PROFONDI LEGAMI

Un tempo che si spezza, un destino che ci rincorre



Mi volto verso Michael. Qualcosa è successo. Ancora.

Abbasso gli occhi sul ciondolo che porto al collo. La pietra blu pulsa debolmente, come il battito di un cuore lontano. È successo di nuovo.

Michael è il primo a parlare, con la voce roca: «Ale... non siamo più dove pensiamo di essere, vero?»

Scuoto la testa, il cuore che accelera nel petto. «No.»


1925. Quasi quattro anni avanti.

Michael si avvicina, la fronte corrugata. «Ale... come può essere?»

Non rispondo. Perché non ho risposte.

Ogni volta che ci amiamo, ogni volta che ci pensiamo intensamente, il tempo si spezza. È come se la forza del nostro sentimento fosse una crepa nella realtà, una fenditura attraverso la quale qualcosa – qualcuno – ci trascina via, ci scaraventa in un altro luogo, in un altro istante.

Michael si passa una mano tra i capelli, frustrato. «E se dovessimo ricominciare tutto da capo? Se questa non fosse la nostra vita, ma solo un altro riflesso di ciò che potrebbe essere?»

Non ho tempo di rispondere. La porta si apre con decisione e una figura alta entra nella stanza.

Il Principe.

La luce della lampada proietta la sua ombra sul muro. È imponente, elegante, con il portamento di chi è nato per comandare. I suoi occhi scuri si posano su di noi, prima su Michael, poi su di me. E un sorriso divertito affiora sulle sue labbra.

«Alessandro, Michael.»

Michael si irrigidisce, ma il Principe alza una mano in un gesto quasi amichevole.

«Ragazzi, siete incredibili. Di tutta Torino, proprio qui? Con un'intera città a disposizione, avete scelto il palazzo reale.»

C'è un lampo di ironia nei suoi occhi, ma anche qualcosa di più profondo.

«Non preoccupatevi. Non sono il Papa.»

Sogghigna, come se la situazione fosse una farsa a cui sta assistendo da troppo tempo. Poi la sua espressione si fa più seria.

«Ma devo dirvelo: questa non è più l'Italia in cui avete vissuto.»

Mi irrigidisco. «Cosa intende, Altezza?»

Il Principe sospira, si avvicina alla finestra e osserva la città illuminata dalle luci elettriche, dai fari delle automobili che fendono la notte. «Parlo da amico. Oggi per voi c'è il confino.»

La parola mi raggela.

«Non badano ai nobili, non ancora almeno,» continua, con la voce più bassa. «Ma il regime troverà il modo di usarvi. Se non potranno perseguitarvi apertamente, vi ricatteranno, vi isoleranno. Gli inglesi venivano qui per cercare libertà... ma voi siete italiani, almeno Alessandro. E l'Italia di oggi non è più quella di un tempo.»

Michael lo guarda, il viso teso. «Ci state dicendo di sparire?»

Il Principe inclina il capo, poi sorride, ma è un sorriso privo di vera leggerezza. «Vi sto dicendo di stare attenti.»

Il suo sguardo si posa su di me, più intenso, quasi fraterno.

«Alessandro, so quanto tieni alla tua famiglia. So chi sei.» Fa una pausa, quasi pesando ogni parola. «E so anche che non cambierai mai.»

Non so cosa dire.

«Quello che ho visto qui stanotte, rimane nel mio scrittoio.»

Poi, per un istante, il suo tono si fa più leggero.

«A proposito... siete sicuri di non essere fratelli gemelli, separati in culla?»

Michael e io ci scambiamo un'occhiata. Un'altra volta. Un'altra persona che nota la nostra somiglianza.

Ma non c'è tempo per i dubbi. Non ora.

«Vi accompagno negli appartamenti degli ospiti,» conclude il Principe. «Domattina verrete con me alla Reggia. Voglio fare delle piccole modifiche alle stanze del mio antenato Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide.»

Annuisco, mentre il Principe esce e chiude la porta dietro di sé.

Michael si lascia cadere sul letto con un sospiro. Io resto in piedi, fissando il ciondolo che continua a pulsare, a vibrare con una luce fievole, come se contenesse la chiave di un mistero che ancora non riusciamo a comprendere.

Michael allunga una mano e mi sfiora il polso, attirandomi verso di lui.

«Ale... cosa dobbiamo fare?»

Respiro a fondo, affondando le dita tra i suoi capelli.

