CAPITOLO 22 - Cosa dovrei fare?

[NdA - in questo capitolo la colonna sonora è d'obbligo. Le metto entrambe (cantate dai due attori), perché il testo è leggermente diverso in cinese e in thai, pur preservando il significato generale. Teh e Oh, nel dialogo, seguono la versione cinese.]

https://youtu.be/pT-Nv5FhO08

https://youtu.be/P6uSiDGWAOQ


Con tutto quel gran correre, è dal mattino che praticamente non si parlano, se non con gli occhi. Adesso, però, sono seduti comodi sull'erba e le ombre di velluto della sera accolgono le loro parole come uno scrigno. Il resto del mondo sta sparendo pian piano fra l'oceano e il buio.

«Sai Teh, una cosa che avrei sempre voluto chiederti è quando, e come, hai deciso di fare l'attore. Ci ho pensato tante volte, ma non riesco a ricordarmi un giorno in particolare.»

«Certo che non te ne ricordi, è successo prima che ci conoscessimo.»

L'idea che sia esistito un tempo in cui Teh, vicino o lontano, amico o rivale, non fosse parte della sua vita, sembra impossibile a Oh. Una specie di eresia.

«Uno o due anni prima, credo» prosegue Teh. «Non ero bravo in niente, non mi distinguevo mai. Studiavo un sacco, ma Hoon era meglio di me, in tutto. E ovviamente era il preferito di mamma. Allora... ecco, ci stavo abbastanza male su questa cosa.»

I tratti del viso di Teh si confondono, oscurandosi pian piano, resta la sintesi del suo viso scolpita dal buio, una serie di linee essenziali e perfette. Per Oh-aew  è blasfema anche solo l'idea di paragonare Teh al noiosissimo Hoon. «Magari era una tua impressione. Insomma, fra te e tuo fratello chi mai potrebbe...»

«No, davvero, altro che mia impressione» lo interrompe Teh scuotendo il capo. «Tu non hai idea di che significa avere sempre vicino un fratello a cui riesce tutto, e subito. Era il primo a scuola, vinceva le gare sportive, prendeva un sacco di medaglie e di diplomi. Mia mamma non faceva che vantarsene con tutti.»

Oh prova una nostalgia impossibile per quel passato di cui non ha fatto parte; la consolazione e l'affetto che non ha potuto offrire a Teh gli sembrano una colpa.

«Io non penso che mia mamma se ne accorgesse. Di riempire di lodi sempre e solo Hoon, voglio dire. Anzi, penso che ogni tanto volesse elogiare anche me, ma non sapeva per cosa. Il fatto è che su di me non c'era proprio niente da dire.»

«Teh, ma stai scherzando? Cosa dici! Tu sei bravissimo in tutto, specie a scuola.»

«Non è una questione assoluta, è relativa. Per quanto io sia bravo, Hoon lo è di più. La mia media a scuola è di 3.9*, la sua di 4, sempre, ogni semestre di ogni anno.»

[*NdA in Thailandia la media scolastica funziona come il GPA negli USA, ossia è basato sui voti A, B, C, D, E, F, che vanno da un massimo di 4 punti per la A a un minimo di 0 per la F. La media del 4 pieno è un risultato eccezionale.]

Ecco come si è formata la voragine dentro Teh, in quegli tempi lontani. Oh rimpiange con tutto il cuore di non essere stato lì per impedirlo. Vorrebbe afferrare il viso di Teh fra le mani per metterlo a un centimetro dal proprio e poi dirgli che non esiste nessuno migliore di lui. In tutto il mondo. Vorrebbe dirglielo per ore, sulle labbra, fino a domani.

«Poi un giorno in Tv trasmisero La leggenda della spada della luna. Te ne ricordi, no?» riprende Teh.

Oh annuisce. Come potrebbe mai dimenticare il soggetto della famigerata recita? Si accorge all'improvviso che pensarci non fa più male. Per niente. Che è diventata solo una tappa della loro storia, un gradino dall'alzata ciclopica che hanno dovuto scalare soffrendo. Una montagna di inutile tempo perduto.

«Ecco, mentre andava in onda quella serie, mamma ha cominciato a dire a tutti che un giorno forse avrei potuto fare l'attore, perché ero praticamente identico a Yongjian. Non ero neanche sicuro fosse vero, ma l'idea che lei lo pensasse non mi faceva chiudere occhio. Rubai a Hoon il telefono e passai tutta la notte a guardare gli episodi. Fino all'alba. Cercavo le somiglianze fra me e lui e mi chiedevo se poteva davvero essere come diceva mamma, se potevo diventare anch'io un attore. Così il giorno dopo andai da lei e le dissi che era proprio quello che volevo fare. E lei corse a raccontarlo a tutti, proprio a tutti, praticamente chiunque mettesse piede nel ristorante. Ed era così orgogliosa che suo figlio diventasse una celebrità, un personaggio famoso della TV... E insomma è andata così, è così che è cominciato tutto. Da allora ho iniziato a fare ricerche, a cercare di capire qual era la strada giusta, quali scuole, quali corsi, quale università. Sembra incredibile che... beh, ormai ci siamo... »

Gli occhi di Teh brillano, mentre Oh-aew si sente trapassare da parte a parte da una tristezza indicibile: persino il sogno di Teh è nato nella voragine, figlio dell'insoddisfazione e della sete di affetto. Un giorno lo realizzerà e i frutti di tanti sforzi finiranno tutti lì dentro, ad alimentare una brama infinita. Gli affetti a volte stringono come lacci al collo, e più ci si ama, più si soffoca. Oh vorrebbe solo che Teh fosse felice. Soddisfatto di sé. Completo. E' uno scopo a cui si sente pronto a dedicare l'esistenza.

