Capitolo 58
Aggrotto la mia fronte. Harry non ha parlato quasi mai di sua sorella da quando lo conosco, ma riesco a capire che c'è qualcosa dentro di lui connesso a lei--un segreto.
Il suo respiro è veloce e irregolare mentre stringe fortemente le radici dei suoi capelli. Non l'avevo mai visto così prima, e questa cosa mi spaventa.
"Harry, calmati," dico, facendo un passo in avanti e mettendo una mano sul suo braccio. "Parla con me, Harry."
Mi fissa, i suoi occhi pieni di preoccupazione.
"Devo mostrarti una cosa," dice.
Annuisco. "Okay."
Prende la mia mano e mi tira attraverso il parcheggio. All'inizio, penso che mi stia portando all'interno del ristorante, ma poi lo supera.
Arriviamo in una piccola zona sabbiosa, presso la riva del fiume. Si gela vicino l'acqua, e rabbrividisco.
Harry continua a portarmi sempre più lontano. Ma poi si ferma immediatamente.
"Siediti," dice e mi siedo insieme a lui.
Il terreno è leggermente umido a causa della neve sciolta vicino la sponda del fiume, ma non mi importa.
La mascella di Harry è strettamente serrata mentre fissa l'acqua.
"Perché siamo così vicini al fiume?" Gli domando.
"L'acqua mi calma," risponde.
Tiene ancora la mia mano stretta nella sua, il suo palmo caldo.
"Mi ha chiamato, tipo un'ora fa," dice. "Non so come, o. . . o--"
"Harry, se devo capire qualcosa di tutto questo, penso che tu debba raccontarmi alcune cose."
Annuisce, guardando verso di me. "Lo so." Mette la sua mano in tasca, tirando fuori qualcosa e porgendomela.
E' una fotografia.
Una famiglia di quattro persone che sorride ampiamente. Un uomo alto si erge orgogliosamente, con capelli neri e occhi verdi. Lui sta sorridendo, un'unica fossetta sulla sua guancia, la sua mano sopra la spalla di una donna. Lei è poggiata su di lui, i suoi capelli così scuri da sembrare quasi neri. Ha degli occhi grigio-blu che brillano.
La sua mano è ferma sulla spalla di una bambina. La bambina sorride felicemente, i suoi denti davanti mancanti. I suoi capelli castani sono sparsi sulle sue spalle, i suoi occhi verdi sono leggermente socchiusi mentre sorride.
I miei occhi si spostano su un bambino, e il mio cuore si scioglie.
I suoi ricci castani sono scompigliati, il suo sorriso più ampio rispetto agli altri. Si trova davanti all'uomo, leggermente chinato sulla bambina. Delle fossette prominenti spuntano sulle sue guance paffute.
"Questa è la tua famiglia," dico senza fiato.
"Era la mia famiglia."
Sposto il mio sguardo su Harry.
Lo guardo mentre fa un lungo e profondo respiro.
"Mio padre è in riabilitazione," dice lentamente. Riesco a capire quanto sia difficile per lui, parlare del suo passato. "E' un alcolizzato da quando era un adolescente, ma subito dopo aver incontrato mia madre, smise. Rimase pulito per molto tempo, fino a quando non ebbi diciannove anni."
Piccoli, bianchi fiocchi di neve iniziano a cadere dal cielo.
"Dopo iniziò a fare uso di droghe. Mi ricordo, che litigava molto con mia madre. Io ero ad Oxford, per laurearmi. Non era molto distante da Holmes Chapel, quindi passavo molto tempo a casa. Ero molto. . . molto unito a mia madre." Singhiozza. "Venni a sapere che mio padre si drogava quando andai a casa per il weekend, e mia madre mi accolse alla porta, piangendo."
Si mordicchia il labbro. "Era distrutta. Amava così tanto mio padre. Non c'è stato un secondo in cui non lo fece. E anche lui l'amava. Forse anche troppo." Fa una pausa. "Odiava essere dipendente dalle droghe, e provò a smettere. . . per lei. Sapeva che la stava uccidendo vedere lui spendere tutti i loro risparmi per prenderne altra, ma continuò a farlo comunque."
Harry serra la sua mascella. "L'ultima volta che vidi mia madre fu. . . il Giorno del Ringraziamento, cinque anni fa."
Mi manca il respiro.
