CAPITOLO 23 - Tutto quello che manca

Fino in città, si trascinano entrambi in silenzio, in uno stato di grazia ed esaltazione, una suprema incoscienza. Si ritrovano, senza sapere bene come, seduti ai capi opposti del divano nel soggiorno di Teh, illuminati a intermittenza dai bagliori freddi della TV. Non osano guardarsi.

Aleggia una luce irreale, verdastra e aliena, e forse è quella che rende difficili anche le cose più normali, come respirare o pensare. Oh-aew non sbatte neanche le palpebre.

Teh ha messo su il dvd dello sceneggiato de La leggenda della spada della luna; Oh segue ipnotizzato i sottotitoli in cinese che scorrono rapidi, incomprensibili quanto il parlato. Quando Teh gli intima di concentrarsi, annuisce meccanicamente.

A dire il vero Oh-aew è concentrato. Molto concentrato. Non sui sottotitoli, ma sul versante interno di se stesso, dove i sentimenti premono forte e hanno già iniziato a deformare le pareti.

Anche Teh è concentrato. Mantenere le distanze richiede un controllo rigoroso sul corpo e sulla mente, dai palmi sudati delle mani, alla tensione del diaframma, fino ai pensieri più sfuggenti. Quella distanza però è necessaria, per contrastare la gravità. Dopotutto è una forza che va col quadrato della distanza: basterebbe avvicinarsi di pochissimo per far diventare l'attrazione invincibile. E sarebbe persino un calcolo esatto, se non fosse che la topologia delle emozioni tende a ignorare le leggi della fisica. I desideri insoddisfatti si condensano e guadagnano massa, le distanza di sicurezza non esistono.

E' proprio Teh il primo a cedere. Si crede ancora al riparo della ragione, mentre gli impulsi lo divorano all'interno. Si sposta solo pochi centimetri, con un movimento minimo, la cui fasulla casualità è un insulto alla resistenza che tentano di opporre.

Oh-aew, paralizzato contro il bracciolo, deve farsi forza per guadagnare anche lui qualche centimetro verso il centro del divano. «Avevi ragione, sai» dice, con un tono rigido che si accompagna bene all' espressione del suo viso. «La corsa è stata davvero troppo lunga per me. Ho i muscoli a pezzi.»

L'assenso di Teh è un mugugno informe. Sta ancora lottando contro la gravità.

Ma è davvero una delle forze fondamentali dell'universo, inesorabile e caparbia, quella che continua a proiettarli uno verso l'altro, finché a dividerli resta solo una striscia sottile di tappezzeria damascata, nient'altro che lo spazio di un'illusione.

Basta una mano per superarla, quella di Oh-aew, che si deposita poco sopra il ginocchio di Teh. Un tocco maldestro, ma non timido, né incerto. Sopra il cotone ruvido dei pantaloni, le dita di Oh risalgono lungo la coscia in una pessima imitazione di massaggio. Le insidie di quel gesto si dipingono negli occhi attoniti di Teh, che non sa più dove dirigere i suoi sforzi sovrumani. E' più urgente preoccuparsi di calmare il cuore impazzito o fare qualcosa (ma cosa?) per il sangue che affluisce all'inguine?

Teh fatica a riempirsi i polmoni, ma non si dà per vinto. Crede ancora di potersi dominare. Allunga a sua volta la mano, con la ferma intenzione di usarla per spostare quella di Oh. Ma le dita non gli obbediscono e scivolano lungo la gamba magra e nuda, fino all'orlo dei pantaloni corti. Seguendo con lo sguardo il proprio braccio, a Teh sembra che la mano attaccata lì in fondo non gli appartenga, come fosse dotata di volontà propria. Eppure gli arrivano di ritorno, in potenti scariche elettriche, tutte le sensazioni materiali di quell'insubordinazione: il calore della pelle, il profumo di cocco, il rumore del respiro di Oh che si è fatto più veloce e più pesante ed è, maledizione, uno dei suoni più eccitanti mai sentiti.

Continuano a toccarsi così, con un'ingordigia ingenua, senza sapere come o dove andare a parare, evitando di valicare gli ultimi confini, imposti solo dalla paura folle di commettere un crimine imperdonabile contro l'amicizia.

A costringerli a separarsi in fretta è il cigolio di una porta al piano di sopra, seguito dai passi svelti e decisi della Signora Su che scende le scale. Teh scatta in piedi e si fa trovare accanto alla credenza, in una posa che pretenderebbe di essere disinvolta e ha l'unico scopo di evitare che sua madre lo veda di fronte.

