CAPITOLO 14 - Il mio tempo
Il giorno dopo, all'ora della lezione pomeridiana, Oh-aew non ha ancora visualizzato la foto di Tarn. Teh la considera un'offesa personale. L'espressione con cui risponde al sorriso di Oh, entrando in aula, è indispettita e scontrosa.
E' a Bas che Teh si avvicina. «Allora, com'è andata ieri?» gli chiede, con una pacca sul braccio. Non è mai stato tanto amichevole.
La diffidenza rende gelida l'espressione di Bas. «Ieri?»
«Sì, ieri.»
«Ci siamo esercitati con le flash card» risponde Bas. La voce è atona, ma la scintilla di provocazione nel suo sguardo non sfugge a Teh.
«C'è tempo prima della lezione» interviene subito Oh, rivolto a Teh. «Se vuoi possiamo fare un po' di pratica. Puoi interrogarmi.»
Teh sprofonda in un mutismo ostinato e va a sedersi nel suo banco. Anche dopo la lezione, continua a tenere il muso. Essere ignorato è la punizione che Oh-aew sente di meritare per aver pensato che fosse meglio studiare con Bas.
«Questo weekend dovremmo ripassare tutti insieme, per la verifica della settimana prossima» dice Kai, mentre stanno rifacendo gli zaini, prima di separarsi.
«Ci vorrebbe un posto tranquillo, dove concentrarsi per bene» risponde Mod. «Idee?»
«Il mio resort sarebbe perfetto!» propone Oh-aew. «Potete restare tutti lì a dormire e al mattino presto possiamo farci una nuotata.»
Piovono consensi entusiasti. Solo Teh resta indifferente, le braccia conserte, la schiena contro il muro.
«Beato te che sei così rilassato, Teh» lo interpella Phil.
«Perché non vieni anche tu e ci dai una mano?» domanda Mod.
Oh non aveva pensato neanche per un attimo che Teh potesse non venire. Ora lo guarda ansioso, senza osare intervenire.
«Come diavolo hai fatto a memorizzare milleduecento caratteri?» sbuffa Kai, sconsolato, sfogliando il libro.
«Ho sgobbato. Mi sono esercitato un sacco» risponde Teh, condiscendente. «Specialmente in calligrafia. Anche se è noioso. Le cose te le ricordi meglio se le scrivi molte volte.»
«La fai sembrare facile» si lamenta Mod.
«Posso darvi una mano, quando non devo vedermi con Tarn» risponde Teh, con un sorriso talmente falso da dare i brividi. Ma è solo Oh a coglierlo e rabbrividire.
«Potrei prepararvi delle flash card» prosegue Teh, guardando fisso Oh. «Vi aiuterà un sacco. Potrete ripetere molto più facilmente.»
«Davvero? Le faresti per tutti? Sarebbe fantastico!» esplodono gli altri. Seguono ogni sorta di complimenti.
E' una mole di lavoro enorme, ma Teh non ci pensa affatto. Ogni parola è diretta solo contro Oh-aew come un'arma. Tutte raggiungono il bersaglio.
«Chi le vuole? Tutti? Anche tu, Bas?» chiede Teh, sempre con quel sorriso stampato in faccia.
Bas non risponde. Veder soffrire Oh gli fa male al cuore, se fosse meno allenato a controllare il proprio viso, non potrebbe evitare di mostrare a Teh quanto lo detesti. Tutto quello che Bas può fare, per mettere fine a quello sfoggio velenoso, è salutare gentilmente e trascinare via Oh-aew verso la macchina.
L'ultima cosa che Teh vede, mentre quei due vanno via, è l'espressione mesta e addolorata negli occhi di Oh, che lo fa sentire un verme. L'idea che ci sia un qualche recondito significato nella cattiveria con cui si accanisce su di lui lo sfiora soltanto.
Alla fine, è un'arma a doppio taglio, perché anche Teh ci sta malissimo. Il maledetto telefono gli si spegne fra le mani mentre cerca le parole per un messaggio di riconciliazione. Sale sul motorino e attacca il caricabatterie. Nel tempo che impiega a guadagnare un tacca, la strada lo ha portato al molo.
