Caccia al demone. [CAPITOLO 4]

La notte cala, ma... qualcuno si intrufola silenziosamente nella stanza di Aiden e Archer.
Qualcuno che ha accesso alla chiave.

La soffusa luce riflessa della luna penetra nella stanza, rischiarendo la figura nella penombra.

Chiunque sia entrato, è qui per Archer.

Si avvicina al suo letto e, con estrema cautela, affianca al braccio destro che fuoriesce dalle lenzuola una siringa.

Contiene uno strano liquido nero, che inietta nelle vene del rosso.
Il giovane geme lievemente, avendo inoltre impercettibili scatti.
Eppure, non si sveglia.

Giunge il mattino, e gli studenti corrono al piano terra.
Il caos è già esploso.

«Buongiorno a tutti. Spero abbiate dormito quantomeno decentemente, nonostante tutto.»
La voce della preside, Aurelia, si diffonde in eco lungo la sala d'ingresso.

Ci sono diversi volti, perlopiù ignoti.
Archer sorride a ognuno, ma in pochi ricambiano.

Sono tutti estremamente cupi, ma sa che la normalità "dovrebbe" essere quella.
Che buffo, quanto il concetto di normalità vari da persona a persona.

«Poco meno di due ore fa, durante la notte, lo squadrone del Generale Edward II, ha setacciato la scuola e catturato la creatura. Ho avuto io stessa la premura di contattare il Capo del Governo, vista la gravità della situazione.»
Inumidisce le labbra; un'espressione cordiale.

«Pertanto ci tenevo a rassicurarvi in merito al demone. So che ora è rinchiuso nelle segrete dell'accademia militare, ma verrà deportato a Captia.»
Un sospiro di sollievo si espande nel pubblico, forse il più lungo mai tirato.

Se davvero riuscissero a deportarlo nella prigione più invalicabile e macabra di Highest City, una vita colma di sogni e speranze non sarebbe più soltanto una lontana utopia.

L'insegnante Victoria, in prima fila, sospira ponendosi a braccia conserte.
Borbotta qualcosa, all'orecchio di Randall.
Una pulce, si direbbe.

E poi ne borbotta un'altra, ad Alexandra; i gioielli che indossa risplendono nella penombra di una cupa alba.

«É giusto porre le mie, e le nostre, più sentite condoglianze alle famiglie di quei poveri ragazzi... Mi piange il cuore all'idea che non riusciranno mai a realizzare i propri sogni o a rivedere i propri cari.»
Le ciglia di Aurelia sfarfallano, umide a causa della imminente lucidità delle pupille.

«Tuttavia, non possiamo permetterci di perdere altro tempo. Qui verranno forgiati i futuri soldati, o insegnanti, e se la minaccia è già alle porte noi faremo in modo di essere quanto prima pronti a difenderci.
Di essere pronti a combattere.»

Archer e Aiden si scambiano un'occhiata veloce, increspando curiosamente le labbra.

Una giovane dai capelli bluastri, le cui iridi sembrano scolpite nel ghiaccio stesso, giace accanto ad uno dei pilastri retrostanti.

Archer la nota, con la coda dell'occhio, e si volta per poterla inquadrare meglio.
I suoi occhi sembrano fari lucenti in questa foschia.

Lei osserva, ascolta.
Il silenzio le inebria le labbra di stupore.
Il mondo circostante, tuttavia, non la scalfisce affatto.


«So che molti fra voi dopo quanto accaduto hanno telefonato alle proprie famiglie. Tra stanotte e non oso immaginare oggi, il trambusto proseguirà e il viavai altrettanto... ma nessuno vi implorerà di restare. Ognuno faccia la propria scelta, ne discuta con i familiari se desidera, ma andarsene equivarrà ad aver rinunciato fin da subito al proprio futuro da maghi.
Vi conviene rifletterci, miei studenti.»
Deglutisce, come se la gola le si fosse seccata.

«Detto ciò, ho già in realtà comunicato quanto dovevo alle famiglie di cui ci è stato fornito il recapito. Ora avete la garanzia che la scuola è al sicuro e tutto potrà riprendere come di consueto... per cui non posso che augurare a ognuno di voi un buon primo giorno!»

Il malcontento generale pare essersi dileguato, o perlomeno diluito.
C'è chi fa buon viso, chi lo pone realmente e chi diffida e disprezza pubblicamente.

La preside raggiunge i quattro professori al lato del palco con un ampio sorriso in volto, non ricambiato da Victoria.

«Non li proteggi, li inganni.»
Accusa più che diretta, l'insegnante d'acqua Victoria.
Non sembra starle particolarmente simpatica, la preside.

«Non vedo quale sia la differenza, Victoria.»
Controbatte la bionda donna, tirando sù un falso sorriso.

«Sono giovani, non stupidi. Cosa pensi di ottenere mentendo? Perchè non hai voluto dire la verità?»
Tenta, ma non attende le giunga una risposta.

«Le guardie di cui hai parlato sono state completamente dissanguate da quel mostro!»
Sussurra, pur gridando.
Una caratteristica unica e peculiare, senza alcun dubbio.

«So io cos'è meglio per la mia scuola.
Non potranno concentrarsi sugli studi sapendo come sono andate le cose realmente. Ho davvero telefonato al Capo del Governo, mi hanno permesso di parlare con lui in vista eccezionale per la gravità e rarità dell'evento.
Saranno costretti a occuparsene loro, è un dato di fatto.»
Sospira, notando come Victoria elevi gli occhi al cielo.

