Capitolo 44

"Rose?"

Gemo e mi giro nel letto, il mio sguardo fisso sulla porta chiusa a chiave. Mia madre sta bussando alla mia porta da alcuni minuti. È ostinata come sempre.

Mi trascino fuori dal letto e apro la porta, serrando la mia mascella di fronte a lei.

"Sono le undici e mezza, alzati," dice semplicemente.

"C'è il fuso orario," dico. "Sono le otto per me."

"Beh, andrai con tua sorella al supermercato a fare la spesa per stasera. I tuoi nonni verranno a cena."

Incrocio le mie braccia al petto. "Perché dovrebbero voler venire a cena dalla loro figlia e dal suo futuro ex-marito?"

"Questo è troppo, Rosalie. Ora preparati e raggiungi Elizabeth all'ingresso."

Faccio una smorfia e chiudo la porta. Faccio una doccia veloce e faccio scorrere il pettine tra i miei capelli prima di cambiarmi in una camicia turchese chiaro e dei jeans. Afferro il mio telefono ed esco dalla stanza.

"Elizabeth sta aspettando nella macchina," dice mia madre dalla cucina.

È stato un errore tornare a casa. Un grosso errore.

Mi infilo nel posto del passeggero della macchina grigia di Elizabeth, evitando il suo contatto visivo. Lei sbuffa leggermente e si allontana dal marciapiede.

Un silenzio imbarazzante scende nella macchina. Elizabeth fa in modo di non creare un contatto visivo con me e alla fine sbotto.

"Sai, neanche io sono felice riguardo ciò," dico e lei mi fissa. "Non dovremmo essere vicine in tutto questo?"

Ride senza umorismo. "Vicine in cosa?"

"Il divorzio. Siamo entrambe dispiaciute. Non dovremmo almeno esserci l'una per l'altra?"

"Avresti dovuto pensarci un anno fa," sbotta.

"Mamma e papà non stavano divorziando un anno fa," ribatto.

"Senti, tu sei quella che ha incasinato tutto, quindi non venire da me a piangere ora. Sto facendo questo solo perché mamma è un relitto emotivo da quando sono andati per la prima volta in tribunale per il divorzio e tu eri troppo impegnata a vivere nella fottuta Portland per interessartene."

Rimango a bocca aperta. "Me ne sono andata a causa tua!" Grido.

Elizabeth alza gli occhi al cielo. "Non incolparmi di quella merda. Te ne sei andata perché sei una puttana maledetta!"

"Non ho fatto nulla!"

"Oh, ma per favore. Sapevi che lo amavo!"

Mi mordo il labbro per trattenermi dal piangere. Elizabeth fa scorrere una mano tra i capelli e si avvicina ad un'area vicino al supermercato.

"Finiamola qua," sbotta prima di uscire dalla macchina.

Mi fa male il cuore a causa del nostro litigio. Eravamo così unite, come due migliori amiche. Cosa ci è successo?

Oh, giusto. Lei pensa che io abbia fatto qualcosa che non ho fatto. Come potrei dimenticarmelo.

I tacchi di Elizabeth schioccano sul marciapiede mentre entriamo nel supermercato.

La seguo in giro, spingendo il carrello tra gli scaffali mentre lei vi lancia dentro diversi prodotti. Sospiro, desiderando di non essere mai salita su quell'aereo per New York.

"Vai a prendere una marmellata di lamponi," mi ordina Elizabeth. "Sono nel prossimo scompartimento. Io andrò a scegliere le patatine."

Senza dire un'altra parola, allontana il carrello da me e va via.

Da sola mi dirigo verso il prossimo reparto. Scorro gli scaffali in cerca della marmellata di lamponi, portando il mio labbro inferiore tra i denti e concentrandomi.

Finalmente prendo un barattolo di marmellata di lamponi dallo scaffale, leggendo l'etichetta tra le mie mani. Sento qualcuno camminarmi di fianco e fermarsi di fianco a me, alzo brevemente lo sguardo verso la persona sconosciuta.

Il mio sangue si gela e faccio cadere il barattolo di marmellata a terra, frantumi di vetro sparsi dappertutto.

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