"Solitamente la gente in Inghilterra non festeggia il Giorno del Ringraziamento, ma mia madre è sempre stata emozionata all'idea di un grande e caloroso pranzo dove le famiglie si riunivano, così ce lo faceva celebrare ogni anno. Sono stato preso in giro per questo, a volte, ma mi piaceva troppo l'idea."
"Sapevo che c'era qualcosa di strano quell'anno, dal modo in cui tutti si stavano comportando. Gemma, mia sorella, non mi prese in giro sul fatto che mi stessi laureando in matematica, cosa che invece faceva ogni volta che tornavo dall'università. Mia madre non preparò tanto cibo come invece faceva di solito, e mio padre non era nemmeno presente."
"Quando chiesi dove fosse, mia madre mi disse che era stato ammesso in un istituto di riabilitazione, fuori città. Si era stancato di deludere la sua famiglia per essere un tossicodipendente, e voleva smettere."
Fa un respiro tremante. "Quella è stata la peggiore cena della mia vita, il Giorno del Ringraziamento."
Le sue dita sono ancora intrecciate alle mie, e sento stringere la sua presa.
"Sei giorni dopo, scoprii che mia madre stava guidando per andare a trovare mio padre in istituto, e venne colpita da un automobilista ubriaco." Il suo tono diventa sprezzante. "Gemma, la mia adorabile sorella, non me l'ha detto subito, cazzo. No, fece le sue dannate valigie e lasciò il fottuto continente." Scuote la sua testa. "Mi chiamò da un hotel in Madrid una settimana dopo il Giorno del Ringraziamento, e me lo disse."
Quando lo guardo, i suoi occhi sono lucidi, e il mio cuore si spezza ancora una volta.
"Non lasciai il mio dormitorio per una settimana. Non riuscivo a crederci. Non riuscivo semplicemente a credere che mia madre fosse morta."
Stringo la sua mano.
"E mio padre. . .lo andai a trovare al centro di riabilitazione qualche settimana dopo. Era distrutto quanto me, e incolpò se stesso per la sua morte. Gli venne un attacco di panico quando ero lì, e gli impiegati dovettero sedarlo. Per quel che so, lui è ancora in riabilitazione. Non lo vedo, o parlo con lui da allora."
Harry mette la testa tra le sue mani, distogliendo le sue dita dalle mie.
Mi mordo il mio labbro inferiore, guardandolo mentre si ricompone. Poggio una mano sulla sua spalla, confortandolo come aveva fatto lui con me, così tante volte prima.
Alla fine, alza il suo sguardo, singhiozzando. "Mi dispiace," dice silenziosamente e scuoto la testa.
"No, non esserlo," dico.
Harry ride seccamente. "Quindi, eccomi qua," dice. "Questo è il motivo per cui mi sono trasferito a Portland subito dopo essermi laureato, volevo andarmene da qualche parte molto lontana. Ho scelto Portland perché era l'ultimo posto in cui mia sorella si sarebbe aspettata che andassi. E so che mi sta cercando."
"Come ha avuto il tuo numero?"
Fa spallucce. "Cavolo, se solo lo sapessi."
"Cosa ha detto, quando ti ha chiamato?"
"Ha a malapena detto due parole. Ho sentito la sua voce, e sapevo di chi fosse, così sono stato preso dal panico e ho attaccato."
Sembra così triste, guardando in basso sul suo grembo, i suoi occhi ancora lucidi. Mi poggio su di lui, premendo le mie labbra sulla morbida pelle della sua guancia.
Voglio esserci per lui, voglio essere la sua spalla su cui piangere quando ne ha bisogno. Merita così tanto di essere amato. Ha perso molte cose, ed è così forte per essersi confidato con me. Lo ammiro per avermi raccontato tutto, posso dire che è qualcosa che ha mantenuto nascosto per molto tempo.
"Perdo tutti e tutto ciò che amo," dice con voce monotona.
Guardo in direzione del fiume, le lacrime si rovesciano dai miei occhi per la sua dichiarazione.
Non perderai me, voglio dirgli. Io ti amo, ti amo e non ti lascerò.
Ma non dico nulla.
Deve sembrare vero per lui, il fatto che perda tutte le persone che ama. Ha perso sua madre, ha praticamente perso anche sua sorella e suo padre, e ha perso anche Violet.
Non importa se lui non mi ama, o se non mi amerà mai, non gli permetterò di perdere anche me.
"Harry," dico.
Guarda di nuovo nei miei occhi.
"Baciami," sussurro.
I suoi occhi volano sulle mie labbra, e poi ritornano sui miei occhi.
