17. Lara
Da quando sono diventata madre ho il sonno leggerissimo, non posso più permettermi il lusso di abbandonarmi completamente tra le braccia di Morfeo, se dovesse esserci bisogno di me devo farmi trovare pronta.
Sento il telefono vibrare nel dormiveglia sopra al comodino e faccio un grande sforzo per sollevare il braccio e recuperarlo.
Mi sono addormentata tardi, dedicando la serata ad ascoltare e scaricare le canzoni più disparate che avessero un re come soggetto, e scervellandomi poi sul fatto di aver fatto bene o male a scrivergli.
Controllo l'ora, manca qualche minuto alle sette, Aron al mio fianco dorme beatamente.
Trovo su Whatsapp un messaggio da un numero che non conosco e lo apro:
"Di tutti i regali che ho ricevuto questo è sicuramente il più folle e inaspettato, ma è anche molto, molto divertente. Sto ridendo da mezz'ora da solo come un matto nella stanza del mio hotel, pregando che nessun'altro scopra l'esistenza di alcune di queste canzoni!
Grazie mille per aver avuto questo pensiero per me. K."
King.
Lo sapevo! Sapevo che avrebbe colto e apprezzato la mia ironia, abbiamo lo stesso senso dell'umorismo.
Riesco ad immaginarmelo, a figurarmi il suo stupore seguito dal suono della sua risata.
Noto che è on line.
Starà aspettando una mia risposta?
"Buongiorno Maestà. Oggi è un gran giorno nel regno, ci voleva della buona musica per accompagnarla fino a sera."
"Scusami! Nella fretta di risponderti non ho pensato al fuso orario, me ne sono reso conto solo ora, al tuo " buongiorno", spero di non averti svegliata!"
Nella fretta di rispondermi?
Ora sono io a sorridere.
"Non preoccuparti, non importa, mi sarei comunque dovuta svegliare tra poco.
Buon compleanno"
" Tecnicamente non lo è ancora, qui sono passate da poco le dieci di sera. Mi sto godendo le ultime due ore da venticinquenne."
"Qualcosa di saggio da dire a proposito? Qualcosa che hai capito della vita e che vorresti fissare ora in questo preciso istante o lasciare nel passato?
O magari un segreto da condividere?"
Immagino che ci stia riflettendo, risponde dopo qualche istante.
"Vada per il segreto.
Ti dirò la verità, ma soltanto perché non puoi spifferarla a nessuno che mi conosce.
Non ci ho capito ancora niente.
Del crescere intendo.
Faccio finta di sì, di avere tutto sotto controllo ed essere l'adulto che tutti si aspettano che io sia: indipendente, soddisfatto, maturo, in carriera, che ha le risposte giuste, che sa esattamente dove sta andando la sua vita.
Ma in realtà non è così.
Sto bluffando.
Sono ancora un bambino che gioca a scegliere il suo travestimento, e sono così bravo da riuscire ad ingannare tutti.
Nella sceneggiatura della mia vita, sono il più talentuoso degli attori, è questa la mia migliore performance. Shhh."
Sapevo che mi sarei sentita così, leggendolo.
Come sempre le sue parole, giuste, inusuali mi accarezzano il cuore e la mente.
Il modo in cui sa mettersi a nudo è disarmante.
Vorrei rassicurarlo, dirgli che in realtà nessuno ci capisce nulla, tutti fingono di avere le risposte, tutti ostentano una sicurezza che nel profondo non hanno.
" Non posso dirti che tra dieci anni ti sarà tutto più chiaro, ma diventerai sempre più bravo in questo gioco e alla fine finirai per credere tu stesso di avere tutte quelle certezze, crederai che quella sia la verità.
Solo certe notti, quando ti sveglierai alle tre o alle quattro del mattino, ti verrà il dubbio di non riuscire più a ritrovare il vero te tra tutti quei travestimenti, ti sembrerà di vivere la vita di qualcun'altro, la vita che ti è capitata mentre ti sforzavi di piacere a tutti, di compiacere tutti.
Ma sarai così stanco che scaccerai quei pensieri e ti girerai sull'altro fianco, pensando agli imminenti impegni del domani."
"Beh grazie tante. Tu sì che sai essere rassicurante, sei una risorsa preziosa!"
Mi prende in giro, mette delle faccine che ridono per farmi capire che vuole sdrammatizzare la conversazione e mi sta bene.
"Figurati, dovere" rispondo con lo stesso tono scherzoso.
Ride di nuovo con delle emoticons ma dopo qualche secondo mi domanda:
"È così che ti senti... anche tu?"
Per tutta risposta scrivo:
"Mi sveglio tutte le notti a quell'ora" e lui mi manda un cuore.
