CAPITOLO 15 - Alba
A Teh è sempre piaciuto starsene da solo, nella penombra del ristorante chiuso. E' l'alba, ma si può fingere che sia ancora notte fonda, al riparo degli scuri di legno pesante che bloccano la luce. La solitudine è preziosa.
Ha preso dal bancone una grossa noce di cocco: dopo aver bevuto tutto il liquido, ha scavato col coltello, dal fondo, uno strato sottile, una striscia morbida, flessibile, bianca, appiccicosa, umida. E profumata, soprattutto profumata.
Teh aspira in profondità, come potesse strappare via l'odore alla polpa lattiginosa con la forza. Purtroppo, non è il profumo giusto. Ci si avvicina, le note sono quelle, ma manca qualcosa di fondamentale. E' molto più importante trovarlo, che saperlo definire.
Annusa ancora, ma l'olfatto non è sufficiente. E allora invoca gli altri sensi: succhia, assaggia, lappa, si strofina il cocco sulle labbra e fin dentro le narici, ci affonda le dita, lo spreme, lo strizza, lo tortura. Sempre più vicino alla risposta, ma ancora non abbastanza.
Finché non sente alle spalle i passi di Hoon, seguiti dal rumore delle rotelle del trolley sulla superficie sconnessa del pavimento di legno. Teh si caccia subito in bocca la striscia di cocco, piegandola con le mani per farla entrare tutta intera, mastica voracemente, cerca di mandarla giù in fretta. Suo fratello lo coglie così, con la bocca piena, gli occhi socchiusi e la gola gonfia per lo sforzo di inghiottire.
«Non ti faceva schifo il cocco?» chiede Hoon perplesso.
«No, anzi» risponde Teh, cercando di simulare un disinteresse credibile. «E' piuttosto buono.»
Hoon scrolla le spalle, indulgente. Alle pazzie degli adolescenti non serve dare un senso.
«Dove vai stavolta?» chiede Teh, appena dopo essere riuscito a deglutire.
«In Giappone» risponde Hoon. «Una decina di giorni.»
Hoon fa la guida turistica. Non quelle da quattro soldi, con l'ombrellino colorato e l'autobus fatiscente, seguite da greggi di europei sudaticci. I suoi clienti sono gente ricca da tutta l'Asia: compagnie ansiose di offrire svaghi ai dirigenti e ai clienti importanti, accademici in viaggio sabbatico, attori annoiati in cerca di panorami incantevoli e solitudine. Hoon fa la guida turistica, ma sarebbe corretto dire che è uno storico, uno psicologo, un esperto nel cogliere le esigenze altrui, espresse o meno, e soddisfarle. La riservatezza è garantita da uno dei caratteri più introversi del mondo.
«Porterò qui un'amica giapponese quando torno» dice Hoon, rivolto ai battenti della porta d'ingresso, che sta sbloccando.
Un'amica. Hoon non ha mai portato a casa un'amica. Non ne ha mai avuta una, per quel che ricorda Teh.
Si guardano per un attimo: gli occhi di Hoon, senza imbarazzo e senza reticenze, confermano l'unica interpretazione possibile.
Una lama di luce prepotente entra a tradimento nella fessura aperta da Hoon, si infrange contro il suo corpo e arriva dritta sul viso di Teh, a evidenziare senza pietà le larghe tracce umide di cocco, dal mento alla radice del naso.
«Vai a lavarti» dice Hoon, scuotendo il capo.
«Fai buon viaggio» risponde Teh, cercando di pulirsi con il dorso della mano, mentre il fratello varca la soglia insieme al suo trolley.
«Aiuta mamma.»
«Okay.»
«Cerca di dormire di più.»
«Okay.»
***
Non sono neanche le nove di sera e Oh-aew si sente già esausto. Gli sembra di non fare altro che studiare, tutto il giorno. Sfoglia pigramente le pagine del libro, copia qualche sinogramma sul quaderno di calligrafia, ma non riesce a concentrarsi.
Nella mente rimbalzano frammenti sparsi della notte precedente. Singoli momenti, sensazioni discrete. Mentre faceva il bagno, poco prima, ha usato il triplo dello shampoo, strofinandosi forte i capelli, lasciandosi scivolare sulla schiena e sul petto quintali di schiuma bianca profumata di cocco.