La barca del resort beccheggia deserta all'ormeggio; forse per via del traffico dell'ora di punta, l'auto di Bas non è ancora arrivata.
Teh smette del tutto di pensare e sale a bordo. Si infila un giubbotto e siede su uno dei sedili in fondo, rivolto verso il mare. Non ha la minima idea di cosa dirà o farà dopo.
Quando Oh arriva, dei mille possibili copioni che Teh si era immaginato, non ne sceglie nessuno. Maestro di silenzi, si accorge subito di Teh, ma non reagisce in alcun modo.
Mentre il motore si accende, stanno ancora fingendo di volersi ignorare.
Ora la barca si muove placida nel buio, con i suoi due passeggeri muti che si danno le spalle, seduti alle opposte estremità del ponte. Una distanza troppo grande perché le domande possano superarla. Ciascuno si tiene le proprie, stringendosele addosso per tutto il viaggio, come armature contro il silenzio.
Lo scossone dell'attracco non distrae Teh dalla contemplazione di una crepa nera sul corrimano; non si capisce se sia solo sulla vernice o più profonda, incisa nel legno. La segue col dito, mentre con il pensiero ne sta seguendo una gemella dentro se stesso, altrettanto insondabile.
Al fruscio di Oh-aew che si alza, Teh non si azzarda a fiatare e men che meno a voltarsi. Del resto, cosa potrebbe dirgli? Piuttosto, è Oh-aew che deve dire qualcosa, Teh sente di aver già fatto abbastanza. Forse ora Oh si avvicinerà e cominceranno a parlare. E' per dargli questa occasione che Teh è finito lì in piena notte.
Teh aspetta. Trattiene in respiro e aspetta, con gli occhi fissi sulle due crepe, esterna e interna. Non osa misurarle. Aspetta. Qualcosa deve pur accadere.
Invece no.
Il peso leggero di Oh che lascia la barca produce un'oscillazione le cui onde di ritorno disegnano con chiarezza i confini della solitudine di Teh.
Sa di essere uno stupido. E anche Oh-aew lo è. Anzi, Oh-aew è più stupido. Perché non si prende mai sul serio. Perché si lascia distrarre da cose (e persone) di nessuna importanza. Perché non riesce mai ad apprezzare quello che gli altri fanno per lui. Quello che il suo migliore amico fa per lui.
Teh si alza, trascinandosi fra una seduta e l'altra. Si sente strano, stanco, ubriaco. Scendere non ha senso. Fra un paio d'ore la barca ripartirà per portarlo indietro. E potranno far finta di non essersi neppure incrociati.
Si accascia su uno dei sedili anteriori, poggia la fronte sulla spalliera davanti a sé. Alla fin fine è proprio lui il più stupido, altroché. A essere andato fin lì, senza motivo e senza ricavarne niente.
Dopo un tempo indefinito, una nuova oscillazione lo fa voltare di scatto. Oh-aew è tornato indietro e sta risalendo, lo sguardo basso, le mani ancorate alla borsa dei libri.
Scambia qualche parola con il conducente dell'imbarcazione, che continua a fumare appoggiato all'attracco. E poi raggiunge Teh. Senza parlare.
Cambia tutto quando sono vicini. Ogni cosa diventa più chiara e insieme meno chiara. Diventa più semplice e più complicata.
Nel tempo che serve a Oh per mettere insieme il coraggio di sedersi, Teh trova quello di parlare.
«Passami le flash card» dice, facendo segno con la mano aperta. Meglio muoversi su un terreno sicuro.
«Adesso ti va che studiamo?» le parole di Oh sono caute, una lenta uscita di trincea.
«Chi lo dice che prima non mi andava?»
Oh non sa cosa pensare. Non vuole pensare affatto. Non vuole sentire più dolore, per oggi è abbastanza. Si limita ad allungare la mano e porge a Teh un blocchetto pescato a caso nella borsa.