«Il demone è fuggito, potrebbe essere ancora in città, ma non è qui. Non tornerà, siamo al sicuro.
Molto più che altrove.» Riprende la preside.

La sua calma li raggiunge.
La serenità nelle spalle, nella mascella, nel volto.
Nulla che trasudi menzogna.
Neppure le sue iridi rilasciano dubbi.

«Certamente.»
Victoria tira sù una maschera, dipinta di un recitato sorriso, e la preside ricambia per poi superarla.
Si dirige nel suo ufficio.

«Andiamo Alexandra! Possibile che tu le creda? Per quale motivo nessuno di noi ha visto i cadaveri delle guardie o ha sentito nulla? La scuola dovrebbe chiudere e noi-»

«Dovremmo finire tutti in quarantena? Non sappiamo neanche se sia davvero un demone o altro, in fondo nessuno lo ha ancora visto per bene.»
La interrompe l'insegnante di natura, proseguendo.

«Erano dieci uomini, all'esterno della scuola. Hanno accerchiato quella specie di macchia nera dalla quale grondava sangue ovunque, era terribile. Pochi secondi prima li ho visti, stamattina, ed un attimo dopo erano stati completamente lacerati. L'ambulanza è arrivata piuttosto in fretta e li ha recuperati insieme ad altri soldati che hanno inseguito la creatura.»

Victoria inarca le sopracciglia, boccheggiando e scostando lo sguardo da un punto nel vuoto a un altro.

«Sono sulle sue tracce, non dobbiamo preoccuparcene noi. Se vuoi compiangere quei ragazzi sono con te, ma non lo farò se vuoi unirti alla ricerca del demone per vendicarli o influenzarmi con le tue paranoie, sia chiaro.»
Alexandra si volta, seguita da Randall e Luke, e svanisce nella penombra dei corridoi.

«S-Scusate non volevo! Uff, i miei dubbi sono più che legittimi, perché se la prendono con me?»
Trilla Victoria, scalciando a terra con fare immaturo e non badando alla propria voce da cornacchia, stridula.

«Secondo te ha ragione lei?»
Interroga Randall, increspando lievemente le labbra ad Alexandra, fra un gradino e un altro;
immerge le dita nella propria chioma platino.

«Trovo che farla preoccupare ulteriormente sia inutile. Sappiamo com'è fatta Victoria.
Meglio che non sappia che probabilmente ha ragione, conosco la mia amica.»
Sospira, e scrolla le spalle.
I due professori annuiscono, affini al suo pensiero.

«Mi spiace averle mentito, non ho visto nessuno stamattina... ma se ci allarmassimo peggioreremmo solo le cose, è meglio così.»
Improvvisa un sorriso, tirato.
Non devono immaginare quanto vi sia dietro.

Ben presto i corridoi divengono un viavai di volti confusi.
Selene fa per avvicinarsi agli altri, rammentando loro quale sia il piano.

«Dobbiamo scoprire a chi appartiene la perlina nera che avevano trovato, da quale bracciale o collana sia caduta.
Ricordate che non siamo ancora in grado di uccidere il demone, non siamo costretti a combatterlo ma non conoscere la sua identità potrebbe costarci la vita.
Ci rivediamo oggi a pranzo.»

Una promessa, una speranza.
O forse, un augurio?

«Ai suoi ordini, mia signora.»
Scimmiotta Aiden, facendola sussultare in un primo istante e inorridire al successivo.

«Preferisco la limonata.»
Stella e Archer si cercano con lo sguardo, corrucciandosi e facendo spallucce confusi.

«Prego?» Sembra neppure l'arancio abbia capito.

«Alla spremuta d'arancia, preferisco la limonata.»
Replica lei, sogghignando non appena il giovane eleva gli occhi al cielo in un sospiro.

«Selene scusa, ma se la preside ha appena detto che il demone è stato ucciso ed imprigionato, perché dovremmo cercarlo?»
Interviene Stella, quasi tentennando.

Ha il timore di aver mancato un tassello, come se ognuno stesse seguendo un certo stesso filo conduttore.
Un filo che conduce chiunque e ovunque, tranne lei.

«Mi sembra ovvio, o le credi? La storia condivisa dagli 'adulti'» Mima le virgolette a mezz'aria, inarcando le sopracciglia.
«è un insieme di assurde coincidenze. Noi che non vediamo nulla, il Capo del Governo che si scomoda a risponderle... e poi perché mai dovrebbe occuparsene lo squadrone del Generale dell'accademia? Il minimo sarebbe un battaglione guidato dal Tenente Colonnello.»
Spiega Selene, conoscendo perfettamente l'intero ecosistema del mondo dei maghi.

«So che il Generale, il capo dell'accademia militare, è il figlio diretto del Capo del Governo. Questo gli conferisce sicuramente più importanza di quanta ne dovrebbe avere, ma da qui ad occuparsi dell'unico demone avvistato dopo secoli in città, e con solo qualche carro... no, è ridicolo.»
Borbotta ponendosi a braccia conserte; scuote il capo impercettibilmente, infastidita.

Un trillo acuto, che graffia i timpani degli studenti.
La campanella sta squillando.







L'aula risulta come un laboratorio, forse ristrutturato.
Anche se la ristrutturazione deve averlo noiosamente malridotto, privandolo di tutta la sua bellezza.

