Quattro mesi dopo - 19. Lara
Controllo il cellulare dopo il breve segnale acustico che indica l'arrivo di un messaggio: King.
Mi chiede di fargli sapere quando sarò arrivata a casa.
Rispondo velocemente, per non soffermarmi troppo sulla sensazione di felicità e gratitudine che provo sapendo che si preoccupa per me; è così attento, premuroso.
Non so come ci riesca, ammetto di non essere altrettanto brava.
Mi sforzo di ricordare cosa avesse da fare lui oggi, credo mi abbia parlato di qualche evento benefico a cui doveva presenziare in serata.
Trova sempre tempo per me nonostante la sua vita caotica con cui non riesco a stare al passo, e questo mi spaventa un po' perché mi sto abituando a questa presenza fissa, questo modo discreto ma continuo di esserci, senza bisogno di chiedere.
E c'è dell'altro: mi rendo conto che con il passare del tempo qualcosa dentro di me lentamente sta cambiando: penso a lui più del dovuto.
Insomma... non so quale sia la giusta dose di pensieri da rivolgere a una persona per catalogarla tra le più importanti piuttosto che tra quelle secondarie della propria vita, ma per essere qualcuno che non ho mai incontrato né vissuto nel mio quotidiano, occupa molto più spazio di quanto possa essere considerato "normale".
Lo faccio ogni volta che leggo un libro o ascolto una canzone e trovo frasi e pensieri formulati da qualcun'altro che sento appartenermi e condurmi a lui.
Penso a come reagirebbe, guardandomi quando qualcosa mi rende euforica e ballo per casa o canto da sola in macchina senza trattenermi.
Quando vorrei condividere con qualcuno un successo lavorativo è lui la prima persona che mi viene in mente.
Se una battuta mi fa ridere vorrei averlo al mio fianco perché anche lui la troverebbe divertente e saremmo complici.
Quando mi commuovo, vorrei che ci fosse, sempre, anche in silenzio, per abbracciare insieme a me quell'emozione, per sentirla nostra.
Penso a lui quando sono triste o sconfortata, perché saprebbe toccare le giuste corde, e un suo incoraggiamento alleggerirebbe magicamente ogni mio senso di oppressione.
E poi ancora... quando mi trucco per uscire o mi provo un vestito nuovo e mi sento bella, penso che vorrei avere addosso il suo sguardo, quello che mi rivolge quando è compiaciuto per qualcosa.
Quando trovo un luogo speciale, di pace o di rara bellezza, vorrei poterlo condividere con lui come si fa con i segreti.
Sprofondo nella poltroncina del treno, lasciandomi cullare da quel movimento meccanico e guardo Aron addormentato beatamente, con la testa reclinata di lato appoggiata al finestrino.
Gli sistemo meglio il cuscino da viaggio che ho portato appositamente per farlo stare più comodo e lo copro con la mia giacca.
Stiamo tornando da una breve vacanza a casa di mio padre e ho scelto di viaggiare con i mezzi pubblici perché odio guidare nelle lunghe distanze.
Anche se siamo ormai agli inizi di Aprile, sull'Appennino Tosco Emiliano è facile trovare ancora ghiaccio o neve.
Mi sporgo ad osservare il paesaggio che scorre via veloce: maestosi boschi addormentati, immersi in un'immobile bruma di vapori, si susseguono davanti a me. Chiudo gli occhi.
Vorrei riuscire ad arrendermi anch'io alla stanchezza ma la mente non mi da tregua.
Hanno ragione i miei amici, sto facendo un gioco pericoloso in cui potrei rimanere coinvolta, come si suol dire per gli incidenti; solo che in questo caso io sarei andata a cercarmela.
Da quando io e King ci siamo conosciuti, qualche mese fa, le nostre telefonate hanno iniziato a prendere una cadenza regolare fino a diventare una costante.
Ci ritagliamo il tempo per chiacchierare a lungo in videochiamata almeno una volta a settimana quando entrambi siamo soli.
Ci mandiamo messaggi praticamente tutti i giorni, che sia un semplice meme che ci ha fatto ridere o una canzone interessante che vorremmo che l'altro ascoltasse, una nostra foto buffa, un vocale in cui ci raccontiamo pezzi di vita.
Mi ha inviato spesso video per mostrarmi i posti bellissimi che visita, conosco ormai tutte le sue angolazioni preferite di Londra, ho visto decine di stanze di hotel in cui aspetta pazientemente nelle ore morte del suo lavoro, camerini, set cinematografici...
