CAPITOLO 18B - Io credo che tu lo sappia

[NDA: Ho suddiviso il capitolo 18 in due parti, per comodità di lettura]

Teh affonda i piedi nella sabbia fresca e la calcia via a ogni passo. Non sono neanche le cinque di mattina e lui è già di pessimo umore. Offeso e un po' anche risentito.

Per tutta la notte non ha chiuso praticamente occhio, rigirandosi senza posa in preda a pensieri inutili. Verso le quattro meno un quarto si è deciso a vestirsi e spostarsi in soggiorno, dove la sua unica occupazione, per parecchi minuti, è stata tendere l'orecchio verso la stanza silenziosa di Oh e Bas. Cosa stessero facendo dietro quella porta chiusa se l'è chiesto, ma non ha avuto il coraggio di formulare nessuna ipotesi.

Finché la porta si è aperta, per far uscire Oh-aew e su Teh il sollievo è calato dall'alto, come un secchio d'acqua calda.

Avrebbero avuto molto da dirsi, questo era chiaro.

E sono proprio quelle parole perdute la causa del pessimo umore. La chiacchierata mancata, quella che avrebbe sistemato tutto e però non c'è stata.

A volte la gente dovrebbe solo farsi i fatti propri. O almeno capire se è il caso o meno di rompere le palle agli altri. Invece niente, sono piombati tutti lì in soggiorno nel giro di pochi minuti, come un'orda barbarica. Assonnati, pigri, con l'alito cattivo. Sono arrivati sbadigliando e si sono piazzati in mezzo, letteralmente, fra loro due. Senza il minimo riguardo.

A quel punto Teh si è alzato e ha preso la via della spiaggia, solitario e immusonito.

Finché i tonfi sordi di piedi nudi sulla sabbia, dietro di lui, ribaltano il suo umore all'improvviso, come rovesciando una stoffa bicolore. Sta già sorridendo prima ancora che la spinta di Oh lo raggiunga. Reagisce con una spallata. Poi ancora una spinta, un finto schiaffo, qualsiasi pretesto per giocare a ridurre le distanze, e poi ampliarle, e poi ridurle ancora, qualche centimetro più vicini.

Finché la corsa sfrenata diventa solo una passeggiata, mentre la notte è ancora lontana dal cedere all'alba.

«Sei stato bravo oggi, ho visto che sei migliorato un sacco. L'impegno viene sempre ripagato, Oh, pensaci in questo tempo che rimane fino all'esame» dice Teh.

Oh annuisce con la testa. Non è di questo che vorrebbe parlare, ma in fondo non gli importa, purché siano loro due, purché siano così vicini, purché non sorga mai il giorno.

«E' così che funziona quando uno ha un obiettivo. Si migliora ogni volta, puntando a quello con tutte le forze» continua Teh, ispirato.

«Migliorerò di sicuro. La prossima volta prenderò più punti di Bas. Farò meglio di tutti.» Oh adora dire a Teh esattamente quello che lui vuole sentire e adora crederci lui stesso, anche solo per un attimo.

Teh annuisce compiaciuto. «Esatto, meglio di tutti. Devi essere il primo in classifica. Il primo di tutto il paese.»

Il primo del paese, quello che sceglie la facoltà, ma anche l'università, quello che ha il diritto di fare come preferisce. Nel loro caso, è il diritto di studiare insieme per i prossimi quattro anni. Di inseguire lo stesso sogno.

«Davvero posso farcela?»

«Certo! Certo che puoi. Devi!»

«Oggi sono stato bravo?»

«Sì.» Si è distratto, ma il compito era buono.

«Quindi mi merito una ricompensa?»

Quando fa così sembra un bambino, ma Teh si sente troppo su di giri per essere severo. «Sentiamo, cosa vorresti?»

I desideri di Oh-aew hanno ali enormi e si spingono in territori lontani, terribili e meravigliosi. Non è il momento di esprimerne neanche uno. «Eddai, Teh, solo un po' di incoraggiamento!» risponde lamentoso.

Si chinano entrambi, per passare sotto le fronde degli ibischi. Ovunque, sulla sabbia, corolle sfiorite come macchie di sangue vivo. Teh ne raccoglie una e la poggia dietro l'orecchio di Oh. «Ecco qui il tuo premio!»

Oh si finge deluso. Ma prende anche lui un fiore e ripete il gesto, solo che incastra il gambo da dietro, circondando col braccio la nuca di Teh.