"Ti senti inadeguato?" Gli domando io.
"Non è solo questo, mi sento come se tutti vedessero qualcosa che in realtà non esiste.
Io faccio del mio meglio per continuare a dare quello che gli altri si aspettano, ma prima o poi ho paura che si accorgeranno di aver preso un granchio."
È incredibile che sia così insicuro del suo valore, non ci sto. So che non abbiamo abbastanza confidenza, ma non ho niente da perdere, voglio fargli sapere quello che ho visto in lui.
"Adesso è il mio turno, voglio raccontarti anch'io un segreto. Anche io faccio parte degli "altri", giusto?
Ti assicuro che ti vedo. Vedo chi sei.
Quando parli è come se mostrassi attraverso lo sguardo e le parole la tua anima, non ci sono travestimenti, è a nudo, è proprio lei. Non ho paura di esserne delusa, è splendida per quello che è, non ha bisogno di abbellimenti."
"Sei sicura?"
"Sì lo sono"
Non so come siamo finiti a parlare del timore di non essere all'altezza e di dubbi esistenziali, ma vorrei alleggerire la sua serata. È come se lo sentissi, se sapessi che ne ha bisogno.
E questo "sentirlo", da qualche parte dentro di me, mi stupisce molto; è una sensazione che ho avuto dalla primissima volta che l'ho visto e ascoltato.
Gli chiedo come ha passato questi giorni e come sta andando la trasferta.
È sollevato da questo cambio di conversazione, la mia intuizione era giusta.
Mi manda un lungo vocale dove si racconta.
Rido mentre ascolto alcuni incontri surreali con i fans o quando mi svela le fissazioni di alcuni colleghi di cui però, giustamente, non fa nomi.
Mi parla della forte nostalgia che ha ogni volta di casa, di quanto a volte si senta un pesce fuor d'acqua nel suo ambiente lavorativo.
Io gli racconto di essere stata un paio di volte in America ma mai a San Francisco, lui mi descrive quel poco che è riuscito a vedere al di fuori delle sale conferenze, mi spiega gli aspetti dello stile di vita americano che lo hanno più colpito ma anche destabilizzato, di come gli sembrino lontani dalle sue abitudini.
Ritrova il suo buonumore e lo sento finalmente spensierato.
È a suo agio nel parlarmi, non ha timore che io possa tradire le sue confidenze, è una persona a cui piace chiacchierare ed essere ascoltato.
E a me piace ascoltare le sue parole, la maestria con cui sa sceglierle e dosarle, le lunghe descrizioni particolareggiate e anche le sue pause tra un discorso e l'altro... persino i suoi silenzi raccontano tanto quanto la sua voce. Riesce a catturare con naturalezza la mia attenzione, la tiene fissa su di sè; l'ascoltare diventa sentire.
Mentre ci scambiamo vocali mi alzo per affrontare la mia giornata, vesto Aron e lo accompagno a scuola.
Prendo un caffè al bar e gli invio una sua foto che avevo visto in questi giorni e avevo salvato.
È vestito completamente di rosso, gli occhi contornati di nero col trucco colato in maniera inquietante, i capelli sollevati a punta alle due estremità come ad evocare delle corna.
Quel servizio fotografico mi aveva fatto molto ridere, perché in realtà con tutti gli sforzi del caso non erano riusciti assolutamente nell'intento di renderlo diabolico; i suoi occhi puri spazzavano via tutti i trucchi della messa in scena.
Capisce al volo quello che intendo, ride.
" A mia discolpa posso dire che mi hanno pagato molto bene"
"Dopo la versione infernale mi aspetto quella paradisiaca" dico aggiungendo una faccina che strizza l'occhio.
"Quella è riservata solo a pochi, meritevoli, eletti... dovrai guadagnartela" risponde immediatamente, ricambiando con la stessa emoticon.
Trovo il suo messaggio un po' provocatorio, ma mi piace la sua prontezza di risposta.
Guardo l'ora e mi accorgo che stiamo parlando da più di due ore.
Sono in ritardo netto sulla tabella di marcia della mia giornata, non ho praticamente combinato niente, sono stata assorbita completamente da lui.
" Beh alla fine le ultime due ore sono andate e tutto quello che ci siamo detti resterà nell'anno vecchio. Buon nuovo inizio, ventiseienne".
" Grazie" poi aggiunge "ho notato che passa in modo strano il tempo quando chiacchiero con te" e io non so come interpretarlo, che senso dare a questa sua frase.
"Buonanotte Maestà, a presto."
Rispondo, senza poter dare a questo saluto un riferimento temporale, perché questa volta dovrà essere lui, se vorrà, a cercarmi.
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