«Dobbiamo capire cosa ci sta succedendo.»

Un filo invisibile che ci lega al tempo

Michael ed io ci troviamo spesso a riflettere, quasi ossessionati, su ciò che ci circonda. Com'è possibile che viviamo in un tempo così diverso, 70 anni avanti al nostro, che siamo passati dal 1922 al 1925, eppure le dinamiche familiari rimangano immutate? Mia sorella conservava nel 1922 la sua essenza, il suo spirito vivace e il suo amore per Pietro, inalterato. Tutto sembra rimanere intatto, eppure c'è qualcosa che non combacia, come una melodia interrotta da una nota sbagliata.

Ci sono momenti in cui il mistero si fa insostenibile. Quando siamo vicini a mia madre, i ciondoli che Michael e io portiamo con noi iniziano a emettere una luce intermittente, come se rispondessero a una forza invisibile. Non succede mai in altre circostanze, solo alla sua presenza.

Michael rompe il silenzio. «E se non fosse davvero il futuro? E se fosse qualcos'altro? Un'illusione? Una distorsione? Un luogo creato apposta per noi?»

La sua ipotesi mi scuote. «Ma chi potrebbe avere un tale potere? Piegarci al tempo, manipolare le nostre vite... Perché noi?»

Non abbiamo risposte, solo domande che si accumulano come sabbia nel vento. Ogni volta che cerco di trovare un senso, mi ritrovo a pensare al ciondolo e alla sua luce, al suo comportamento che sembra sfidare ogni logica.

Una domanda mi tormenta: questo mondo, questo intreccio che ci avvolge... è davvero il futuro, oppure è un labirinto creato per confonderci?

E se fosse... qualcuno a muovere i fili di questo destino?

Sul comodino accanto al grande letto matrimoniale, c'è un giornale illustrato che annuncia il rientro alla Reggia di Torino di Sua Altezza Reale il Principe Ereditario, Umberto di Savoia. 28 ottobre 1925. *

Michael si sdraia sul letto esausto e mi fa dei grattini sulla schiena. Ha la capacità di elettrizzarmi il corpo, come si dice oggi: sa toccarmi con leggerezza e forza, con slancio e pudore. Crollo sulle sue braccia e mi lascio andare ancora alle sue mani, che mi scuotono e mi incoraggiano ad amarlo sempre di più. Toccando la giacca, noto che lo spessore all'interno del taschino è leggermente diverso. «La missiva di Sua Maestà, la porto sempre con me», grido. In effetti, la missiva non è più quella. «Aprila», fa Michael portandosi in posizione seduta.

A Sua Eccellenza il Conte Crueppet, London 

**Vostra Eccellenza,

il Nostro cuore di amico è triste per la Vostra decisione di rimanere in Inghilterra con Vostra sorella e Vostro cugino. Ma capiamo le ragioni che Vi hanno spinto a preferire un cottage a un Palazzo e alla Nostra Corte a Torino. Abbiamo ricevuto tempo fa una fruttuosa risposta dalla Regina Vittoria; grazie a Voi, la nostra Alleanza con la Corona britannica sta portando alleati per la Nostra Causa in Italia. * Siamo rattristati di non avervi ringraziato personalmente a Londra, lo scorso mese, al ballo e al ricevimento a Corte. * Abbiamo riflettuto sulla faccenda dello Statuto Albertino e, nonostante Crediamo che Ella abbia perso il senno, abbiamo dato incarico ai Nostri Consiglieri della Corona e al Nostro Ministro Cavour di studiare la questione costituzionale. Vi confermiamo la Nostra attenzione per i Vostri interessi a Torino e abbiamo dato incarico alle Dame della Nostra amatissima Consorte, che ha lasciato questa terra, di prendersi cura di Vostra madre. Confidate sempre nella Nostra perpetua protezione e amicizia e in quella dei Nostri Reali Successori. Portate i Nostri saluti alla Vostra cara sorella.

Vostro fratello,

Vittorio Emanuele

28 Ottobre 1855**


Una leggera goccia di sudore si insinua sulla mia fronte, ma il mio Michael mi stringe e porta le sue labbra sulle mie, donandomi ancora quella pace che ricerco da più di settant'anni. Mi sfiora il petto e la sua bocca sa darmi quegli incanti che ogni essere dovrebbe provare. La mia mano vorrebbe correre sbarazzina oltre quella cintura che mi blocca l'entrata, ma allo stesso tempo lascio i polpastrelli liberi di sentire l'incavo dei suoi glutei, per poi farli riapparire chiari sulle sue labbra umide di piacere. Sobbalzo un attimo.

