CAPITOLO 39

Tamburellai con le dita sul metallo freddo della balaustra, osservando la riva che si avvicinava con il cuore in gola. Dopo l'incontro con la negoziante avevo corso a perdifiato fino al molo ed ero salita sul primo traghetto disponibile.
Avevo provato a chiamare Jungkook, per dirgli che volevo accettare la sua folle proposta, per dirgli che avevo mentito, per dirgli che volevo vederlo e urlargli in faccia quanto ero follemente e irrimediabilmente innamorata di lui, ma il mio telefono aveva sempre squillato a vuoto. Una, due, tre, quattro, cinque volte. Il panico si era quasi impossessato di me, ed ero stata ancora una volta sull'orlo del pianto ma, ad un tratto, avevo pensato di tornare in hotel. Era inutile girare senza meta per Venezia. Il ragazzo doveva comunque tornare alla suite per sistemare le sue valigie e, con un po' di fortuna, lo avrei trovato ancora nella nostra stanza. Dovevo trovarlo nella nostra stanza.
Così, quando la passerella di legno toccò la terra ferma, feci scivolare il telefono nella borsetta e schizzai come un fulmine lungo la strada.
Sorpassai la coppia davanti a me e corsi, fino ad arrivare all'entrata dell'hotel.
Spinsi l'enorme porta di legno e mi fiondai verso l'ascensore, diretta alla nostra suite.
Provai a bussare alla porta e attesi qualche secondo. Nessuno venne ad aprirmi. Riprovai un paio di volte, urlando anche il suo soprannome, ma nulla.
"Forse non è ancora arrivato" pensai osservando lo schermo del telefono che indicava le 22:00.
"O forse...non pensarci nemmeno!" mi imposi mentre ripercorrevo lo stretto corridoio e tornavo alla reception.

Feci un paio di respiri profondi e poi mi avvicinai al bancone scuro.
«Scusi, per caso ha una copia della tessera per la suite Muline Tower. Vede io e il mio ragazzo ci siamo persi di vista mentre stavamo passeggiando per le strade della città e, siccome aveva lui la card, ora non posso entrare. Ho provato a bussare, ma penso non sia ancora arrivato e non risponde al telefono.»

«Mi può dire gentilmente il suo nome e cognome, signorina?» chiese il ragazzo davanti a me.
Lo osservai con il cuore in gola mentre digitava i miei dati al pc. Lesse qualcosa sullo schermo e, dopo un istante, mi fissò con uno strano sguardo.

"Cosa succede?"

Si girò e raggiunse le mensole porta tessere alle sue spalle. Allungò il braccio e prese una card dal compartimento nero di sinistra.
«Signorina, la tessera della suite ci è stata restituita mezz'ora fa con la nota di consegnargliela appena fosse tornata in hotel.»

Mi si gelò il sangue nelle vene. Cosa significava che era stata riconsegnata? Dove era Jungkook?
"Possibile che sia...Oh no Signore no...ti prego no..."
Senza dire nulla presi la card e mi diressi a passo spedito verso l'ascensore.
Premetti il bottone di chiamata un'infinità di volte, mentre fissavo i numeri sul display diminuire e quando le porte si aprirono scattai all'interno di quel piccolo spazio ristretto. Avevo sempre avuto paura degli ascensori ma, in quel momento, la mia ansia per quel dannato marchingegno non era nemmeno paragonabile a quella che mi stava divorando da dentro. Ad ogni piano che superavo, infatti, la morsa nel mio stomaco si faceva sempre più dolorosa.
«Ti prego fa che non sia partito, fa che non sia partito.» mormorai come un mantra sperando che in quel modo la brutta sensazione che mi attanagliava l'addome sparisse.
Il suono cristallino che annunciò l'arrivo al piano fece liberare una scarica di adrenalina nel mio corpo e, con il cuore che batteva all'impazzata e il fiato corto, arrivai davanti alla suite.
Passai la tessera sul display laterale e la serratura scattò.

