CAPITOLO 17 - Senza motivo
Al molo, il mattino dopo, sono tutti puntualissimi. E' sabato, il giorno in cui i turisti partono e arrivano, quindi la barca è già quasi piena. Oh-aew si sta sbracciando dalla banchina; in mano stringe cinque ghirlande di ibischi rossi, di quelli enormi, che sull'isola crescono ovunque, anche sulla spiaggia.
«Non c'era bisogno che venissi fin qui, Oh» esclama Bas, appena lo raggiungono. «Si muore di caldo oggi. Potevi aspettarci al resort!»
«Scherzi? Siete ospiti VIP» replica Oh-aew sorridendo. «Dovevo per forza venire ad accogliervi di persona. Accomodatevi» dice, con un ampio gesto teatrale, a indicare la passerella.
«Dai muoviamoci! Mettiamoci in fila per le ghirlande e saliamo a bordo» incita il solito pragmatico Kai. «E' pieno di clienti veri che stanno aspettando!»
Teh si trova subito dietro Kai, ma, dopo una rapida occhiata all'interno della barca, si fa da parte e si sposta in fondo alla fila. «Andate pure avanti» borbotta.
Oh-aew sistema al collo di ciascuno la ghirlanda. Bas gli sorride come se fosse l'unico ad aver capito quanto sia davvero carino quel gesto, che non inizia e finisce lì al molo, ma comprende il disturbo di realizzare a mano ognuna delle ghirlande, la fatica di svegliarsi tre ore prima per imbarcarsi, il pensiero di un'accoglienza speciale. Oh-aew sa che Bas, proprio come lui, è capace di leggere oltre le parole e i gesti, fino al centro del senso delle cose. Eppure, quel sorriso così speciale, così carico di affetto e sottintesi, non gli fa tremare il cuore.
«Ti sei messo a fare il gentiluomo?» domanda Oh a Teh, quando arriva il suo turno, mentre gli infila al collo la ghirlanda. Ormai sono soli sulla banchina.
«Ma va'. Volevo solo essere sicuro di sedermi vicino a te.»
Lo dice con naturalezza, con semplicità. Senza bisogno di impegnarsi molto, senza sorrisi speciali, forse senza neppure averne l'intenzione, Teh arriva a toccare il cuore di Oh-aew e lo fa tremare dall'interno.
***
Subito dopo lo sbarco, in attesa del check-in, si siedono tutti in fila sul muretto basso della reception. Il sole cola dall'alto in larghe macchie d'oro fra le foglie, tutt'intorno, la natura esibisce il suo splendore con noncuranza. E loro la ignorano, con tutta l'indifferenza dei diciotto anni, il privilegio di chi ha sempre posseduto qualcosa e non lo hai mai considerato una ricchezza.
«Mi spiace, dobbiamo aspettare ancora un po', stanno ancora rifacendo le stanze» spiega Oh, andando a sistemarsi accanto a Teh.
Troppo vicino. Oh se ne accorge tardi, quando è già seduto. Di certo non l'ha fatto di proposito, ma si è accomodato come se dovessero stringersi su un sedile troppo piccolo, anziché su una panca di pietra enorme. Le loro gambe sono a contatto, dalla coscia al ginocchio, così come le braccia e le spalle. Appiccicati, praticamente.
Teh però non è a disagio e non accenna a scostarsi, anzi, sembra che non se ne sia neppure accorto, continua pacificamente a chiacchierare con Mod e Kai, all'altro capo della fila.
Oh-aew continua a fissare il proprio ginocchio nudo e quello coperto di stoffa di Teh, premuti uno contro l'altro. Sente che il sangue gli sta affluendo al viso senza controllo. Che significa? Come si deve interpretare? E' possibile che Teh non se ne renda conto? Che lo consideri una normale deriva della loro amicizia? Che gli sembri così naturale da...
La vibrazione insistente del telefono di Teh interrompe quel fuoco di domande interiori, lasciando solo l'eco dei battiti del cuore alle tempie.