«Io ti invidio, sai» risponde Oh. Significa: ti amo. «Perché hai sempre avuto le idee chiare. Me lo ricordo bene, che recitavi tutto a memoria già da ragazzino, pagine e pagine. Sempre in modo perfetto.» Significa: ti amavo anche allora.

Teh si lascia scivolare addosso quelle parole calde e confortevoli. Del loro significato profondo coglie solo vaghi barlumi, come carezze.

Oh prosegue: «Ti ricordi quando abbiamo litigato, da piccoli? Ti ho insultato, ma in realtà ti devo ringraziare. Io fino a quel momento non avevo idea di chi fossi, di cosa volessi fare. Quando ho capito che volevo competere con te, che volevo batterti, ho avuto uno scopo. Ho iniziato a credere in me stesso.»

Di stare mentendo sul proprio conto, Oh-aew non ne ha la minima idea. Pronuncia bugie dolci e profonde, senza accorgersi che sono tutte emanazioni dirette non della realtà, ma dei propri sentimenti: infinite variazioni d'amore sulla sinfonia di un'impostura involontaria. 

L'ultima nota, però, è una brillante, luminosa verità «Non sei mai stato solo un rivale, Teh. Sei anche, sempre, da sempre, la mia ispirazione. Continua a competere con me.»

Significa sempre ti amo. E questa volta, arriva forte e chiaro nello stomaco di Teh, dove si annodano paure mostruose e le farfalle hanno le ali in fiamme. La pressione che sente dentro, i pensieri che non si possono dire diventano musica e versi, nella lingua in cui si scrivono i segreti.

Rén wǎngshì qù rú yān yùjiàn nǐ yìshí yǒngyuǎn

«L'ultima cosa che hai detto mi ha fatto venire in mente questa strofa» spiega Teh, con solo un'ombra di esitazione.

«Che dice?»

«La prima parte dice di lasciare andare in fumo il passato, perché non conta niente» traduce Teh.

«E poi?»

E poi Teh non riesce a tacere. Sa che dovrebbe, ma la risacca trascina rivoli di schiuma bianca fin dentro il suo cervello, uccidendo la logica. «Sei solo tu quello che aspettavo da sempre.»

Oh pensa che, se morisse d'infarto adesso, sarebbe davvero un peccato. Deve tenere le mani saldamente allacciate intorno alle ginocchia, perché indovina che qualsiasi mossa, qualsiasi tentativo di avvicinarsi, farebbe fuggire di nuovo Teh come una preda braccata.

«Vai avanti ancora un po'» propone. Il tono normale, mentre dentro sta esplodendo, gli riesce malissimo.

«Cantala tu, e io traduco» risponde Teh, in un sussurro. Gli batte il cuore così forte che ha paura si possa udire dall'esterno. Si sente scivolare su un piano inclinato: mosso il primo passo, la gravità lo trascina giù, dove il vuoto è una vertigine e la promessa di uno schianto.

Oh non ama cantare, ma in questo momento farebbe qualsiasi cosa Teh gli chiedesse. Tutto, pur di mantenere in vita questo momento. 

Canticchia il verso successivo, con più aspettativa che intonazione: Shānmén gāi shì nǐ shēnrù shā cóng zhǐ jiān liú qù

«Qui dice che le promesse vengono spazzate via come sabbia dal vento.»

Tiān ruò yǒu yì wèihé xiàngyǔ què lìnxī xiāngjù

«Perché dovremmo separarci, se il destino ci ha fatti incontrare?» chiede Teh, con gli occhi lucidi e le labbra riarse.

E' un'ottima domanda, per la quale Oh-aew non ha risposte. Ha solo sentimenti appassionati e la forza sovrumana di trattenerli. E cantare ancora un verso.

Wànlǐ tiáotiáo jiāngshuǐ wèicéng néng bǎwò zǔlán

«Neanche le acque di migliaia di fiumi potranno fermarmi.»

Ancora uno.

Wànlǐ péngpài jiāngshān zhǐ xǔ wǒ zhuǎnniàn yīshàn

«Se fosse una montagna immensa a separarci, non avrei paura di scalarla per te.»

Ancora.

Wànlǐ guāngyīn wǒ guīxīnsìjiàn

«Il mio cuore continuerebbe a cercarti persino se fosse il tempo a dividerci.»

E ancora.

Wànlǐ háng hé mìngyùn wú wǒ bù rènshū gāi rúhé

«Ma quando è il destino a separarci, se anche non volessi arrendermi...Gāi rúhé : cosa dovrei fare?»

Il destino da cui Teh si sente schiacciato ha un potere oscuro, scritto nelle cellule, nei ricorsi della storia, nei giudizi della gente, nella forma distorta della verità quando si adatta alla bocca che la pronuncia. Ha un'ironia perversa, il destino: unisce e poi separa con la stessa violenza, la stessa odiosa noncuranza. Su un solo polso si possono portare un filo rosso e insieme una catena d'acciaio. Se anche uno non volesse arrendersi, cosa dovrebbe fare?

Oh sa perfettamente cosa. Gli basterebbe sporgersi per passare la risposta dalle proprie labbra a quelle di Teh. Ma non è il momento giusto. Non ancora. Anche se sente  l'anima spingere ai confini del corpo dall'interno, per raggiungerlo.

In questa sera, che è già quasi notte, i versi che hanno cantato galleggiano nel cielo, alla deriva. Guardarsi negli occhi non può più essere abbastanza.

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