3. Don't Let Me Be Misunderstood
Ho cominciato a buttare giù questo capitolo quasi un anno fa, in un periodo non proprio brillante per il Regno Unito: dopo la perdita di Sua Maestà Elisabetta II e il governo lampo di Liz Truss, volevo donare a questo paese nuova luce. Ormai è passato un po' di tempo perché faccio cagare e non aggiorno mai, ma un bel capitolo sulla musica british non ve lo toglie nessuno.
Il febbraio del 1964 è stato un mese particolarmente importante per il mondo musicale, già allora fervente di nuovi sound e band emergenti. Proprio in questo mese, i Beatles si esibirono all'Ed Sullivan Show, e fu amore a prima vista per chiunque li sentì suonare [non che oggi sia molto diverso]. Una band britannica di fama mondiale che fa un concerto in una trasmissione americana: ecco a voi l'inizio della Beatlemania, quel meraviglioso fenomeno sociale dove questi quattro ragazzi di Liverpool erano letteralmente gli uomini più famosi del mondo.
La loro è una storia che comincia appunto a Liverpool nel 1957. Due giovanissimi John Lennon e Paul McCartney si conoscono [piango, avevano la mia età :'] e iniziano a suonare nella stessa band, i Quarrymen. Poco dopo a loro si aggiunge il formidabile chitarrista George Harrison, e numerosi batteristi che però durano tutti tutti per poco tempo. Durante un tour ad Amburgo il loro stile diventa quello che conosciamo noi oggi, e abbiamo un fondamentale cambio di ruoli: l'allora bassista Stuart Sutcliff abbandona la band per dedicarsi all'arte ed alla pittura, e McCartney prende il suo posto.
Il gruppo torna poi a Liverpool (alcuni narrano di problemucci con la polizia tedesca) e qui diventano protagonisti di una serie di meravigliosi concerti al Cavern Club, un locale sulla Mathew Street. Ma si sa, le band emergenti spesso subiscono cocenti delusioni e così fu anche per il quartetto di Liverpool.
Coadiuvati dal nuovo manager Brian Epstein, riuscirono ad ottenere un'audizione con la Decca Records, importante etichetta discografica che ricordiamo per i contratti con Who, Animals e Genesis. Irritati e nervosi per via di un viaggio poco piacevole verso Londra, in quelle audizioni i Beatles non convinsero per nulla la casa discografica, e questa prese sotto la sua ala un'altra band non molto conosciuta oggi; i Brian Poole and the Tremeloes. Correva il 1962: l'anno dopo i Beatles sarebbero stati sulla buona strada per raggiungere il tetto del mondo.
La storia del rifiuto della Decca, tuttavia, raccoglie molta ironia della sorte e incredibili coincidenze. Primo, questo errore epocale è ancora oggi una macchia nella storia dell'etichetta, quasi una sorta di leggenda. Secondo, riuscirono a ristabilirsi qualche anno dopo, quando a far parte della loro scuderia si aggiunse un nome da poco: i Rolling Stones. Perché parlo di ironia della sorte? Fu lo stesso George Harrison a consigliare all'etichetta questa band emergente, e suona davvero incredibile vista la rivalità da sempre rimarcata tra i due complessi britannici. Tra poco parleremo anche di questi ragazzi brutti, sporchi e cattivi.
Torniamo ai Beatles. È in questo momento che nella loro storia entra un personaggio di primaria importanza: il produttore George Martin, quello che non era ancora il "quinto Beatle" come lo si definisce di sovente, ma un semplice lavoratore per la Parlophone, un'etichetta sussidiaria della EMI.
Non era un granché per i Beatles, dato che si occupava principalmente di musica classica e jazz, ma un contratto è sempre un contratto; così firmarono con la Parlophone il 4 giugno 1962. Esattamente tre mesi dopo, in studio si presentò un nuovo batterista. E sì, sto proprio parlando di Ringo Starr [volevo mettergli anche il titolo di "cavaliere" ma Cavalier Ringo Starr non suona bene qwq]. Una serie di colpi di successo (il singolo Love Me Do, il 45 giri Please Please Me) e il quartetto era in cima alla hit parade inglese.
She Loves You bruciò ogni record di vendita esistente fino a quel momento. Raggiunse ben un milione di copie vendute e fino al 1978 fu il singolo più venduto nel Regno Unito. Diciamo che all'inizio del 1964 la Decca aveva capito di aver fatto un enorme errore rifiutando questi quattro ragazzi.