Il cavallo dei pantaloni del figlio è l'ultimo dei pensieri della Signora Su; le interessa molto di più l'orologio. «Ragazzi, è molto tardi. Domani c'è scuola. Che ci fate davanti alla TV a quest'ora?»

«Stiamo traducendo Yongjian, mamma» risponde subito Teh. Riesce a metterci quel briciolo di saccenza che suona convincente alle orecchie della madre. 

«Mmn, va bene, va bene» risponde la signora Su scacciando un nugolo di moscerini invisibili prima di sparire in cucina.

«Come ti dicevo, siamo in presenza di una storia dove è facile identificare il protagonista maschile» spiega Teh, con un sussiego contraddetto solo dall'espressione impaurita.

«E come si dice in cinese?» domanda Oh, attenendosi al copione,

«Nan Zhu Jue» traduce Teh.

«Nan Zhu Jue» ripete Oh-aew, istupidito dalla propria voce.

«Nan Zhu Jue, proprio così» ribadisce Teh, parlando al pavimento.

La signora Su, che passa con in mano il suo bicchiere d'acqua, annuisce sovrappensiero a quella traduzione. Si ferma prima di imboccare le scale. «Oh-aew, penso che sia meglio che tu resti a dormire qui stanotte. E' tardi, non è proprio il caso che te ne vai in giro a quest'ora.»

Nessuno le risponde.

«Tanto Hoon è fuori» aggiunge la Signora Su, in tono pratico. «Potete dormire nella tua stanza, Teh.»

Ancora, nessuna risposta. Solo sguardi che esplorano i listelli del parquet e le crepe della carta da parati vicino al battiscopa.

«Chiama subito tua madre, Oh» conclude la Signora Su, con un sorriso accomodante e il piede già sul primo gradino. «Altrimenti si preoccupa.»

Oh-aew fissa il destino. Non aveva mai creduto potesse avere le sembianze di una donna di mezza età, in camicia da notte e vestaglia.

***

Mentre aspetta che Oh-aew esca dal bagno, Teh scrive febbrilmente ideogrammi sul quaderno di calligrafia, sublimando il terrore e l'aspettativa in parole, come solchi seminati di grafite.

Nan Zhu Jue, scrive Teh, mentre lo scroscio dell'acqua della doccia attraverso i muri troppo sottili lo tormenta. I pensieri vanno alla deriva in direzioni inappropriate.

Nan Zhu Jue. Teh ha gli occhi dilatati, allucinati, la pressione sulla matita è tanta che i segni si imprimono sulle pagine successive. L'acqua non fa più rumore.

Protagonista maschile. Protagonista maschile. Protagonista maschile.

E' lui. Il suo ruolo: protagonista. L'eroe. Quello che vince tutto. Che si guadagna un meritato lieto fine. Sempre alla ribalta della propria vita.

Maschile, senza dubbio.

Maschile singolare, aggiunge la sua mente, come un completamento automatico.

Si volta di scatto al cigolio della porta in corridoio, ma non compare ancora nessuno. Torna con gli occhi sul foglio, poi sulla porta. Poi di nuovo sul foglio, appena sente avvicinarsi il tonfo sordo di passi leggeri, a piedi nudi. Riesce a tenere lo sguardo inchiodato alla pagina per pochi secondi, il tempo di sentire la porta della stanza che si chiude.

Quando si volta, Teh incontra gli occhi enormi di Oh-aew, innamorati e avidi, e gli sembra di guardare in uno specchio. Oh indossa una maglietta di Teh, una di quelle vecchie, buone per stare in casa e per dormire. La scritta Sunset, in caratteri arrotondati, giusto al centro di quella maglietta, si imprime in quel momento nella retina di Teh. La ricorderà per sempre.

«Non andiamo a dormire?» domanda Oh, strofinandosi i capelli con l'asciugamano. E' una facile via di fuga, perché i due letti di Teh e di Hoon, in quella stanza, sono lontanissimi.

«Non ho ancora sonno» risponde Teh, il cui codice d'onore non ammette ritirate. Ma è ancora più vero che non sa resistere alla tentazione della curiosità, dell'ansia, del desiderio di scoprire cosa c'è dopo. Dietro l'angolo cieco, il ciglio del burrone.

Oh-aew cede subito. Si siede sul tappeto accanto a Teh. Guardarsi non è più una promessa, ma un gioco di resistenza.

«Allora... come passiamo il tempo?» chiede Oh-aew. Dietro quella provocazione, non si è mai sentito così inerme, così impreparato e fragile.

Teh conosce una sola panacea: «Studiamo?»