«Jungkook?!» chiamai con il cuore in gola mentre le luci soffuse si accendevano.
«Jungkook ti prego dimmi che sei qui!» urlai mentre la porta si chiudeva sonoramente alle mie spalle. Abbandonai la borsetta a terra e percorsi a grandi falcate l'ingresso.
«Jungkook?!» ripetei. Il nulla.
Rimasi in ascolto per diversi istanti,ma l'unico suono che percepii fu il rumore delle mie scarpe sul pavimento. Un brivido di terrore mi percorse la colonna vertebrale.
Possibile se ne fosse andato veramente?

Mi guardai intorno sperando che il giovane ragazzo spuntasse come per magia dai muri ma di lui non c'era alcuna traccia. La felpa e le scarpe all'entrata erano sparite. La maglia colorata che aveva abbandonato sul divano grigio non c'era più. Le calze abbandonate per tutto il pavimento della camera da letto, scomparse. Se ne era andato. Aveva preso tutte le sue cose, aveva fatto le valigie e se ne era andato.

Mi guardai attorno completamente smarrita. Le lacrime stavano minacciando di tornare a solcare il mio volto quando la vidi. La piccola scatolina nera con il nastro dorato era posata al centro del materasso e, legata ad uno dei fili, vi era una piccola lettera arrotolata.
Mi lanciai sul letto, stropicciando le lenzuola che erano state accuratamente piegate dalle donne delle pulizie e sfilai il foglio di carta con le mani tremanti.


Noona,
Probabilmente non ti interesserà nulla di quello che sto per scriverti ma voglio comunque farti sapere che questi cinque giorni passati assieme, per me, sono stati come un sogno e non li scorderò mai. Nonostante io sia stato solamente un passatempo per te voglio che tu sappia che mi hai fatto sentire vivo. Vivo come non lo sono mai stato con nessun altro.
Mi hai fatto provare le stesse emozioni che provo quando salgo sul palco, ma me le hai fatte provare sempre, ogni volta che mi guardavi, ogni volta che mi baciavi, ogni volta che mi sfioravi e ogni volta che ti accoccolavi contro di me per dormire. Non pensavo che una persona potesse farmi sentire così. Non pensavo esistesse una persona così al mondo e poi sei arrivata tu. Mi sei praticamente capitata tra le braccia, come in uno di quei k-drama romantici che tanto disdegni, ma di cui è pieno il tuo Netflix.
Purtroppo, però, ho capito che la vita non è un telefilm romantico e noi non siamo i protagonisti di una favola. Sono consapevole che nel giro di qualche anno, quando non sarò più famoso, ti dimenticherai di me, ma io Noona, io non mi dimenticherò mai di te. Mai! Tu sarai per sempre la mia piccola Noona. La mia piccola tigre indomabile.

Il fiore di ibisco è tuo, puoi anche buttarlo se vuoi, ma l'ho comprato per te e voglio che rimanga a te.

Magari ti aiuterà a ricordare di quel ragazzo contro cui ti sei scontrata, in una calda notte d'estate, su un isola in mezzo al lago.

Tuo per sempre.
Jeon Jungkook

L'inchiostro delle ultime righe era leggermente sbiadito. Jungkook probabilmente aveva pianto mentre mi scriveva quelle parole e una grossa goccia era caduta proprio al centro della lettera.
Con le mani tremanti abbandonai il foglio di carta e presi la scatolina scura.
Ne aprii il coperchio e l'ibisco di vetro si mostrò in tutto il suo splendore. Era ancora più bello di come me lo ricordassi. I petali colorati riflettevano la luce della stanza e mi persi ancora una volta nel notare l'accuratezza di quei piccoli dettagli. Sfiorai ogni petalo delicatamente e poi presi tra le dita la leggera collanina dorata.
Facendo estrema attenzione, misi quel meraviglioso gioiello attorno al mio collo e lo accarezzai.
Dopodiché, lo strinsi delicatamente nella mano e fissai il panorama di Venezia attraverso la finestra chiusa. Avrei trovato Jungkook. Dovevo trovarlo, a costo di guidare fino all'aeroporto e bloccare il suo volo mettendomi in mezzo alla pista di decollo.
Scesi dal letto e andai a prendere la borsetta che avevo dimenticato all'entrata. Poi aprii la porta, tolsi la tessera dal suo scompartimento facendo cadere la suite nell'oscurità e mi precipitai all'entrata dell'hotel.