Mi sporgo in avanti così da far toccare le nostre fronti, i suoi occhi si chiudono lentamente.
La neve sta cadendo violentemente intorno a noi, e non riesco a fare a meno di pensare che ci troviamo in un momento splendidamente tragico.
Harry è splendidamente tragico.
Si avvicina maggiormente e unisce le nostre labbra.
Lo voglio, voglio tutto di lui, finché entrambi viviamo. Voglio che lui mi ami, voglio che lui provi le stesse cose che io provo per lui. Voglio che lui guardi oltre il dolore che ha subito nella sua vita e che lo ha fatto cadere a pezzi.
Le mie braccia avvolgono il suo collo, e lui mi stringe la vita. Mi era mancato il suo profumo, il suo tocco, la sua presenza.
Si allontana da me troppo presto, guardando nei miei occhi.
"Mi dispiace per averti detto quelle cose, quella notte," sussurra tra le mie labbra. "Preferirei avere te che Violet, ogni giorno."
Chiudo i miei occhi. "Non dire cose che non pensi davvero."
"Non lo sto facendo."
"Tu non credi nell'--"
"Lo so, ma questo non vuol dire che non possa desiderarti."
Le sue braccia sono ancora avvolte intorno a me, calde e sicure.
Faccio un respiro tremante.
Harry si alza in piedi, tirandomi su. Infila la foto della sua famiglia in tasca.
"Vuoi andare a bere qualcosa?"
"Mi piacerebbe molto."
Ride leggermente.
Ho davvero bisogno di bere, ora come ora, e seguo Harry nel parcheggio del ristorante.
"Hanno un ottimo bar dall'altra parte della strada," mi dice e immediatamente riconosco il ristorante come quello in cui Aaron mi aveva lasciata quando uno dei medici interni si era 'ammalato' nel mezzo del nostro appuntamento ed Harry aveva dovuto accompagnarmi a casa.
Attraversiamo la strada ed entriamo nel bar, la musica ad alto volume riempie le mie orecchie.
Harry mi conduce vicino il bancone e ci accomodiamo, il barista pigramente si dirige verso di noi.
"Cosa posso portarvi?" Domanda, sorridendomi ampiamente. I suoi occhi rastrellano il mio corpo dall'alto verso il basso, la sua lingua scorre sulle sue labbra. Ha probabilmente poco più di ventun'anni.
Harry schiocca le dita davanti al viso del barista. "Gli occhi su di me, amico."
Soffoco una risata.
Il barista guarda Harry. "Cosa posso portarvi?" Ripete, con meno entusiasmo.
"Così va meglio," dice Harry, ridacchiando.
Rido di nuovo, ritornando a guardare il barista, la cui targhetta dice 'Jeremy'. "Io prendo un Apple Martini."
Harry solleva un sopracciglio. "Sofisticata," dice sogghignando.
Ridacchio anch'io.
"Io invece un gin tonic," dice a Jeremy, che a questo punto, non è più in vena di scherzare con Harry.
Il barista annuisce, sospirando e girandosi.
"Quando avevo quindici anni, i miei amici mi hanno obbligato ad intrufolarmi in un bar e ordinare uno Capezzolo Viscido*," dice Harry, giocherellando con un tovagliolo sul bancone.
Sbuffo. "Lo hai fatto?"
"Già." Harry ridacchia. "Il barista era una ragazza, e si era subito offesa e mi ha bandito dal bar."
Rido. "Combina guai."
"Scommetto che tu non sia mai stata bandita da qualche luogo, o mi sbaglio, Rosie?"
"A dir la verità, sì," sbotto. "Sono stata bandita dal Wal Mart."
Harry solleva un sopracciglio. "Stai scherzando."
"No, sono seria. Avevo rovesciato un'esposizione di Natale, e il manager si incazzò come una bestia."
Ride. "Tu--"
"Ecco i vostri drink," ci interrompe Jeremy, porgendoli sul tavolo.
"Grazie, amico," dice Harry sarcasticamente e Jeremy gli fa una smorfia.
Quando va via, ridacchiamo come dei ragazzini.
Sorseggio il mio drink, l'alcool si infiltra velocemente nel mio circolo sanguigno. Il mio battito cardiaco accelera, e gli occhi di Harry diventano più chiari.
Io ed Harry iniziamo ad inventare diversi modi per infastidire il barista.
"Jeremy!" Grida Harry.