Il tempo che Teh impiega per scegliere una tessera è dilatato, lunghissimo. La mostra a Oh, tenendola in alto, sulla fronte.
«Fang Xin» traduce Oh, in un sussurro. «Fidarsi.»
Non ti fidi di me?
La domanda arriva nel cervello di Oh come fosse stata pronunciata a voce.
Teh scorre il blocco e sceglie un'altra tessera.
«Guan Xin» sussurra Oh. «Preoccuparsi.»
Mi preoccupo per te, sempre. Sempre.
Questa arriva dritta nel cuore.
La terza tessera Oh non riesce a decifrarla. Scuote il capo.
«Shang Xin» dice Teh, a voce bassissima. «Significa: essere triste.»
Tristi lo sono entrambi ed è l'unica cosa ovvia.
«Per memorizzarla prova così: sono due caratteri, nel primo ci sono i segni di umano e di forza, il secondo è Xin, cuore» spiega Teh. «Pensa a due persone che non riescono a comprendersi.»
Due persone a caso.
«Una delle due usa tutta la forza dell'affetto che ha nel cuore per comprendere l'altra e non riuscendoci si rattrista. Questo significa essere tristi» conclude Teh.
E' un rimprovero che Oh non è sicuro di meritare. Anche lui si sente morire di tristezza, anche lui si sforza di comprendere Teh e non ci riesce.
«Non hai fatto quello che mi avevi promesso» sussurra ancora Teh.
«Di che parli? Che promessa?»
«Hai detto che avresti studiato. Anche senza di me.»
Io ci tengo a te. Io voglio il tuo bene.
Oh incassa l'accusa. Prende dalla borsa il quaderno di calligrafia, e lo mostra a Teh, fitto di caratteri. «Forse un po' mi sono distratto. Ma ho fatto del mio meglio.»
...perché lo avevo promesso a te.
Anche Teh riesce a cogliere le parole non dette, questa volta. Ma ci sono tante cose che il suo cuore non sente, tanti dettagli che non riesce a cogliere.
«Teh, se qualcosa ti turba, o ti dà fastidio, basta che me lo dici» sospira Oh, poggiando la mano sul polso di Teh e stringendolo piano. «Per favore, non ignorarmi. Non lasciarmi sulle spine a chiedermi che ti ho fatto. Dimmi tutto. Quello che va e quello che non va. Parlami. Puoi dirmi quello che vuoi, qualsiasi cosa. Non ti giudicherò mai.»
Oh è serio, accorato e non sta certo parlando di libri o di esami. «Ma se non ti senti pronto a dire qualcosa, non ti forzerò. Non devi preoccuparti. A me basta starti accanto. Continuerò a chiederti se stai bene. Anche se non mi rispondi. D'accordo?»
Un lampo di consapevolezza emerge dal profondo del gorgo delle emozioni confuse di Teh: non è mai stato così vicino, così profondamente in contatto con un altro essere umano.
«Vale lo stesso per te. identico» riesce a dire Teh, nonostante il groppo in gola. «Puoi parlarmi di tutto, studio o cose personali. Io sarò sempre qui ad ascoltarti.»
Teh prende un respiro, prima di spingersi ancora di più verso la verità: «Io lo capisco che fra poco avrai un ragazzo. E va bene. Però, per favore, cerca di non regalare il mio tempo agli altri.»
Il mio tempo è tuo. E' solo per te.
Quel preciso momento per Oh-aew è un'agnizione senza precedenti. Ha sentito emergere, dal profondo di se stesso, un fiotto di verità amorfe ma splendenti. Non hanno ancora contorni definiti, ma cambiano tutto.
«Devi farlo anche tu, Teh. E' molto importante. Non regalare il mio tempo agli altri.»
Oh è certo che Teh non saprà cogliere il messaggio sommerso e forse in questo caso è molto meglio così.
«Ke Yi» dice Teh.
«Ke Yi» risponde Oh con un sorriso. Stavolta ha tutto il senso del mondo.