Archer prende posto;
oltre lui vi sono due ragazze ed un ragazzo.

Dopo poco il suono dei tacchi che battono contro il pavimento diviene sempre più intenso, vicino.
L'insegnante entra in aula, ma ignora il saluto degli studenti che si osservano a vicenda, interdetti.

La donna è invece... intenta a sistemare il proprio make-up, accertandosi sia immacolato con lo specchietto che detiene nella mano destra.

E poi un suono acuto, breve.
Lo specchietto viene richiuso e posto nella borsa.
Torna dunque indietro di pochi passi, chiudendosi ora la porta alle spalle.

Ed è finalmente pronta; si dipinge d'un ampio sorriso.
Scuote il capo, e la chioma perfettamente ondulata le ricade sulle spalle, solleticandole il collo.

«Buongiorno! Il mio nome è Victoria e sono l'insegnante di questo corso, piacere di conoscervi.»
Attende che le ricambino l'ampio sorriso.
Nessuno lo fa.

«Bene! Oggi inizieremo a parlare dell'acqua, di come generarla e controllarla nella teoria per poi esercitarci con prove pratiche.»
Inumidisce le labbra, sorride ancora a tutti.
I loro visi sono più spenti di quanto dovrebbero, eccetto uno.

«Vi avverto, io punto in alto e fin da subito tenterò di scoprire se in voi c'è un qualche tipo di maggiore predisposizione al ghiaccio spronandovi con compiti ed esercitazioni. Non mi va di parlare di acqua per un intero anno a chi può spingersi ben oltre... e poi è così noiosa.»
Fa spallucce con naturalezza, avanzando e sedendo sul banco di Archer con fare rassegnato in volto.

«Ma se falliste non scoraggiatevi d'accordo?
In fin dei conti è normale, potrete sempre fare meglio.»
Increspa le labbra al cremisi, unico ad aver ricambiato.

'Perché sembra ce l'abbia con me?
Perché dovrei fallire proprio io!'
Un suono gutturale proviene da Archer, ma nessuno sembra farci caso.

Il tono di voce della donna gli risulta strano, come se volesse costantemente ammaliare il prossimo.
Si risveglia tuttavia da tale ipnosi, notandola.

Notando l'elsa che affianca la cinta.
Una spada.

Perché mai un insegnante dovrebbe avere una spada con sé, perlopiù in classe?

È seduta sul suo banco col sorriso in volto, dunque è impossibile non notarla.
Inizia a scrutare la sua figura con maggiore attenzione.

La analizza.
Si focalizza principalmente sui suoi gioielli, alla ricerca della famosa perlina.

Quando la vede.

Il cuore sembra fermarsi per un istante;
l'aria non giunge più ai polmoni.

Sistemando la manica della camicia, la donna lascia intravedere i propri bracciali.
Ne sono.
Due.

Fatti entrambi di perle.

«Cazzo.»

La stanza sembra ruotare intorno ad Archer, come a volerlo inghiottire.
Il petto diviene un tamburo e la vista si offusca per un istante, come dissolvendosi nell'immagine dei ragazzi ormai deceduti.

Ma no, un momento.
Socchiude gli occhi; la vista diviene più nitida.
Queste, perline, non sono quelle.

Un bracciale é difatti bianco e l'altro, che all'apparenza può ingannare, é d'un intenso porpora.
Non nero.

Archer riprende a respirare boccheggiando, come scostandosi un macigno di dosso.

Ha temuto per un istante di avere un demone pluri-omicida a due centimetri da sé, ma per fortuna non è così.

O almeno crede.

«Voglio gentilmente chiedervi di presentarvi, dirmi qualcosa di voi che possa interessarmi. Quindi forza, alzatevi uno alla volta e fatemi conoscere i nuovi futuri maghi di questo corso!»
Esclama la donna, vivace, impegnandosi a mantenere il proprio sorriso ben alto.

Il primo ad alzarsi è il rosso, che tenta d'irrigidirsi e risultare pacato.
A tratti risulta difatti serio, gradevole.
In pratica ciò che solitamente non è.

«Il mio nome è Archer e vengo da una famiglia che è stata a lungo a contatto con la magia, loro... ecco, lavorano molto per cui purtroppo li vedo di rado.
Ma come lo sono loro, il mio sogno è quello di entrare nell'esercito e diventare uno dei maghi degli elementi più abile.»

Nota con la coda dell'occhio chi tenta di trattenere le risate, ma ignora.
«Voglio uscire davvero, superare la barriera e scoprire quale libertà ci spetti realmente.
Non crederò mai che l'intera umanità si sia estinta senza averlo prima visto con i miei occhi!»

Increspa lievemente le labbra, notando il barlume di curiosità e speranza che divampa nelle iridi della donna.
Sembra quasi condividano la medesima opinione.

«Guarda un po' te che signorotto interessante.»
Borbotta una giovane ragazza, che inarca le sopracciglia, seduta dietro il rosso; alla sua sinistra.

«Mi hai proprio letto nel pensiero! Vuoi condividere altre riflessioni con tutti cara? Direi di iniziare dalla presentazione.»
La incalza la professoressa, nonostante la ragazza non sembri poi così entusiasta all'idea di farsi conoscere.