Quando ci guarda, una smorfia è già sul suo viso, Harry immediatamente si appoggia sul bancone, facendo finta di parlare con me.
"C'è qualcosa che posso portarvi?" Chiede Jeremy a denti stretti.
"Scusami?" Domanda Harry, ritornando a guardarlo.
"Tu mi hai chiamato."
"Certo che no."
"Uh, si invece."
"Guarda, penso che tu abbia le allucinazioni o che tu sia ubriaco, e non dovresti affatto bere quando sei al lavoro," dice Harry e cerco di trattenere la mia risata.
Il barista sbuffa e si allontana.
Scoppio a ridere, Harry poggia la sua mano sulla bocca, scosso dalle risate.
"Sono proprio uno stronzo," ride Harry.
"Se lo meritava, comunque," dico. "Voglio dire, il suo nome è Jeremy."
Continuiamo a ridere. "Finiremo all'inferno per questo," ride Harry, scuotendo la sua testa.
"No, solo tu," dico, alzando un sopracciglio e sogghignando.
"Oh, Rosie. O entrambi o nessuno dei due."
Scolo il mio drink, così come Harry.
Continuiamo a prendere per il culo Jeremy.
"Jeremy!" Grido, facendolo girare improvvisamente. Harry mette la testa tra le sue mani, scosso dalle risate.
"Cosa?"
"Tu mi hai chiamato."
"Chi?"
"Tu."
"Non ho chiamato nessuno. Il mio telefono è scarico."
Jeremy sembra sul punto di scoppiare.
"Mi dispiace," dice Harry, incapace di trattenere la sua risata. "Ecco, tieni questi venti dollari, marmocchio, vatti a comprare una fidanzata o qualcosa del genere." Rido mentre Jeremy prende i venti dollari e li infila nella sua tasca, borbottando a bassa voce mentre si allontana.
"D'accordo, andiamo via da qui prima che torni con un'ascia," dice Harry, prendendo il cappotto.
"Sì, come se quel capretto fosse in grado di trasportare un'ascia," sbuffo, e Harry ride di nuovo, aiutandomi a mettermi il cappotto.
Ci dirigiamo verso la porta, e sono sul punto di uscire, ma Harry afferra il mio braccio.
"Ciao, Jeremy!" Urla, verso il bancone.
Proprio quando Jeremy si gira, Harry apre la porta, ed usciamo fuori al freddo, ridendo istericamente.
"Non ho mai riso così tanto in tutta la mia vita," dico mentre attraversiamo la strada e ci dirigiamo verso le nostre auto parcheggiate.
"Neanche io," concorda Harry.
Ci fermiamo davanti la mia macchina e vado alla ricerca delle chiavi della macchina.
"Sei sicura di poter guidare?" Mi domanda Harry.
"Sì, sto bene," dico. "Reggo bene l'alcool."
Harry fa un mezzo sorriso. "Buono a sapersi."
Gli sorrido.
Harry si gratta la nuca. "Beh, The Office va in onda stasera."
Ridacchio. "Davvero?"
Incontra il mio sguardo e ride di nuovo.
"Facciamo una gara a chi arriva prima nel mio appartamento," dico.
Ride. "Ci sto, Rosalie."
"A partire da. . . ora!"
"Non è giusto, la tua macchina è proprio qui!"
"Se vinco io, prenderò la tua scorta di Snickers!" Scivolo nel mio posto, infilando la chiave nel blocchetto di accensione.
"Cazzo!"
Rido mentre Harry corre verso la sua macchina, quasi scivolando sulla strada ghiacciata.
Sono abbastanza certa di superare ogni limite di velocità mentre guido dal fiume Willamette verso il nostro appartamento.
Chiudo la mia macchina non appena Harry arriva nel lotto. Ridacchio mentre corro all'interno del condominio, salendo due scale alla volta.
Per mia sfortuna, le gambe di Harry sono molto più lunghe delle mie.
Non appena finisco le scale, lui afferra la mia vita, mettendosi davanti.
Cerco le mie chiavi, ridacchiando per tutto il tempo.
Harry è sul punto di superarmi per raggiungere l'appartamento, quando una porta si apre in fondo al corridoio, e un uomo asiatico basso spunta fuori.
Un altro nostro vicino, il Signor Wu, è un programmatore di computer alla PSU, ed è anche abbastanza anziano. Vive nella porta accanto ad Harry. E' anche abbastanza irritabile.
"Non fate casino qui fuori!" Scatta.