Io d'altro canto lo porto con me in casa mia, nelle mie campagne o negli scorci più belli della mia città.
Quando mi accorgo che sto pensando a lui filmo quello che i miei occhi vedono per far sì che anche i suoi abbiano la stessa visuale.
A volte, di notte, i toni diventano intimi e profondi.
Le conversazioni si trasformano in confidenze che restano per giorni a decantare nei pensieri, finché scavando e spostando, trovano un loro spazio nel cuore.
Può essere capitato che durante le nostre chiacchierate ci siano state delle battute con cui ci siamo stuzzicati, ma nessuno dei due ha mai assunto toni equivocabili che lasciassero intendere un interesse diverso dall'amicizia.
Quando, come in questo momento, mi interrogo su cosa siamo e in che direzione stiamo andando mi rispondo con sincerità che non lo so; non saprei come definire il nostro rapporto.
Quello che so è che entrambi non riusciamo a rinunciarvi o ad allentare, ma anche che nessuno dei due ha manifestato il desiderio di portarlo a qualche ipotetico livello successivo, magari incontrandoci.
Siamo anime complementari che si sono trovate per caso.
Ci rifugiamo e ci crogioliamo in questa nostra bolla fatta di sguardi e parole.
Siamo un sospiro di sollievo, ossigeno che arriva dopo aver trattenuto troppo a lungo il fiato.
Un ritaglio fuori dal tempo e dalle cose, qualcosa di astratto eppure tangibile, estrapolato, rubato, allo scorrere parallelo delle rispettive vite.
Platonico.
Eppure l'altro giorno...
Oh finiscila, Lara!!
Mi raddrizzo indispettita per la direzione che vorrebbero prendere i miei pensieri.
Cerco di sbarazzarmene ma il ricordo dell'ultima volta che ci siamo sentiti si fa prepotentemente insistente, causandomi di nuovo quel senso di disagio e colpevolezza.
" Ehi, stai traslocando?!"
Mi guarda perplesso, studiandomi con un sorrisetto che gli arriva agli occhi, come se stesse osservando qualcosa di molto buffo, tanto da costringermi a specchiarmi di soppiatto per capire cosa lo stia divertendo tanto.
Ho la fronte leggermente sudata, le maniche della maglietta arricciate in maniera scomposta sopra ai gomiti e le guance rosse. Sulla testa una fascia rosa fluo da fitness tiene i miei capelli arruffati lontani dalla faccia e mi fa sembrare una ginnasta degli anni '90.
Sono circondata ovunque da pile di oggetti sparpagliati sul pavimento: sembro davvero una pazza.
" Sto rivoluzionando la camera di Aron. Guarda, ho montato anche delle mensole per sistemare i suoi libri scolastici" dico, mentre con il cellulare faccio una panoramica della stanza, mostrandogli con orgoglio il mio duro lavoro.
" Complimenti, sembra fantastico! Saresti proprio una donna da sposare" ridacchia con quel luccichio dispettoso negli occhi mentre fissa l'inquadratura appoggiando il cellulare sopra alla sua scrivania.
" Già dato, grazie" ribatto con un'alzata di spalle, ricambiando nonostante la provocazione il suo sorriso.
Lo guardo lanciarsi sul letto e atterrare di schiena sul materasso cigolante; si sfila al volo con i talloni le scarpe lanciandole per aria e facendole atterrare lontano con un tonfo.
Resisto all'impulso di rimproverarlo per il disordine e lo ascolto raccontarmi della sua mattinata e di come ha lavorato facendo alcuni scatti come testimonial per un marchio di gioielli che non conosco e che dice di trovare fantastici.
Si illumina quando successivamente passa ad elencarmi i piani della serata: dopo tanti giorni finalmente vedrà i suoi amici per un piccolo torneo di calcio.
Mi racconta episodi divertenti su di loro, parlandomi di squadre e litigi, di falli, di arbitri e di punteggi.
Lo ascolto mentre mi sposto per casa finendo di mettere a posto il caos che ho creato in precedenza.
Il cellulare mi segue come se fosse un prolungamento del mio braccio; lo appoggio quando sono obbligata a servirmi di entrambe le mani, sentendo solo la sua voce, mentre per il resto del tempo cerco di utilizzarne soltanto una per poterlo osservare.
Con la coda dell'occhio rubo pezzi della sua immagine.
Indossa una tuta blu scuro che gli sta benissimo, tesa sulle spalle larghe e leggermente aderente sulle cosce e sulle braccia muscolose.