«Pronto Tarn? Sì, siamo appena arrivati al resort» dice Teh al microfono. «Hai già mangiato? Mmn. Davvero?» Teh mugola assensi, ascolta, sorride. La conversazione trasuda confidenza, abitudine, quotidianità. «Okay. Sì, certo. Allora ci sentiamo stasera.»
Per Oh ogni sillaba è un fascio di ortiche strofinato sui suoi nervi scoperti. Guarda fisso davanti a sé per evitarsi almeno le espressioni del viso, gli sguardi, una serie di sorrisetti di cui sente il rumore.
«Mi manchi anche tu» sussurra Teh a tradimento. Il tono non è accorato, ma neppure indifferente.
Oh si volta di scatto.
Teh sta sorridendo, gli occhi pieni di luce, le fossette scolpite nelle guance. «Allora a dopo. Okay. Sì. Ciao.» Chiude la chiamata, ripone in tasca il telefono, risponde a tono ai motteggi degli altri. Non sfiora Oh-aew neppure con mezzo sguardo.
Per tutto il tempo, non ha spostato la gamba di un centimetro.
***
Visto che è bassa stagione, la mamma di Oh ha acconsentito a lasciare ai ragazzi la suite migliore del resort: tre stanze da letto e due bagni che si aprono su un ampio soggiorno, affacciato direttamente sul mare attraverso un'immensa vetrata angolare, che confonde il confine fra interno ed esterno, fra acqua, cielo e tappezzerie azzurro polvere. E' il posto più lussuoso dove abbiano mai messo piede.
«Allora, gente, organizziamoci» li esorta Oh. «C'è una stanza qui, una lì e un'altra là in fondo» spiega, indicando le porte chiuse. «In ognuna c'è un letto doppio. Come vogliamo dividerci?»
«Io con Kai» dice subito Mod. «Russiamo tutti e due come orsi» aggiunge, ridendo. E' vero, ma è anche vero che Kai e Mod sono amici fin dalle elementari.
Oh annuisce e scocca un'occhiata a Teh. E' rilassato, placido, ricambia lo sguardo con la serenità di chi vive in un universo di certezze. Oh-aew si sente quasi offeso da tanta sicurezza; nelle viscere il morso della gelosia gli brucia ancora ed è una bestia che esige di essere placata, almeno con un atto di dispetto, un modesto prezzo di sangue.
«Io allora starò con Bas» scandisce Oh.
Bas si illumina ma, come suo solito, non travalica la forma. «Perfetto» dice soltanto, ed è letteralmente quello che pensa.
Negli occhi di Teh le certezze si sgretolano e Oh resta a godersi lo spettacolo dello scalpello che le incide; si limita a offrire un'espressione di finto candore in cambio della delusione e dello stupore.
«Siamo rimasti noi, Teh, gli scarti» commenta Phil, ridendo ignaro. «Che ne dici?»
«Dico che va benone, amico» risponde Teh, simulando un'allegria che non prova.
Il sorriso di Oh è appagato, quello di Teh ancora incredulo.
«Muoviamoci, dai. Andiamo a disfare i bagagli, così cominciamo subito!» scalpita Mod.
Tutti si disperdono, carichi di zaini e trolley, diretti nelle camere. Tutti, tranne Teh, che sta cercando di capire esattamente cosa sia successo due minuti prima. Perché qualcosa davvero non gli torna. Dopotutto, è abbastanza logico che Oh-aew voglia dormire con Bas. Non è quello che lui stesso gli avrebbe consigliato? Non è la cosa migliore? E quindi perché brucia così? Perché ha il sapore di un torto? Perché pensarci è insopportabile?
Teh si sente stordito, smanioso, inquieto. Vaga per la stanza, muovendosi a scatti, alla ricerca di un qualche sollievo; strofina i piedi sul tappeto, tocca i soprammobili, annusa e abbraccia i cuscini, li lancia via, gratta con le dita il vimini dei poggiapiedi, come un gatto.
Oh-aew, che non ha bagagli da disfare, è il primo a tornare in soggiorno. Assiste a quelle feline manifestazioni di insofferenza, ma finge il contrario; si ferma di spalle, aspettando di essere raggiunto. Cosa che accade quasi subito.
