CAPITOLO 19 - Sete

Nella penombra della sua stanza afosa, Teh fissa una sdrucitura nella tappezzeria del divano, vicino al bracciolo. Non l'ha mai notata prima. Solo quattro giorni fa lui e Oh erano seduti proprio lì a studiare. Ci passa le dita sopra e non trova nulla: i cuscini hanno già dimenticato le loro forme, anche se è passato così poco tempo.

Da quando ieri hanno lasciato il resort, il tempo scorre più lentamente del solito, nemmeno lo schermo dello smartphone dà segni di vita. Rivoli di sudore gli scendono sul collo: è possibile che alle nove di mattina debba fare già così caldo?

Guarda il telefono di nuovo, ed è sempre muto e scuro.

Tarn non gli scriverà: le ha dato buca ieri e lei c'è rimasta molto male, anche se è troppo orgogliosa per lamentarsene. Del resto, al momento di sbarcare, si è sentito talmente esausto e oppresso che la sola idea di fare la corte a una ragazza, parlando a vuoto per due ore, pareva insopportabile. Non gli andava di vederla, tutto qui. Le ha mandato un messaggio di due righe, con due o tre sticker idioti, di conigli e cuoricini. Ma Tarn non è una che si beva una scusa qualsiasi o che si lasci impressionare dai conigli. Non è stupida, né frivola. E' anche per questo che gli è sempre piaciuta.

Seduto per terra, appoggiato con la nuca al cuscino del divano - la seduta a destra, dove si rannicchia sempre Oh - Teh si domanda se Tarn gli piaccia davvero. Se e quando abbia smesso di piacergli. Gli piace, certamente. Gli piace ancora, solo che non ha voglia di pensare a lei.

Non ha voglia di pensare a niente, per la verità. O meglio, non riesce a pensare ad altro che alla sensazione di quella carezza sulla mano nella luce dell'alba, nascosta in mezzo ai sussurri, un gesto di per sé privo di insidie, che un maleficio ha caricato di una sensualità irragionevole e diabolica. E che ha lasciato un marchio tiepido sulla pelle, come un desiderio inesausto.

Il telefono tace. Teh lo guarda comunque. Sul profilo di Oh-aew c'è una foto postata ieri pomeriggio, subito prima di imbarcarsi. L'ha già vista mille volte e la riguarda ancora: è il classico selfie di gruppo. In primo piano c'è Oh che regge il telefono e fa una delle sue solite smorfie sciocche. Dietro l'orecchio, porta appuntato un ibisco rosso. Teh lo tocca attraverso lo schermo, accarezza i petali più esterni e sfiora il viso di Oh-aew, ancora e ancora, deluso e agitato, pigiando forte, come se sotto la superficie dei cristalli liquidi si potesse arrivare a sentire il calore della pelle, e fosse lui a non riuscirci.

Scivola disteso per terra, allarga gli arti nuotando nel mare senza onde del tappeto blu; resta interi minuti immobile, fissando, con gli occhi spalancati e vuoti, le immagini dentro la sua testa.

Sospira e boccheggia, divorato da un'arsura primitiva e insopportabile, una sete potente che parte dalle labbra screpolate e arriva fin dentro i muscoli e i nervi, rendendolo irrequieto e tormentato, come una bestia in gabbia.

Cosa starà facendo Oh-aew? Con chi? Dove? Di sicuro non sta studiando, perché lui stesso gli ha stupidamente concesso un giorno di riposo. E quindi non si vedranno. Non oggi.

Teh vaga per la stanza, si trascina, barcolla toccando tutto quello che gli capita fra le mani solo per assecondare il desiderio delle sue dita di stringere qualcosa: la tovaglia, le tende, le fibre del tappeto su cui torna a rotolarsi, in cerca di una pace che il misto lana e seta vecchio di un secolo non può concedere.

Si alza, rovista fra i libri. Può studiare. Studiare è la soluzione a quasi tutti i problemi. Mentre sposta alla rinfusa appunti e quaderni si rende conto tutt'a un tratto di cosa sta davvero cercando: le tracce di Oh-aew fra le sue cose. Un angolo piegato, una scritta a matita su un bordo, quella pagina di calligrafia su cui Oh ha scritto "segreto" cento volte, con l'inchiostro verde profumato.

L'odore di cocco lo prende alla gola, a tradimento, come un artiglio nella carne. E' un colpo al basso ventre e uno scossone che si propaga dal centro dello stomaco fino al cervello. 

Annusa ancora, aspira più forte, si lecca le labbra, serra gli occhi per ritrovare la sensazione esatta del contatto col corpo di Oh sull'amaca, il fianco snello, il braccio morbido, le gambe sottili. Le mani di Oh che disegnano arabeschi sulla sua pelle e lo eccitano a morte.

Non c'è più niente di innocuo, niente di fraterno. Tutta questa storia è un maledetto problema. Un problema grosso, che dovrebbe sforzarsi di risolvere. Se solo non avesse così tanta sete.

Si strofina il foglio sulla faccia sudata, finché l'inchiostro non gli macchia la pelle e un sentore vago e chimico di cocco gli aleggia intorno, perpetrando l'illusione delle sue voglie. Perché adesso lo sa cosa vuole. E sa che è assurdo e sbagliato. Ma lo vuole lo stesso, disperatamente, e restare a tormentarsi fra quattro mura non porterà a nulla. 

Si sente soffocare e fugge di casa, braccato da se stesso.

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