Battaglia di Zama
Carthago delenda est- Cartagine dev'essere distrutta
Cit Catone
La piana deserta di Zama, davanti al soldato numida, si estendeva di fronte a lui in tutta la sua grandezza. Mentre si metteva in posizione, sotto il comando del suo superiore, sentì il barrire forte degli elefanti che insieme alle truppe mercenarie reclutate qua e là dal nobile Annibale in Spagna e in Gallia, iniziavano a marciare serrati, piazzandosi davanti a loro anche se di malavoglia e a passo lento. La guerra stava durando da fin troppo tempo e l'umore dei loro uomini – almeno di quelli presi per la causa – era al minimo.
Il nitrire e lo scalpitare dei cavalli sui fianchi gli restituirono la sicurezza che in quel momento sentiva venire meno. Aveva partecipato alla gloriosa campagna italica e, a Canne, lui era lì in quel miracolo che il loro generale era riuscito a fare e che aveva permesso di schiacciare quell'immenso e tronfio esercito romano che adesso, di nuovo spavaldo, si presentava davanti a loro in quell'ennesima battaglia che avrebbe deciso tutto.
Strinse con la mano destra la presa sulla sua lancia e con la sinistra l'impugnatura del suo scudo cercando di darsi coraggio mentre vedeva l'esercito romano fermarsi a diverse iarde da loro, compatti e seguiti a ruota da quel misero esule di Massinissa, unitosi a quei viscidi contro di loro insieme ad altre truppe numide.
- Pagherete alto il vostro tradimento. - Pensò mentre la rabbia sostituiva la paura e le grida degli ordini si facevano sempre più presenti nel loro schieramento, che si stava posizionando come da ordini.
-
Il legionario camminava a passo di marcia, seguiva quelli accanto a lui in completo silenzio. Il centurione, davanti a loro e con l'effige della legione, sbraitava di continuo mentre la loro coorte iniziava a disporsi come da indicazione. Ormai erano giorni che marciavano in quella campagna assolata e in quella giornata di sole, in quella piana deserta stavano per affrontare colui che più di tutti aveva traumatizzato la Repubblica romana, fautore di un massacro che sarebbe rimasto per sempre nella loro mente e storia. Lui, insieme ad altri, non era a Canne quel giorno, ma da chi era riuscito a scamparla aveva sentito storie e, adesso che era lì, contro Annibale e il suo esercito reduce di quella campagna, sentiva il cuore balzagli in gola mentre cercava di farsi coraggio osservando la schiena degli hastati che, in prima fila, si apprestavano a dare il via a quella battaglia che avrebbe deciso le sorti della guerra che andava avanti da anni.
Sentì le trombe suonare e i cavalieri ai suoi fianchi iniziarono a scalpitare e partire verso il fronte, sollevando polvere qua e là. I velites, in cima davanti a tutti, iniziarono ad avanzare per poi lanciare i loro giavellotti verso quegli elefanti di cui, a distanza, si iniziava a sentire i passi pesanti e il loro barrire incessante in una vera e propria carica selvaggia.
-
Il numida osservò gli elefanti staccarsi dalla formazione e procedere spediti verso l'esercito romano. In contemporanea, le cavallerie ai lati partirono in quarta verso quelle nemiche che gli stavano venendo incontro.
Vedendo la carica degli elefanti, un sorriso increspò le sue labbra pensando al danno e al caos che avrebbero portato nello schieramento nemico, ma quando vide quelle creature mastodontiche iniziare a disperdersi tanto da andare a infrangersi contro le due ali della cavalleria portando ulteriore confusione sentì il sudore gocciolare dalla sua fronte, e non per il caldo incessante che c'era durante quel giorno. Il comandante abbaiò altri ordini con un tono che tradiva panico e, sentendo l'abbassare delle lance, capì che a breve sarebbe toccato a loro farsi avanti nello scontro.
-
Il romano osservò dalla propria linea i loro velites che con coraggio cercavano di frenare l'attacco di quelle bestie usando le loro armi e il frastuono. Vide alcuni commilitoni con cui aveva giocato, riso e bevuto, venire falciati dal pachiderma che come niente li aveva schiacciati e continuava a procedere andando poi a schiantarsi con il nulla per poi essere abbattuto alle spalle. Con la loro formazione, creata dal nobile Scipione, avevano creato degli spazi di vuoto in cui la carica non sarebbe servita a nulla lasciando intatti così le loro formazioni.