Arrivai al molo giusto in tempo per vedere il traghetto salpare e liberai un urlo di frustrazione. Mi passai le mani tra i capelli. Dovevo attendere la corsa successiva, il che significava perdere venti minuti.
Le unghie mi scavarono i palmi, provocandomi dei lievi segni rossi a forma di mezzaluna.
"Stai calma...stai calma"  ripetei mentre percorrevo il piccolo spiazzo avanti e indietro come una tigre in gabbia.
Ovviamente provai a chiamare Jungkook altre quattro o cinque volte, ma il telefono del ragazzo continuò a squillare a vuoto.
«Maledizione! Giuro che quando ti trovo ti faccio una ramanzina di ore! A cosa serve avere il telefono se non rispondi?» dissi fissando infuriata lo schermo illuminato.

Finalmente il traghetto tornò e mi ritrovai a percorrere quel breve tratto di mare per la seconda volta in meno di un ora. Jungkook doveva aver sicuramente prenotato un taxi per poter lasciare la città e per fortuna, l'unico posto di Venezia in cui potevano arrivare le macchine si trovava vicino alla stazione, esattamente dove avevo parcheggiato la mia auto solamente il giorno prima.
Dovevo, quindi, percorrere tutta Venezia nel minor tempo possibile e sperare di arrivare prima che se ne fosse andato. Potevo farcela.
Strinsi la tracolla della borsetta tra le mie dita, impostai il navigatore sul telefono e appena i miei piedi toccarono terra corsi ancora una volta lungo le calli e i ponti della città.

«Dannazione! Questo vale come allenamento di tutta la settimana ...» dissi con il fiatone mentre scendevo l'ennesimo ponte.
Venezia stava iniziando a spopolarsi a causa dell'ora tarda e così riuscii a sfrecciare senza troppa difficoltà lungo le sue strade. Immersi le scarpe da ginnastica in diverse pozzanghere d'acqua stagnante e rischiai di inciampare un numero indefinito di volte, ma non mi fermai.
Attraversai a perdifiato tutta la città continuando a chiamare Jungkook, finchè non arrivai al famoso ponte di vetro accanto alla stazione dei treni. Ero quasi sulla sua sommità quando sentii gli squilli dall'altra parte del telefono interrompersi. Le mie mani iniziarono a tremare e il cellulare rischiò di scivolare a terra.
«Jungkook!» urlai.

«Noona?» lo sentii pronunciare flebilmente dall'altro lato della linea.

«Jungkook, ti prego dimmi che non sei partito! Dimmi che sei ancora a Venezia! Ti prego!» dissi quasi in preda al panico, mentre scendevo gli ampi gradini del ponte. Rischiai di cadere un paio di volte a causa delle gambe traballanti ma non mi fermai.

«Sto caricando le valigie sul taxi.» rispose con tono affranto.

«Fai togliere tutto! Fai togliere tutto! Sto arrivando da te! Sto arrivando da te perché voglio stare con te! Voglio stare con te! Non mi interessa se tutto questo sarà una follia, se ti pentirai di avermi proposto di seguirti o se deciderai di lasciarmi tra pochi giorni, ma voglio venire in Corea con te!» confessai tutto d'un fiato.
«Ti prego! Qualsiasi cosa tu stia facendo fermati...fermati e aspettami!» dissi saltando a piè pari l'ultimo gradino del ponte.

«Ma Noona...ma hai detto...» disse tentennante.

«Dimenticati tutto quello che ti ho detto, dimentica tutto! Ora togli quelle maledette valigie e dimmi dove sei!»

