbe, ma fra le priorità di Hoon non c'è affatto, né c'è mai stata, l'approvazione incondizionata della madre. Ci tiene a lei, è felice di farla contenta, ma andrebbe avanti per la sua strada comunque. Forse perché ha sempre avuto tutto il supporto e le conferme che poteva desiderare, è diventato adulto senza averne bisogno.
«Stavo solo scherzando, Nozomi-chan» si scusa la Signora Su, tutta allegra.
Nozomi è arrossita, sorride, ma non commenta.
«Teh, hai visto?» gongola la Signora Su, con una serie di colpetti sul braccio del figlio minore. «Hoon mi ha presentato la sua ragazza. Devi fare lo stesso anche tu, quando ne avrai una.»
Teh annuisce, cercando di controllare il respiro. Gli sembra di essere stato colto in fallo, come se gli echi di ieri notte li portasse tatuati in fronte. E se ne dovesse vergognare.
«Teh però ce l'ha già la ragazza» ribatte Hoon sogghignando, ansioso di accollare al fratello la sua parte di imbarazzo. «Si chiama Tarn, giusto?»
Teh guarda il piano del tavolo e mastica lentamente.
«Mamma mi ha raccontato che l'hai portata qui» infierisce Hoon, senza pietà.
Oh-aew alza il viso di scatto, fulminando Hoon con lo sguardo.
«Mamma!» protesta debolmente Teh.
«Va bene, va bene, ora smettiamo di parlare e mangiamo» propone la Signora Su, che è abituata da una vita a liquidare il malcontento con il cibo. «Su! Mangiate, mangiate!»
Le bacchette di Oh sono sospese a mezz'aria, nel suo stomaco non entrerebbe più neppure una briciola. Le appoggia lentamente al bordo della ciotola. Si sente rimescolato dentro come l'hokkien mee che ha di fronte: un ammasso di viscere attorcigliate con brandelli di organi vitali come condimento.
Teh si volta a guardarlo e non sa neanche lui cosa prova davvero, o cosa dovrebbe provare. Si sente ansioso, squilibrato, completamente decentrato. Spera solo che il tempo passi in fretta e si porti via quella cena impossibile e le lunghe ombre che getta sul futuro.
«Oh-aew» chiama la Signora Su, sottovoce.
Oh si volta. Ha gli occhi così enormi e lucidi che basterebbe poco per capire che riflettono un dolore interno e profondo. Anche quel poco è fuori dalla portata dell'egoismo della madre di Teh, che considera irrilevante ogni cosa, eccetto i propri figli.
«Mi raccomando, quando Teh e Tarn si metteranno insieme, devi dirmelo subito, d'accordo?» sussurra complice, con la mano a proteggersi la bocca, simulando un segreto che tutti possono udire.
«Mamma!» ripete Teh, seccato.
Oh prende un respiro e abbozza un sorriso. «Certo, lo farò» risponde ubbidiente, evitando di proposito gli sguardi di Teh.
«Nozomi-chan, vuoi dirmi cosa ti piace di mio figlio?» chiede compiaciuta la Signora Su, a cui tutto continua a sembrare perfetto.
«Mamma, dovresti smetterla» la sgrida Hoon.
«Sono solo curiosa. Che c'è di male?» si difende lei.
Nozomi sorride, facendo buon viso a cattivo gioco. Forse era già mentalmente preparata a quel genere di accoglienza, fin troppo calorosa. «Hoon mi vuole bene così come sono» spiega dolcemente. «Ed è sempre stato leale e sincero con me. Con lui posso essere me stessa, in ogni momento, quindi non mi sento mai a disagio. E' un bravo fidanzato, ma anche un bravissimo amico, pronto ad ascoltarti sempre. Ed era un buon amico anche prima che ci mettessimo insieme, fin dall'inizio.»
Le lodi di Nozomi per Hoon restano sullo sfondo dei pensieri di Oh, concentrati su se stesso. Non si era mai sentito un estraneo a quella tavola, prima. Ma adesso è palese che la sedia che occupa non corrisponde a un posto in famiglia e che Nozomi, una perfetta sconosciuta arrivata cinque minuti prima da un paese straniero, è già più vicina a tutti loro di quanto lui non sarà mai. Perché Teh non lo permetterà. Perché lui non è capace di farsi amare abbastanza.
