CAPITOLO 1 - Esame
Le luci di Bangkok scorrono fuori dal finestrino del pullman, abbaglianti e colorate, a sfidare la notte. Teh si abbandona al rollio, con la fronte appoggiata al vetro. Dovrebbe dormire, è molto stanco e il viaggio è lungo, ma la lisca di emozioni che ha incastrata in gola e tutta l'adrenalina ancora in circolo nel corpo non ammettono alcun riposo. Si infila gli auricolari nelle orecchie e si lascia ipnotizzare dalla città.
Le differenze fra Phuket e Bangkok sono tali e tante che è difficile persino credere che si tratti dello stesso paese. Nel fascino della metropoli, Teh riesce già a distinguere i contorni di una futura nostalgia. Presto farà anche lui parte di quella rutilante frenesia, di quell'intreccio di strade, di quell'orizzonte frastagliato in cui il tramonto disperde la sua luce sul cemento, senza gloria. L' unico oceano di Bangkok è quello delle infinite possibilità del futuro, ma non riempie gli occhi, non sazia i sensi. Gli mancherà, l'oceano.
In un momento di eccitata lucidità, l'anima giovane di Teh coglie, fra le luci della metropoli che ha fretta di conquistare, una grande verità da adulti: che il valore di ogni cosa si misura con esattezza solo dal vuoto della sua mancanza. Talvolta troppo tardi.
Un giorno questa verità la esplorerà fino a spaccarsi il cuore, ma è un giorno molto lontano. Oggi Teh la coglie di sfuggita e le sorride, come fosse un prezzo equo per le meraviglie che gli riserva il futuro.
La città sta già sparendo, il buio ha riconquistato la notte e Teh ripensa a poche ore prima, alla sua prova d'esame nell'aula dell'università che spera di frequentare. La prova per l'accesso diretto[*] è già alle spalle, volata via in un soffio. E' strano come gli sforzi di una vita collassino alla fin fine in pochi minuti di incredibile densità, in una singola prestazione. Un fuoco d'artificio che consuma anni di piccoli e grandi sacrifici. Una piattaforma di mattoni perfettamente solida che ha il solo scopo di elevarci abbastanza per un unico tuffo a capofitto nel vuoto. E il suo tuffo è stato quasi perfetto.
Pensa che ce la farà, anche se Bangkok è piena di figli di papà. Lui ha lavorato sodo, ha talento e lo ha dimostrato. Lo ha dimostrato alla commissione, a se stesso. Adesso anche Oh-aew dovrà riconoscerlo.
Un po' gli dispiace di non aver trovato il coraggio di parlargli, prima. Lo ha intravisto da lontano, ma dopo tre anni (tre anni, due mesi, qualche manciata di giorni) non è semplice rompere un muro di silenzio. Forse verrà più facile con i risultati alla mano, quando a spianare la strada sarà essere arrivati entrambi esattamente dove volevano. Ricominciare. Come prima, magari.
Mentre il pullman si fa strada nel buio, due luminose verità si accendono nella sua testa come fari. Prima: la cosa che desidera più di tutte, dopo la propria ammissione, è che anche Oh-aew venga ammesso. Seconda: che è merito del suo rivale se quel tuffo è stato perfetto. La spinta, la determinazione, l'ansia della perfezione sono il prodotto della competizione silenziosa che Teh persegue con ostinazione da più di tre anni. E questo forse lo sapeva già. Nella domanda di ammissione, da qualche parte, lo ha anche scritto.
Terza verità, più che un faro una stella: il muro di silenzio ormai può cadere. Se avesse davanti Oh in questo momento, lo ringrazierebbe. Lo ringrazierebbe e magari gli chiederebbe anche scusa. Perché adesso può ammettere che è stata (quasi) tutta colpa sua.
[* In Thailandia, come in diversi paesi dell'estremo oriente, si può accedere a una determinata università tramite un esame specifico, molto più difficile e con pochi posti a disposizione, a metà dell'ultimo anno di scuola superiore, oppure tramite l'esame di stato alla fine dell'anno scolastico, che prevede una classifica unica su base nazionale e l'assegnazione della destinazione universitaria per merito e non per scelta del candidato.]
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