«S-sono subito dopo il ponte di vetro, s-sul marciapiede a sinistra. Sotto gli alberi.» rispose titubante.

Mi si mozzò il respiro. Jungkook era lì, era a poche centinaia di metri da dove mi trovavo.
Mi voltai a sinistra e percorsi il marciapiede grigio. Superai un autobus parcheggiato e poi lo vidi.
Il ragazzo era fermo immobile e si guardava attorno. Il cappuccio scuro sulla testa, la mascherina alzata e il telefono appoggiato all'orecchio. Il cuore mi esplose nel petto.
«Ti vedo!» esclamai al telefono prima di scattare nella sua direzione.
Percorsi quegli ultimi metri quasi senza fiato.
Le scarpe sfiorarono appena il lastricato sotto di me, mentre correvo come una pazza. Ma non mi importava. L'unica cosa che riuscivo a distinguere in quel momento era Jungkook. Jungkook che si guardava attorno confuso, come un bambino.

Ad un tratto, però , mi vide.

Il braccio destro con cui teneva il telefono si abbassò e, nonostante il cappuccio e la luce fioca, riuscii a vedere i suoi occhi neri illuminarsi.
Protesi le mani in avanti e senza arrestare la mia corsa mi fiondai tra le sue braccia. Sbattei contro il suo petto e affondai il viso nel tessuto nero della sua felpa, annusando il suo profumo di fiori. Quel profumo di fiori che avevo rischiato di non sentire mai più, solamente a causa mia.
Strinsi le braccia attorno al suo corpo e iniziai a piangere.
«Jungkook, mi dispiace!» dissi tra i singhiozzi «Non volevo dirti quelle cose. Tu non sei mai stato solo un passatempo per me, non lo sei mai stato. Mi hai fatta tornare a sorridere, mi hai fatta tornare a sperare, a sognare, ad amare. Sei riuscito a far crollare tutti i muri che avevo difficilmente costruito attorno al mio cuore. Ci sei entrato in punta di piedi e ti sei creato un piccolo posticino solo per te e io ho avuto paura... ho avuto paura perché nel momento in cui mi sono resa conto di essermi innamorata di te mi sono tornate in mente le parole di Riccardo. Io non merito il tuo amore Jungkook, non lo merito. Ti ho ferito, quando avevo promesso a me stessa di proteggerti da tutto e da tutti. Ti ho ferito perché pensavo che allontanarti da me fosse la cosa giusta per te, per la tua vita... ma mi sbagliavo! Non riesco a stare senza di te! Quando mi sei vicino mi sembra di stare in un sogno e quando ti allontani anche solo per pochi minuti mi manca il respiro.»

«Noona, ma cosa...» disse mentre le sue braccia mi circondavano titubanti.

«Non posso donarti una vita tranquilla non... non potrò esserci sempre.» presi un profondo respiro e alzai lo sguardo, incrociando i suoi occhi neri «Voglio venire in Corea con te, lo voglio davvero, ma non voglio essere dipendente da te. Non voglio un lavoro per finta. Amo quello che faccio, amo curare gli animali. Non voglio un finto contratto, non voglio un finto lavoro. Voglio potermi guardare allo specchio la mattina e pensare che posso davvero fare la differenza. Voglio che tu sia fiero di me. Voglio che tu sia fiero della tua ragazza. Non voglio essere la bambolina da sfoggiare alle cene di famiglia...che poi non lo so nemmeno se possiamo fare delle cene di famiglia... io voglio essere di più. Non voglio essere come tutte le altre...Quello che intendo... e che faccio fatica a dirti -».

«Noona » mi interruppe «Hai appena detto che vorresti essere la mia ragazza?» chiese lui sbigottito e in quel momento mi resi conto che forse avevo parlato troppo.

«Io...cioè...solo...solo se lo vuoi anche tu.» dissi balbettando mentre lo fissavo piena di insicurezza «Se lo vuoi ancora...ti ho ferito e quindi comprenderei se adesso tu non volessi più avere nulla a che fare con me...ma se per caso lo volessi ancora...io...».