Era scoppiata la Beatlemania. I loro concerti erano popolati di ragazze urlanti che rendevano praticamente impossibile udire la musica; inoltre erano costretti a scappare, letteralmente, per evitare le orde di ammiratrici. [ragazze, so che se state leggendo vi piacciono i Beatles, e se ne vedete uno non rapitelo ma condividetelo, grazie]. Il loro abbigliamento molto semplice e il taglio di capelli "con la frangetta" divenne moda dell'epoca. [io che voglio andare in giro vestita come John Lennon:]. Ovviamente furono protagonisti di numerosi tour mondiali: registrarono una puntata dell'Ed Sullivan Show il 9 febbraio 1964, suonarono nel Nord Europa, poi a Hong Kong, Australia e infine Nuova Zelanda. Anche in Italia, naturalmente.
«Persino i criminali si sono presi dieci minuti di pausa in occasione dello show dei Beatles» disse poi George Harrison, riferendosi alle loro apparizioni americane: si stima che quando andarono in onda, a New York il numero di crimini riportati rasentò lo zero.
Nel luglio del 1964 uscì l'album A Hard Day's Night, accompagnato dall'omonimo film. Furono entrambi un ottimo successo, in particolare la pellicola, che era un vero e proprio tributo alla Beatlemania. Posso dire di averlo visto per intero ed è davvero esilarante, ve lo consiglio anche se non siete fan accaniti del gruppo.
https://youtu.be/Sz04dYZUgKI
https://youtu.be/UkSe3LV0-9Y
(Questo è il film completo, è stato rallentato in x0.5 per evitare il copyright. Se lo mettete in x2 torna alla velocità normale, l'audio chiaramente non è dei migliori ma potete guardarlo tranquillamente)
La fama, i fan, le continue corse avanti ed indietro... non dimentichiamoci che sebbene siano divinità a livello musicale, i Beatles erano anche umani. E come esseri umani ebbero il loro passo indietro, rappresentato dall'album Beatles For Sale. Un titolo indicativo, visto che per la loro carriera fu forse il disco meno rilevante. Altri due album vennero fatti uscire in seguito: Help! insieme al film omonimo [che non ho visto azz miseria] e Rubber Soul, dal sound psichedelico e reso estremamente fantasioso dall'uso di strumenti come la sitar.
Il loro picco musicale si può riassumere con cinque parole. Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club. Uscito il 1° luglio del '67, è considerato da molti come il miglior disco della storia del genere, ricco di canzoni magnifiche (ricordiamo, ad esempio, Penny Lane o Lucy In The Sky With Diamonds) e simbolo di piena maturità musicale del quartetto. L'unica nota che stona, purtroppo, è la mancanza dei concerti live; a causa delle pressioni dei fan, della complessità di alcuni pezzi dal vivo e persino minacce di fanatici religiosi [!] decisero di dedicarsi solo all'attività in studio.
Sto scrivendo decisamente troppo sui Beatles, quindi la farò breve sul loro scioglimento. Già dal 1968 non si sentivano più affiatati come un tempo, e ciò emerse durante le registrazioni del White Album. Aggiungeteci Yoko Ono, ingombrante compagna di John Lennon, incomprensioni musicali ed ecco il punto di rottura. Che si raggiunge definitivamente dopo la produzione da parte di Phil Spector [torneremo a parlare anche di lui eheheh...] di Abbey Road. Nel gennaio 1970 Paul McCartney annunciò l'abbandono del gruppo; pochi mesi dopo sarebbe uscito Let It Be, ultima celebrazione di questo meraviglioso gruppo musicale. Non c'è bisogno che vi parli delle seguenti reunion, dell'omicidio di Lennon e delle leggende che circolano attorno ai Beatles, perché penso che siate già abbastanza informati.
Prima di passare dall'altro lato del ring e conoscere i degni "avversari" della band di Liverpool (perché dai, in fondo avversari non lo furono mai) vi propongo un paio di complessi emergenti, trascinati dall'onda della British Invasion. Ce ne sono alcuni la cui attività andrà forte anche nel decennio successivo, come Kinks e Who, perciò di loro preferisco parlarvene in futuro.
Se c'è un gruppo che amo alla follia sono gli Animals. Originari di Newcastle, nascono circa nello stesso periodo dei Beatles, quando Eric Burdon [sì, amo pure lui] si unisce agli Alan Price Rhythm and Blues Combo, nome lunghissimo e che non si ricorda nessuno. Sotto la tutela di Giorgio Gomelsky (manager, tra l'altro, degli stessi Yardbirds) si trasferiscono a Londra e qui comincia la festa. Nel giugno del 1964 vede la luce quella che per me è una delle migliori canzoni mai esistite: House of The Rising Sun. Tutti la conoscono, ma ben pochi sanno da dove provenga, ed è un gran peccato. Come altri successi degli Animals posso citarvi Don't Let Me Be Misunderstood (cover di Nina Simone) e We've Got to Get Out of This Place sul finire del loro percorso musicale. Perché il primo nucleo degli Animals si disperde nel '65, causa divergenze musicali e carriere soliste; ciò che rimane, almeno fino al 1969, sono gli Eric Burdon and the New Animals. Grande band, sicuro, ma mai quanto gli Animals delle origini.
https://youtu.be/Q3mgapAcVdU
(ve lo metto qui perché voglio flexarvi quando sia bello Eric Burdon in questo video :)
Gli Yardbirds invece sono la prima grande band di tre rockstar fantastiche: Jeff Beck, Eric Clapton e Jimmy Page, nonché il nucleo su cui si formeranno i Led Zeppelin. Ma procediamo con calma.