Oh non risponde. L'unica cosa che riesce a fare è abbandonarsi a Teh.  Alla volontà di lui, alle sue certezze. Gli affonda il viso nella manica della maglietta. Strofina il naso, le guance, le labbra, nasconde la fronte fra le pieghe della stoffa. Ogni respiro è una vampa rovente che trapassa il cotone, la pelle, la carne e arriva nel centro del desiderio di Teh. Una faccenda terribilmente, inopportunamente fisica.

Teh sa di dover essere lui a mantenere il controllo. Sposta il viso di Oh con la mano, gentilmente, spingendolo per farlo tornare seduto composto. Studiare, si è detto. 

Peccato che dopo aver sfiorato la guancia di Oh-aew, quella stessa mano pretenda di più e non conosca ragioni. Torna sul lembo di pelle calda fra il ginocchio e l'orlo dei pantaloncini e non finge neppure più che sia un massaggio.

Allo sguardo di Oh-aew, che implora risposte, Teh offre due occhi perduti e lucidi: non ha la minima idea di cosa stia facendo.

Oh sfila il quaderno dalle mani di Teh e lo porta davanti a sé, facendolo scorrere sul piano del tavolo.  «Nan Zhu Jue, Protagonista maschile» legge, seguendo col dito i tratti scuri che coprono tutta la pagina. Sgrana le sillabe con cautela, come se ognuna potesse deflagrare in mezzo a loro. «Perché l'hai scritta così tante volte? A che ti fa pensare?»

Teh scuote il capo. Se anche fosse in grado di parlare, la risposta è impronunciabile.

Oh-aew copia i sinogrammi due o tre volte. I suoi gesti sono lenti e languidi.

Da lui spira un alone di pericolo che Teh avverte con tutti i sensi, ma al quale non sa sottrarsi. Neppure riesce a controllare la propria mano o a stornare lo sguardo. Resta lì, rigido, ipnotizzato, a guardare come fosse la prima volta un profilo che dovrebbe conoscere a memoria. La consapevolezza dell'effetto della bellezza di Oh-aew su di lui è una rivelazione che scardina anni di innocente amicizia.

«Protagonista femminile... come sarebbe? Nu Zhu Jue? E' giusto?» chiede Oh, con dolcezza.

Teh annuisce. «E' giusto, sì.»

Giusto. E' giusto, in effetti, che ci sia una protagonista femminile, accanto all'eroe. C'è sempre, in ogni storia. E deve esserci.

Oh scrive la parola alcune volte, assorto. «E' così che si scrive?» 

Non si scosta dal foglio, non sposta il braccio. E' una seduzione elementare, ingenua, che però raggiunge in pieno il suo scopo. Per controllare il quaderno, Teh è costretto a sporgersi verso Oh, a cedere terreno. Non ci sono errori, Teh annuisce ammutolito, mentre la mano sotto il bordo del tavolo continua imperterrita le sue carezze.

Oh torna a concentrarsi sul quaderno. «E se nella storia ci fossero due protagonisti maschili?» suggerisce, tremando. «A te... piacerebbe?»

Teh annuisce lentamente, lo sguardo annegato negli occhi di Oh-aew. Gli piacerebbe, eccome. Ma questo non lo rende normale, né giusto.

Una sola cosa è normale in mezzo a quel maelstrom di emozioni, ed è l'espressione di Oh-aew, con il naso arricciato e la tipica smorfia di disappunto. Sembra che stia annusando qualcosa di orribile, e invece è la faccia che fa quando gli prude la schiena. E' la consuetudine di quel gesto, di allungare una mano per aiutarlo a grattarsi dove non arriva, che sorprende Teh con la guardia abbassata. Prima che possa rifletterci sta già passando le unghie sopra la maglietta, dalle spalle alla base della schiena. Si accorge del pericolo quando è già troppo tardi. Il tremito delle spalle di Oh, i suoi occhi ubriachi, il verso che gli sfugge dalle labbra a ogni vertebra che le dita di Teh incontrano, sono l'innesco di un'esplosione dei sensi mai provata.

Adesso Teh vuole di più. Adesso le sue dita esigono. E la sensazione dell'arrendevolezza del corpo di Oh nelle sue mani è una droga.

Oh-aew è alla deriva di se stesso. Si offre all'unica persona al mondo a cui darebbe tutto, senza remore e senza condizioni. Spegne il rumore di fondo, finché resta solo ciò che conta davvero: sentire, amare. Quando si volta, trova le labbra di Teh così vicine alle proprie che gli si riempiono gli occhi di lacrime. La commozione di fronte ai propri sentimenti, nudi fino all'anima, è un'esperienza sublime e stremante.

Ma non c'è nessun bacio. Perché quello che Teh vuole adesso è l'iniziativa, il pieno controllo. Ha smarrito quello su se stesso, ma può ancora avere quello della situazione. 