Controvoglia si alza, tenendo il suo breve discorso.
«Mi chiamo Crystal e sono qui per imparare ad utilizzare al meglio il mio potere, voglio essere più forte e conoscere maggiori tecniche.
Con la mia famiglia, beh, immagino di non aver mai avuto un rapporto fantastico.»

Si risiede, e la maschera di finto interesse crolla completamente in uno sguardo assente.
Le sue iridi, gelide, sembrano lapislazzuli fin troppo preziosi per essere così spente.

'Perché i tuoi occhi sono vuoti, Crystal?'
Archer la osserva, rammentando di averla già notata durante il discorso della preside.

Degli occhi come i suoi non passano inosservati.

Le ciocche bluastre le incorniciano il volto, e cascando in avanti la riportano alla realtà;
le riconduce dietro le orecchie, tornando in sé.

Ma avverte altre due iridi, celesti.
Ben più cristalline delle sue.
Sono pure, prive di macchie e incertezze.

La stanno osservando.

Getta uno sguardo a Archer, che si volta di scatto nella speranza di non esser stato avvistato da Crystal.

'Ma questo che vuole?'


Gli altri due sono invece Jessica ed Alby, a quanto pare fratello e sorella.

Jessica ha lunghi capelli ramati che le giungono poco oltre le spalle, mossi sulle punte.
Il suo viso è magro, paonazzo, e le guance sono difatti scavate.
Alcune lievi lentiggini le risaltano il viso.

Alby ha la stessa forma del viso della sorella, ma nel suo sguardo arde una fiamma completamente differente.
I suoi capelli, mori, riprendono quelli dalla madre e ama tenerli divisi da una riga centrale.

«Mi sembra un po' pazza questa, ma magari è simpatica. Secondo te, jess?»
Fa spallucce il giovane, sussurrando alla sorella.

«Mah, se saprà insegnarmi a usare la magia mi va benissimo qualsiasi carattere. Ho atteso tanto di essere qui, eppure le cose non vanno già bene.»
Borbotta lei, facendo riferimento ai cadaveri del giorno precedente.
La cosa l'ha turbata, naturalmente.

«Se vuoi che ce ne andiamo chiamo-»

«No. "Loro" non vinceranno.»
Inarca le sopracciglia, scattando al solo sentore.
Suo fratello nota le sue braccia stiano tremando, e rammenta all'istante i lunghi litigi avuti con i propri genitori al riguardo.

Archer e Crystal li odono, ma non comprendono a cosa facciano riferimento.

«Lei saccente, lui smielato e vomitevole. Nessuno dei due mi ispira simpatia.»
Giudica sprezzante fra sé e sé la giovane, non avendo invece ancora alcun pensiero su Archer.
Per ora.

«Alby è carino, sembra quasi Aiden... mi piace!»
Saltella invece sul posto Archer, sorridendo alla vista delle tenere attenzioni che rivolge alla sorella.

Gli ricordano molto.







Dopo ore e ore di interminabile teoria, inizia finalmente la pratica.
Il primo esercizio è semplice, apparentemente.
Creare una bolla d'acqua.

«Trovo che soffermarsi molto sull'acqua di base sia inutile, ma dato che dobbiamo pur partire da A per arrivare a Z... sappiate che l'acqua è vita.»
Schiude ampiamente le labbra, come vaneggiando sentenze in realtà solo udite altrove e riproposte a voce.

«L'intera specie umana è nata grazie ad essa, si è sviluppata grazie all'acqua e tante sono le funzioni che tale liquido assume nelle vite di ognuno di noi.
Perciò voi, futuri maghi di questo elemento, avete un'intera razza nel palmo della vostra mano.
Un'intera vita, che spesso all'inizio sembrerà voler scivolar via... ma sono sicura che con la pratica la farete vostra, indossandola con facilità!»

«Per me parla un'altra lingua.»
Sibila Crystal, incerta su chi sia la persona a cui rivolge le proprie lamentele.
Magari Archer, pensa, ma magari no.

L'insegnante innalza le braccia verso l'alto ed agita le dita qua e là;
i tappi delle tre bottiglie, precedentemente estratte dalla borsa e posizionate sulla scrivania, saltano via.

L'acqua fuoriesce, assumendo diverse forme.
Improvvisamente fra i banchi, sul pavimento e a mezz'aria, volteggiano diverse creature d'acqua.

Cani, gatti, uccellini e farfalle varie, tutti danzano come rivestiti di linfa vitale ed ognuno diviene, lentamente, di ghiaccio.

«Se riesco ad immaginare perfettamente ciò che voglio creare con il mio elemento, distogliendo la mia attenzione da qualsiasi altro pensiero, allora questo diverrà realtà. Dovete riuscire ad isolare completamente la vostra mente, non distrarsi è fondamentale.»

Archer è più che esaltato, seppur per i motivi errati.
Sembra che rincorrere un cane di ghiaccio sia divenuto il suo nuovo passatempo.
Non riesce neppure a prenderlo.

Crystal osserva il tutto e senza neppure rendersene conto, incurva le labbra.
«Mh?»
Scosta lo sguardo e solo ora nota come una fra le piccole farfalle si sia appollaiata sulle sue dita, come fossero stelo.

«L'immaginazione e la pratica nel mondo della magia sono tutto. Non potete lasciare che i vostri poteri dipendano dalle emozioni o da qualsiasi tipo di pensiero illogico, ma solo dalla stabilità delle vostre decisioni.»
Tossisce, consapevole che nessuno la stia ascoltando.