Penso che dovrei andare a casa; dopotutto Sua Altezza Reale non mi farà arrestare dai Carabinieri e ha dimostrato di conoscermi bene, la sua confidenza era da amico, non da futuro Re.

«E allora andiamo», mi dice con tono leggerissimo come una piuma.

«Avrei voluto amarti oltre la cintura»

«Lo dici a me»

Attraversiamo la città di notte, appesi a un grappolo di luce che sobbalza sui nostri passi. Alcune autovetture sfrecciano delineandoci come incauti fantasmi; da alcuni portici, gruppetti di ragazzi e ragazze si accalcano per entrare nei locali, funestati da strane musiche, un po' chiassose a dire il vero. Però non mi dispiace quel ritmo e quella allegria. L'abitudine del tempo si fa strada oltre la tradizione e il ricordo che batte impazzito nel mio petto.

L'unica cosa che vorrei è correre libero oltre la città, oltre i parchi, attraversare ogni angolo della tenuta da caccia e proseguire come allora, sui pendii del Piemonte, e riposare gli occhi con la mia anima perfetta accanto a me. Gettarmi sull'erba appena umida dalla notte e vedere il mio stupendo cavallo trottare mentre Michael si avvicina e mi accarezza.

Lo amo più di tutte le vite che sto vivendo o immaginando. È vero, ci assomigliamo tantissimo, però siamo diversi. È la seconda volta che qualcuno nota la nostra somiglianza. Solo il mio Re, allora, lo aveva fatto. I suoi occhi sono più brillanti, la sua bocca è leggermente più carnosa, non ha la mia fossetta, e i suoi capelli color miele differiscono dai miei.

Non voglio trovare giustificazioni per chissà quali segreti. Qualunque essi siano, noi due non possiamo sfuggirci.


**Cinema Carso, Torino – 

Davanti all'insegna luminosa del Cinema Carso, Michael ed io ci fermiamo, osservando la folla elegante che si accalca all'ingresso. L'aria della sera è densa del profumo raffinato delle signore e del tabacco dolce dei gentiluomini. Il brusio delle conversazioni si mescola alle note di un'orchestrina poco distante.

Michael mi lancia un'occhiata scettica. «Ale, sei sicuro che valga la pena spendere denari per questo? Non sappiamo nemmeno cosa sia.»

Annuisco, incerto quanto lui. «Doveva succedere prima o poi. Qualcuno prima o poi ci avrebbe trascinato dentro uno di questi... cinema.»

Michael inclina la testa. «Quindi sai cosa aspettarti?»

Sospiro, incrociando le braccia. «Più o meno quanto te.»

Lui solleva un sopracciglio. «Quindi niente.»

Ci avviciniamo all'ingresso, dove un usciere in livrea ci accoglie con un sorriso cortese. «Buonasera, signori. Due biglietti?»

Annuisco. «Sì, grazie. Ma, mi perdoni, potrebbe spiegarmi esattamente cosa vedremo?»

L'usciere solleva un sopracciglio, sorpreso dalla mia domanda. «Assisterete a un film, signore. Immagini in movimento proiettate su uno schermo gigante, accompagnate dalla musica.»

Michael si avvicina a me, le sopracciglia aggrottate. «Immagini in movimento?» sussurra. «Stiamo per assistere a una qualche sorta di incantesimo?»

L'usciere sorride, compiaciuto. «No, signore, è la tecnologia moderna.»

Pago i biglietti, notando che il costo totale è di due lire. Mentre ci dirigiamo verso la sala, Michael mi lancia un'occhiata maliziosa. «Con due lire, nel 1850, avremmo potuto comprare un cavallo decente.»

Sorrido, scuotendo il capo. «E a volte mi chiedo perché, con tutti i soldi che abbiamo speso in ricevimenti e vestiti da ballo, non ne abbiamo comprato uno in più.»

Michael ride piano. «Perché avevamo già qualcosa di molto più bello da cavalcare.»

Mi fermo un istante, arrossendo appena, e lui si limita a guardarmi con un'innocenza fintamente perfetta.

Entriamo nella sala buia, trovando i nostri posti tra gli spettatori già seduti. Michael si avvicina di più a me, la sua gamba preme contro la mia.