Sta parlando a ruota libera rilassato, come fa sempre, fissando il soffitto a pancia in su, le gambe a penzoloni sul bordo del letto, le braccia incrociate dietro la testa...
una posizione che potrebbe assumere durante una seduta dallo psicologo in effetti...
cosa sono diventata, la sua analista?!
Valuto se fargli o no quella battuta e quell'idea mi distrae mentre mi perdo tra i dettagli: ciglia lunghissime, una lingua rosea che aspetto di veder spuntare tra i denti bianchi quando pronuncia le consonanti.
Lampi di blu.
La sua gola che si muove su e giù quando deglutisce, un piccolo taglietto sul mento che deve essersi fatto da poco radendosi... e poi la cicatrice vicino al labbro superiore e quella al sopracciglio, il neo alla base del collo...
"Allora?"
" Scusami, dicevi?"
Si sistema i capelli all'indietro passandoci attraverso le dita, nervosamente.
"Non mi stavi ascoltando?"
" Mi sono distratta" ammetto, e lo vedo imbronciarsi come un bambino; è adorabile.
Vorrei confessargli che il problema non è che gli stessi prestando poca attenzione, piuttosto il contrario: tutta quell'attenzione mi cattura così tanto da stordirmi.
" Dicevo... ti ricordi a Natale?
Ci eravamo conosciuti da poco, eppure parlando di regali tu mi dicesti che avresti voluto mandarmene uno ma che poi per il poco tempo avevi lasciato perdere.
Cosa avevi in mente?"
Certo che ricordo, ovvio.
Non avevo cambiato idea per la mancanza di tempo ad essere sincera, ma perché temevo che si sarebbe sentito in obbligo di mantenere dei rapporti con me, quando all'epoca ci eravamo sentiti solo poche volte. Avevo paura di metterlo in imbarazzo, o peggio ancora in dovere di ricambiare.
" Non ricordo molto bene, perché?"
"Beh ci riflettevo in questi giorni, sembra che adesso nessuno sappia mai cosa regalarmi dato che ipoteticamente potrei comprarmi tutto quello che voglio, quindi mi aveva sorpreso la tua affermazione, oltretutto mi conoscevi appena..."
Annuisco, ma sono restia a dargli l'informazione che vuole.
" Quindi? Cosa avresti voluto regalarmi?!" Incalza.
Non riesco a trattenere una risatina.
Lui e la sua curiosità...
" Capisco che non sia facile farti un regalo, di cosa potrebbe mai aver bisogno una famosa star di Hollywood?"
Il suo bello sguardo si rabbuia.
"Sai che odio Hollywood, e anche la parola star."
Lui e la sua volubilità...
"Beh allora mettiamola così: cosa si potrebbe mai regalare a un Re? Potresti essere tu a dare dei suggerimenti."
Mi guarda negli occhi e le nubi scompaiono, lo sguardo torna presto limpido.
Basta poco, tra noi funziona così.
" Un Re non suggerisce, ordina semmai!" ribatte divertito.
Mi piego davanti alla telecamera prostrandomi in un profondo inchino, poi risollevo lo sguardo in modo felino su di lui: "Lunga vita al Re" dico in tono un po' sarcastico e un po' provocante.
Accolgo la sua risata, facendo finta di non notare il rossore apparso sulle sue guance.
" Quindi se ho ben capito mi staresti ordinando di rivelarti il regalo che avrei voluto comprarti?
E se volessi riciclare l'idea che ho avuto per il prossimo Natale?"
Lo dico sovrappensiero ma l'intensità con cui mi sta fissando mi costringe a riflettere su quelle parole.
Cosa saremo tra un anno?
Continueremo ancora a sentirci come sto dando per scontato?
Finalmente annuisce.
Valuto se snocciolargli uno dei miei lunghi elenchi per cui mi prende sempre in giro, ma che in fondo so che gli piacciono.
Ci sono decine di cose che potrei regalargli per il semplice gusto di sorprenderlo e renderlo felice.
Un cappellino viola con lo stemma di Firenze che potrebbe aggiungere alla sua collezione. Un disegno a matita che lo raffiguri nell'espressione che preferisco, quella estasiata di quando è davvero contento.
Dei cioccolatini ripieni di caffè, che non conosce e sono certa adorerebbe.
Un libro di Bukowski da leggere insieme per il piacere di vederlo arrossire.
Una t-shirt su cui scriverei con un pennarello indelebile pezzi di testi di canzoni ascoltate insieme.