"Ante!" Tuonò il comandante con impeto e a quel segnale l'intero plotone di hastatì si distaccò e si mise in marcia verso lo scontro corpo a corpo che avrebbe deciso la battaglia. Sulle ali degli schieramenti osservò la cavalleria di Massinissa sul fianco destro e quella di Lelio sul sinistro cozzare contro quella cartaginese e metterli in fuga dopo varie schermaglie per poi iniziare un inseguimento. Sentì alcune urla di gioia e altre cariche di eccitazione, sembrava che la battaglia stesse girando dalla loro parte.
-
Avvertì l'agitazione provenire da tutta la terza linea del loro schieramento. Gli altri veterani erano turbati e così anche lui. Vide i mercenari e le leve africane correre come dei pazzi verso le formazioni romane che, senza alcun timore, le ricevettero in pieno. Dalla sua posizione poté vedere il caos che pervadeva in tutto il campo, le urla che si levavano, il fragore delle armi che cozzavano fra loro e la polvere mista a sangue che iniziava a invadere l'aria circostante.
Stava fremendo. Voleva entrare in quella mischia, voleva che la sua arma si impregnasse del sangue di quei nemici irriducibili che già aveva avuto il piacere di uccidere. Quando osservò la fuga iniziale di quei mercenari voleva additarli come traditori e ucciderli lui stesso, ma sentì l'ordine di caricare e partì dirigendosi verso la prima linea romana che si era messa all'inseguimento dei suoi compagni.
-
Il legionario bloccò la lama del soldato che gli si era parato davanti e poi con lo scudo lo spinse all'indietro, aperto un varco lo trafisse al petto, facendo zampillare sangue dal punto colpito e facendolo andare a terra esanime.
Attorno a lui il caos della mischia si stava intensificando e, anche se per il momento stavano dominando, le sorti potevano sempre cambiare e questo lo sapeva bene. Avanzò ancora mentre osservava giovani soldati nemici iniziare un'inesorabile fuga sotto la spinta dei suoi compagni.
Il romano evitò la lancia con un abile scatto sulla destra per poi, con forza, far calare il suo gladio sul nemico che si difese alzando il suo parma che teneva con il braccio sinistro. Sentì il ferro cozzare su quello scudo con quanta forza aveva appena vibrato il colpo. Il numida, per niente impressionato, tentò un affondo da quella posizione bassa costringendo il legionario a sollevare lo scudum per parare la punta della sua arma, contro cui andò a sbattere, dovendo così retrocedere di un passo per riuscire a trovare un equilibrio che sentì mancare per un istante. Il numida cominciò a farsi sotto continuando a sferrare affondi che andavano a impattare sopra lo scudo alla ricerca di un'apertura. Il legionario, fattosi coraggio, attaccò con un fendente mirando al collo del nemico che, vista la punta dell'arma, si ritrasse andando all'indietro e alzando la guardia e tenendo ancora più saldamente la lancia preparandosi a contrattaccare. Attorno a loro la battaglia stava infuriando sempre di più e i colori dei due schieramenti ormai si stavano mischiando in una amalgama continua in cui i colori romani sembravano prendere il sopravvento.
Le truppe scelte di Annibale si stavano avvicinando sempre di più in quello scontro corpo a corpo e questo fece sperare il lanciere. - Dobbiamo solo resistere. - Rifletté il numida attaccando di slancio con la sua arma, che prese in pieno la spalla destra del romano che, senza fare una piega, contrattaccò infilzandolo al braccio sinistro col gladio. Sentì la presa sul parma farsi più lenta e meno salda mentre avvertiva il sangue uscire dal punto ferito ma, senza arrendersi, partì con un nuovo attacco sferrando un'altra stoccata diretta al busto. Il legionario, stavolta, deviò il colpo verso l'esterno e, sfruttando l'occasione, lo trafisse in pieno al petto sguarnito. Il numida mugugnò dal dolore e con un grido sommesso la lama affondò all'interno dello sterno. "Muori." Gli sibilò il romano in una lingua che il soldato non riuscì a comprendere.
Mentre lo vedeva allontanarsi e si accasciava al suolo osservò come, alle spalle del loro esercito, la cavalleria romana aveva iniziato a seminare morte nelle loro fila. Cadde a terra e, mentre la vita lo lasciava, vide anche la fine del loro glorioso generale.
ANGOLO DELL'AUTORE: E mentre completo il capitolo nuovo di Killer 3 ho deciso di postare questa seconda oneshot a tema storico in merito a una delle faide più lunghe della Repubblica romana ovvero quella con Cartagine in special modo la battaglia che sancì la totale vittoria romana su colui che, più di tutti, aveva fatto tremare Roma ^_^
Spero che la storia sia stata di vostro gradimento.
Nel testo ho cercato di inserire anche alcune parole sia in termini latini sia in termini bellici per dare una giusta parvenza al testo. Se trovate errori segnalate pure ^-^ alla prossima.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top