A Teh sembra che, per voltarsi e notarlo, Oh-aew impieghi un secolo. Di tutto quello che vorrebbe dirgli, niente può essere semplicemente tradotto a parole. Nei momenti importanti, i dizionari si rivelano tragicamente poveri. Resta il linguaggio primitivo dello scherno: «Qualcuno stanotte dormirà con il suo Bas...» provoca, senza misurare il sarcasmo. «Allora...sei emozionato?»
«E tu?» replica subito Oh. E' lui stavolta ad avere il pieno controllo della situazione. «A te va bene dormire con Phil? Era quello che volevi?»
E' una freccia che penetra gli scudi e centra il bersaglio.
«Va bene. Benissimo. Certo che va benissimo» si affanna a rispondere Teh. Sta mentendo e lo sanno entrambi. «Nessun problema» ribadisce, mentre sente montare una specie di collera sorda. Che altro potrebbe dire? Che cosa si aspetta che dica? Che cavolo vuole?
Di Bas, sulla soglia della stanza, nessuno dei due si è accorto. Per lui le correnti di tensione tra quei due sono quasi visibili nell'aria, mappe delle altrui tempeste fra le quali è costretto a navigare. «C'è qualche problema, ragazzi?» chiede con cautela.
«No» risponde Oh, reciso. Non ho bisogno di aiuto.
«No!» segue Teh, seccato. Non ti impicciare.
«Cominciamo a studiare?» propone Teh.
«Meglio di sì» risponde Bas.
«Allora andiamo» dice Oh, ma non si sposta. I suoi occhi lanciano una sfida muta, che Teh raccoglie, senza abbassare lo sguardo. Restano a fissarsi da troppo vicino.
L'unico ad avviarsi è Bas. «Dai, Oh, muoviti.»
Oh si volta e gli sorride, poi gli circonda le spalle con un braccio e sparisce insieme a lui, oltre la porta della suite. Teh mastica imprecazioni, l'unico a udirle è un antico, pregiato tappeto indiano.
***
La sala congressi del resort è smisurata, anche troppo grande per cinque banchi incolonnati a un metro e mezzo di distanza uno dall'altro, come prescrivono le regole dell'esame.
A Teh piace il ruolo dell'insegnante. Stare in piedi, in cattedra, a braccia conserte, mentre gli altri soffrono sul compito, è un piccolo, gustoso assaggio di potere. Essersi già guadagnato l'ammissione è il luminoso trofeo che oscura molte sconfitte di minor conto. Ogni volta che ci ripensa, si sente più forte.
Tutti scrivono, concentrati, il rumore dei lapis sulla carta e il frullio d'ali di un moscone sono la colonna sonora della simulazione. Solo Oh-aew, nell'ultimo banco, è distratto e non si cura di nasconderlo. Si stira la schiena, scrocchia le dita, mangiucchia il fondo della matita. Si stende sul banco, fissando il mare fuori dalla finestra, trasognato.
«Il tempo è quasi scaduto» sussurra Teh a Oh, parlandogli all'orecchio, per non disturbare gli altri. Teh pagherebbe oro, per sapere cosa gli frulla per la testa.
Oh sospira, si tira su di malavoglia, volta la pagina e riprende in mano la matita. Quando Teh si allontana, lo guarda di sottecchi. Non si ricorda più bene perché gli sembrava di essere tanto in collera con lui. In questo momento, nel labirinto di caratteri cinesi sulla pagina, la sagoma di Teh che passeggia, atteggiandosi a professore, sembra l'unica cosa reale al mondo, l'unico porto sicuro. Tutto quello che Oh vorrebbe è stargli più vicino.
***
Per la correzione della simulazione decidono di spostarsi all'aperto, a un passo dal canto di sirena della spiaggia e dell'oceano.
Si mettono in cerchio, seduti sul pavimento della terrazza, chini sui fogli. Teh brandisce una matita rossa, la conversazione è un sovrapporsi di commenti e di domande.
«Questo è giusto!»
«Cazzo, ho letto male la domanda.»
«Sei sicuro che sia così?»