Dei calzini a tema Grinch che entrambi adoriamo, o magari qualcosa del merchandising che spopola su Amazon con la sua faccia sopra e che mi fa morire dalle risate ogni volta... un cuscino o una tazza forse.
Un biglietto aereo per venire a prendersi l'abbraccio che gli spetta, per lasciargli addosso il mio profumo.
Sospiro e decido di accontentarlo, tanto so che non mi darebbe tregua.
" Ti avrei regalato una sigaretta elettronica" dico sfoderando il mio migliore sorriso.
Resta qualche secondo interdetto per lo stupore: questa di sicuro non se l'aspettava.
"Una... una sigaretta elettronica?!?"
Scoppia in una fragorosa risata e quel suono mi fa balzare il cuore in gola.
Porta le mani sopra agli occhi per coprirseli e le fossette fanno bella mostra di sé sulle guance, diventando le protagoniste indiscusse del suo volto. È bellissimo.
"Tu sei la persona più imprevedibile che abbia mai conosciuto, ma questo lo sapevo già" dice furbescamente; lo sguardo vivido, intenso, che non si ritrae mai per primo e mi attraversa l'anima.
" Mi preoccupo per le tue scelte malsane, vorrei costringerti a smettere di fumare" ribatto risoluta.
Per tutta risposta si tira su dal letto e fruga nelle sue tasche.
" Costringermi... addirittura!" dice estraendo un piccolo accendino nero che ruota tra le dita come un prestigiatore.
"Questo tuo parlare di sigarette mi ha fatto proprio venire voglia di concedermene una!"
Mi fa l'occhiolino in modo irriverente mentre con le labbra ne estrae delicatamente una dal pacchetto che teneva sopra al comodino.
Resto a guardarlo impotente, rapita da quei gesti meccanici diventati talmente familiari che potrei anticiparli con la mente.
Si china leggermente e con le mani a coppa fa scattare la fiammella, le labbra tese stringono saldamente il piccolo cilindro mentre le guance risucchiano l'aria.
Inspira a fondo, strizzando leggermente gli occhi, si alza per andare alla finestra trattenendo il respiro fin quando la spalanca e si sporge per buttare fuori il fumo.
Mi fissa soddisfatto, con un sorriso di sfida irritante, compiaciuto per quella sua sciocca vittoria.
" Se fossi lì con te terrei di sicuro la tua bocca e le tue mani occupate con qualcos'altro".
Non riesco a fermare quel pensiero.
La violenza e la rapidità con cui mi investe mi fa rimanere attonita come se avessi ricevuto uno schiaffo in piena faccia.
Lo trovo attraente?!
Insomma... l'ho sempre considerato un bel ragazzo, oggettivamente lo è, ma non ho mai avuto degli impulsi sessuali o delle fantasie nei suoi confronti.
Guardo le sue grandi labbra di velluto muoversi lentamente, socchiuse, umide, provocanti; è come se di colpo mi chiamassero a sé, inchiodano il mio sguardo costringendomi a fissarle.
Mi sento invadere da una sensazione di calore al pensiero di cosa proverei se le sue dita lunghe e affusolate sfiorassero la mia pelle, mi domando quanta pressione eserciterebbero, se il suo tocco sarebbe leggero o deciso.
In questo preciso istante so come deve essersi sentito Ulisse ascoltando il canto delle sirene.
Da quanto lo desidero?
Da ora evidentemente, o forse da sempre e solo adesso riesco ad ammetterlo con me stessa.
Non posso, accidenti. Non posso desiderarlo!
È sbagliato, anzi no, è folle, è solo un ragazzo.
Complicherei tutto, peggio!
Rovinerei tutto.
Lo perderei, perderei "noi".
E io ho un disperato bisogno di lui, della mia vita con lui dentro.
Questa nuova consapevolezza, questo impulso fuori dal controllo della mia volontà, mi fa vergognare di me stessa.
" Che hai?"
Mi riscuoto sobbalzando e vedo che mi sta scrutando con un' espressione guardinga.
" Ti senti bene?" insiste.
" Sì... Ma sì, certo! È solo che è da tanto tempo che non fumo più una sigaretta."
Si rilassa e prende un'altra boccata.
" Ti sto pericolosamente tentando quindi..."
si morde il labbro e di nuovo quella sensazione mi colpisce allo stomaco.
Non rispondo, mi limito ad annuire.
Non si immagina neanche quanto.
Mi crede un'amica, una confidente.
È innocente, lui.
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