La primissima formazione del gruppo comprendeva artisti pressoché sconosciuti, ma ebbero comunque un discreto successo: sostituirono i decisamente più famosi Rolling Stone per un concerto al Crawdaddy, un noto locale di Richmond, e le loro sonorità vennero subito apprezzate dal pubblico.
Nell'ottobre del 1964 avvenne il primo cambiamento. Il chitarrista Anthony Topham preferì gli studi liceali al gruppo [puretto, come ti capisco] e a sostituirlo arrivò Eric Clapton. Giusto perché le coincidenze erano troppe poche, divenne loro manager Giorgio Gomelsky, proprietario del Crawdaddy.
Durante le feste natalizie parteciparono ad uno speciale televisione presentato da nientemeno che i Fab Four in persona, guadagnando una certa fama nel panorama musicale inglese [e grazie, mi viene da dire, sei fai uno show con i Beatles]; nello stesso periodo, il singolo For Your Love raggiunse la prima posizione nella classifica britannica dei 45 giri e la sesta in quella statunitense, ma la band dovette confrontarsi con la perdita di Eric Clapton, che da purista del blues non aveva accettato il cambio di sound del gruppo.
E qui i nomi cominciano a farsi cruciali. Clapton abbandonò sì la band, ma consigliò come sostituto l'allora giovane turnista Jimmy Page. Forse Jimmy suonò qualche volta con loro, tuttavia il suo fu un ruolo che non durò tanto perché preferiva essere un session man ad un membro fisso di un gruppo [sisi, riparliamone coi Led Zeppelin] ed indovinate chi arrivò? Jeff Beck.
Having a Rave Up e Roger the Engineer sono tuttora considerati i loro album migliori, arricchiti da un suono più spostato verso la psichedelica e l'uso di tecniche musicali innovative come la distorsione e il feedback.
Piccola curiosità: al Festival di Sanremo del 1966 parteciparono anche gli Yardbirds insieme a Bobby Solo e Lucio Dalla. Jeff Beck venne nominato miglior chitarrista dell'anno. Mica male, eh?
Se ormai gli Yardbirds avevano raggiunto il loro apice, doveva arrivare anche la loro parabola discendente. Dovuta in gran parte al carattere difficile di Beck [grande bro, siamo uguali], il chitarrista venne rimpiazzato durante alcune esibizioni per via di problemi di salute. Da chi, se non altri che Jimmy Page?
Fu un battesimo del fuoco per questo incredibile artista, e un cambiamento epocale per il gruppo: Jimmy Page venne aggiunto in pianta stabile e si passò ad una formazione a cinque, con due chitarre soliste. La permanenza del veterano Jeff Beck durò ancora poco; era il 30 ottobre '66 quando lo allontanarono dalla band per il suo comportamento ingestibile. Sicuramente non era una persona facile, ma il contributo che ha dato sia con gli Yardbirds sia durante la sua carriera solista è davvero incredibile.
Jimmy Page nel frattempo si trasformò nel volto della band, proseguendo però con le sperimentazioni dell'era Beck: pensate che l'assolo di Dazed and Confused, bellissimo pezzo dei Led Zeppelin, venne suonato in questo periodo usando un archetto da violoncello.
La band era tuttavia destinata al fallimento: il consumo di marijuana ed LSD era sempre più frequente tra i musicisti, e l'album Little Games non andò come previsto. Il loro ultimo tour si tenne in Inghilterra, nel 1968, prima che il cantante Keith Relf e il batterista Jim McCarty si allontanassero per formare il complesso folk Renaissance.
E nulla, di quelli che diventeranno i Led Zeppelin torneremo a parlare in seguito.
Animals (sopra) e Yardbirds con la formazione del 1964 (sotto)
Dopo questa breve [mica tanto] parentesi su due magnifici gruppi dell'epoca della British Invasion, è ora di passare dall'altro lato del ring. Vi ho raccontato dello straordinario successo dei Beatles, dei loro film, delle loro esibizioni... ma è il momento di conoscere i loro degni avversari: i Rolling Stones.