Archer le ruota intorno, fra un passo e un altro, ormai completamente preso dal cagnolino.
Anche perché non è certamente lui a prenderlo.

«Se così fosse» Riprende la donna.
«Sareste più inclini alla stregoneria, che alla magia, e non è ciò che vogliamo. Esistono formule anche per noi maghi degli elementi, che non ci trascinano dunque in arti demoniache, ma anche in quel caso non dovete mai e poi mai affidarvi alle emozioni.»
Inspira, deglutisce.

«Ricordate che improvvisare va bene, e potreste trovarvi a doverlo fare, ma fatelo sempre e solo con raziocinio. Agirete anche d'impulso, ma dovrete sempre esserne conscienti e avere fiducia in ciò che genererete... le emozioni, al contrario, non determineranno alcun successo. Ma solo fallimenti.»
Ribadisce ancora una volta, consapevole dell'errore che fin troppi umani hanno commesso.

La prima volta in cui si sprigiona un elemento, ad esempio, non è frutto della logica.
Ma dell'impulsività dei sentimenti.
E raramente è difatti un ricordo felice.

«Non dovete temere la vostra stessa magia. Dovete dominarla, lei è con voi.»
Sospira, pur sorridendo nel suo fare pomposo.
«Se siete d'accordo, ora facciamo una prova.»

Batte le mani due volte e, protraendo le braccia in avanti, fa rientrare tutta la fauna evocata all'interno delle bottiglie, spiegando.

«Dovete disporre le vostre mani orizzontalmente, una sopra e l'altra sotto, rivolgendo il palmo di una verso l'altra.
Ci deve essere lo spazio giusto tra le due per far sì che l'acqua nasca.
Chiudete gli occhi e concentratevi.
È necessario, soprattutto all'inizio, disporre dell'immaginazione in maniera estremamente precisa per ottenere un buon risultato. Non limitatevi alla forma, se possibile associatele un gusto o un odore... »
Lancia un occhiolino, trattenendo una risatina.

«E si, so che l'acqua non ne ha, ma la vostra creazione non è di certo l'acqua che esce dai rubinetti. Si può quasi dire che non sia davvero acqua, ma questo concetto lo vedremo un altro giorno.»
Corruccia la fronte, annuendo a se stessa.

Deve pur darsi manforte, d'altronde se non è lei a incoraggiarsi non lo farà alcuno... e poi hanno tutti le palpebre serrate.
Nessuno può vederla al momento.

«Associate alla bolla una sagoma, un immagine. Seguite dando lei un'odore, un gusto e provate persino ad immergervici completamente percependone così il tatto. Sentite le vostre dita inumidirsi, percepitele raggrinzire come fosse stati immersi per ore.
Nuotate in questa sfera e rendetela vostra!»
Si esalta Victoria, curiosa del risultato.
La eccita ogni anno scoprire quale tsunami potrebbe esplodere.

Dopo una manciata di secondi, Crystal riesce con estrema facilità a dar vita ad una limpida e fluttuante bolla d'acqua ma Jessica ed Alby, al contrario, falliscono inesorabilmente causando l'esplosione della stessa bolla ancor prima che nasca.
Sarà una questione di genetica.

Trascorrono ancora diversi minuti ma, per quanto si concentri, fra le mani di Archer non appare invece assolutamente nulla.

Digrigna i denti, serra le palpebre e... nulla.
Le schiude, ma non c'è nulla.

«Credo ci sia qualche problema.»
Si gratta il capo Archer, sorridendo.

I due fratelli si guardano trattenendo una risata, ma Crystal li fulmina con un'espressione truce e accusatoria, ponendosi a braccia conserte;
Jessica ed alby indietreggiano confusi.

D'un tratto Archer avverte una strana sensazione, una sensazione del tutto estranea a lui.
O forse, non completamente.

L'ha già provata, in passato, ma ora è senza alcun dubbio più intensa.
Molto più intensa.

Le vene pulsano, sussultando all'unisono, ed il petto riflette una stasi d'ansia inaudita ma piacevole.
È un fremito.

Sente il proprio potere straripare, come se l'acqua da generare sia in un grosso ma insufficiente recipiente.

Le sue iridi cristalline, seppur per un solo istante, accentuano il loro colore divenendo come lucenti.
Due fari nell'oscurità di una nuova era.

Ciò che si palesa fra le sue mani, non è tuttavia una sfera d'acqua.
Quel passaggio è stato già superato.

Crystal, Jessica, Alby e persino la professoressa rimangono sbalorditi.
Boccheggiano, scambiandosi occhiatacce.

La sfera è interamente ghiacciata.

Victoria si complimenta più che entusiasta con Archer, compiacendo anche la bluastra e, dopo aver tentato di rassicurare i fratelli, fa per parlare con il rosso.
Tuttavia, ci ripensa.
Tace.

"È solo una mia impressione, meglio star zitta."









Durante il pranzo sono tutti riuniti ai soliti lunghi tavoli ma, al contrario del giorno precedente, stavolta sono più ammassati e divisi in gruppi.

«Pasta e lenticchie.... buonissima! Ora la finisco.»
Bofonchia Archer, tra una veloce cucchiaiata e un'altra.

«Certo che a te piace proprio tutto, anche quest' orribile scarto di mensa.»
Si sorprende l'amico, seduto accanto a lui.