«Se lo voglio ancora? Certo che lo voglio Noona!» esclamò stringendomi ancora più forte.

«Sei sicuro? Potrebbero esserci sere in cui non torno a casa, o cene in cui dovrò alzarmi dal tavolo non appena avrai messo il cibo nei piatti. Notti in cui dovrò scappare dal tuo letto perché un cane è stato investito, o feste a cui non potrò accompagnarti perché verrò chiamata all'ultimo momento. Sei sicuro che ti vada bene?»

«Assolutamente sì! Se ti fa sentire felice, e ho visto come il tuo lavoro ti rende felice, sono pronto a sopportare questo ed altro!»

«Sicuro?» gli chiesi un ultima volta.

«Mai stato più sicuro di così in tutta la mia vita, nemmeno quando ho accettato di far parte dei Bangtan.» rispose lui.

«Non ci credo...» mormorai mentre sentivo un tenue sorriso farsi spazio nel mio volto.

I suoi occhi si piegarono lievemente verso l'alto, segno che stava sorridendo sotto la mascherina.
«E comunque Noona, anche io sarò spesso via, a volte persino per intere settimane...ci saranno mesi in cui mi alzerò presto la mattina e tornerò a casa tardi la sera. Sere in cui sarò così sfinito da voler solamente andare a letto e dormire. A te va bene?»

«Sì.» risposi convinta «Mi va bene! Mi va bene tutto...basta poter stare con te.»

Lui mi fissò raggiante.
«Vuoi stare con me?»

«Sì, Jungkook. Voglio stare con te. Finché mi vorrai al tuo fianco voglio stare con te!» risposi senza la minima esitazione.

«Quindi...ora sei la mia ragazza?» domandò titubante.

«Sì, Coniglietto. Sono la tua ragazza!»
Jungkook si abbassò la mascherina e si pizzicò una guancia, lamentandosi subito dopo.
«Cosa stai facendo?» gli chiesi ridacchiando mentre piegavo la testa di lato.

«Stavo controllando di non essere all'interno di un sogno. Mi sembra tutto così irreale che faccio fatica a credere di essere sveglio.» rispose mostrandomi il suo splendido sorriso e osservandomi meravigliato.
«Hai persino indossato la mia collana!» esclamò stupito.

«Sì, l'ho indossata per farti capire che non sto scherzando e che credo veramente in tutto quello che ti ho detto e se vuoi sapere un segreto...penso proprio che non la toglierò mai più. Questo è il segno del tuo amore, del nostro amore...e io voglio che cresca e diventi duraturo... perchè Jungkook io mi sono innamorata di te...mi sono follemente innamorata di te!»

«Sto decisamente sognando!» affermò il ragazzo sempre più convinto.

Sorrisi, prima di alzarmi in punta di piedi.
Non appena Jungkook sentì le mie labbra posarsi sulle sue dischiuse la bocca, facendo incontrare le nostre lingue. Ci baciammo con passione, stringendoci l'uno nell'altra. Beandoci di ogni sensazione che quel contatto ci donava. Mi sciolsi nel suo abbraccio e lui si sciolse nel mio. Quello non era un semplice bacio era il simbolo di un inizio. L'inizio assieme.
Ci separammo, con il respiro corto e le labbra gonfie.
«Ti sembra un sogno?» gli chiesi strofinando la punta del naso contro la sua.

«No, decisamente no. Non è un sogno.» rispose sorridente.

«Non è un sogno.» ripetei «Sono qui, Coniglietto. Sono qui e non scapperò mai più.»


❀ Nota dell'autore ❀

Noona è finalmente riuscita a dichiarare i suoi sentimenti al giovane idol e Jungkook, nonostante tutto, si è sciolto come neve al sole appena l'ha vista comparire davanti a sé.

Ve lo aspettavate?

Se volete sapere come sarà l'epilogo di questa storia correte subito a leggere il capitolo seguente.
Ci vediamo tra poche pagine...

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