Quando le luci si spengono e il proiettore inizia a girare, sullo schermo appare il titolo: "La febbre dell'oro" – con Charlie Chaplin.

Le immagini in bianco e nero prendono vita, mostrando un uomo con baffi e bombetta che si avventura in paesaggi innevati. La musica del pianoforte accompagna ogni movimento, ogni gag.

Michael si sporge verso di me, le sue labbra sfiorano il mio orecchio. «Ale... questo è incredibile.»

«È come osservare uno spettacolo di ombre, ma più... reale,» mormoro, stordito dalla magia delle immagini.

Michael ride piano. «Non è possibile... lo stanno facendo proprio ora?»

Mi fermo un istante, cercando le parole giuste. «Non credo. È come se... avessero catturato un momento e lo stessero ripetendo davanti a noi.»

Michael scuote la testa, affascinato. «E come può accadere?»

«Non lo so.» E sinceramente, non voglio nemmeno saperlo.

A un certo punto, sento lo sguardo di qualcuno su di noi. Mi volto leggermente e noto un uomo qualche fila dietro che ci osserva con insistenza. Il suo sguardo è freddo, giudicante.

Mi avvicino a Michael, sussurrando: «C'è un uomo che ci sta fissando.»

Lui alza le spalle, incurante. «Lasciamolo guardare. Forse è solo invidioso.»

«Michael...»

Lui mi stringe la mano sotto la giacca. «Non voglio fingere con te. Nemmeno qui.»

Torno a concentrarmi sul film, ma l'incanto è stato in parte spezzato. La realtà del 1925, con le sue rigide norme morali, ci ricorda che dobbiamo essere cauti.

Quando il film termina e le luci si riaccendono, usciamo dalla sala mischiandoci alla folla.

Michael mi sorride, inclinandosi leggermente verso di me. «Allora, Conte, le è piaciuto questo esperimento nel futuro?»

Ricambio il sorriso. «Molto più del previsto.»

Lui si avvicina ancora di più, fino a sfiorarmi con il naso. «E io?» sussurra. «Ti sono piaciuto anche io?»

Rido piano, appoggiando la fronte alla sua. «Michael, tu sei sempre il mio film preferito, hai notato come imparo subito!»

Mentre ci allontaniamo dal cinema, il mondo moderno ci circonda, ma il nostro legame rimane forte, intatto, pronto ad affrontare qualsiasi sfida.


**Una madre indifesa


La prima volta che oso definirla così. Mia madre. Ma ora mi appare diversa: indifesa, sola, avvolta in un dolore che non riesco ancora a decifrare. Michael mi stringe la mano, il suo tocco è un'ancora silenziosa mentre sussurro: «Madre...»

Si volta lentamente. Per un attimo, il tempo sembra sospeso tra noi. Un sorriso si incanta sulle sue labbra, i suoi occhi luccicano in un modo che non ho mai visto prima. Si alza, esitante, poi allunga le braccia verso di me.

«Figlio mio, Alessandro!»

«Madre...»

Non ho mai abbracciato mia madre prima d'ora. E farlo adesso, alla mia età, è come attraversare in un istante ogni frammento della mia esistenza. Il profumo dei suoi capelli risveglia memorie lontane, la sua pelle è calda, più fragile di quanto ricordassi. Vedo il luccichio nei suoi occhi, una ruga che prima non avevo notato, l'ombra di qualcosa che forse non ha mai osato dire.

Eppure, tra le pieghe del tempo, tra i silenzi e le distanze, riconosco un odore che credevo perduto: un ricordo sfocato della mia infanzia, un profumo che appartiene a un'altra vita. Il latte della mia tata, il tepore di braccia che mi stringevano quando ancora non sapevo cosa fosse il mondo.«Figli miei», e stringe la mano di Michael abbracciandolo.


**Una verità che attende nel buio

«Madre, Amalia?»

«Sta bene.» La sua voce è un soffio, stanco, ma per la prima volta privo di gelo. «Sta facendo addormentare tuo nipote.»

Sento il cuore stringersi. Un nipote. Un legame con questa epoca che ancora fatico a comprendere.

«Quanti anni ha il piccolo? Non lo ricordo mai.»

Mia madre solleva un sopracciglio con un accenno di sorriso. «Sette, smemorato. Vedrai quando ti vedrà!»

Sette anni. Quanto tempo ho perso?

Si lascia cadere sulla sedia con un respiro stanco, poi apre il cassetto dello scrittoio e vi affonda lo sguardo, come cercasse qualcosa che non riesce a trovare.

