RAGIONE E SENTIMENTO
"Non sono il tempo e le opportunità a determinare l'intimità; è solo la disposizione d'animo."
—Jane Austen
Mi sento gli anni che mi vengono strappati dal cuore, non tanto per aver scoperto che il mio vero padre è il Duca di Hall—colui che credevo uno zio affettuoso e amorevole—ma per tutte le menzogne che hanno travolto il mio sangue, la mia identità, le mie più intime verità.
E cos'altro deve ancora confessare mia madre?
Cosa potrebbe essere più sconvolgente di questo?
Lei è seduta, le dita che scivolano sulla stoffa della poltrona con una calma quasi studiata. Poi solleva lo sguardo su Michael e, con una dolcezza che sa di veleno, dice:
«La busta che hai intravisto non è quella che pensi. È una lettera che ho fatto scrivere da un mio caro amico, nipote di un notaio dei Borbone. Un giorno vi servirà.»
Michael ed io ci scambiamo un rapido sguardo.
«Ci servirà per cosa, madre?» chiedo, cercando di mantenere la voce ferma.
Lei si appoggia alla poltrona con un sorriso enigmatico. «Pensavo di essere impazzita anch'io, come voi. Dove siete stati in questi tre anni? Mia sorella, i tuoi cugini, i tuoi fratellastri... nessuno vi ha mai visto a Maryfield. E tuo padre... tuo zio... è morto qualche mese fa. Con grande sorpresa, ti ha riconosciuto come figlio legittimo. Ora sei il primogenito maschio e Duca di Hall, figlio mio.»
Le sue parole cadono nella stanza come una sentenza.
«Questo è ciò che volevi dirmi di sconvolgente?»
«No,» sorride ancora, inclinando leggermente il capo, «ma ora sei legittimamente cugino diretto del Re d'Inghilterra. Sei tra gli uomini più ricchi dell'Impero Britannico. Sapessi che rendita hai!»
Rido senza gioia, scuotendo il capo. «Badi sempre a queste cose, madre. Non cambierai mai.»
Lei si stringe nelle spalle, come se le mie parole non la toccassero.
All'improvviso, il piccolo Ale corre giù per le scale e si affaccia allo studio, gli occhi brillano di gioia quando mi vede.
«Papà, mi sei mancato! Ho la tua foto e dello zio Michael, guarda!»
Mi chino e lo bacio sulla fronte. «Dove l'hai presa?»
«L'ha portata il fotografo oltre tre anni fa.»
Mi irrigidisco. Tre anni fa?
Amalia si appoggia allo stipite della porta, con un sorriso beffardo. «Pensavo vi avessero rinchiuso in manicomio!»
«Sempre carina, sorella.»
«Di nulla, fratello pazzo.»
Mia madre la fulmina con lo sguardo.
«Amalia, sciocca che non sei altro. Torna in camera tua, chiuditi a chiave, porta a dormire Alessandro e vattene da qui.»
Mi chino di nuovo sul bambino e gli sussurro: «A dopo, piccolo. Papà più tardi verrà a raccontarti una storia.»
Finalmente soli, mia madre abbassa lo sguardo per un attimo, poi torna a fissarmi con uno strano luccichio negli occhi.
«I sogni che faccio spessissimo... e poi questa busta, trovata dentro un vecchio libro della Austen, mi ha fatto trasalire.»
La sua voce è appena un sussurro.
«Che fossi diventata pazza anche io?»
Si ferma, inspira profondamente, poi continua:
«Ho chiesto a fidati esperti e mi hanno confermato che non era un falso: la ceralacca intatta, l'inchiostro e la scrittura del Re di Napoli. Scriveva a un certo Conte Alessandro Crueppet.»
Michael ed io ci irrigidiamo.
Lui si aggiusta il cravattino e, con il solito gesto che mi rassicura, mi bacia i capelli, facendoli scivolare tra le dita.
«Leggila, ti prego, figlio,» dice mia madre, porgendomela con mani tremanti.
Apro la lettera e leggo.
"Il Re delle Due Sicilie mi informa che Pietro Dei Grondi non è mai giunto nel suo Regno perché è stato arrestato al confine del Ducato di Modena e Reggio, presso la dogana nel Dipartimento del Levante ligure vicino alla città di Massa, per ordine del Re Vittorio Emanuele II, con l'accusa di voler attentare alla vita di Sua Maestà e dei suoi Reali successori.
Vostra Madre la Contessa Matilde è testimone segreta dell'accusa.
Firmato Ferdinando II.
Napoli, 15 novembre 1850."
Sento il mio stomaco stringersi in una morsa.
Michael è più forte di me. Sento il suo respiro regolare, la sua presenza costante che mi tiene radicato. Lui è l'essere che mi fa ricordare il mio nome.
Mia madre inclina il capo, la sua voce scende a un sussurro:
«Quindi, figli miei, ora so che siete stati o provenite o vivete—non lo so—in un mondo diverso da quello di oggi. Ma per ragioni che non comprendo, qualcosa rimane collegato. Come la spina di una lampada che, senza elettricità, non si accende anche se è attaccata al muro.»
Le sue parole mi raggelano.
Abbasso lo sguardo, poi fisso Michael e noto che anche lui ha percepito qualcosa di strano.
«Tu fissi i nostri ciondoli,» le dico, il tono della mia voce appena percettibile, «e hai uno strano sorriso.»
Lei tace, ma il suo sguardo non si stacca da quei due oggetti al nostro collo.
«Possibile che noi non abbiamo memoria di anni e tu, invece, hai proseguito una vita non tua, in un tempo non tuo?»
Un silenzio denso avvolge la stanza.
Poi mia madre sorride.
Un sorriso sottile, pericoloso, perfettamente calcolato.