Solo pensarlo rende ancora più urgente il desiderio fisico. Mentre percorre la schiena di Oh con le mani, dall'alto in basso, trattenendo i brividi sotto le dita, Teh teme che scoppierà. Gli si fermerà il cuore, forse. Ma più probabilmente sarà il corpo a dare il peggio di sé, con un finale imbarazzante da tredicenne. Al momento, non gliene importa niente di quello che succederà fra un'ora o un minuto.

L'universo di Teh esiste solo al presente. Ha la forma dell'arco della schiena di Oh-aew che si contrae contro le sue dita, ha il suono dei suoi respiri, segue le leggi del movimento ritmico e involontario del suo bacino contro il tappeto. E profuma. Un sentore stordente che penetra tutte le difese. Teh affonda il viso fra le scapole di Oh e aspira il cotone della maglietta, mentre continua a percorrere la schiena con dita sempre meno gentili. Questa volta, non si fermano alle spalle, ma risalgono il collo, affondano nei capelli, tirano, afferrano, pretendono.

Oh-aew, con gli occhi chiusi, cerca l'eternità in ogni secondo. Dilata il tempo con la sola forza dei sentimenti. Ama senza parlare, quasi senza muoversi, solo respirando.

Spossato, sfinito di desiderio, Teh vorrebbe inchiodare Oh-aew sotto di sé e semplicemente possederlo. Interamente, completamente. Non avrebbe neppure idea di come farlo, ma sembra, chissà perché, del tutto irrilevante.

E' rilevante il fatto che, a ogni sospiro, Teh senta un vuoto sotto di sé, che gli fa salire il cuore in gola. Con i palmi aperti risale i fianchi, le braccia, le spalle di Oh. Gli respira nel collo. E alla fine lo afferra e se lo stringe addosso, allargando le gambe per accoglierlo contro di sé, la schiena sul petto, il capo abbandonato sulla spalla.

Il calore di quell'abbraccio arriva fin dentro le ossa di Oh-aew, nel solco della spina dorsale, dentro la coscienza.

Sopraffatto, Teh chiude gli occhi ed è un errore madornale: la realtà svanisce di colpo, con il suo carico di odiosi dettagli e inutili evidenze. Nel buio, restano solo la lussuria e l'amore, talmente intrecciati che è impossibile distinguerli.

Teh serra le palpebre ancora più forte. Guardare non serve, bastano le labbra e le mani, lanciate oltre i fianchi di Oh, a indugiare sui muscoli tesi delle cosce, sull'addome piatto, fra le costole, sul petto. Gli sembra di aver vissuto per questo, per sentirsi esattamente come si sente adesso, proteso verso un altro essere umano fino al punto di volergli entrare dentro. I dubbi sono svaniti nel buio, perduti sulla pelle di Oh, nella tenerezza del suo abbandono. Finalmente ogni cosa è esatta, illuminata. Giusta. E' come deve essere. Una vertigine di sollievo.

Finché non stringe le mani con voluttà su quella maglietta e la realtà penetra nella sua testa con una lama di luce. Affilata. Gelida. Le dita stringono il vuoto, fra le grinze della stoffa, più volte: i petto di Oh-aew è un muscolo squadrato, liscio e solido che non riempie le mani.

Teh spalanca gli occhi. Il mondo precipita nei suoi angusti contorni, nel suo ordinario squallore. Il tappeto è logoro, una goccia di sudore scivola lungo il collo di Oh, c'è un piccola crosta sul suo ginocchio. E fra le mani vuote di Teh, c'è l'enormità di un'assenza. Tutto quello che manca.

Si sente vittima di un inganno: la verità nuda ha le sembianze meschine e sordide della lussuria. Teh si sente sporco. Disgustoso. Un idiota perverso, fuori controllo, capace di rovinare per due volte un'amicizia perfetta. Lo sguardo ferito di Oh-aew, quando si volta, è un macigno che gli piega le spalle. Alzarsi e fuggire di sotto è l'unica scelta possibile. Le lacrime che verserà tutta la notte, contro lo schienale del divano, le crede di vergogna e le nasconde a se stesso.

Oh precipita in caduta libera nel vuoto, le ali di cera bruciate. Quel che resta di lui, abbandonato sul tappeto, è un liquido disprezzo per se stesso, un grumo di dolore sordo, una tristezza senza fine.

[NdA Proprio ieri 13/10 I told Sunset about you ha vinto il premio "international drama of the year" al Seoul International drama awards. Più guardo la serie più la sua bellezza mi si rivela fin nei minimi dettagli e mi colpisce. Scrivere questo capitolo è stato bellissimo e faticoso.]

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top