«Credo di aver sognato... una notte in cui tu eri qui con tua sorella.» Il suo tono è incerto, quasi smarrito. «Abbiamo discusso e mi hai urlato: 'Hai mai amato, madre?'»

Mi irrigidisco.

Mi volto verso Michael, il suo sguardo incatenato al mio.

«Quelle parole gliele ho dette dieci giorni fa.» La mia voce è bassa, grave. «Non tengo più conto del passare o del non passare del tempo. Quando tramava contro Amalia e contro di noi, eravamo qui. Prima era davanti al camino, poi si è seduta lì e le è caduto un libro di Jane Austen. Aveva delle lettere in mano...»

Mia madre prende alcune lettere dal cassetto—due, forse tre. Le stringe al petto con un sospiro. Quando solleva lo sguardo, qualcosa in lei è cambiato.

«Rispondo a quello che mi hai detto in quel sogno che mi tormenta.» La sua voce trema. «Ho amato, figlio.»

La stanza si fa più piccola. Il respiro mi si ferma in gola.

Poi, lentamente, porta una mano al petto e, con un tono spezzato appena rischiarato dalla lampada, sussurra:

«Sedetevi, figli. Che Dio mi perdoni, e anche voi... ma vi tranquillizzo: non siete fratelli.»

Michael ed io ci scambiamo uno sguardo. Un misto di sollievo e orrore.

La certezza del tempo, il dubbio del destino

Ci troviamo spesso a riflettere, quasi ossessionati, su ciò che ci circonda.

Com'è possibile che viviamo in un tempo così distante dal nostro, settant'anni avanti, eppure le dinamiche familiari rimangano immutate?

Mia madre è ancora lei: austera, impenetrabile, con quello sguardo che mi ha sempre fatto tremare. Amalia, anche in quel 1922, conservava la sua essenza, il suo amore per Pietro inalterato, come se nulla potesse scalfirlo.

Tutto sembra rimanere intatto.

Eppure...

C'è qualcosa che non combacia, come una melodia spezzata da una nota stonata.

Ci sono momenti in cui il mistero si fa insostenibile.

Quando siamo vicini a mia madre, i ciondoli che Michael ed io portiamo con noi iniziano a pulsare, emettono una luce intermittente, come se rispondessero a una forza invisibile.

Non succede mai in altre circostanze.

Solo con lei.

Michael stringe il mio polso, il suo tocco è fermo, rassicurante.

«Lo senti anche tu, vero?» sussurra.

Annuisco, senza distogliere lo sguardo da mia madre.

Qualcosa in lei è cambiato.

Ma la domanda che ci tormenta è sempre la stessa:

Quanto di questo è reale? E quanto è stato scritto prima ancora che potessimo comprenderlo?


«Hai notato?» mi chiede Michael, abbassando lo sguardo sul ciondolo che si illumina brevemente per poi spegnersi.

Annuisco, ma non riesco a distogliere lo sguardo dalla madre, che in quel momento sta scrutando fuori dalla finestra del salone. Il suo profilo è rigido, impassibile, eppure c'è qualcosa in lei che mi sfugge, un velo dietro cui sembra nascondersi un segreto.

«Perché succede?» chiedo, la mia voce appena un sussurro.

Michael scuote la testa. «Non lo so. Ma non è un caso. È come se i ciondoli reagissero a lei, come se... come se ci fosse una connessione che noi non riusciamo a vedere.»

Ripenso alla luce che emettono quando siamo con lei: è intermittente, quasi ipnotica, come il battito di un cuore. A volte penso che sia un segnale, un messaggio che non sappiamo decifrare.

Michael rompe il silenzio. «E se non fosse davvero il futuro? E se fosse qualcos'altro? Un'illusione? Una distorsione? Un luogo creato apposta per noi?»

La sua ipotesi mi scuote. «Ma chi potrebbe avere un tale potere? Piegarci al tempo, manipolare le nostre vite... Perché noi?»

Non abbiamo risposte, solo domande che si accumulano come sabbia nel vento. Ogni volta che cerco di trovare un senso, mi ritrovo a pensare al ciondolo e alla sua luce, al suo comportamento che sembra sfidare ogni logica.

E poi c'è mia madre. Lei, così uguale, così immutata nel tempo. Possibile che lei sappia? Possibile che sia lei a muovere i fili?