«Cosa significa?» la incalzo, la tensione nella mia voce è ormai evidente.
Si avvicina con la grazia di chi sa di avere il pieno controllo. Mi sfiora il viso con la punta delle dita, un gesto che sembra affettuoso ma che è solo una prova della sua abilità nell'arte della manipolazione.
«Mio caro, io padroneggio sempre.»
Tamburella con le dita sul bordo della scrivania, poi mi guarda con compiacimento.
«Non puoi ricordare che sono una donna intrigante?»
Michael trattiene il respiro accanto a me. Io sento un brivido lungo la schiena.
Il suo sguardo dice tutto.
Lei sa.
Sa molto più di quanto immaginiamo.
E, come sempre, non ci dirà mai tutta la verità.
Nel silenzio della stanza, le nostre mani si intrecciano, e mentre Michael sfiora le mie labbra, so che solo lui è il mio punto fermo.
Ma il tempo non si piega all'amore.
Il tempo trova sempre un modo per esigere ciò che gli è stato tolto.
E io devo scoprire se questa lettera è solo un fantasma del passato o un monito di ciò che ancora deve accadere.
Nel silenzio della stanza, mentre le nostre mani si intrecciano e le nostre labbra si sfiorano ancora, un senso di pace e di completa riconciliazione pervade l'aria.
Sento che, nonostante tutto il dolore e le menzogne che ci hanno separati in questi settantacinque anni, c'è una forma di perdono che finalmente si compie tra di noi.
Ogni carezza, ogni sguardo, parla di un amore che ha superato le prove e le difficoltà. Ne arriveranno altre domattina. In questo momento di intimità profondissima, però, mi rendo conto che il vero perdono non è solo nella capacità di lasciare andare il passato o il presente, quello che sto vivendo ora, o quello che ho già vissuto, ma nella forza di accoglierci e accettarci completamente nell'amore.
Michael ed io, con tutte le nostre imperfezioni, al di là di ogni ragione e sentimento, ci adoriamo!
Michael dorme profondamente accanto a me, il suo respiro regolare mi ancora a questa realtà. La sua presenza è il mio punto fermo, l'unico appiglio mentre tutto intorno a me sembra sgretolarsi e ricomporsi in uno schema che non riesco a comprendere del tutto. Il ciondolo che porto al collo è immobile, eppure mi sembra di avvertire una vibrazione profonda, un richiamo nascosto nei battiti del cuore.
La lettera tra le mie mani porta il sigillo di Ferdinando II, il Re delle Due Sicilie.
Napoli, 15 novembre 1850. Il mio stomaco si stringe ancora mentre scorro le righe, ogni parola pesa come una sentenza.
Un'accusa di regicidio. Un'imputazione che non lascia scampo.
Mi sento vacillare, il mondo intorno a me si sfuma per un istante. Pietro, arrestato. Mai giunto a Napoli. Quindi tutto ciò che ho creduto, ogni mia certezza, era basata su un'illusione? Credevo di averlo messo in salvo, di averlo strappato dalle mani di mia madre, di avergli dato una possibilità. Invece, il suo destino era già stato scritto, il suo nome cancellato dalla storia prima ancora che potesse raggiungere quella nuova vita che gli avevo promesso.
Mia madre. Sempre lei. Un'ombra onnipresente, il filo che continua a tessere la mia esistenza e quella di chiunque abbia mai amato. Anche ora, in questa epoca lontana, la sua volontà sopravvive. È come se la sua missione fosse scritta nel tempo stesso: distruggere Pietro, distruggere Michael, distruggere me.
Stringo la lettera tra le dita, la carta scricchiola. Ma perché è qui? Perché nel 1925?
L'idea mi colpisce come un fulmine.
Il tempo non è un fiume, ma una ragnatela. I fili si intrecciano, si spezzano, si ricuciono in modi che non possiamo prevedere, eppure la trama rimane la stessa.
Forse esistono infinite linee del tempo, infinite possibilità. Ma in ognuna di esse, il destino cerca di rimettere le cose al loro posto. Ogni volta che tento di salvarli, ogni volta che provo a cambiare il corso della storia, le forze invisibili che regolano il tempo trovano il modo di riallinearci a ciò che era già scritto. Pietro e Michael sono i punti fissi della mia esistenza, i due pilastri che mia madre ha giurato di abbattere.
Eppure, la lettera non dovrebbe essere qui. È come una crepa nel tessuto del tempo, un'eco di qualcosa che è accaduto, ma che forse può ancora essere cambiato.
Riascolto la memoria delle parole di mia madre.
"Ecco perché ho scritto una lettera che dovete consegnarmi se doveste ritornare nel 1850."
Un brivido mi percorre la schiena. Sono certo, mia madre conosce ogni cosa.
Non come sappiamo noi, non nel modo in cui io e Michael abbiamo sperimentato lo scorrere del tempo e le sue anomalie. Ma lei ha intuito qualcosa. Ha compreso che esiste un filo invisibile che lega epoche diverse, un'energia che può essere manipolata. E ha trovato il modo di insinuarsi anche in questo, di lasciare un messaggio a se stessa.
Chiudo gli occhi per un istante. Se davvero torneremo nel 1850, mia madre avrà già previsto tutto? Ha già mosso i suoi pezzi sulla scacchiera, pronta a giocare d'anticipo?
Michael si muove accanto a me, si stringe nel sonno e sussurra il mio nome. Lo guardo. Lui è la mia unica costante. Il mio unico vero presente.
Ma il tempo non si piega all'amore. Il tempo trova sempre un modo per esigere ciò che gli è stato tolto.
E io devo scoprire se questa lettera è solo un fantasma di ciò che è stato, o un monito di ciò che ancora deve accadere.
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