Selene, ora di fronte ad Aiden, non può che inarcare le sopracciglia, pronunciandosi.

«Mi chiedo quale dei tuoi tre neuroni scelga di commentare qualsiasi cosa facciano gli altri»
Lo sguardo che cade sul rosso. «e quale dei quattro di Archer gli impedisca di mandarti a fanculo.»

Aiden sospira, facendo roteare ancora gli occhi.
«Ma chi ti ha chiesto di sederti qui?»

«L'ho scelto di mia spontanea volontà, spremuta d'arancia.»
Ridacchia, ormai consapevole di amare punzecchiarlo.
Si irrita così facilmente... "che stupida spremuta."

«Smettila con questo soprannome!»

Selene ride di gusto, contagiando Stella che ora... implode.
Tutta la sala si volta all'udire di una stridula gallina che emette versi animaleschi... iniziati senza aver neppure mai ascoltato di cosa stessero parlando.
Non sa perché stia ridendo.

«Stella basta!» Le sussurra Selene ad occhi sgranati, chinata lievemente su di lei.

La bionda, di tutta risposta, si ritrova a lacrimare e grugnirle in faccia.

«Santo cielo che figura di merda...»
Commenta Selene, coprendosi il viso con un tovagliolo per poi sprofondare sul posto.

«S-scus...ahi!» Strilla ancora la bionda, ridendo nonostante lo schiaffo in testa dell'altra.

Aiden interrompe la risata dell'altra per chieder loro come sia andata la prima lezione.
Non hanno ancora parlato di quella cosa.

Selene, nel corso del fuoco, stava per incendiare l'aula ma dopo averci riprovato è stata comunque l'unica in grado di controllare una grande fiamma.
Randall, l'insegnante, si è più che complimentato con lei ma l'ha ritenuta "facilmente influenzabile dalle emozioni".

E questo è un problema.

Stella, nel corso di terra e natura, ha iniziato dalle piante e, come lei, sono tutti riusciti a dar vita ad un piccolo fiore seppur dovendo ricorrere a formule, espresse dunque a voce.

Inoltre, un dettaglio del suo racconto fa voltare i tre.
Quel dettaglio.

«Aveva un bracciale di perle... era nero, ma non saprei dire se è esattamente quello.»

«Cosa? Perché non lo hai detto subito! Potresti averla trovata, attenta.» Le inveisce contro Selene, timorosa.

L'altra è però fermamente convinta che quell'insegnante tanto dolce e smagliante non possa essere un demone.
Non ne ha le caratteristiche... qualsiasi esse siano.

«Ma no! Io non credo sia lei dai, è impossibile. È stata davvero carina con me e con tutti noi, con me soprattutto... credo di starle molto simpatica.»
Annuisce schioccando le labbra e facendo spallucce; conduce il bicchiere in vetro alle proprie labbra, sorseggiando del té.

«Perfetto quindi se lei è il demone sarai la prima strozzata e appesa al soffitto stanotte.»

«Aiden!» Lo rimprovera Selene, che tenta di non far spaventare inutilmente la sua amica.
Si volta verso di lei, come a volerla rassicurare.

«Stella, quello che voglio dire è che se ti basi sulle apparenze non riceverai altro che delusioni, insomma dovresti andare oltre le illusioni.
Bisogna andare a fondo.
Non puoi stabilire con certezza dopo una sola lezione che quella donna non sia il demone. Non la conosci.»

«Ma tu non puoi dire con certezza che lo sia!»
Controbatte l'amica, risoluta.
Decide dunque di proseguire, ferma nelle proprie idee, nella speranza di risultare ai loro occhi convincente.

«Io ne sono sicura, non può essere la professoressa Alexandra! Fidatevi di me, è il mio istinto a dirlo.»

«Allora se Archer muore e perdo il mio fan n.1 me la prendo con il tuo istinto.»
Commenta sarcastico Aiden, facendo quasi strozzare il rosso intento a bere.

Aiden, nel corso del vento, è riuscito con non troppa fatica a dar vita ad una porzione di corrente fra le proprie mani;
Tuttavia, non riuscendo poi a ritirarla a sé, l'ha dovuta annullare in uno scontro diretto con il muro, generando il caos fra libri, quaderni e scartoffie varie che svolazzavano in ogni dove.

Archer racconta la sua esperienza ma tralascia di aver notato le perline, non essendo nere.
Inutile fornire ulteriori piste, se poi farlocche.
No?

Aggiunge infine ci sia una ragazza interessante all'interno del corso, anche se forse un po' scontrosa.

«Si chiama Crystal.»


Passano all'incirca altri dieci minuti e un ragazzo mingherlino si avvicina al gruppo, precisamente a Selene.

I capelli, mossi e castani, gli ricadono sulla fronte e sono folti a sufficienza da sfiorare le orecchie.
Non appena si ritrova accanto al gruppo, il suo profumo al sandalo e vaniglia si mescola ad altre fragranze e la sua mandibola diviene visibilmente contratta, forse a disagio.

«Chiedo scusa per il disturbo ragazzi... ehm, piacere, io sono Sam.»

«Sei quello del mio stesso corso!»
Annuncia Aiden sorridendogli, indicandolo come un bambino farebbe con dei lecca lecca avvistati in una fiera;
ciò lo mette ulteriormente a disagio.

