4.
Da quella sera non aveva più visto Toji.
L'uomo sembrava essersi dissolto nel nulla.
Fece un sospiro, lasciandosi cadere di schiena sul letto e osservando quel soffitto su cui c'era un gioco di colori che traspariva dalla finestra, con il sole di quella mattina che era sorto.
Erano passati tre giorni. Tre maledetti giorni in cui non aveva più rivisto l'uomo. Non aveva più parlato con lui e sentiva ogni ora, ogni minuto e ogni istante il cuore pesante perché la mancanza la percepiva anche dentro.
Le mancavano quegli occhi chiari in cui ogni volta so perdeva sempre.
E poi suo padre continuava a dirle che avenbre dovuto farlo fuori il prima possibile, doveva ammazzarlo perché era un uomo potenzialmente pericoloso ma ogni volta che si trovava davanti a lui le gambe tremavano. Ogni volta cadevano e lei non riusciva a vedere più nulla, nemmeno a sentire siccome l'unica cosa che vedeva era Toji e sentiva solo i battiti accelerati del cuore.
Ormai l'uomo le era entrato dentro, in ogni modo e lei non avrebbe dovuto farlo.
Fece un sospiro, quando quel gioco di luci venne oscurato dai grossi nuvoloni che occuparono subito il cielo e oscurarono il sole.
Una grossa tempesta era alle porte, ma Rin non si sarebbe fermata davanti a nulla.
Quella mattina aveva ordinato al suo facchino, Haruta Shingemo, di raccogliere più informazioni possibili su Toji.
Il biondo non ci aveva messo nulla a trovarle e a fargliele reperire.
《A cosa ti serviranno ?》
Chiese passandodole un busta arancione e chiusa, oltre la soglia della porta. La corvina lo aveva osservato, alzando un sopracciglio e recuperando la busta.
《Affari.》
Gli rispose solo, ma sapeva che ciò non lo aveva convinto abbastanza. La sua faccia non ne sembrava convinta dalla risposta.
《Fai attenzione. Non indagare troppo su quel tizio.》
《Shingemo, non sei mia madre. Non c'è bisogno che ti preoccupi per me in questo modo, soprattutto come cavarmela da sola.》
Disse lei, chiudendo la porta e restando da sola, con il fiato sospeso nella gola e il petto pesante.
Guardava la busta stretta tra le mani, la aprì lentamente ed estrasse il plico di fogli dall'interno.
Ne lesse le informazioni velocemente; nero su bianco, arrivando alla fine di tutti i fogli c'erano anche delle foto di Toji scattate da lontano dove lui era impegnato in qualcosa.
Erano due foto.
La prima ritraeva l'uomo di schiena, intento a gettare un borsone nero nel bagagliaio; quella t-shirt nera che indossava gli metteva in risalto tutte le forme sode del corpo e non riuscì a non smettere di osservare quell'intreccio di muscoli che, nonostante l'immagine fosse un po' sfocata, le fecero venire un grande caldo che si irradió dentro il suo corpo.
La seconda foto invece sembrava essere scattata a pochi secondi di distanza dalla prima, sempre sfocata; questa rappresentava l'uomo di fronte, con la testa china e una sigaretta tra le labbra.
Gli occhi erano socchiusi e i capelli neri e a punta gli sfioravano appena la punta del naso. Quei capelli in cui era tentata di passarci le dita più e più volte.
Si era decisa a gettare da parte il plico di fogli sul letto, prese una tuta e delle scarpette dall'armadio e un cappello che avrebbe indossato per non farsi riconoscere.
Tra quei fogli c'era anche indicata la strada in cui si trovava; non l'avrebbe difficilmente dimenticata.
Era la strada in cui si trovava l'appartamento di suo cugino Naoya.
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Aveva preso vari bus per giungere quella punto; era stato difficoltoso per lei siccome era la prima volta che utilizzava i mezzi pubblici.
