I NOSTRI NOMI CI CHIAMERANNO SEMPRE


**Torino, Palazzo Creppuet

Mio caro fratello,

non so da dove iniziare questa lettera, perché ogni parola che scrivo mi pesa sul cuore più di quanto avessi immaginato. Forse perché, per la prima volta, metto nero su bianco una verità che, dentro di me, conosco da sempre.

Devo fare ciò che nostra madre ha ordinato.

Non è un capriccio. Non è paura. È la consapevolezza che questa è la mia vita, e non potrei mai rinunciarvi. Ho creduto, Alessandro, ho sperato che il mondo potesse essere diverso, che i sentimenti bastassero a scolpire il destino. Ma non è così.

Tu hai scelto di combattere. Io ho scelto di restare.

So che tu e Michael credete che esista un altro modo per essere felici, e ammiro la vostra forza. Ma io non ho mai voluto essere altro da ciò che sono.

E forse, alla fine, è stata proprio la paura di nostra madre a dividerci tutti.

Non solo noi due, ma anche Pietro, Robert, persino zia Anna. Lei ha sempre voluto controllarci, come se fossimo pedine di una scacchiera che solo lei sapeva giocare. Ma il destino non è mai docile come ci vogliono far credere, e ognuno di noi, in un modo o nell'altro, porta dentro di sé il peso delle sue decisioni.

La corte, i salotti, le serate danzanti... sono il mio mondo. Ne ho avuto la certezza dopo aver trascorso una stagione a Londra, in occasione del matrimonio di Robert. Ho respirato un'Inghilterra dove il decoro si mescola all'illusione della libertà, e mi sono sentita a casa.

Robert mi ha detto di averti visto, che sei passato per Londra. Ha detto che hai consegnato l'anello di famiglia.

Non crucciarti per la sua freddezza, Alessandro. Pure lui è figlio di questa società. Pure lui è cresciuto con i doveri prima dei sentimenti. Forse è il prezzo che tutti paghiamo. Ma non credere che sia felice. Nonostante il matrimonio, è molto tormentato. Forse, quando l'erede arriverà, gli darà un po' di conforto. O forse, semplicemente, imparerà ad accettare la sua sorte.

Anche zia Anna è triste. So che non parla con nessuno, ma sento che dentro di lei qualcosa si è spento. La sua Londra, quella Londra che ci raccontava con tanta nostalgia, non le ha dato ciò che sperava.

Ma c'è una cosa che mi ha sorpresa più di tutto.

Il Duca di Savoia ha espresso il desiderio di passare del tempo con te. In un modo che non comprendo. Forse ti ama più di quanto lo faccia io. O forse ha visto in te qualcosa che io ho sempre scelto di ignorare.

E sai una cosa? Alla fine, sei davvero più importante per questa famiglia di quanto vogliano ammettere.

Ma nonostante tutto, non mi pento della strada che ho scelto.

E non mi pento di averti avuto al mio fianco.

Se oggi Pietro è mio marito, se il mio nome non è stato macchiato dallo scandalo e se mio figlio crescerà senza vergogna, lo devo a te.

Grazie per avermi protetta. Grazie per aver scelto di aiutarmi, anche quando sapevi che avrei comunque preso questa strada.

E sai una cosa? Anche Pietro ti ringrazia. Sta facendo un buon lavoro, ma lo fa sempre per te. Anche se non lo dice, anche se non lo ammetterà mai del tutto, è come se cercasse di essere all'altezza di ciò che hai fatto per noi.

E presto, Alessandro, verrò a trovarti.

Non voglio che questa distanza diventi un abisso. So che abbiamo scelto vie diverse, ma questo non significa che non possiamo ancora trovarci, ancora riconoscerci.

Pietro ne parla spesso, sai? Della tua Cornovaglia.

Dice che sarebbe bello poter trascorrere del tempo lì, lontani da Torino, dal chiacchiericcio, dalle convenzioni che ci stringono come catene invisibili.

Forse è solo un desiderio, forse è un sogno irrealizzabile. Ma da qualche tempo, nei suoi occhi vedo una stanchezza che non riesce più a nascondere.

E lo confesso, Alessandro: anch'io lo desidero.

Non per fuggire, ma per respirare. Perché ho vissuto tutta la mia vita in un mondo che amo, ma che non mi ha mai concesso di fermarmi davvero.

Se venissimo, ci accoglieresti?

E poi... ho una novità che forse non ti aspetti.

Il titolo di Conte ti appartiene. Nostra madre ha tentato in ogni modo di impedirlo, persino rivolgendosi alla Consulta Araldica. Ma non ci è riuscita. Nemmeno lei ha potuto cambiare ciò che sei. Alla fine, la legge e il diritto hanno prevalso. E un giorno, Alessandro, come è giusto, dopo di te, sarà mio figlio a prendere il tuo posto.