«V-Volevo dirvi che ho incrociato la preside nel corridoio e mi ha chiesto di riferirvi che vorrebbe vedervi nel suo ufficio tra pochi minuti, ma non mi ha detto perché. Ha solo fatto i vostri nomi: Aiden e Selene. E anche v-voi due.»
Si rivolge ora ad Archer e Stella, arrossendo.

Il quartetto lo fissa boccheggiando all'unisono e lanciando fugaci occhiate a destra e a manca.
Cosa vuole ora la preside?
Avrà notato qualcosa? No, non è possibile.
Li ritiene sospetti?
Hanno attirato l'attenzione?

Non hanno fatto nulla di esplicito d'altronde, ma allora... perché convocarli insieme?

«Ecco Stella, lo sapevo. La tua risata l'avrà infastidita!»
Sospira Selene con fare teatrale, spezzando così l'atmosfera cupa e tortuosa formatasi.

"Chissà cos'avrà pensato questo povero ragazzo vedendo le nostre facce, buon Zeus!"

«E perché mai convocare tutti solo perché rido male!»
S'inorridisce Stella, non avendo affatto colto la menzogna.

I loro cuori non battono all'unisono, ma gareggiano al contrario fra loro.
È una competizione d'ansia.

«Grazie tante, Sam.»
Emula un tirato sorriso Selene, ricevendone un timido in cambio.

«Allora vado, ma spero di r-riparlarvi siete molto...» Deglutisce, conducendo lo sguardo altrove.
A tratti suda, ma ci prova lo stesso.

Si focalizza su Stella, invece intenta a sorseggiare té, ma non riesce a terminare la frase poiché Aiden si alza, scattante.


«Scusa Sam ma dobbiamo andare dalla preside, meglio non farla aspettare.»

Il moro borbotta una qualche risposta che non viene però udita, e l'arancio mette invece fretta ai tre che fanno per alzarsi e salutare rapidamente.
Sam innalza il braccio nel tentativo di salutare Stella, che non lo nota affatto.



Si trovano fra la sala d'ingresso e le scale, affacciati sull'ufficio chiuso da una lignea porta.

«Guarda che io e Stella stavamo ancora mangiando, potevi aspettare ancora un po'.»
Bofonchia Archer, ponendosi a braccia conserte.

«Se non altro vi tengo in forma, ingrassando ancora diventereste due vacche.»

Stella svia con lo sguardo altrove.

Selene si volta su Aiden fulminea, avanzando e tagliando completamente la distanza e porre i propri occhi nei suoi.
Il respiro di lui è caldo, e le sfiora il viso.
Ma a lei non importa, non cederà.

«Non permetterti mai più di dirle una cosa del genere, Aiden.»
Deglutisce, visibilmente infastidita.
Le si contrae la mandibola.

Il sorriso dell'arancio svanisce rapidamente, cedendo il posto allo stupore. E al dispiacere.
«Intendevo solo dire che-»

«Non intendevi dire proprio un cazzo Aiden, non farlo e basta. Non ha di certo bisogno della tua approvazione per mangiare più del solito, né tantomeno di sapere le tue opinioni sul suo aspetto in caso dovesse prendere peso.
Tienile per te certe cose, cazzo.»

Acquisisce colore in viso, avvampando furente nonostante l'amica tenti di dirle che è tutto ok.

Selene non resiste, non in questo caso.
In passato ha visto spesso Stella cedere alla paura dell'ago della bilancia.
La sua ossessione, il terrore di prendere peso l'ha condotta nel tempo a mangiare gradualmente sempre meno, e non permetterà che venga influenzata ancora da nessuno.
Tantomeno da lui.

Aiden questo non lo sa, la sua voleva solo essere una battuta... seppur fuori luogo.
I sensi di colpa divengono un nodo e gli serrano lo stomaco con violenza.
È solito scherzare anche in tal modo con Archer, ed ha erroneamente creduto di poterlo fare anche con Stella.

Non riesce a guardarle in viso e, deglutendo e a tratti balbettando, tenta di mugugnare silenziose scuse alla bionda.

Archer sa come non avesse cattive intenzioni, ma è anche sollevato che Selene lo abbia messo in riga.
Potrebbe aiutarlo, lei.

Non è di certo la prima volta che sfiora delicati tasti dolenti, senza volerlo, a causa di un'ironia pungente che ora il rosso auspica venga demolita dalla violacea.

Un suono li interrompe.
La porta è aperta.




«Quindi, ricapitolando, mi state dicendo che Selene ed Aiden fossero entrambi all'entrata dei bagni nel momento in cui sono stati trovati i corpi, ma solo per una coincidenza.
Dico bene?»

"Se ha bisogno di farci queste domande significa che sta cercando il demone.
Non lo hanno mai catturato, lo sapevo."
Deglutisce immediatamente la violacea, riflettendo sulla situazione.

"Selene aveva ragione, non lo hanno mai trovato... e se lo hanno fatto non è stato catturato."
Conviene invece il cremisi, fra sé e sé.

«Si, lo è.» Si limita però a rispondere.

La curva sul volto della bionda preside si espande.

«Loro sono innocenti, guardi piuttosto la professoressa Victoria o Alexandra.
Noi non abbiamo quel bracciale, ma loro si!»
Il cremisi si pone sulla difensiva per proteggere i due, ma questi si osservano corrucciati.

Archer lo aveva tralasciato.