Solo guardandolo, Oh riesce a immaginare il battito sconclusionato del cuore di Teh, può indovinare la sua mente in subbuglio che rimbalza fra un pensiero confuso e un altro. Nella vita di Teh non ci sarà mai posto per qualcosa che sia al di fuori dei binari già segnati da altri. E dunque tutto quello che è accaduto ieri fra loro non è che un'illusione particolarmente amara. Una fata morgana, cascate d'acqua nel deserto, che poi si rivelano solo dune riarse. Così si sente anche lui: riarso, prosciugato. Esausto.
***
Un paio di ore dopo, mentre il motorino arranca verso il porto, guidato da Teh, Oh non riesce a trattenere la più penosa delle recriminazioni: «Non me lo avevi detto che Tarn è stata a casa tua!»
«Non te l'ho detto perché non ha alcuna importanza» risponde Teh, che di quel pomeriggio ricorda praticamente solo la gaffe degli ibischi sul reggiseno di Tarn. «E' stato un sacco di tempo fa, non saprei dirti neanche quando di preciso» continua Teh, cercando di minimizzare qualcosa che per lui è veramente privo di importanza. Sembrano passati secoli. Sembra la vita di un altro. La ragazza di un altro. «Forse è successo addirittura prima che facessimo pace noi due» mente. E' una bugia senza peso, che cerca di allontanare lo spettro della delusione.
«Okay» dice Oh-aew, come pronunciasse una sentenza contro se stesso.
Teh frena, nel bel mezzo della strada deserta, e si volta all'indietro: «Non voglio che ti arrabbi per una cosa del genere!» chiarisce.
«Non ho il diritto di arrabbiarmi? Non posso?» ribatte Oh-aew, vicino al punto di rottura. Posso amarti? Anche se tu non mi ami, anche senza speranza.
Teh non risponde. I dubbi e le pretese nei suoi occhi si scontrano con la sofferenza e l'umiliazione in quelli di Oh.
«Okay, non lo farò più» promette Oh-aew in un sussurro addolorato. «Ma tu vorresti dirmi come stanno le cose tra te e Tarn in questo momento?»
L'unica certezza di Teh è che Oh sia troppo vicino. Troppo vicino per dirgli quello che dovrebbe. Troppo vicino per non risentire delle sue correnti gravitazionali, per non trovarsi addosso il suo odore, per non fissare le sue labbra che si muovono, le ciglia lunghissime, lo sguardo tormentato. Tutte cose che Teh vorrebbe per sé. Che crede di possedere e a cui non vuole rinunciare. Tutte cose sbagliate.
Per questo non esiste una risposta semplice alla domanda di Oh. Forse non esiste proprio una risposta. «Stanno come tra te e me» ammette alla fine, credendo che sia vero.
Si accorge della menzogna mentre si sforza di reggere lo sguardo di Oh. Dopotutto, qualcosa è davvero cambiato: le lacrime di Oh sono diventate le proprie, che gli scorrono sul viso; le ferite che gli infligge ora fanno sanguinare lui. Sarebbe un problema se Oh-aew se ne rendesse conto.
Teh prova a concentrarsi su Tarn. Perché non può esserci lei nel suo destino? Bella, solida, luminosa, facile da amare come si amano i mattini d'estate, limpidi e sereni.
Oh-aew, al contrario, con tutta la sua fragilità e le sue mancanze, è l'essenza della Tempesta. Una bufera dei sensi e dei sentimenti che infuria e travolge tutto quello che incontra, comprese la coscienza e la ragione, e manda fuori scala le emozioni. Fermo nell'occhio del ciclone, Teh ne subisce tutto il fascino e l'orrore. Una magnifica stortura. Senza futuro e senza senso. Proprio lì, a meno di un passo. Basterebbe allungare un braccio.
Teh si asciuga una lacrima, àncora le mani al manubrio e mette in moto.
Nessuno che sia sano di mente preferirebbe la Tempesta a un mattino d'estate.
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