E non è l'unico riconoscimento che hai ricevuto.

So che sei diventato medico, e te ne faccio i miei più sinceri complimenti. Nonostante tutto, nonostante le lotte e le difficoltà, hai costruito qualcosa di tuo.

Anche il Re di Sardegna ha riconosciuto il tuo valore. E la Corona britannica... L'Ordine della Giarrettiera, Alessandro. Non è un onore concesso a molti. Quando l'ho saputo, ho provato un moto di fierezza che non avrei mai immaginato.

Il Duca mi ha detto di dirti che l'accordo siglato resta valido.

Non mi ha detto altro, ma la sua espressione parlava chiaro: in questa partita, hai ancora un ruolo da giocare.

E il Re mi ha chiesto di riferirti che la tua missione di un tempo ha avuto un seguito.

Non mi ha detto di più, solo che tutto si è compiuto come doveva.

Non so se per te ha ancora importanza, ma ho pensato che fosse giusto che lo sapessi.

Infine, c'è un'ultima cosa che voglio dirti.

Nostra madre si è ritirata a Racconigi.

Dicono che sia spenta, ma io non ci credo. Lei odia perdere.

Forse starà tramando qualcosa, forse starà riflettendo su tutto ciò che è successo, ma io non riesco a immaginarla davvero sconfitta. Lei ha sempre trovato un modo per risollevarsi.

Quando ci rivedremo, Alessandro, non verrò da sola.

Porterò mio figlio.

Non voglio che cresca con il fantasma di uno zio che non ha mai conosciuto, né con la distanza che per anni ha diviso noi due.

Verrà con me in Cornovaglia, e sarà il primo passo per ricostruire ciò che il tempo e la paura hanno spezzato.

A presto, mio caro fratello.

AMALIA*

Cornovaglia, Cottage di Keats – Dicembre 1853

La lettera di Amalia giace tra le mie dita, la carta leggermente sgualcita dalle troppe volte in cui l'ho riletta. Ogni parola incisa su di essa è un'ombra del passato che, nonostante tutto, non mi abbandona. L'ho trascritta nel mio diario come a volerla ancorare a questa realtà, impedirle di svanire, come il tempo ha fatto con tante altre cose.

Lei ha scelto. Ha trovato la sua strada dentro le mura dorate di quel mondo che ci ha generati, e io non la biasimo. Non tutti sono fatti per fuggire. Non tutti sono capaci di rinunciare a tutto per un ideale. Ma dopotutto, un giorno mi raggiungerà.

Eppure, mentre chiudo il diario e lo accosto al lume, sento un nodo serrarsi nella gola.

La lettera del Re.

Credevo fosse andata perduta, inghiottita in qualche labirinto del tempo, dissolta come tante altre cose di cui nessuno parla più. E invece è tornata, con la sua risposta.

Una risposta a qualcosa che io non ho mai compiuto.

Nel taschino, nel 1925, ne trovai un'altra. Non questa.

Non con quelle parole. Non con quel sigillo.

Mi chiedo allora chi abbia chiuso il cerchio.

Se il tempo si è semplicemente preso gioco di me, o se qualcuno, altrove, ha raccolto ciò che io ho lasciato cadere.

Forse la realtà non è mai davvero nostra.

Forse non siamo che frammenti di un disegno più vasto, ingranaggi che si muovono senza vedere l'intero meccanismo. Forse le cose che crediamo perdute non spariscono mai davvero, ma si spostano, si trasformano, tornano sotto nuove forme, in mani diverse.

Forse il passato non è mai passato.

Sento il lume vacillare, la fiamma ondeggiare nell'ombra. La realtà si contrae per un istante.

E poi tutto torna normale.

A che serve rincorrere ciò che sfugge?

A questo diario che scrivo ora, adesso.

A questo momento, l'unico che posso ancora trattenere.

Michael e la libertà

Fuori, la sera si stende su di noi con la sua quiete profonda, e il vento porta con sé il profumo salmastro dell'oceano.

Michael è in giardino, immerso nella luce calda del tramonto, con i capelli dorati che il vento scompiglia appena. Ride, e la sua risata è una melodia che mi attraversa la pelle. È un suono che non smetterei mai di ascoltare, una musica che appartiene solo a noi.

Demian gli gira attorno con un'energia selvaggia, il suo manto bianco splende come argento alla luce morente del sole. Michael si china per accarezzarlo, e il lupo si lascia sfiorare con la fiducia che solo lui sa ispirare.