«Anche la professoressa Victoria ne ha uno?
Perché non ci hai detto nulla?»
Gli chiede difatti Selene, sbalordita.

«Perché non è nero quel bracciale.» Lo anticipa la preside Aurelia, con aria sufficiente, poggiandosi a braccia conserte allo schienale della sedia.

«Anche lei l'ha notato quindi!»
Avanza alla scrivania Archer, precipitoso.

«Ovviamente. Non credo dovreste essere voi ad occuparvene in effetti.»
I quattro si lanciano sguardi indecifrabili, deglutendo.

«Potete andare.»

«Tutto qui?»
Schiude le labbra Selene, corrucciando la fronte.
Qualcosa non torna.

«Vuoi che mi ripeta? Potete andare.»
Sorride Aurelia.

«Se anche lei ha notato tutto ciò significa che il demone non è mai stato catturato, dico bene?»
Avanza ancora Selene, scostando ora lo sguardo dei presenti sulla donna dinnanzi a loro.

Cos'è che sta nascondendo?

«Immagino...» Schiocca le labbra, la preside.
«Immagino si possa dire così, si. Ma lo ripeterò un'ultima volta.» Lascia il proprio posto.
«Non spetta a voi occuparvene.»

«Neanche a lei, in effetti.»

«Selene!» Sussurra Stella, sgranando gli occhi per far cenno con il capo di andare.

«Buon proseguimento.»




Abbandonato l'ufficio, il gruppo si dirige nel dormitorio delle ragazze.
Ormai un quartier generale.

«Voi avete capito cosa sia appena successo?»
Chiede la bionda, corrucciata.

Selene ed Aiden scuotono il capo.

«Scusate, mi allontano un attimo per il bagno.
Vi raggiungo fra poco.»
Interviene Archer, che a stento odono i tre al momento fin troppo pensierosi.

Si trova nel corridoio quando, passo dopo passo, un brivido gli percorre la schiena.

Non è solo.
Qualcuno lo sta osservando.

Continua a voltarsi, guardandosi intorno, ma non vede nessuno.
Eppure, percepisce uno sguardo assiduo.
Ne è sicuro.

Qualcuno lo sta seguendo.

Continua per la sua strada, seppur timoroso, finché il nodo in gola non... scende giù.
La vista si offusca.

Socchiude le palpebre tentando di avere un immagine più nitida.
Ma quando la ottiene, trema.

Una sagoma nera.
Un demone.

Non ne ha mai visto uno, eppure sa che è così.
È quel demone.
Quello che ha ucciso cinque suoi coetanei e divorato le loro anime.

Lui è il prossimo.

La creatura sembra mutare aspetto ogni secondo;
è nera e opaca, ma al suo interno sfumature rosse e verdi si mescolano ripetutamente.
La sostanza che le compone è un'incognita.

Delle scure fiamme avvolgono inoltre il demone, ricoprendolo solo in parte.

Con lo stesso tipo di lama usata per uccidere i cinque ragazzi, tenta di colpire il cremisi.

Un colpo, unico.
Tuttavia, la lama, s'incastra nelle mura ora crepate, permettendo al rosso di spostarsi verso destra.

«Isola la mente, isola la mente, isola la mente e concentrati. Lo hai già fatto, puoi farcela!»

La voce dentro di sé viaggia repentina, temendo il momento in cui il demone si sarà divincolato pronto a sferrare un altro attacco.

Conduce istintivamente la mano destra sopra e quella sinistra sotto, ad una certa distanza, pronto a ricreare l'esercitazione mattutina.

'Fa che serva, per favore.'

Per una frazione di secondo le sue iridi risplendono nuovamente, generando una sfera più grande della precedente.

La scaglia contro il demone;
il ghiaccio crolla al suolo in frantumi, dopo aver colpito la testa del demone.

«Si, cazzo!»
Eleva un braccio al cielo stringendo i denti in una smorfia; un grido d'adrenalina.

La creatura estrae però la lama dalla parete, scortando con sé una parte di essa che finisce dispersa per il corridoio.

L'arma si riempie delle stesse fiamme che ricoprono il corpo e, con un movimento orizzontale del braccio in avanti, genera un'onda d'urto pronta a lacerare ancora la scuola, e non solo.

Archer si trova...

È sulla traiettoria.
Non può fuggire, è troppo tardi.

L'aria diviene pesante; le gambe fanno per cedere.
Non fa in tempo a scappare.
Non fa in tempo.

Anche se solo per una frazione di secondo, gli sembra di venir sfiorato da una ciocca di capelli.
Crede sia solo un impressione... ma così non è.

Una ciocca di capelli.
Blu.

«Ma tu sei...»



SPAZIO AUTORE
Ciao a tutt* carissim*!
Grazie tanto tanto tanto per aver letto anche questo capitolo, nonostante la sua lunghezza♡

Domandine✨
Cosa credete accadrà adesso?
Per quale motivo preside e professori sembrano mentirsi a vicenda?
Avete già un sospetto riguardo chi sia il demone?
Cosa pensate di Crystal?
Della situazione fra Aiden e Selene?

Chiedo ancora scusa per il capitolo più lungo, spero vi sia piaciuto lo stesso e che non sia pesato!
Se vi va lasciate una stellina e/o un commento, mi farebbe davvero taaaanto piacere!💗💗

♡♡

A presto!
Siete ossigeno.❤️‍🩹🫧

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