33. Lara
Non sento niente, di nuovo.
Incredibile.
L'anima si anestetizza come forma di protezione, accartocciata su se stessa, ripiegata alla rinfusa, come un vecchio lenzuolo usurato che una volta era sfavillante corredo, e adesso serve solo a coprire la mobilia inutilizzata.
Logora, polverosa, sgualcita.
Colma di strappi.
Ho trentotto anni e non sento più niente.
Trovo a pochi centimetri da me la manina sudata di Aron, accalorata dall'afa di Agosto; sfiorarla alleggerisce il peso dell'angoscia che mi porto dentro da settimane.
Ci appoggio sopra dolcemente le labbra. Ho bisogno di un contatto con la realtà, di fare leva su ciò che conta.
Lui apre lentamente gli occhi e rivolge la sua espressione innocente su di me, sorridendo appena riesce a mettermi a fuoco.
Mi abbraccia con slancio, ammaccandomi le costole con una maldestra gomitata:
" Tanti auguri Mà!!"
Ricambio il sorriso accarezzandogli i morbidi boccoli di seta e strizzandolo forte al petto.
"Grazie amore mio, la mamma è vecchia!"
" Non è vero!" Protesta tra i denti, ancora stretto a me.
"Oh sì invece! Andiamo a fare colazione al bar per festeggiare? Poi ci raggiungeranno Franci e Riccardo in spiaggia. Oggi staranno con noi per tutta la giornata."
Lo vedo illuminarsi come se avessi nominato qualche sacra divinità.
"Evvivaaaa!! Zio Ricky aveva promesso che mi avrebbe insegnato a nuotare con la maschera! La prendo subito!!"
Mentre corre euforico in salotto, elettrizzato per i nuovi piani che gli si prospettano davanti, mi figuro con la mente Riccardo con la sua verve, in versione istruttore di nuoto con tanto di maschera e boccaglio...
Sarà una lunga, lunghissima, giornata.
Afferro al volo l'occorrente per la spiaggia, e usciamo.
Fuori, l'estate mi investe con la sua prepotenza.
Ci tuffiamo nella vita di vacanza del borgo marinaro, sfiorando turisti con cappelli di paglia dalle tese larghe e fluttuanti vestiti di lino, nel vociare allegro di bambini incontenibili accanto a mamme affaticate dal carico dei loro giocattoli, zigzagando tra la folla e le bancarelle di collanine e conchiglie.
Anche se sono solo le nove di mattina il sole è già alto e bacia con rovente passione i lembi della mia pelle che riesce a trovare nudi.
Il mare intanto mi da il suo benvenuto in lontananza.
Si apre alla mia vista, all'orizzonte, mentre percorro una stradina di ciottoli in discesa per andargli incontro; è una tavola piatta.
I gabbiani sfoggiano in maniera sfacciata le loro acrobazie; sono l'unico elemento di disturbo in tutto quel blu.
Blu come...
Scorgo due sagome familiari in lontananza.
Aron mi precede, trotterellando impaziente, spiccando infine una corsa lungo l'ultimo tratto che lo separa dai miei amici.
Sono appena arrivati anche loro: stanno sistemando le loro cose al nostro ombrellone.
Checca indossa un costume intero rosso incrociato dietro al collo, con dei piccoli dettagli metallici color oro, raffinato e non troppo scollato, che mette in risalto la sua figura femminile esile e raffinata.
Le sta davvero molto bene.
La stringo forte mentre mi abbraccia affettuosamente e mi fa gli auguri.
Riccardo ha le gambe muscolose depilate, più lisce delle mie, e porta uno slip fluorescente, vistosamente firmato, che lascia ben poco spazio all'immaginazione.
" Sei un cavolo di esibizionista" gli dico guardandolo dal basso verso l'alto, non potendo far a meno di sorridergli divertita, mentre gli scocco un bacio sulla guancia.
" Se non io che posso permettermelo, chi?" risponde con un sorriso convinto facendomi l' occhiolino. "Buon scatto di anzianità" aggiunge mentre ricambia il mio bacio.
" Grazie... attendo anche l'aumento in soddisfazioni, nella busta paga della vita"
" Per quello dovrai sentire i sindacati della categoria maschile..."
"Lo farò!" Dico con un sorriso di circostanza, ripensando con fastidio all'ultimo appuntamento che mi ha organizzato con quel suo amico, la scorsa settimana.
Sono uscita con quest'uomo senza la benché minima aspettativa, solo per mettere a tacere l'insistenza di Riccardo.
La mia rassegnazione non nasce dal fatto di non voler voltare pagina, anzi!