Ha troppa paura di mettere in ordine i pensieri, di dar loro un senso, ma sa che non potrà evitare di farlo. La sua intelligenza emotiva lavora anche di nascosto, al di fuori della sua volontà, in sogni notturni conturbanti e lunghi momenti sovrappensiero, che non riesce a controllare.
Il telefono si illumina e trilla per l'arrivo di un messaggio.
[Bas] Che stai facendo?
[Oh] Vorrei studiare ma sono stanco.
[Bas] Dovresti andare a dormire presto e svegliarti alle quattro domattina. Così almeno sei riposato.
[Oh] Hai ragione. Mi sa che faccio così. Me ne vado subito a letto.
[Bas] Bravo!
[Oh] Sogni d'oro.
[Bas] Buonanotte.
Bas è una garanzia. Le sue premure non sono mai incostanti, non passa mai i confini, sa sempre cosa dire e anche i suoi rimproveri non feriscono mai. Oh è convinto che sia una delle persone migliori che mai incontrerà. E' proprio per questo che...
Oh si rivolta nel letto, cercando di prendere sonno. Ha già spento la luce ma non gli riesce proprio di spegnere anche i pensieri. Si scatta un selfie con una linguaccia. Domani sveglia alle 4! Ce la farò? scrive come didascalia e poi la posta su instagram. L'ennesima storia diretta a tutti, ma rivolta a uno soltanto.
Che risponde subito.
Teh posta una foto di Oh profondamente addormentato con la faccia spiaccicata sul libro. L'ha scattatata a tradimento la settimana prima. E' una foto orribile, ma fa ridere Oh-aew.
Gli sembra di avere appena abbassato le palpebre quando suona la sveglia. Le quattro. Fuori è ancora buio, il rumore cadenzato della risacca invita a proseguire il sonno. Oh richiude gli occhi, pensando che fra cinque minuti si alzerà. Ne passano sette, quando suona il telefono. Stavolta non è la sveglia.
«Sei in piedi?» chiede Teh.
Come faccia ad avere quel tono di voce lucido a un'ora del genere è un mistero.
«Sì» mente Oh-aew. E' disteso sotto le coperte, col telefono premuto sulla guancia. «E tu? Che ci fai sveglio alle quattro di mattina?»
«Ho visto il tuo post ieri. Volevo controllare se eri sveglio.»
Sembra diffidenza, ma è l'esatto opposto e lo sanno entrambi.
«Capisco. Allora forse è meglio se mi metto a studiare» risponde Oh, sommesso.
«D'accordo.»
«E invece tu...» Oh-aew esita, quando si sanno con chiarezza i propri desideri è molto più difficile esprimerli, «... che fai? Riattacchi?»
Teh si accorge solo in quel momento di non avere alcuna voglia di riattaccare. «Preferisci che resti al telefono?»
«Tu cosa vorresti fare?»
Sbilanciati.
«Te l'ho chiesto prima io. Non rispondere a una domanda con un'altra domanda.»
Chiedimelo.
«Sono le quattro di mattina, potresti tornare a farti una bella dormita... dopo c'è scuola.»
Se c'è una cosa di cui al momento a Teh non importa nulla è la scuola.
«...ma puoi fare quello che vuoi.» conclude Oh.
Resta.
C'è un breve silenzio, quello che serve a entrambi per misurare il punto esatto dove i loro desideri si incontrano senza forzature. La consapevolezza ha il gusto di un frutto di stagione.
«Ormai il sonno mi è passato, ti faccio compagnia» dice Teh. «Allora dai, metti il vivavoce, così posso tenerti sveglio e anche darti una mano. Se ti serve aiuto basta che chiedi, io ci sono.»
Ci sono io. Ti aiuto io.
Il fruscio delle coltri, mentre Oh si stiracchia, passa nel microfono.
«Ma sei ancora a letto? Dai alzati, datti una mossa!»
«Mi alzo, mi alzo, sto andando alla scrivania.»
«Muoviti!»
«Eccomi, sono pronto.»
«Shuo Hua Suan Shu» dice Teh. «Sai che significa?»
«No.»
«Significa: mantenere una promessa. Ora scrivilo dieci volte. »
«Lo sto già facendo. Ecco: finito!»
«Non ci credo. Mandami una foto.»
«Scemo...» risponde Oh, ma la foto la manda subito. Buttare via un'occasione del genere per essere lodato sarebbe uno spreco enorme.
Quando l'alba li costringe a chiudere la chiamata, Oh-aew scrive la parola Insieme sul quaderno di calligrafia. Venti volte. E poi scrive: Segreto.
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