Io lo osservo dalla finestra, immobile. Non riesco a distogliere lo sguardo.

L'ho inseguito per tutta la vita.

L'ho perso, ritrovato, rincorso tra epoche e distanze che sembravano incolmabili. Ho sentito il suo nome chiamarmi nel cuore della notte, ho sfiorato il vuoto delle sue assenze e ho tremato all'idea di perderlo di nuovo.

E ora è qui.

Michael solleva il volto verso di me e mi trova subito, come se sapesse che lo stavo guardando. I suoi occhi brillano di una luce che non ho mai visto in nessun altro, una luce che esiste solo per me. Mi sorride, e in quel sorriso c'è la promessa di tutte le vite che non abbiamo potuto vivere.

Apro la porta e scendo verso di lui.

Il filo del destino

Mi fermo davanti a lui, il vento ci avvolge entrambi. Michael mi guarda, un sorriso appena accennato sulle labbra.

«Sei rimasto a lungo dentro,» dice piano, come se aspettasse che gli dicessi qualcosa.

«Avevo bisogno di guardarti.»

Non c'è bisogno di altro. Non ci sono più parole da cercare, né paure da nascondere.

Lui allunga una mano e io la prendo, intrecciando le dita alle sue. È un gesto semplice, ma mi fa tremare dentro. Mi avvicino ancora, fino a sentire il calore del suo respiro sfiorarmi la pelle.

«Siamo qui,» mormora, sfiorandomi il volto con le dita. «Finalmente.»

Lo so. Eppure una parte di me teme ancora che tutto possa svanire.

«Michael...»

Lui mi zittisce con un bacio, lieve come il battito d'ali di una farfalla. È una carezza, un sussurro d'amore che mi scioglie ogni paura. Ricambio il bacio, lasciando che tutto il resto svanisca. Il tempo, le ombre, il passato. Siamo solo noi due, qui, ora, in questo istante che voglio duri per sempre.

Quando ci stacchiamo, lui ride piano. «Sai che non ho mai smesso di amarti, vero?»

Annuisco, stringendolo a me. «Neanche io.»

Un brivido mi percorre. Aveva sempre saputo dove voleva stare. Aveva sempre saputo dove voleva portarmi.

Tu ameresti la Cornovaglia, Ale.

La sua voce mi attraversa come un'eco lontana, come il respiro del mare che non smette mai di chiamare chi gli appartiene.

È un mondo a parte, un luogo che sembra esistere al di fuori del tempo.

Chiudo gli occhi per un istante e lo rivedo davanti a me, seduto accanto al fuoco nella nostra stanza in Inghilterra. Il suo viso illuminato dalla fiamma tremolante, la voce bassa, come se stesse condividendo un segreto che apparteneva solo a noi.

Le scogliere si gettano nell'oceano con una fierezza che sfida il vento e le onde. Lì il mare non è solo un orizzonte: è un respiro, una presenza costante che si insinua nelle case, nelle strade, nelle vite di chi ci abita. Ti avvolge, ti accompagna, ti ricorda ogni giorno che sei piccolo di fronte all'infinito.

Avevo sorriso, sorpreso dalla poesia con cui parlava di quella terra.

E la nostra casa? avevo scherzato, come se fosse stato solo un gioco.

Michael mi aveva guardato, e nei suoi occhi c'era una promessa.

Bianca, piccola, con finestre azzurre che si affacciano sul mare. Il tetto di ardesia grigia, il profumo della lavanda tutt'intorno. E un giardino, piccolo, con una panchina di legno dove sederti a leggere mentre io dipingo. E la sera... la sera usciremmo insieme, a piedi nudi sull'erba umida, guardando il sole tuffarsi nell'oceano.

E ora siamo qui.

Questo pensiero l'ho scritto tanto tempo fa, fra queste pagine, all'inizio della mia storia, prima che tutto venisse sconvolto.

Ma mentre lo stringo, un brivido mi percorre la schiena.

Alzo lo sguardo verso la collina che sovrasta il nostro cottage.

Là, dove solo la terra e il cielo dovrebbero incontrarsi, un filo di fumo si alza in lontananza.

La vecchia casa di pietra.

Belladonna.

Mi irrigidisco per un istante. È solo un riflesso del passato? O un segno che il tempo non ha ancora smesso di intrecciare i suoi fili?

Michael mi prende il viso tra le mani e mi costringe a guardarlo.

«Non importa,» sussurra. «Non importa cosa sia stato. Non importa cosa sarà.»

Ha ragione.

Per la prima volta nella nostra esistenza, siamo liberi.


**FINE PRIMO LIBRO**

^ANTEPRIMA SECONDO LIBRO^


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top