«Qui va bene?»
«Te lo spiego!»
Solo Oh-aew è in disparte; sta giocando col piede sul confine fra il legno dell'assito e la spiaggia, come su una frontiera: un passo e sei in patria, un altro passo e sei in un paese straniero.
Proprio così si sente, un acrobata sul filo tagliente di un fronte di guerra: acqua da una parte, fuoco dall'altra. Pensa che dovrebbe esserci un limite alle capacità di farsi attraversare dalle emozioni. Dovrebbe esserci una soglia oltre la quale scattino dei meccanismi di difesa, per non farsi sopraffare. Invece, va a finire che non ci sono mai, non c'è misura e non c'è mai salvezza da se stessi. Ha l'impressione che sia una verità profonda, un assaggio del male di vivere degli adulti. Che è davvero così lo scoprirà più avanti.
Sovrappensiero, fissa le schiene di Teh e Bas , le due camicie colorate una accanto all'altra: di un quieto e tenero azzurro quella di Bas, come una promessa di serenità; a fiori e forme di colori sgargianti, quella di Teh, confusa e aggressiva, proprio come lui.
La rivelazione di qualche giorno prima, la notte che Teh si è fatto trovare sulla barca, ormai ha assunto una forma precisa, definita. E' irresistibile e letale, come una droga pesante.
In questo momento, però, a Oh-aew sembra ancora di poter scegliere. Che la scelta sia facile, concreta, fra il lino azzurro e quel cotone chiassoso; che sia ancora possibile prendere la decisione più sicura. Più sana. Più giusta. Smetto quando voglio.
Dopo essersi inginocchiato accanto a Teh, con un braccio intorno alle sue spalle e una mano sul suo ginocchio, facendo leva per avvicinarsi ai fogli dei punteggi, Oh si allontana all'improvviso, e raggiunge Bas, proprio lì accanto. Siede dietro di lui, appoggiato alla sua schiena, aggrappato al cielo senza nuvole della sua camicia.
Teh ha finito la correzione: Bas ha preso quasi il massimo dei punti, Kai e Mod se la sono cavata bene, Phil è ultimo e Oh è oltre la sufficienza. Considerando quanto era distratto durante la prova, Teh pensa che sia migliorato moltissimo.
Vorrebbe dirglielo, ma non ci riesce: Oh è sempre troppo vicino o troppo lontano. Così vicino da non riuscire a fargli organizzare i pensieri o così lontano da intorbidirli. La distanza da Oh-aew è fonte di un disagio costante, un'insofferenza pungente, sia mentale che fisica. Teh racconta a se stesso che è colpa della noncuranza di Oh, del suo preoccuparsi di tutto meno che di studiare seriamente. Se lo racconta, ma neanche lui ci crede più davvero.
Con la schiena contro un tronco, lanciandosi in bocca una patatina dietro l'altra solo per occupare le mascelle, Teh non riesce a fare altro che fissare Bas e Oh, fianco a fianco sulla spiaggia. Non stanno facendo niente di particolare, leggono insieme da uno dei libri di testo. Eppure, guardarli è una tortura.
Finché Oh non si volta a fissarlo, per un istante molto lungo. E poi si alza e si avvicina, si inginocchia e si sporge verso di lui, per farsi imboccare con una patatina. C'è qualcosa di nuovo nel suo sguardo, una sorta di richiamo o di provocazione. Anche nei suoi movimenti c'è qualcosa di diverso: sono lenti, ipnotici e pericolosi, come le spire di un serpente. Teh si scopre incapace di distogliere lo sguardo: non importa cosa Oh stia facendo, persino mentre mastica, guardare altrove è impossibile.
Infine Oh si distende supino, col capo poggiato in grembo al suo migliore amico. Niente di anomalo, niente che non sia già successo mille volte. Se non fosse che lo stomaco di Teh si trova compresso in una morsa. Che il cuore gli rimbomba nelle orecchie. Che l'aria gli brucia nei polmoni. E un'imbarazzante erezione, che non c'entra proprio nulla, si presenta a tradimento.
A volte agli adolescenti capita, così, senza motivo.
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