Mentre Oh si sporge verso di lui col fiore in mano, Teh riporta la stessa intensa impressione del pomeriggio: che vi sia un pericolo latente in ogni movimento di Oh, qualcosa nei suoi occhi pronto ad attaccare. Persino il silenzio gli sembra fitto di insidie.

«Okay, hai vinto. Ecco la vera ricompensa: domani niente ripetizioni.»

Oh allarga gli occhi. «Dici davvero? Posso permettermi di perdere un giorno?»

«Non ti preoccupare» risponde Teh con un buffetto. «Ogni tanto bisogna farlo riposare, il cervello. Studiare di continuo è controproducente.» E' una cosa che dicono tutti, ma Teh non si è mai sognato di applicarla a se stesso. Può andare bene per Oh, che a certi ritmi non è abituato.

«Yesssss!» esulta Oh in inglese.

«Yesssss!» gli rifà il verso Teh, con una stupida smorfia. «Yesssss!»

I passi li hanno portati alla vecchia amaca bianca, dove, in passato, hanno trascorso interi giorni di vacanza, solo spingendosi a vicenda, sonnecchiando e guardando il cielo, fra un bagno e l'altro. E' il posto perfetto per ridere, provocarsi a vicenda e continuare a prendersi in giro, fino farsi venire male alla pancia e crollare esausti.

Come un tempo, si ritrovano distesi uno di fronte all'altro, a dondolarsi al ritmo pigro della risacca. Nulla al mondo è reale, a parte loro due, una notte che rifiuta di spegnersi, un oceano sconfinato, un tetto di stelle, una culla di rete.

«Dai, racconta, sei in stanza con Bas no?» chiede Teh a un tratto, fissando l'acquerello del cielo che inizia appena a tingersi della luce dell'alba. «Avete avuto qualche momento...intimo?» Mentre lo chiede, si rende conto che forse una risposta sincera non vuole sentirla davvero, che era meglio restare a fissare la porta chiusa, era meglio marcire nel dubbio.

Oh-aew si prende un sacco di tempo per pensare a una domanda cui sarebbe, tutto sommato, molto semplice rispondere. E' un campo minato, quello in cui è sul punto di inoltrarsi: nessuna certezza, nessuna via di fuga. «Non ho ancora capito se gli piaccio o no...» dice, e non sta più parlando di Bas.

Teh ignora le sottigliezze. E' sicuro che Oh piaccia a Bas, praticamente dal primo momento che li ha visti insieme. E' una sicurezza molto amara, se pensa a certi sguardi, a certi tocchi. Ed è convinto che si metteranno insieme da un momento all'altro. E' convinto di un sacco di cose e, a pensarci bene, tutte quante gli fanno sia male che paura. Un male tremendo e una paura fottuta.

«In realtà prima mi ha chiesto di uscire insieme, solo noi due» continua Oh, pensieroso. Le sue dita sottili giocano con la rete dell'amaca. Ha il braccio poggiato sulle gambe di Teh, in un contatto familiare, naturale, rassicurante.

«Solo voi due? Ma che ragazzo romantico...»

Oh non risponde, sta scandagliano il sarcasmo vibrante nella voce di Teh. Quello che in realtà cerca è un'altra nota, di un'emozione diversa e più sfuggente.

Teh incalza: «Ma dai, è fatta! Pensaci un attimo: prima fa in modo di stare in stanza con te e poi ti chiede di uscire! E' fantastico, no?» Fantastico. Fanculo.

«Non lo so» risponde Oh-aew, cauto. «E' cambiato qualcosa.»

Cosa? Cosa è cambiato? Cosa è successo? Teh può controllare le parole, ma non lo sguardo, non la piega delle labbra.

«E' che non mi batte più il cuore a mille quando siamo insieme» prosegue Oh. «E prima, quando mi ha chiesto di uscire, tutto quello che ho pensato è che proprio non mi andava. Che non ci volevo andare.»

«Come no? Perché no? Non ti piace più?»

Oh-aew scuote il capo, lentamente ma senza esitazioni. E' sincero. Non saprebbe mentire con Teh, e non vorrebbe.

«Pensi che gli piaccia qualcun altro?»

Oh-aew scuote ancora il capo. Teh fa sempre domande assurde e illogiche, quando è agitato.