Tuttavia ho raggiunto un'amara consapevolezza: il brutto di aver conosciuto King, oserei dire "la maledizione" di aver instaurato con lui un rapporto così profondo e simbiotico, di aver provato fino a dove si possono spingere certe mie emozioni, è che tutti quelli che verranno dopo di lui non saranno mai in grado di reggere il confronto.
Chiunque.
Mai.
È una battaglia persa, perciò non proverò neanche ad affrontarla, mi tocca inevitabilmente la resa.
Il tizio in questione si chiama Lorenzo, ha 43 anni, fa l'assicuratore, ed è incredibilmente monotono, noioso, prevedibile.
Non è colpa sua, sono io ad essere guasta, sono io a cercare avidamente negli altri qualcosa che so già che non troverò.
Il mio cuore in astinenza si indispettisce e mi rende insofferente.
Mi sento in colpa per averlo giudicato, e tuttavia il giudizio è il frutto marcio del pensiero e come tale è inarrestabile.
La nostra conversazione è stata incentrata su argomenti scontati: il film preferito, i posti visitati in vacanza... Ma anche quando abbiamo provato a sfiorare tematiche più personali e potenzialmente profonde come la fine dei rispettivi matrimoni, le parole sono uscite preconfezionate, banalizzanti.
Quando ha iniziato a parlarmi delle caratteristiche organolettiche dei vini la mia mente si è staccata dal corpo e ha inziato ad allontanarsi di vari Stati.
Dentro, la noia ha lasciato il posto alla frustrazione, la frustrazione al risentimento, il risentimento all'odio.
" Apprezzo particolarmente queste note fruttate tipiche dei vini Pugliesi giovani..." lo interrompo bruscamente con un'idea infantile di ripicca: diamo una svolta utile a questa serata.
" Ci facciamo un selfie ?" Chiedo melliflua.
Lo vedo illuminarsi, era un po' a disagio per il mio silenzio.
" Volentieri" risponde gonfiando il petto, acquistando sicurezza.
Si avvicina e mi passa un braccio dietro le spalle, alzando il suo calice e assumendo un'espressione tronfia.
Avverto sotto la pelle il fastidio di quel tocco estraneo.
Non sa che se potessi mi teletrasporterei immediatamente a casa sotto le coperte con Aron, che conto i minuti che mi separano dalla fine di questo appuntamento.
Mentre sorrido all'obiettivo mascherando tutta la mia infelicità mi auguro solo che lui lo veda, veda quanto per me non conti più nulla.
Il confabulare animato di Checca e Riccardo mi riscuote da quegli spiacevoli ricordi; mi avvicino a loro e vedo Riccardo abbassare con un moto di stizza il suo cellulare.
Checca lo sta guardando malissimo.
" Diglielo" gli intima.
" Che... che cosa?" Chiedo perplessa, iniziando a provare un certo stato di ansia mentre li osservo continuare a guardarsi in cagnesco per alcuni secondi.
Poi Riccardo stacca lo sguardo da Checca e mi punta addosso i suoi occhi verdi.
Ha vinto lei.
È arrabbiato.
" Dove hai il cellulare?" Chiede cercando di mascherarlo.
" L'ho lasciato a casa, doveva ricaricarsi, perché? Che succede?"
" Il tuo bello ha fatto un post che dovresti vedere" dice a denti stretti, quasi in un sibilo.
Il mio bello.
Il cuore salta un battito, mi sento in prima fila sulle montagne russe, parte la discesa, trattengo il fiato e chiudo gli occhi.
Il fatto che Riccardo nomini King anche indirettamente, dopo settimane, mi fa quasi svenire.
" Fammi vedere!!" Dico contenendo a stento la frenesia di sapere di che si tratta.
Gira sconfitto lo schermo verso di me con uno scatto spazientito.
Cos'è?!
Ci metto qualche secondo a realizzare che sto osservando il busto nudo di King, posizionato leggermente di traverso. Non si vede tutto il suo volto, è tagliato sotto gli occhi. Osservo la punta spigolosa del suo naso, la bocca carnosa, la mascella definita, il collo lungo, le spalle tornite, le braccia muscolose al punto giusto.
Quanta perfezione...
C'è qualcosa sotto le sue costole.
Non faccio in tempo a mettere a fuoco che Riccardo fa scorrere l'immagine aprendo una seconda foto: è un ingrandimento di quel punto preciso.
Un tatuaggio.
Quel tatuaggio.
Il cuore martella all'impazzata.
Non può averlo fatto davvero.
Lui... lui odia gli aghi, mi ha sempre detto che non si sarebbe fatto tatuaggi per questo motivo.
E poi so che la sua agenzia gli ha fatto firmare delle clausole a riguardo con delle penali salate qualora non si fosse attenuto alle direttive.
Mentre sorreggo lo schermo osservo incredula, ad occhi sbarrati, quelle parole di nero inchiostro su latte, che lo marchieranno per sempre:
"Hic ipso tecum"
La scritta è in corsivo.