«Chi muove i fili, Michael?» gli chiedo, guardando fuori dalla finestra verso un cielo privo di stelle.

«Non lo so, Ale,» risponde. «Ma qualunque sia la verità, quei ciondoli sono la chiave. Lo sento.»

E allora torno a fissare il ciondolo, con la sua pietra misteriosa che sembra contenere un frammento di luce viva. Se solo potessimo comprenderlo, forse troveremmo una via per capire dove siamo. O perché siamo qui.

Una domanda mi tormenta: questo mondo, questo intreccio che ci avvolge... è davvero il futuro, oppure è un labirinto creato per confonderci?

E se fosse...






*Note:

· Sua Altezza Reale il Principe Umberto, erede al trono, è nato il 15 settembre 1904 a Racconigi, Cuneo. È fidanzato ufficialmente e promesso sposo sin da piccolo, con la Principessa reale del Belgio, Maria Josè. Nel 1925 inizierà il cosiddetto periodo torinese e la Reggia risplenderà ancora fra balli, ricevimenti e fasti. Alessandro nota la divisa del Principe e, in effetti, come da tradizione della Real Casa, è stato istruito da Precettori privati militari conseguendo i più alti livelli nell'esercito. La divisa con tutta probabilità è da Generale. Alessandro lo definisce giovane, la sua età in questo momento è di circa ventidue anni. La promessa sposa, figlia dei reali del Belgio, ha circa 19 anni.

· Si riferisce ad una torcia a pila militare a forma cilindrica, introdotta a fine Ottocento, non ancora in uso comune dalla popolazione, piuttosto utilizzata però, in ambito militare nella Grande Guerra.

· La Costituzione del Regno di Sardegna del 1848, ancora in vigore nel 1925, nonostante ambisse a garantire alcuni diritti inviolabili delle persone, era pur sempre uno Statuto emesso con motu proprio dal Sovrano. Lo Statuto era concesso quindi per sua grazia e volontà, per scoraggiare le rivolte e le insoddisfazioni di gran parte della popolazione del Regno e di tutt'Italia.

· Elenco delle carte costituzionali italiane concesse intorno al 1848, durante il periodo dei moti rivoluzionari:

· 1. Statuto Albertino (Regno di Sardegna, 4 marzo 1848) - Concesso da Carlo Alberto di Savoia, divenne la costituzione del Regno d'Italia dopo l'unificazione nel 1861.

· 2. Costituzione del Regno delle Due Sicilie (11 febbraio 1848) - Concessa da Ferdinando II di Borbone, questa carta costituzionale fu revocata l'anno successivo, nel 1849, dopo la repressione dei moti.

· 3. Statuto del Granducato di Toscana (17 febbraio 1848) - Concesso dal Granduca Leopoldo II, la costituzione rimase in vigore fino al 1849 e poi brevemente ripristinata nel 1859.

· 4. Statuto Costituzionale dello Stato Pontificio (14 marzo 1848) - Concesso da Papa Pio IX durante i moti rivoluzionari, venne sospeso poco dopo, con il ritorno dell'assolutismo.

· 5. Statuto della Repubblica di San Marco (Venezia, 22 marzo 1848) - Proclamata durante la ribellione contro l'Impero austriaco, la Repubblica di San Marco si dotò di una costituzione. La Repubblica cadde nell'agosto del 1849.

· 6. Statuto della Repubblica Romana (1849) - Anche se non esattamente nel 1848, la costituzione della Repubblica Romana fu emanata durante la rivolta contro il potere temporale del Papa.

· Queste carte costituzionali rappresentano il tentativo di introdurre regimi costituzionali e forme di governo più liberali negli stati italiani, in gran parte ispirati dalle rivoluzioni del 1848 che attraversarono l'Europa. Tuttavia, molte di queste costituzioni furono abrogate o sospese poco dopo la loro promulgazione a causa della restaurazione dell'assolutismo o della repressione militare.

· La regina Maria Adelaide morì nel 1855, quindi Alessandro non ne era a conoscenza.

· Il Re Vittorio Emanuele e la Regina Vittoria si incontrarono a Londra per la situazione della Crimea, il conflitto durò dal 1853 al 1856 e il Regno di Sardegna appoggiò l'Inghilterra insieme alla Francia e l'Impero Ottomano contro l'Impero Russo. Alessandro è stato un valido consigliere anche per la Causa italiana citata dal Re. Ma di questo fatto Alessandro non ne ricorda nulla.

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