Aveva avuto la testa china per tutto il tragitto, seduta sui sedili dei bus e premuta contro il vetro.
Non aveva incontrato lo sguardo di nessuno nemmeno per sbaglio.
Suo padre non doveva sapere che fosse andata lì.
Il bus arrivò all'ultima fermata, la sua.
Si voltò, osservando una panchina vuota bagnata dalla pioggia scoppiata in quel preciso istante. Fece un sospiro, allungando lo sguardo un po' più lontano, verso l'entrata di un vicolo in cui ci avrebbe trovato quella porta verde.
Sentiva il cuore battere all'impazzata.
《Signorina è l'ultima fermata.》
Sentí la voce dell'autista che la strappó immediatamente dai pensieri, strinse le labbra e scese dal bus.
Mentre il veicolo filava via, lei si infilò subito nella stradina e, arrivata davanti a quella porta, bussò un paio di volte.
Attese un paio di minuti prima di sentire dall'altro capo un rumore indistinto di passi che si fermarono appena dietro di essa; sentí poi lo sportello dello spioncino aprisi.
Lei aveva la testa china in basso, sentiva ogni singola goccia di pioggia batterle su ogni punto del corpo, della tuta e delle mani scoperte.
Quando sentí il rumore dello sportellino di ferro aprisi, lei alzò lo sguardo.
Ormai non le interessava più se la le gocce di pioggia le andavano a bagnare il viso e le facevano colorare tutto il trucco.
A lei interessava rivedere Toji.
Un paio di occhi chiari la stavano osservando da quel buco, lei invece aveva lo sguardo incastrato in essi.
《Naoya, ho bisogno di vedere Toji.》
L'altro non rispose.
Anzi, la porta si aprì poco dopo, rivelando la figura di un uomo ma, quando vide che non fosse il biondo, il suo cuore fece un balzo e le arrivò in gola.
《Sbagliato principessa. Non sono Naoya.》
Il sorriso dapprima divertito stampato sulle labbra del corvino si tramutò in un'espressione neutra; le storse e sostenne il suo sguardo guardandola di traverso, dall'alto verso il basso.
《Cosa ci fai qui ?》
Il suo tono era grave, marcato e duro come la linea della sua mascella.
Le braccia le aveva strette intorno al petto.
《Mi fai entrare oppure vuoi farmi crepare di freddo qui fuori ?》
Aveva tutte le labbra congelate e la pioggia non cessava nemmeno un minuto a smettere di scendere.
L'altro rimase in silenzio, poi si mise da parte.
《Bene.》
Disse lei, spezzando quel silenzio imbarazzante, poi fece un passo entrando all'interno dell'appartamento.
《Cosa vuoi ?》
Il tono che aveva utilizzato Toji non era dei migliori. In altre circostanze, lei ci sarebbe rimasta così male da risponderlo allo stesso modo, ma sapeva di essere nel torto.
Strinse le mani lungo i fianchi e fece un sospiro:《Toji...mio padre vuole ucciderti.》
Strinse gli occhi, tenendo la testa china.
《Dimmi una cosa che non so.》
L'altro teneva ancora strette le braccia al petto e non le si avvinava nemmeno per sbaglio.
《Voglio aiutarti a scappare.》
Silenzio; a quel punto lei alzò lo sguardo e vide il corvino con gli occhi sgranati.
《Perché dovrei fidarmi di te ?
Da una persona che ha tradito la mia fiducia.》
Sibiló ogni parola con disprezzo e ciò fece ancora più male.
Altro silenzio; lei raccolse qualcosa dalla tasca e gliela sbatté sul petto:《congratulazioni, stronzo. Sei padre.》
Affermò con tono freddo, piatto e distaccato, spingendolo così tanto da farlo allontanare.
Toji era rimasto paralizzato, con gli occhi e la bocca spalancati.
Non uscì nemmeno una parola tra le sue labbra, ma abbassò lo sguardo su ciò che aveva tra le mani: un test di gravidanza.
Rin era incinta.
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