Band conosciuta in tutto il mondo, la sua storia comincia parallela a quella dei Beatles o pochi anni più tardi, quando i due amici Mick Jagger e Keith Richards [già partners in crime] conoscono Dick Taylor e cominciano a suonare insieme nei Little Boy Blue and The Blue Boys. All'alba degli anni Sessanta, anche gli altri futuri Rolling Stones si avvicinano al mondo musicale; Brian Jones, padre di tre figli illegittimi all'età di diciannove anni [precoce...troppo], suona già sassofono e chitarra, mentre Charlie Watts ha abbandonato la scuola per lavorare come grafico.
Nel marzo del '62 Brian Jones e Charlie Watts si parlano per la prima volta dopo un concerto e per una serie di conoscenze comuni, passaparola e concerti [peggio di Beautiful] il duo incontra gli altri tre e nasce la leggenda. Come nome viene scelto Rolling Stones, ispirato all'omonima canzone di Muddy Waters.
I cinque membri originari di cui si capisce qualcosa sono i seguenti: Mick Jagger, Keith Richards, Brian Jones, Charlie Watts e Ian Stewart. Molti altri si succederanno tra le loro fila, sia per faide e spaccature che per pura utilità. L'esordio avviene al Marquee Club di Londra, il 12 luglio dello stesso anno, e già da quella prima esibizione il gruppo comincia a piacere.
La svolta arrivò quando i Rolling Stones scelsero di puntare su Andrew Oldham come manager e produttore. Un vero e proprio genio per quanto riguarda la creazione dell'immagine del complesso: allontanò Ian Stewart, considerato stonante con il progetto nella mente di Oldham, ma che rimase comunque il loro road manager.
Dico che Andrew Oldham è un genio perché riuscì ad aggrapparsi a quell'onda di successo che era la Beatlemania e ad usarla a suo favore. L'apparenza che ne risultò fuori era quella dei "Vagabondi"; ragazzi poco raccomandabili e distanti dai completi inamidati dei Beatles (venne coniata apposta la frase "Lascereste uscire vostra figlia con un Rolling Stone?" per farvi capire quanto la cosa fosse seria).
Le differenze tra i ragazzi di Liverpool e quelli di Londra apparivano distinte anche a livello musicale: se le canzoni dei primi erano più sofisticate ed impegnative, i secondi attingevano a grandi mani dal blues e rock'n'roll, adottando uno stile molto più aggressivo.
La verità in realtà è tutt'altra. Per fare un'analogia, tante coppie di sportivi che vengono esaltati dai media come grandi rivali poi si scoprono essere amici cordiali [Larry Bird e Magic Johnson, bambini carissimi ignoranti di basket]. Lo stesso accadeva con le due band: non a caso uno dei primi singoli dei londinesi fu I Wanna Be Your Man, scritta da Lennon e McCartney, e come già raccontato, fu Harrison a proporli alla casa discografica.
Escono tre LP, una gran quantità di singoli insignificanti, e poi nel 1965 arriva una svolta dal nome di cinque parole. (I Can't Get No) Satisfaction. Impossibile non averla ascoltata almeno una volta, è diventata l'inno di una generazione e di un periodo in cui il Regno Unito era sul serio il luogo più importante del mondo.
L'anno seguente uscì l'album Aftermath, consacrazione di Brian Jones come strumentista poliedrico e la prima posizione nella Bilboard Hot 100 di Paint It Black. [oh no, quella canzone razzista!1!1!1!]
Abbiamo dunque una variazione di genere verso il flower power psichedelico, e una delle più longeve serie di dischi mai prodotta: Beggars Banquet, Let It Bleed, Get Yer Ya-Ya's Out!, Sticky Fingers e Exile on Main St. Per non parlare di canzoni come Gimme Shelter e Sympathy for The Devil.
Purtroppo si sa, quando si è crudeli con il destino quest'ultimo trova sempre il modo di ripagarci. C'è chi lo chiama karma, chi lo chiama semplicemente fato, l'unica cosa su cui si è d'accordo è che prima o poi arriva per tutti.
Per i Rolling Stones si palesò nel 1969. Reduci di un successo planetario destinato a consacrarsi sempre più, quella grande attrattiva chiamata droga giunse anche alle loro orecchie. E si impossessò di Brian Jones, il quale, sempre più provato dalla tossicodipendenza ed incapace di collaborare col gruppo, morirà affogato nella piscina di casa sua. Aveva 27 anni e poco meno di un mese prima aveva annunciato l'allontanamento dai Rolling Stones.
La loro è una storia che poi continuerà negli anni, con innumerevoli scandali, eccessi e cambi di formazione. Una storia che dura ancora oggi, nonostante la perdita recente di Charlie Watts [ci manchi, Charlie]. Torneremo a parlare di questi dei dell'Olimpo del rock tra poco.
Intanto, la domanda sorge spontanea: voi siete dalla parte dei Beatles o dei brutti, sporchi e cattivi Rolling Stones?
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