«Allora forse... è a te che piace qualcun altro?» Teh ride. Ride da solo, come uno scemo, che è quello che si sente di essere. Uno scemo che ha paura di dove può portare una conversazione come quella. Uno scemo che non sa decidere quale risposta vorrebbe sentire. Sì o no? Non lo sa e continua a ridere, finché il riso non si disperde nel vento fresco, fra le dita di Oh che disegnano ideogrammi inesistenti sul suo ginocchio.

C'è silenzio, adesso. Un silenzio carico di aspettativa, in cui la vicinanza diventa all'improvviso consapevolezza fisica di ogni singolo punto di contatto.

Oh-aew si solleva a sedere. Il suo viso stagliato contro l'azzurro è di una bellezza ingiusta.

«Quindi è così, Oh? Ci ho preso! Ti piace qualcun altro! E chi? Chi è? Dai, dimmelo! Chi è?»

Se non ci fosse la luce vaga e irreale dell'aurora, Teh stornerebbe lo sguardo, perché quegli occhi lo stanno sfidando con un coraggio insostenibile, contro cui non ha difese se non una corazza di ingenuità troppo sottile.

«Tu sai benissimo chi è» risponde Oh. Sotto la pianta del piede ha sentito lo scatto della mina che ha pestato, pronta a esplodere e ridurlo in pezzi. La verità è che non ne può più di tenersi tutto dentro, da sempre. «Non te lo immagini? Non l'hai capito? Io credo che tu abbia capito.»

Il silenzio è sfiancante. L'amaca si è fermata.

«O forse davvero non te lo immagini. Non ti ha mai sfiorato il pensiero... » c'è una vena di sofferenza nella scansione degli accenti. «Ma no, io penso proprio che invece tu lo sappia.»

Teh deglutisce. Colpita dalla supplica sommersa in quelle parole, la corazza è andata in frantumi. Ogni simulazione è inutile. «E questo... da quando?»

Questo. Questo che non si può dire. Questo che brilla negli occhi di Oh. Che scivola fra loro due e si insinua sottopelle. Questo che ha mozzato il respiro nei polmoni di Teh con la violenza di un pugno sul diaframma e gli avrebbe piegato le ginocchia, se non fosse stato disteso.

«Non lo so» risponde Oh-aew. E trema per la vertigine del salto nel vuoto nascosto nelle parole che sta per pronunciare. «E tu? Tu da quando?»

«Non lo so» risponde Teh, che in effetti non sa più nulla. Né cosa, né come, figurarsi quando o quanto. E' affannato, la sua mente è bianca. L'ibisco accanto al viso di Oh-aew , di un rosso carnoso e carnale, è l'unico punto di fuoco nel suo campo visivo. Vorrebbe poterlo toccare, per distinguere la realtà dai fantasmi che ha in testa. E non va affatto bene, così. Nessuno di quei pensieri va bene. E' una stortura da aggiustare a parole. «E' diverso, per me. Io non credo di... penso che non... io voglio solo passare il tempo con te, più possibile. E non mi va che gli altri ti stiano troppo addosso. Tutto qui. Non c'è altro

La tristezza arriva a ondate, come la marea. E' sempre così per Oh-aew. E' la maledizione di uno che sente con troppa chiarezza il cuore degli altri. E il cuore di Teh è un mistero doloroso da tenere fra le mani. Una meravigliosa debolezza. La paura di lui gli rimbomba addosso e l'urgenza di consolarlo è già più forte della delusione. «Va bene, okay. Come vuoi tu» dice, senza neanche provare a sorridere. «Ma io penso che tu sia solo geloso» conclude, con un filo di voce.

Teh alza le spalle, per respingere quella verità. Perché è vero che arde di gelosia. Da settimane, da mesi. Fin dall'infanzia forse. Ma pensa faccia parte dell'amicizia. Di un'amicizia forte, esclusiva, una cosa che va bene fra maschi. E' quello che vuole pensare, perché tutto il resto lo spaventa a morte.

E' il brivido che sente fin dentro le ossa, mentre Oh gli mette l'ibisco fra le mani, la cosa più spaventosa di tutte. Niente più di una carezza, il polpastrello che sfiora l'incavo del polso, ma accende una vampa le cui fiamme sfiorano il cielo. Dal corpo all'anima, Teh smarrisce la bussola di se stesso. Chiude gli occhi e può solo bruciare.

La luce dell'alba è dorata, il coraggio si è fatto nostalgia, la paura silenzio, il fuoco si spegne, gli uccelli cantano i segreti che hanno udito.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top