Come una bolla di sapone, quel momento esplode senza rumore ed è di nuovo facile sorridere. Almeno per Teh, che ignora beatamente se stesso. «Raccontami di Bas» chiede, rilassato. «Com'è andata?»
«Così» risponde Oh, con finta reticenza.
«Così come?» Teh lo domanda, ma indovina la risposta. Le loro ginocchia si stanno toccando ed è il contatto più naturale del mondo.
«Così?» insiste Teh, dando un colpetto al ginocchio di Oh. «Vi siete toccati le ginocchia? Eh? Così? Così?» ridacchia, continuando con le ginocchiate. Il tono è malizioso, ma il gesto non lo è affatto.
Oh sorride. Non gli va di pensare a Bas. «E Tarn?» chiede, per cambiare discorso. «Come va con lei? Non mi hai più detto niente. Sei stato con lei ieri?»
Tutto il vantaggio che Teh aveva voluto guadagnare il giorno prima, ora sembra inconsistente. Certo non gli dispiace aver baciato Tarn, ma non trova più nessun senso nel confronto. Non c'è alcuna competizione. E quello che è successo, non sa neppure bene come dirlo. Ci siamo baciati sembra una frase da serie tv, di quelle stucchevoli che guardano le ragazze.
Però si morde le labbra. E Oh-aew è capace di leggergli nel pensiero.
«Non dirmi che vi siete baciati!» esclama Oh, con gli occhi sgranati. «Davvero? Dai, racconta.»
Teh ammicca malizioso, sollevando più volte le sopracciglia. Ma tace. Si è accorto che non c'è proprio niente che gli andrebbe di condividere con Oh dell'esperienza del giorno prima. Non gli interessa chiedersi perché.
«Dai! Com'è stato? Parla!»
«Come pensi che sia stato?»
L'immaginazione di Oh-aew si spinge su un terreno proibito. Come pensa che sia stato? Bellissimo. No. Anzi. Orribile. Orribile, se si immagina di stare a guardare, se si sofferma sui dettagli. Orribile. E doloroso. Un dolore acuto, pungente, come una stilettata fra le costole.
Orribile, ma non può certo dirlo. Anziché rispondere, Oh avvicina piano il ginocchio a quello di Teh, per ripristinare il contatto di prima. L'ambiguità nella lentezza di quel gesto, nello sguardo che lo accompagna, resta solo nella sua immaginazione.
Forse.
Teh sente solo molto caldo. Un calore che viene da dentro e supera il fresco della notte. Lo sguardo di Oh è indecifrabile, carico di tensione. Teh risponde con un colpetto del ginocchio, provocatorio e giocoso.
Oh sa di essere andato troppo oltre ed è ansioso di tornare indietro. Ora anche lui ha solo voglia di giocare, come un tempo, come sempre. Restituisce il colpetto e aggiunge un finto schiaffo sulla coscia, cui seguono, sempre da seduti, spinte, scossoni, sbuffi, soffi e il solito corpo a corpo fasullo.
Stanno ancora lottando e ridendo quando il cervello di Teh si blocca su un pensiero. Fa uno scatto a vuoto, come l'ingranaggio di un vecchio orologio inceppato. Teh ha appena afferrato Oh alla nuca e gli trattiene la testa premendosela contro lo sterno, trovandosi il naso affondato nei capelli di Oh.
«Sai di buono» dice Teh, con il tono perplesso di una scoperta. «Cos'è questo profumo?»
Oh ha smesso di divincolarsi e alza lo sguardo. Gli occhi di Teh sono stupiti e innocenti. Così come sono innocenti le sue mani posate ai lati del collo, di cui però sente improvvisamente il contatto.
«E' il mio solito shampoo al cocco» risponde Oh. «Quello che non ti piace.»
Su cosa gli piaccia o meno, Teh non ha le idee chiare. Di sicuro gli piace essere lì. Gli piace rubare le ore alla notte. Gli piace aver detto a Oh tutto quello che aveva in testa.
E gli piace da matti quel profumo dolce, che dal naso scende in gola e poi giù in fondo, in qualche posto ancora più interno. Dove nascono i ricordi.
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