Osservando meglio mi rendo conto che quella è proprio la mia calligrafia.
Ha ricopiato le parole della mia lettera per portarle sulla sua pelle.
Per sempre.
Pazzo.
Pazzo che non è altro.
La didascalia sotto il suo post recita semplicemente " giorno di nascita".
Il mio compleanno...
" Torno subito.. vado... vado a recuperare il cellulare a casa" dico cercando di mascherare la frenesia, l'urgenza improvvisa.
Vedo Riccardo irrigidirsi, serra la mascella mentre mi dà le spalle per riporre il suo telefono.
Checca mi sorride comprensiva: " Fai con calma, ci pensiamo noi ad Aron".
Ripercorro velocemente la strada appena fatta senza voltarmi indietro, i piedi si muovono meccanicamente da soli, quasi come se corressero una gara podistica contro avversari invisibili, mossi dalla smania di tagliare il traguardo al più presto, mentre la mente formula freneticamente ipotesi.
Se fosse stato fidanzato, se per lui io fossi stata solo una parentesi, un diversivo, se i suoi sentimenti non fossero stati autentici e mi avesse mentito per tutti questi mesi, non si sarebbe mai tatuato quelle parole.
No.
Le mie percezioni erano reali. Le emozioni, le sensazioni, le parole, i sorrisi, tutto!
Noi eravamo reali!
Sento il cuore sciogliersi, mi maledico per averlo bloccato subito e non aver chiesto spiegazioni.
Ora, dopo questo gesto, glielo devo. E me lo devo. Voglio capire, voglio sapere cosa rappresenta quella ragazza per lui e il motivo per cui non me ne ha mai parlato.
Arrivo a casa trafelata e afferro il cellulare.
Anche se ho un altro numero e non ho salvato il suo nella rubrica, lo ricordo ancora perfettamente a memoria.
Faccio uno squillo come sempre, ma non mi richiama.
Salvo di nuovo il suo contatto e gli invio un messaggio su whatsapp:
" Ciao, sono Lara. Questo è il mio nuovo numero. Non voglio disturbarti, quando sei libero, se vuoi, vorrei parlarti".
Cerco di calmarmi, di gestire l'attesa e nel frattempo ritrovare un minimo di equilibrio, quando il suono della mia suoneria mi fa sobbalzare.
È lui.
Mi sta facendo una videochiamata.
Rispondo con mani tremanti, impaziente, senza neanche preoccuparmi dell' aspetto che posso avere.
Rivedere il suo viso mi da una fitta di emozione che a stento riesco a contenere.
Mi sorride.
E di nuovo, sento.
Di nuovo, l'anima si spiega, torna alla luce.
Quegli occhi... le iridi azzurre, cristalline, rischiarate dalla luce del sole, sono puntate su di me, lucide e attente; mi scandagliano in cerca dei miei sentimenti, vogliono stanarli, e io mi chiedo come farò a dirgli qualcosa, qualunque cosa, con questa salivazione azzerata.
" Ciao" esordisce senza accenno di timidezza, e bastano quel pugno di lettere pronunciate con il suo accento inconfondibile a farmi tremare.
Sembra più sicuro di sè, come se in questo periodo in cui siamo stati lontani fosse cresciuto, ed è passato solo un mese... un mese fatto di minuti infiniti messi in fila, di desideri castrati.
" Sei pazzo" sussurro senza convenevoli, come a riprendere una conversazione iniziata pochi attimi fa, perché in fondo è come se non ci fossimo mai lasciati.
Il suo sorriso si allarga, soddisfatto e sornione.
" Perché?" Chiede con finta indifferenza.
" Lo sai perché... il tuo tatuaggio..."
" Ahhhh per quello!"
Ride, rido anche io, imbambolata da quel suono che tanto mi era mancato.
Poi torna serio, mi osserva per qualche secondo in silenzio, caricando l'atmosfera di elettricità.
" Sarebbe banale dirti che mi dispiace per tutto. Anche per ciò che non ho fatto. Mi dispiace per i pensieri che hai avuto, per il dolore.
Mi dispiace che sei dovuta scappare perché non riuscivi ad ascoltare quello che avevo da dire a proposito. Non so se sia un mio diritto, ma vorrei, Lara, spiegare ciò che hai visto. E anche il motivo per cui non te ne ho mai parlato".
Faccio un lungo sospiro, ricaccio indietro lacrime di orgoglio e frustrazione, ammutolisco parole sarcastiche piene di gelosia e delusione, e mi sforzo annuendo senza parlare, perché non voglio che la voce mi tradisca.
Lo vedo sollevato da quel mio gesto di consenso.