"Ci scusi, Signor Wu," dice Harry, suonando come un bambino che è stato appena rimproverato.
"Bambini," brontola il Signor Wu mentre ritorna dentro il suo appartamento, sbattendo la porta.
Guardo Harry e scoppio a ridere.
Ridiamo ancora, e dopo mi ricordo della nostra gara, entrambi ci mettiamo alla ricerca delle chiavi, di nuovo.
"Aha!" Urlo, ruotando la chiave nella serratura ed entrando nell'appartamento. "Ho vinto!"
"Dannazione!" Impreca Harry, chiudendo la porta dietro di lui.
"Tu hai perso, ed io ho vinto! Oh, dolce vittoria!" Lancio le mie chiavi sul bancone, lasciandomi cadere sul divano.
Harry alza gli occhi al cielo. "Sì vabbé."
Ridacchio. "Non fare lo sfigato, Harry. Vediamo chi arriva prima nella mia camera."
E ripartiamo di nuovo, questa volta è Harry a battermi, cadendo sul mio letto. Cado accanto a lui, mentre ridiamo entrambi come dei pazzi.
"Chi ha vinto ora? Oh sì, giusto! Harry Styles, gente!" Allarga le braccia sul letto, un sorriso dipinto sul suo viso.
"Sì come no, era una gara di compassione." Alzo gli occhi al cielo.
"Ho comunque vinto."
"Sei comunque un idiota. E hai incasinato il mio letto. " Stringo i miei occhi a causa del piumone tutto spiegazzato.
"Merda, questo sì che un problema, ora!"
Alzo gli occhi al cielo e mi tolgo le scarpe, raggiungendo il telecomando e accendendo la TV. Harry accende la lampada sul mio comodino, alzandosi per spegnere le altre luci. Mi raggiunge di nuovo sul letto, uscendo dalle sue scarpe.
"Hai lasciato il tuo pigiama qui la scorsa volta, nel caso vorresti cambiarti," gli dico.
"Davvero?"
"Proprio così, coglione."
Ride e prende i vestiti dal cassetto del mio comò. Mentre si cambia, metto anche io il pigiama, sbadigliando e ritornando nel letto.
Harry ritorna nella stanza, gettando i suoi vestiti nel mio armadio. Sento il letto abbassarsi mentre si lancia accanto a me.
"L'ho già vista questa," diciamo insieme mentre The Office viene trasmesso sullo schermo. Ci guardiamo e ridiamo.
Guardiamo quattro episodi prima di decidere che sia giunta l'ora di dormire--beh, sono IO a deciderlo.
Harry sostiene di poter rimanere sveglio tutta la notte, ma io gli dico che non ci sto affatto.
Così Harry si sporge e spegne la luce, la stanza viene riempita dal buio.
"Harry?" Domando.
"Sì?"
"Perché mi hai chiamata, oggi? Tra tutti quelli che avresti potuto chiamare, perché proprio me?"
Rimane in silenzio. Per un minuto, penso che lui si sia addormentato, così guardo nella sua direzione.
"Perché sapevo che avresti ascoltato," dice alla fine. "Anche se non ci stavamo neanche parlando, sapevo che mi avresti ascoltato."
Contemplo ciò che ha detto.
"Pensi che Gemma ti richiamerà?"
Sospira. "Molto probabilmente."
Deglutisco. "Non vorresti mica evitarla? Voglio dire, forse dovresti parlare con lei."
"Non voglio parlare con lei, è una sorella di merda ed una persona di merda."
"Non pensi che è così che si sentisse anche Elizabeth prima di sapere la verità da Jason?E se Gemma avesse una spiegazione, ma tu non vuoi ascoltarla?"
Harry sospira. "Non voglio parlare di questo, Rose."
Mi metto di fianco per guardarlo. "Non puoi continuare a fuggire dal tuo passato, Harry."
"Lo so," dice. "Ma in questo momento, non ne voglio parlare."
"Okay," annuisco.
"Vieni qui." Mi avvicina a lui, avvolgendo le sue braccia intorno a me.
Forse ha avuto un passato difficile, e forse anche io. Ma sono sicura che, non importa quante volte mi dica che non crede nell'amore e non importa quante volta cerchi di combatterlo, sarà sempre capace di amare.
//
*Capezzolo Viscido: in poche parole è un drink (Slippery Nipple), ho voluto tradurlo in italiano così si capisce il motivo per cui la barista si sia offesa!
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