" Le foto che hai visto non sono della mia ragazza come hanno detto i giornalisti. Patricia e io siamo sempre stati amici, fin da ragazzini. Frequentiamo la stessa comitiva, e molte delle foto pubblicate sono state estrapolate da momenti di svago insieme a tutti gli altri della compagnia".
" Anche quando la baci? Anche quando dormi nel suo letto eri in comitiva?" Ribatto dura, senza riuscire più a trattenermi, odiando la gelosia che trapela dalle mie parole e mi rende vulnerabile, mi porta allo scoperto.
Sospira.
" Fammi finire.
Circa due anni fa, abbiamo avuto un avvicinamento. Lei mi piaceva fisicamente, e io piacevo a lei."
Quelle parole mi tagliano come lame su carne viva, ma faccio uno sforzo e cerco di non darglielo da vedere.
" Abbiamo iniziato a frequentarci ma il mio lavoro non mi permetteva di curare anche un rapporto di coppia, e forse non ho mai sentito nei suoi confronti uno slancio tale da desiderare qualcosa di più impegnativo. Lei ha sempre saputo che i nostri incontri non rappresentassero un legame per me. Mi ha sempre fatto credere che anche per lei fosse la stessa cosa. Poi sei arrivata tu, che non mi hai mai chiesto se avessi una relazione, e più il nostro rapporto si evolveva, più non riuscivo a trovare il coraggio per raccontarti tutto.
Quando ho capito che non ero solo io a provare qualcosa per te, ma che ero ricambiato, ho chiuso.
E lei si è vendicata mettendo in giro quelle foto. Alcune scattate a mia insaputa. Altre modificate in modo da far credere che fossimo soli.
Non sto cercando di giustificarmi.
Ho sbagliato, sono stato un codardo.
Avevo tanta, tanta paura del tuo giudizio, avevo paura di perderti".
Abbassa lo sguardo ma lo risolleva nel momento esatto in cui una lacrima sfugge al mio controllo. La asciugo furiosamente, provando rabbia verso me stessa, non riuscendo a sottrarmi all'intimità di quegl'occhi.
" Piango per rabbia. Per pena verso me stessa. Perché non so se quello che avevamo, quello che percepivo... se fosse o no reale"
"Certo. Certo che era reale, e non è cambiato nulla da parte mia Lara, è tutt'ora reale. Mi dispiace averti ferita"sussurra in un soffio chinando nuovamente il capo.
È sincero.
"Odio vederti soffrire sapendo di esserne la causa... mi dispiace averti delusa, non essere stato alla tua altezza nè all'altezza delle aspettative che avevi riposto in me"
" No. Ho sbagliato io ad investirti di questa responsabilità, quella di dover a tutti i costi essere perfetto. Ho sbagliato ad affidare le mie emozioni positive a senso unico, ad esserne dipendente."
" Ma io voglio esserlo! Voglio essere perfetto per te!" Esclama con impeto.
Anche tra le sue ciglia intravedo una lacrima.
Sospiro, addolcendomi mio malgrado, sento la rabbia defluire mentre lui continua:
" Tu non immagini neanche lontanamente quanto tu significhi per me Lara, quello che provo... io..."
" Shhh. Ti ho appena chiesto di aiutarmi a non focalizzare la mia felicità esclusivamente su di te, su di noi, ti ho chiesto di non crearmi delle aspettative. Ne ho bisogno.
Ho bisogno di questo ora King, di restare con i piedi per terra"
" Non vuoi sapere cosa provo per te?" Ha un tono supplichevole.
"N0." Rispondo decisa.
Si strofina nervosamente la barba, pensieroso, poi allarga le braccia in segno di resa.
" Come vuoi. La mia bocca non lo dirà, ma non posso impedire ai miei occhi di parlare, così come tu non puoi impedirlo ai tuoi. Non avere timore... non mi respingere, ho bisogno di te"
"E io di te. Anch'io ho bisogno di te, ma alle condizioni che dico io stavolta. Pensi di capire?"
" Penso che hai paura"
"King..."
"E va bene! Va bene!
Già mi sembra un miracolo poterti parlare di nuovo, guardarti... aspetterò tutto il tempo che desideri, per sempre se necessario. Ti aspetterò per sempre."
" Non fare promesse impossibili da mantenere, aiutami a restare lucida, non illudermi ti prego"
"Piano piano. Ti riconquisterò, saprò essere meritevole della tua fiducia. Bentornata nella mia vita, mancavi moltissimo, mancavi come a un corpo l'anima, a un cuore i battiti"
" Mancavi anche tu. Hai fatto una cosa.. un gesto folle"
Ridacchia compiaciuto, poi mi fissa espressione serissima.
"Era necessario. Non potevo non avere addosso la frase che mi ha cambiato la vita".
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